Ignazio Silone - Uscita di sicurezza

' (il costume di partito non consentendo in nessun caso l' ammissione della dissidenza politica) può sembrare una delle più benigne la formula escogitata per irroio caso. Essa, in un certo senso, fu suggerita da me stesso. Nella delegazione ufficiale davanti alla quale mi presentai, era, tra gli altri, Giuseppe Di Vittorio, il quale assai benevolmente e in tono amichevole a un certo punto prese ad enumerarmi le difficoltà d'ogni specie in cui mi sarei trovato fuori del partito. - In Italia, da solo, non ·puoi tornare -· egli mi disse. - All'estero, senza carte, non puoi fermarti. Non hai mezzi di sussistenza. Non hai buona salme. Tuo fratello è in carcere per il partito. Tutti i tuoi amici sono nel partito e romperebbero con te se tu ne uscissi. Contro il fascismo non v'è altra forza fuori della nostra. Se dunque ti resta un minimo di buon senso, se sei ancora capace di riflettere e di regolarti come una persona normale ... A quel punto !'interruppi. - Senti - dissi - io non so se tu puoi capirmi, ma in quel senso che tu dici, io 110n sono mai stato e forse non sarò mai una persona politicamente normale. E abbandonai la riunione, dichiarando che veramente non avevamo più nulla da dirci. Nella sentenza di espulsione che ne seguì, dopo una ricapitolazione ad usum delph!ni dei precedenti episodi, si poteva leggere: « ... avendo egli stesso am- · messo di essere un anormale politico, un éaso clinico, ecc. ». Era un documento ingiurioso e diffamatorio; al quale, questo va da sé, gli stessi autori non prestavano fede, altrimenti non avrebbero intrapreso quell'estremo tentativo perché rimanessi nel partito. Era l'arma polemica per neutralizzare un'eventuale-· mia azione disgregatrice nell'interno del partito. Quando infatti questa mancò, e da taluni si considerò 72 BibliotecaGinoBianco

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