Vita fraterna - anno I - n. 11 - 15 novembre 1917

' . 330 VITA FRATERNA COLLABORAZIONE Siamo stati colpiti nella fierezza buona e forte di un popolo che si sentiva infine vivere e ascendere. È il crollo di una fede che era forse ingiusta tanto ci riesciva facile: troppo facile perchè fosse abbastanza ardente di riconoscenza per chi ci difendeva, ardente di opere contro chi ci insidiava. Una nuvola asfissiante si è avventata sulle nostre anime e le ha vuotate di vita; invochiamo, e troveremo al di là. del male d'oggi un richiamo di luce. Spezziamo la fede che abbiamo avuto, che dura ancora in alcuni come un altissimo sonno, per crearne una nuova di dolore e di passione. Il nemico aveva agitato il ricordo dei disordini di Torino, aveva agitato altri cenci come suoi stendardi di vittoria, ma l'intuizione delle coscienze che non si comperano gli è vietata. L'inverno troverà nel nuovo dolore più chiuse le labbra al lamento, più aperto il cuore a:I sacrificio coraggioso. I n·emici son vinti perchè han calpestato la nostra terra, perchè non è stata inutile la strage, perchè tutta la virtù dei morti è emigrata con noi per sempre forza nostra, chiama a raccolta, si para coi nostri sulle rive dei nostri fiumi. Sono vinti perchè in Italia i buoni e i forti possono esser non visti e ignorati nel loro silenzio, ma nella minaccia del male si risollevano, fan impeto colla forza del << silenziosi » e se allora li contate sono a ·mille a mille. Sono vinti perchè la sciagura ha fatto più grande il nostro destino di popolo davanti all'umanità e ai nostri Alleati ha dato tragicamente in un attimo di solo sgomento la misura 'del sacrificio che abbiamo compiuto che pesa e accettiamo che pesi su noi. Oggi i soldati francesi e inglesi si mescolano nelle nostre file. Accogliamoli .come un popolo forte e maturo che stringe la mano da pari a pari, come da pari ce l'han stretta nel maggio· del 1915 r Francesi al di là delle Alpi. Accogliamoli soprattutto senza suscettibilità ·che non sono rivincita di nessun orgoglio, ma che possono invece sembrare la rivelazione di una coscienza abbattuta e debole che non è e che non può essere la nostra. Ricordiamoci che i Francesi vengono in Italia dopo aver per due 1 anni udito parlare del nostro sforzo glorioso, che Gorizia, il Carso, la Bainsizza, sono nomi di una gloria per sempre italiana. Sarebbe colpa 'nostra, saremmo responsabili veçso l'avvenire d'Italia di suggerir noi stessi a loro l'idea che ci sentiamo umiliati dal concorso delle loroarmi. Noi siamo giovani alla vita internazionale pronti come i giovani ad abbassare timidamente il capo e a impennarci: sorvegliamoci; non imponiamoci delle umiliazioai che sarebbero inique, che nessuno ci chiede per rifarci poi con delle lagnanze che sarebbero stolte, funeste e mal tollerate. Nessuno osa pensare che noi dobbiamo abbassare il capo, nessuno ci contende il diritto alla più santa fierezza, ricordiamoci che non v'è miglior affermazione di dignità e di forza oggi che un gesto francamente cordiale e fraterno. BibliotecaGino Bianco

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