Ignazio Silone - Uscita di sicurezza

• proprie. L'avversario, per il semplice fatto che osava contraddire, era senz'altro un opportunista, se non addirittura un traditore e un venduto. Un avversario in buona fede sembra per i comunisti russi foconcepibile. Quale incosciente aberrazione, da parte di polemisti sedicenti materialisti e razionalisti, di affermare in termini tanto assoluti il primato della moralità sull'intelligenza. È stato giustamente già os-. servato che per ritrovare un'infatuazione analoga bisogna risalire agli antichi processi inquisitoriali contro gli eretici. Nel momento di lasciare Mosca, nel 1922, Alexandra Kollontaj mi disse scherzosamente: « Se ti accadrà di leggere sui giornali che Lenin mi ha fatto arrestare perché io ho rubato le po- _ sate d'argento del Cremlino, vorrà dire semplicemente che su qualche piccolo problema della politica agricola o industriale non sono pienamente d'accordo con lui ». La Kollonta j · aveva acquistato in Occidente il suo senso dell'ironia e ne faceva uso solo in conversazione con gli occidentali. Ma già allora, negli anni febbrili della creazione del nuovo regime, quando la nuova ortodossia non si era ancora impadronita di tutta la vita culturale, com'era difficile, anche per noi comunisti occidentali, intenderci con un comunista russo sulle questioni più semplici e ovvie. Com'era difficile, non dico trovarsi d'accordo ma almeno capirsi, dialogare su ciò che la libertà significasse per un uomo dell'Occidente, anche operaio. Ricordo di aver cercato un giorno, durante varie ore, di spiegarlo ad una dirigente della casa editrice dello Stato, perché almeno si vergognasse dell'atmosfera d'intimidazione e di a~vilimento cui erano sottoposti gli scrittori sovietici. Essa non riusciva a capire quello che _io volessi dire. - La libertà - dovetti esemplificare_- è la possibilità di dubitare, la possibilità di sbagliare, la possibilità di cercare, 36 BibliotecaGinoBianco

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