Vita fraterna - anno III - n. 16-19 - 31 ago.-15 ott. 1919

VITA FRA'I'ER.'lA 3o5 na » - e la voce vefata diceva <li quali affetti- vibrasse ranimo - « oh no ! ma ento come qualche cosa in cuore; pen o a ciò che proveranno i miei gen tori poveretti, quando vedranno il m10 nome scritto da me, proprio da rµe . >. E rimase un istante a sorto come in dolce vì i:one: alla -ua mente si affacciava certo 1a grande 1:ucina paterna e attorno al focolare chine sulla sua lettera vedeva le teste dei aenitori - <le11esorelle - de1 caro fratellino Fu o-emio - e negli occhi di tutti, forse delle lacrime .... Si co se e, adauio, quasi re1io-io,amente tracciò in fondo alla lettera il uo nome, a grandi caratteri. Era felice. - « E' tanto tempo che non vedi 1a tua famiglia, Baldin? > - gli domandai un giorno. Fece un rapido conto: - e Dieci mesi. Ah ! l'ultima volta che sono andato a ca a: che fe ta. Dalla trincea, ho fatto a piedi tutta la _trada: quattordici ore di cammino. on sentiY-0 tanchezza. E ì che due o-iorni prima avevo combattuto, ma u1 erio. Corpo a corpo con gli au triaci. Eravamo avanti, lontan: dalla trincea, il mio tenente ed io. Io non vedevo più nul,la. Avevo sme so di lanciare le b-Ombe e adoperav-o il pugnale. E andavo avanti, colper.do. - Ad un certo punto :1 tenente si è voltato e, additandomi ai compagni, ha !!ridato : - e Queti sono oldati ~ - E a me: - e La medaa!ia, Baldin, avrai la medaglia». - Jon aveva ancora finito di parlare che una palla lo colpiva ir: fronte. Allora io per non lasciarle in mano a q11ei cani, l'ho preso sulle _palle e l'ho portato nella nostra rincea. otto le pallottole: nè -pure una mi ha presa. _ Ia lui! ... un coJ bravo, un così buon tenente. Il bene che mì vo eva ! > - Rimase penso o; url'ombra di o-rave tristezza ve ava il uo ,·i o sempre improntato a erenità; ed io per distrarne Io spirito da pen ieri che pr-0fondamente lo accoravano, ricondussi il discorso ~I punto di partenza. - « Di', fi,gliuolo, ti aspettayano a casa?>. i scosse: 1a sua fisonomia si rischiarò al richiamo del lieto ricordo. - « • facchè ! da tanto tempo dovevo andare in licenza che i miei avevano oramai perduto la speranza di vedermi. Sono arrivato a ca a a sera tardi. Non avevo ancora picchiato alla porta che mia madre aveva o-ià conosciuo il mio passo. Poveretta! tremava tanto che non ha potuto nè meno correr.,mi incontro: era diventata bianca, bianca ». - E penso o: - e Che bella erata, attorno al fuoco con tutti i miei che mi ascoltavano e non facevano che domandarmi e questo e quello .... >. L'amore inten o per la famigEa non lo distoo-lieva però dal pensiero della patria: che o=i giorno d~ iderava io o-li legge si Biblioteca Gino Bianco

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