Ignazio Silone - Uscita di sicurezza

sottoposta, in ultima istanza, alle sezioni ed alle cellule del nostro partito, perché giudicassero. Dietro il paravento, pur non fittizio, della nostra responsabilità nazionale che ci stava mille volte più a cuore, noi sfuggivamo a un àifficile eppure inevitabile dovere internazionale, vittime, a nostra volta, del grossolano sofisma del bulgaro Vasi! Kolarov, che due anni prima avevamo deriso. Per tale via, anche quelli di noi che in sostanza eravamo d'accordo con Angelo Tasca e gli eravamo amici, commettemmo l'errore e la vigliaccheria di lasciarlo solo e di condannarlo. La nostra condotta avrebbe potuto anche trovare una giustificazione successiva se, l'anno dopo, quando finalmente l'Esecutivo di Mosca pose sotto accusa e condannò tutta la nostra politica, dal 1924 in poi, ci fossimo, come era stato nei propositi, trovati uniti e solidali nel difenderlo. Invece, la demoralizzazione sofferta in quella lunga fase di ambiguità e reticenze, la diffidenza verso taluni dei nostri ritenuti più proclivi a capitolare di fronte a ogni pretesa di Mosca, come pure l'esempio di quello che stava accadendo in altri partiti, finirono col produrre l'effetto op- • posto; e anche quei pochi che, presi alla sprovvista, protestarono e furono espulsi dal partito, si trovarono ad agire in condizioni impreviste, estremamente confuse e penose, senza alcuna possibilità di esprimersi sul vero fondo del problema e, quel ch'era più grave, senza rendersi conto dell'intero significato dei propri atti e delle loro conseguenze. Come avevamo potuto illuderci che in una organizzazione totalitaria fosse possibile un esame serio leale e in buona fede dei temi controversi ? Quella nostra sorpresa provava fino a qual punto noi fossimo ancora all'oscuro della reale natura dell'evoluzione subìta dal comunismo russo e· internazionale negli ultimi anm 63 • BibliotecaGinoBianco

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