Ignazio Silone - Uscita di sicurezza

so i più sofferenti, sotto la cenere dello scetticismo, non s'è mai spenta l'antica speranza del Regno, l'antica attesa della carità che sostituisca la legge, l'antico sogno di Gioacchino da Fiore, degli spirituali, dei celestini. E questo è un fatto d'importanza enorme, fondamentale, sul quale nessuno ancora ha riflettuto abbastanza. In un paese deluso, arido, esaurito, stanco come il nostro, questa è una ricchezza autentica, una miracolosa riserva. I politici l'ignorano, i chierici la temono, e forse solo i santi potranno· mettervi mano. Invece assai più ardua, se non inaccessibile, è sempre stata tra noi la percezione delle vie e dei mezzi per una rivoluzione politica, hinc et nunc, creatrice di società libere e ordinate. A questa scoperta io credetti di arrivare, dopo il mio trasferimento in città, al primo contatto col movimento operaio. Fu una specie di fuga, di uscita di sicurezza, da una solitudine insopportabile, un « terra ! terra ! », la scoperta d'un nuovo continente. Ma la conciliazione d'uno stato d'animo di ammutinamento morale contro una vecchia realtà sociale inaccettabile, con le esigenze « scientifiche » di una dottrina politica minutamente codificata, non fu agevole. Poiché, forse non c'è nemmeno bisogno di dirlo, l'adesione al partito della rivoluzione proletaria non è da confondere con la semplice iscrizione ad un partito politico. Per me, come per molti altri, fu una conversione, un impegno integrale. Erano ancora i tempi in cui il dichiararsi socialista o comunista equi~leva a gettarsi allo sbaraglio, rompere con i propri parenti e amici, non trovare impiego. Le conseguenze materiali furono dunque aspre e deleterie, e le difficoltà dell'adattamento spirituale, non meno dolorose. Il proprio mondo interno, il « medioevo » ereditato e radicato nell'anima, e da cu1, in ultima analisi, derivava lo stesso iniziale impulso della 32 BibliotecaGinoBianco

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