Ignazio Silone - Uscita di sicurezza

noi, m'ero comportato con una certa riservatezza, non nutrendo alcuna speciale preferenza per lui più che per Sta- _ lin, un impulso ben naturale, davanti all'odio insolente che gli ostentavano le addomesticate creature dell'apparato, finì con l'indurmi ad un atteggiamento del tutto opposto. Egli non era più, quale m'era apparso nel 1921, il popolare capo dell'esercito rosso, coronato dall'aureola della salvezza di Pietrogrado; ma un vecchio leone attratto in una fossa e sul punto d'essere ucciso o catturato. Agli occhi di quelli che lo sorvegliavano senza perderlo di vista, ogni suo gesto, ogni sua parola acquistavano un'importanza sproporzionata. Ricordo che durante una di quelle sedute regalai a Trotzky alcuni numeri d'un giornaletto clandestino torinese, ed egli se ne mostrò assai toccato e mi raccontò d'un giornaletto simile, contro lo zarismo, da lui redatto a Nikolaiev quando era ancora studente. Egli conosceva poco l'Italia, perché vi era stato solo di passaggio, ma se ne ricordava con piacere, come mi raccontò, avendovi conosciuto « una bella amicizia » : le poche parole della nostra lingua a lui note erano infatti graziose e tradivano un'origine femminile. La nostra amichevole conversazione si svolgeva nelle pause del dibattito politico e durante la traduzione dei discorsi, e non sfuggiva, come ho detto, agli sguardi sospettosi dei membri dell'apparato. Ma la complicità mia e di Togliatti con Trotzky apparve ancora più evidente quando egli, nel chiudere un suo lungo e veemente discorso davanti all'Esecutivo, poiché tra l'altra se la prese con l'ungherese Bela Kun, lì presente, si scusò di terminare com'egli disse, « con un motto nella lingua di Dante e di Togliatti», e il motto fu: « la maniera di Bela veramente ·non è una bella maniera ». Benché quell'espress10ne scherzosa fosse stata improvvisàta in italiano dallo 52 BibliotecaGinoBianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==