Discorso del conte Antonio Saffi, letto il giorno della solenne distribuzione de' premj dell'anno 1839

DEL CONTE PROFESSORE DI ELOQUENZA NELGINNASIO FORLIVESE :LET'l'O I:L GIORNO DELLA SOLENNE DISTRIBUZIONE DE' PREMJ DELL' ANNO 1839. fORLÌ

l. MA 'l. o;OO oons

DELL'ISTRUZIONE FORLIVESE BENEMERITI DELLE OTTIME DISCIPLINE E ANIMA.TORI DI PIÙ LIETE SPERA.NZE IL 'PREFETTO, l 'PROFESSORI, ED l MAESTRI DEL GINNASIO MUNICIPALE OFFRONO IN SEGNO DI GRATO E RIVERENTE ANIMO QUESTI RAGIONAMENTI

5 F rà gli ordinamenti e costumi che sono post1 m beneficio de' buoui studi, o Signori, non credo che sia alcuno più salutevol di quello, pel qual si consigliarono i maggiori, che ogni anno, al tornare di questo giorno, in questo luogo, fosse la virtù de' giovani con premio di onore pubblicamente rimeritata. Nè a questo solo contenti, vollero ancora, che per alcun d icitore l' dogio dell' Arti s i ripetesse, a fine che ne' giovanili animi destandosi coll' amore di quelle una nobile gara, avessero queste Scuole, e la patria nostra per lodate opere ad onorarsi. Il ([uale ufficio di solenne orazione essendo a me oggi per altrui autorità dato a compiere; io non m' ardirò di pronunciar parola, se prima non preghi Voi, che men faceste comandamento, che non vogliate maravigliare, ne darmi carico, se io alquanto scost andomi ùalla comunale usanza, converta il mio dire a subbietto, che non si auieue in tutto coll'Arti-Belle; clu! non per indocile e arrogante animo il fo, ma si per avere io dell' orti una così leggiere perizia, che più presto che lllustrarle, temerei, non le venissi colle mie parole adombrando. Inoltre mi r aflrena questo pensiero, nè il credo vano 1 che nobilissimi ingegni ne' passati tempi ed in questi, le son venute assai volte magnificando; e (che più è) ch'elle medesime nell'ammirazione de' secoli han. no provveduto alla lode loro cosi ampiament~ 1 che sen· za l' ajuto di eloquente sermone 1 vivran gloriosissime in sino che agli occhi de~:;li uomini si mostreranno. L asciate adunque le nobili art i o allo· laudazionc lor propria 1 o se il volete 1 a quella di coloro, a quali professandole,

o ottimamente stà di parlarne; rag.iooerò invec~ del vantaggio grande che hanno le pubbl1che su le private Scuole: e loderò il senno di voi, Cittadini, a' quali è parn• t o miglior consiglio, che i figliuoli vostri, non fra l'angustia delle domestiche mura, ma in questo comun domicilio degli ottimi studi si ammaest•·assero. Nè la materia che ho preso a di scot·rere, p enso ch' abbia a essere ignobile e vuota di fmtto, se del benevolo attender vostro, cortesi Uditori, sia fatto degno. Sfornito qual sono di eletti studi, di ciò che sovviene alla facolti del dire, ogni fidncia ho locata in questo, di avere francamente con l' util vostro a parlarvi il vero. Che se bene il veder qui rassemhrato il fior degl'ingegn i della pat~ia, mi sgomenti alquanto e mi discori; p ure la p •·e- ~cnza vos~ra, Cittadini 1 mi dà animo, e di alcuna bef1eyc.lenza, di . alcun favore m'assicura . Che se a qnalcun.o troppo severo giudice non paresse abastanza dice- ~ole alla consueta odierna ccl.ehrità, ch' io venga con dimesse parole rimemorando ciò che l'antico seuno e il moderno IJa pensato in pt·ò dell' educazion .publJlica dei figliuoli; c volesse chiamare questo mio discorso più pt·esto che o•·azione, disputazione; sappia, che se bene Il noi paja , , la vera eloqueuza pirr che dall' argomento e dalle parole venif Jall' animo, pur di bnon grado glie! ~oocediall\Oj se; non che vogliam qni farlo ammoni to, che non è des.iderio nostro di fare mostra di eloqueuza, ma di amore ,agli studi, e a questo lor patrio r içetto; e che .teniaru più bello e glorioso lo aver nome di buon citt~diJtO, di quel che di omato e facondo favellatore. . Se. il poco amore agli antichi, gentili Uditori, e la dtsordtnata voglia di nuove usanze, di ché il nostro sec_olo va distinto, non lasciassero ire in dimenticanza, o p~ù verame-nte in dispregio i consigli e gli avvisamemi d1 que' magnanimi, che in tempi a noi remotissimi , per sovrano lume di sapienza sovvcnnero d' ogni maniera alla CI,VIl comun?nza; non avrei qui a spendere troppe par.o,le per dtmostrar. vero e incontrastabile quello che m ho proposto ven1r provando. Conciossiachè basterebbe sol~ che ri.cordas~i 1 e.sser piaciuto a quel sapientisstmo. dt tntu 1 grec1, Ltcurgo Spartano, che gli stn- <!tantt a pubblici Maestri fosset·o dati a insegnare; e il

' medesimo an iso aver tenuto l' altro pur sapienussnno , Solone Ateniese; i quali due in città celeberime furono d' insùtuzioni e di bei costumi ordinatori, E yolendo pur crescere alquanto più peso alle mie parole, aggingnerei, che Platone, la cui men\e divina bastò sola a comprendere quello che uppena possono molte menti raccolte insieme, non solamente si mostrò affezionato di questa usanza, ma eziandlo i fanciulletti, e non anche tolti alla cura delle nutrici, volle che per le tribù tutte in luoghi pubblici si menassero. Ma, come è detto, essendo alcuni non troppo arrendevoli al buon pensar degli antichi; ed altri por sendo, che per alcun che di reo insorto talvolta nelle pubbl iche Scuole, non s' indurrebbero di Jeggieri ad averle in quel conto che si vorrebbero; estimo, che convenevole sia d i venire investigando ciò che h a di bene , e ciò che ha di male in ciascun de' due modi d' insegnamento ; acciocchè veggendo voi stessi , da quale parte s i stiano i minori mali ed i maggiori beni , possiate per via di comparazione, non per altrui sentenza, conoscer chiaro, quale abhia ad aversi in .maggiore s tima. E prendendo la cosa dal suo principio, due sono le ragioni, per le quali s i pare nata cotal discordanza di avvisi; l' una è , che pensano alcuni, essere migliore provvedimento a' -costumi il tenersi lontano dagli uomini di quella età, l a qual mostrasi in estremo inchinata ai vizi, e donde assoi volte si videro insorgere turpitudini; l'altra, che l o Jnsegnatore , qual egli sia, sembra lor o dovere spendere pi t• utilmente il tempo con uno solo, di quel che s' ei l' avesse a partir con molti. L a prima, per vero di re , non è a negare, che non sia a tenersi di gran momento; conciossiachè non è alcuno alquanto amico della virtù, il qual fatto accorto, che le pubbliche Scuole giovassero agli s tudi il ph\ grandemente , e a' costumi nocessero, non estimasse più bella cosa il vivere onestamente, di quel che imparare per eccellenza, non senza scapito de' costumi. Ma qual è quegli d i si corto intendere, che non veda aperto, che se pure cotali cose fossero alcuna volta riusci te vere, non han però colle Scuole collegamento d i sorta? e che lo indiscrete menti, anzi che recare l' inconvenevole alla condizione delle umane cose, delle quali non è alcuna, comunque buona , che non possa invi&iarsi, hanno ag-

8 grandito ~ fatto immedicabile quello, a che di ·~eggieri ~ in picciol tempo si avrebbe potuto npprestar r1med10_? E cbe? Sarà ,egli per avventtu·? cos~ malag~v~l c~sa. l~ rinvenir Mqcstro, la cui dottrma a costumi mtenSSIIDI s'accompagni? E rinvenuto sì fatto ,( che d' altra guisa non crediamo doversi avere accetto,, non che cercare ) 1101~ sarà egli mosso a farsi in un medesimo e d~n· ane sua, e di ,purgati cost111Ui istitutore? Noi . socco.rrct·anno a cosl lbdcvole ufficio i documenti della vita, onde sono ,sparsi gli Autori medesimi, che darà a interpretare, o semplicemente a legge•·e agli studianti? . oou gli esempi che n' o[,·ono di depresso vi~io e vieti• premiata? non il patern(> alfeuo, che gli ebbe i ligJiuoli raccomandati 1 nou il dovere sacro di Maestro pubblico? Ma a che vo io gli altrui soccorsi rimemorando 1 Egli •st~.sso, egli stesso ammaestrato a veraco scuola di civile sapienza, non porrà ogni studia a informare eziandio negli atti e pens;eri quella inFerma età sdmcciolevole? Non le incuorerà amore di t•ettitudine colla specchiata vita? non sarà fortissimo propugnacolo della san,tità de' costumi? Ma poichè l' uouan cLtore è fatto dalle vie della simLtl a<ioue così copeno, che uou di rado iucont•a, di credere bo n,. ~à e reuitudioe in cui solo. i vizi si . aouidano e lC nequizie; pognamo, che n lunga e diligente ricerca di pubblico Precettore, sia seguitata non bLtona eletta. Abbiasi, qua:llo a' c')stumi, altro maestro , da quel che mostrasi nell apparenze; sia la fede pubblica mal locata; l'innocenza e purità degl' alllnni pericolante. E che? non poli"~ egl i avvenire il medesimo Cllli"O la st rettezza delle private mura? Crederemo, che ciò che è sfuggito all' accorgimento di provvido ed avvisato Comune, non av•·ebbe sfuggito all' occhio di un sol privato? Forse che mancheranno esempi nelle private case così di ollesi come di se.-vati costLtmi illibatissimi? Che se vorrem~ por~e meme '. o Sig~ori, che Lutto che si pare di buono o d1 cattovo 1n uu g101'anetto, procede o dalla natura sua propria, o vero dalla cura di quello che l' ammaestra; J?resnpposto, ~he lo studia nte sia inchinato al vizio, e l Inseguatore che abbiamo in casa adoperi una cotal negligenza _nell' inform.are e custodire quella tenera età, che è acc?nc1a ad arrossire del male, per fermo non dubiteremo, l segreti luoghi, più assai che i pubblici 1 essere

9 accomodati al misfare. Che dirò se alla negli genza del - lo losegnatore , si aggiunga un natur..l pendio alle dileuanze ? S' ei sia vano, tracotalllc, IJlenzognero? Se irreligioso, e disonesto? Che, so i famigli , co' quali avrà il giovanetto nluuno a conversar sovente, slano tall, che non ce ne possiamo lodar gran fatto? ( e di q uest i quanto è pi l1 g raude il novero, tauto è meu facile, . che uou ve 11 1 <1bbia alcuno di succid' anima). Non corrcrit quivi la purità de' cos tuuli più grave ri schio, di quel ch e là seutiluoroini siovaneui poco mot!csti ? E le cose si n qui di scorse, o Signori, voglio avede padate, presupponendo il caso , che è rueno facile a iutravveuirc; e c ioe, che ciò, che esti1nan nuocere a' costumi, nasca solo o da iuduleu-,a, o da ria natura Jel Precettore. Che se da estcrio~.: causa Lr•,gga princÌ I}ÌO , se gli alunni prossimi a eutrare in <juel convegno d' uomini J ' imberbe età , abbiano già per educa?.iou pt·ava pigliato diletto dalle ree cose; se · post i denlro, non imparino IJllivi i· viz.· i~ ma nelle ·paterne case gli abbiano appresi; quale sì ingiusto cstÌ\1Httore conùanuerà la solcrz.ia dc~ .Ma("slni, c incontro le comunali Scuole osbrà temerario levar la voce 1 l o non mi farò q uì a pronunciare ( e uè rui • può pur cader ne l pett sìero, Cittadini Ut!itorì ) che sì J iano padr i si sci.agut·ati, sì stolti , che non cur in o nliatto, cl1e i l or figli uoli siano dìrizzati a pè..Cezione di vita; dico solo, c h.e souo alcuui , che mcutvc bramano <li bene allevarli, o per ispcusierataggìne , o per mal ' cons igliato affe tto , <1ue llo met!esimo adoperano , ·clae . è mezzo efficacissimo a torcere al ,vizio ogni loro buoua i nclinazion~. E di vero, non sì t os to se gli vedono usciti fuor dell' iufanzia, che li fauno vagare per le delizie, stemperando loro con la molle e delicata educazione ognt vigoria del cor po è <iella mente. Se gli odau ta lvolta proferir parola lìcen- ~iosa, non pensano, cLe sia da ripigliarli , ma come di uua cotal loro piacevolezza e giovialità, si rallegrano, lì accarezzano, e danno loro b aci. E a quale licenza, a quali cupit!ità non trascorreranno, fatti adulti, se dalle tasce, nella morbidezza e nella licenza sono cresciuti ? E più avanti ancora ha di male: che non si guardano dal far vedere a quella tenera età non convenienti amicizie, o altt'e cose, che sarebbero a dirle tla vergognarsi j e così della consuetudine fatta natura, imparano i

IO • m1serell i ques te cose, innanzi cbc sapp.ian.o che s~no VI~ ~i. Venuti poi nesli anni da c_ssere dau a l\faestn . pubblici, s ia che da' pad •·i non SI tema abbastan~a d1 quel fiore d' anni fre schissimo; sia che pc•· sovcrclua tenerezza non comporti loro r ani•.uo di usare risore, eziandlo se menomo; sono lasc•au 1re , le p• ~ volte senza una 6Uida, a nollurui CO~ll'e0n i, a pas~cg~i, a' passa~cmpi d' osoi maniera: e qu~ c.?n questo. s aflratell~no, la con <1'1Cllo; i più scorrctu . sempre. co sormgl~anu:, tan~oc~~ crescendo insieone ncll Cf?uahta dcgl o an 111, de des•Jcn, delle malizie, Cllto·ano po1 nelle Scuole, c non VI trovano i vizi, rna l'C gl i portano. Abbastanza ci sembra aver dimostrato , il domestico insegnamento, lrovars i a condJZiooc. nou dirò eguale, ma eziaudio peggaol"e che uon è il pubblico, i11 quanto a' mali che sono appos ti; c questi , o non se•npre esser veri , o le pio\ volte •ssranditi; iudubitaumeote poi volersi p i t't presto che le pubhlicbe Scuole improverar l'indolenza dc' genitori, a' <Jnali l' educazion prima dc' figliuoli è per sacro debito raccomandata. Facciawci ora a gua•·Jar la cosa pel suo contrario, e avvisiamo , in qual de' due si possa cavare magsiore copia di beni , o vegliamo dire masgior profitto: il che tornerà il medesimo , che in1•estigare, quale Inscgnatore più utilmente si spenda il tempo. E innanzi ogni cosa, io non mi sò recare sl lesgermente a credere, che uu uom' dottissimo vogl ia piegarsi, non aluilliCnti che servii pedagogo, a star continuo entro chiuse e remote pareti, c partecipare ad no solo ciò, che s' ebbe acquistato con assai stenti e fatiche. P ure posnamo t che ad alcun savio e avvisato padre . per s razia , per favore, per danaro, venga fatto di accogliere in casa un uom sl dotto, sl probo, che non sia alcuno che gli s' agguagli. E che perciò? credercm noi , ch' el vorrà spendere l' intero siorno per insegnare ad un solo? che vorrà storsli allato continuo, senza ch e l'uno c l' altro dal lungo attendere non s' infastidisca e s i stancbi? Ancora, nou bisogneranno le molte ore di segre ta solitudi.ne allo studiante, sia ch' ei voslia mandare a lla memor1a le apprese cose, o impara rne di nuove · sia ch' ei voglia scrivere, o meditare? I ndul>itata cosa è'duu~ que, ch' ei dovrà andar con riserbo, e usare nell' ufficio suo un moderato tempo. Il pcrchè nien te torrà, che

l! quelle cose che sono a insegnarsi ad un solo, non possano fare ad altri, eziandio se molti; e in quella guisa, che dal Sole e compartito a tutti lo stesso calore, la stessa luce, così assai cose a tutti da una stessa voce saran portate. Ma <]Uesto tanto nè manco mi credo dover bas tare agli avversari nostri per uoo negarsi vinti: çhe forse alcuni de· più tenaci, mentre io qui parlo, vonuo rimovendo in }or segrt"tO )' USata VPCchi a Ci.lllZUIIC: Non potere il Maest1·o, dw !ta a.rsai discepoli, legger le cose di lutti, nè le migliori scen ·c, c am.m.endare. In verità non neghiamo, che sia dauuo, il do\'ore ommNtersi quello , che sarebbe a farsi giovevolissimo; ma quale e al mondo cosa. che in tutto piaccia? E perclo.! non è uomo, che possa h astarc a compiacer tutti, hassi egli per questo a conda nnar le pubbliche Senole, a nimica rle? ~on si porrà dnuqu c in L1 laucia ~o i pochi rn~li , l' infin ito beue, di che ~ono state perenni dispellsatrici? non gl' ingegni molti fatti per q nelle valorosissimi? non lo splendore servato alle gentili arti? non i comodi c ornatncnti aggiunti u questo viver ci - vile? non in fine l a gloria di tanti chi"ri uomini ( c iu questa vostra natale terra, non ruen che alt rore) lasciata florida, spleudidissima 1 Sebbene questo che diciamo da nn o, e il qual per avventura c il solo, che inimediabi le si possa adrlurre; è egli p oi• la così gran cosa· che alcuni avvisano? Se il Maestro s&r:ì avvertito di non si caricar di discepoli a troppo gran numero; s'egli prendera cura di tutti' e sara mosso insegnare da affezione, piuttos to che da special suo debito; se incitato quasi da propria gloria, nuu·irà i più ingegnosi e diligenti: non sa rà egli aggiunto a sminnirlo di tanto, che poco pilt torni l' averlo tolto? Ora , poi ch' e similmente provato, che tutto il buono delle private Scuole, é pure acconcio alle pubbliche, resta a dire delle ntili tà, che h ou no queste \or proprie; sì che fatta per ogni parte cornpat·azione, e veduto dove stia la maggiore somma di beni, riesca agevole a qual che sia il proferirne sentenza. Orsù dnnqno, traggasi fuor della casa di quel prudente pad~.e felice' che abbiam supposto' r incoruparabil Maestro, che v' e racchiuso: traggasi , dico, e dalla solitudine, e dalle tenebre si traduca a iuscgnaro in luogo , dove a molti insieme couvengouo giovanetti

a per impa rare. SuLitamente a somigli a~za d i ~n gr_ande Allore di scena, il vedremo allegrarsJ alla v1sta d1 assai di scepoli ; e quasi tradotto. in ampio e più degno Teatro, allargare il cuore a plll grandi speranze , a maggiore glo•·ia. GoJr/t del non aver quivi a ecciLare o alJbassar la mente dello studiante; la qnal in l uogo oscuro, e quasi p•·ivo di lu~c, o suole . perdere _ogni vigoria c illanguidi re, o vero SI gonfia, e •nbaldanztsce; dovendo di necessità conceder troppo a sè stesso qnegii , che a nessuno si agguaglia. Gli gioverà di veder tornato in profitto Ji moli• J' aver correlle le cose di alcuno, lodato quelle d' un altro. San\ lieto , che alcun negligente, c poco studioso, da lui sgridato, ablìia risco,so, e destati all'opera <Juattti altri insiem con quello poltrivano. Non più ora, parlando o leggendo, sdegnerà io soo segreto, c si vergognerà Ji alzar l a voce, come da p nma nella presenza di nu solo; ma in luogo eminente e dignitoso, fra mezzo molti che l' a&coltano , acceso la mente e lo spirito, pronuncierà le cose in tono alto, e con fo rza , e dirci quas i in(uwrando. Il che quanto maravigliosamente torni a far senti re le doti tutte dell'eloquenza, non credo che a voi, o Signori , possa esser dobbio, se ciò, ch' ho detto più sopra non vi sia uscito della memoria; e cioè che una gran parte dd!' eloquenza e nposta nell' animo; che è come dire, dovere questo esser commosso, e ricever le immagini delle cose che parla, e in certo qual modo Ja quelle medesime pigliar natura. Ma forse che 'luesti vantaggi, che ill\1aestro ha in comune cogli Scolari, saranno i soli, che coglierà lo studioso alle pubbliche Scuole ammaes trato? Lungo sarebbe a dire , quanti altri ve n'hanno, e di peso non puuto mi - "?ri, che gli accennati. Pnr toccandone i principali; sara egh nuovo, e fuor dell' usato, che a qoello, il quale ha da farsi sapiente, insorga cagione di avere a trovarsi in mezzo a lunJinoso concilio della città, e in assembrea. d' uomi1~i uumerosissi.ma, o a sostener disputa, o a farvJ alloc uztone, o semplicemente a dar saggio delli suoi stodi? E s'egli avrà apparato a fare solo, ciò che è da farsi tra 1uolti; se a•·rà menato vita solitaria e priva_d' ogni splendore, come potrà egli non perd;rsi ti' auuno al cospetto di tanti , e non rimanere come dal Sole in così ampia luco abbagliato 1 Che se egli sino dai

13 teneri anni sarà allevato in fra l' usanza dt>gli uomini, e avrà preso abito a ci111entarsi nel lor cospetto, noi vedremo smarrire punto alla trenoenda faccia del pubplico, non nel volto ioobiaocare; ma franco ed ardito, parlar sottile, parlare ornato, e con estcrio•·e della persona, eh.: al composto animo s i concordi. 1\Ia dove lascio io quella perizia delle umane cose, o per meglio dire delle mondane malizie, la qual' è si necessaria al sapiente per ben conoscersi del cuor degli uomini 7 E in qual modo l' apprenderà egli, se dal consorzio si vivrà segregato, dal consorzio, dico, che non agl i uomini tanto 0 ma a' muti greggi eziandio sembra esser dalla natura innestato? Dove le amicizie pre:1e alle Scuole, che soglion durare ferme sino all' estrema vecchiezza? ( imperocc b.! le amicizie 0 alle quali ha dato principio la comunanza di studi 0 hanno, al dire di Tullio, un non so che di santo, che sembrano quasi in fra le sacre cose tenere luogo principalissimo ). Dove la così sentita vergogna del rimanere al di sotto a que' che sono eguali di condizione di età 1 Dove l' inesplicabil contento dell' aver superato i più cospicni di sangue, i più facoltosi , i più adulti 1 Dove in fine quelle cose tutte per le quali ecci tandosi l'emulazione 0 e l' amor della gloria , maravigliosameote si acceodon gli animi 1 Che se benc questo amore per esser non di rado surgente di alcuna invidia, e avversione, possa a qualcuno rassembrar viziaso; pur non di meuo vuole aversi io conto di egregia cosa, giovevolissima, siccome quello, che il più delle volte a virtuose opere ne sospinge. E da che altro in vero crederem noi, che sian nati que' tanti miracoli di valore, che dell'antica o della moderna grandezza ne porgono r imembranza, se non se da questo medesimo, il qual o' ebbe o all'arte assottigliato gl' ingegni, o pres tato forza e ardimento a guerreschi fatti? Ques to, sì questo infiammò Milziade, quel sì prode guerriero, che non ancor sazio, da poi t anti secoli il mondo ammira. Questo, il neghittoso Temistocle rendette forte a fiaccar l' orgoglio del superbo Persiano. Questo, l' effeminato Alcibiade una e più volte ornò di luce sfolgoraotissima. Questo' in fine t r umili nazioni dall' ignoranza odalla barbarie, levò ad alto splendore; e mise negli uomini un focoso desio 0 da priwa ignoto, di operar fa w, o d' in-

•4 gegno, o di mano. che reggess~ ro alla mcm.<.>ria, all' ~mmirazionc non di un volger d anna che l no:no VIVC, ma prolungato a pi~ vite, a. più secoli •.," iutcrminabi~ tempo avvenire. E l anucluta, la qual pn~ molto che no~ fu nodrita ad alto e generoso senure, c m tspezwhtà 1 greci , colle naziona,li assem~lee, colla cdebrità delle F~­ ste, co' giuochi, co premo_ d ogm _mamera;. a Delfo, m Ol impia, su r Istmo' studwrono ~l'tener ~l Va la. fiamma di questo amore sa n~ ossnno. Dt la quel poanto d1 ~uona im•idia, che fruttò l l storoa della p•Ù dura, ostmata guerra dc' greci; di là quel coro di poeti valorosissimi, che ( avd. intorno a tre mila anni) ancor grandeggia, ,mcor splende quasi eterno sovrano lume. Di là gli Apelli , i Prasitcli , i Fidii; di là i Demosteni, gli E schini, e quanti altri <li quella uazion b eatissima s i levarono in fama e celebrità. Ma dove trascorro io 'l e dalle Scuole , e da <1uesto venerando tempio degl i stndi vo colla mente, e le parole vagando altrove 1 Non sono uscito, o Signori , dal mio soggetto: eh è non è strano c fuor di 11roposito, che si vengano le cose grandissime colle umili e piccole paragonando. Sì quelle prove pubbliche di valore, alle qual i suoi veni re astretta a ogni tanto la gioventù studiosa delle beo governate Scuole; e le quali più assai che l' esor tazioni de" Maestri , e la custodia dei pedagoghi, e i desiderii de' parent i h anno efficacia d'infiammarla agli studi della sapienza; rendono sommiglianza alle osserva te un tempo in Grecia ne' T eatri , e nei grandi Agoni: se non che le nostre, di una dttà sola, quelle la gioventù di un" intera nazione facean di glorie vogliosa. E i premi stessi di onore, e le medaglie, di che è fa tta al meri to auuual consueta dispensat.ione; e delle quali cou estrema esultanza della patria, "veggiam oggi fregiati questi giovan i valorosi; sono le stat ue, son l e corone , son le Dc16chc palme . che per la Grecia tutta menavan grido Or che \i sewbra , Cittadini Uditori? parvi egli , clte sia ancora da stare in d\lbbio, se meglio tomi d' n>segnare a' lìgliuoli pri,·atamcnte, o fidarli a Precettor ].:mbb!ico che 3li •~maestri? Ninno per certo, che ha l10r d mgcgno e do rag1one , vot·rà non accostarsi al cousigllo nostro, c se non in tuuc parti certo in quello che s i mostra esser via pitì conducc;1te a imparare. Ciò non pertanto mi dà molest ia un pensiero,

r5 un desiderio, ch' io lesgo in cuore a ciascun di voi; o <Jnesto è, che sarebbe pme la bella cosa, se le nul itit che ha sue proprie l' insesnamento pubblico, fossero monde d' ogni ria cosa; o per venire in fine ai particolari che ci risguardano; se? questo domicilio dell'ottime discipline, dove comiene a imparare lo gioventù forlivese, ogni dl più s i facesse Scuola di costumi ins ieme, e di civile sapienza l E ques to ancora , sol ~l. c il vo;;liato, con due cose tanto, agevolmente ottener potrete: l' una è, che in ques:o assembramento di giovuni , comunque ampio, non sia alcuno se non di lodev~>le c provata vita; l'altra, che da' genitori, da (juelli che sostengono ufficio dell' insegnare, in fine da coloro, che hunno degli studi soprantcndenza, con vigilanza, con scvc- ••erità, con fermezzu , sia tcuuto loutano al possibile dalla integrità e purità delle Scuole, ogni scostumatezza , og11i licenza, ogui reo fiato che le contamina. Crct.lo , Signori, di non aver lasclilta veruna cosa, che al mio assunto si appartenesse; e m' è pure lieto sperare dalla cortesia vostra, che ciò che ho toccato in genere intorno ai mali delle Scuole, mosso dall' ones tà , dalla fede , Jalln persona ch' io tengo, non sarà da voi ricevu to iu mala parte. Ora , innanzi che il mio ragionamento couduca a termine, la consueta odierna soleunita semhrd richiedere, che io raccomandi all' amore vos tro questi studiosi giovani concittadini, che alle Arti, e alle Sc ien>.c danno opera diligentissitua; e parecchi de' quali vi vetlcte onorati del consueto premio, testimonio non d ubbio del l or valore. Eglino, per quanto fu in l oro , non hanno mancato ai desideri de' parenti, alle speranze vostre , all' ornamento e decoro Jt>lla Patria. Pieno il cuore, e la mente di un nobile desiderio di glor ia, non tengono memoria delle durate faticlte, se uon in quauto furono mezzo effi cacissimo a inual 1.nmcnto di onore. Al provido consiglio de' loro padri , che '1ni gl i addusse a essere insegnati e cresciuti nello studio di sapienza, rendono grazie grandi, maravigliose; e promettono di non roler part irseoe inglor iati. Ma vi priegano io un medesimo, che voi pur promeuiate dal canto vostro, in ques to gioruo, iu questa festevol rimemorazione delle virttt cittadine, che come vi è piaciuto di eleggere all'ammaestramento loro questa pubblica stunza degli ouimi studi; così la vogliate ricevere

tG nella protczion vostra, . ~ averla ora, e sempre fr~ le pa~ trio cose in conto dt pnmtssmut c quast santa. l'lon dubitano già , che voi abbiate in alcun tempo mai a guardarla con freddo occhio, negleuamente; temono solo (si come o! proprio il temere delle cose, che più si hanno care ) che essendo voi inchinati allo spendere largamente e cosi nelle cose che portano comune n ti!e , come ne~ li ornamenti di diletto c di piacere; temono dico! che se mai foste moSSI a voler dare a ques to sacro ncetto delle Muse quello splendore, di che è degno per sè, e che ricerca h civilta del secolo , non che vostra; le troppo mtiuuite forze, non vi bastassero a rispondere al buon volere. Il quale priego per vet·i tà, anzi che r ipigliarlo come trascorso di giovauil fervore, sovranamente io lodo, siccome nato da un desiderio vivissimo, che questa nostra natia terra venga guardata non per soli obb ictti di delizievole vista , ma (che piìt monta) per cittadini, che con virtt\ civili~ con pro,•idi consigli, con egregi fatti siano di giovamento al Comune nostro, e presso le vicine e lontane genti ne mettano in alcuno onorevole c chiaro nome. E da questo desiderio santissimo è da credere fermamente, che fossero mossi quei nostri buoni maggiori, i quali una parte delle !or sostanze ebber lasciate a b enefizio di ques to luogo, dove sono dati ad allevare e crescere i figliuoli dc' vostri amici , de' vostri congiunti, i figl iuoli vostri. Laonde se il propagare, c ampliare le benefiche volontà de' nos tri gen erosi concittatlini, è un dare mostra di non aver da !or tralignato, ma sl di esser noi pure capaci di sentire amore di quella lode ch'essi sentirono; e se quanto più questa è benefica, tanto maggiormente torna ad onore il mostrarcene vaghi; voi non potete bramarvi cosa , che più sia hene6ca alla Città nostra, nè alla pietà di quc' nostri defonti più gra ta, nè alla lode de' poste ri p iù duratura ; di quello che desiderar fortemente, e cioè con risoluto animo di volerlo, che in questo Luogo sacro agl' ingegni della patria, la nobiltà c " randezza dei vostri animi più che altrove splendidamente ~ampe~;gi.

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