Vita fraterna - anno I - n. 9 - 15 settembre 1917

VITA FRATERNA 301 - Parliamo pure di cose piccole, ma cerchiamone, vivamente, la intima grandezza, col penetrarne il reale significato. Parliamo anche di noi : conosciamoci - conosciamo noi stessi - e conosciamoci reciprocamente. Questo deve essere tra i più preziosi risultati della Vita fraterna: " favorire (come è stato detto una volta) la mutua comprensione, l'accordo, l'intesa fra individui e campi finora divisi e mal noti uno all'altro. :. Tutti questi sono passi che avanzano sulla via della vittoris. Vi sono due campi in cui è distinta elementarmente l'Umanità due campi davvero troppo divisi e mal noti l'uno all'altro: il camp~ maschile e il campo femminile. - Questa piccola nostra Vi/a fraterna si è rivolta a entrambi e in entrambi è penetrata. E' sua profonda e forte aspirazione dare effettivamente opera, pur nella modestia iniziale dei suoi mezzi e del suo campo d'azione, a promuovere fra di essi una mutua conoscenza più sincera e reale, a togliere i malintesi, le diffidenze, le ostilità, o le male alleanze a creare una cordiale e buona alleanza senza di etti -· ne siamo profondamente convinti - non vi può essere per l'umanità nè gioia nè bene reale. - Un buon mezzo a questo scopo, crediamo l'esprimere da una parte e dall'altra schiettamente il proprio pensiero sui problemi comuni o particolari: qualche cosa come ciò che abbiamo visto in certe rubriche originali dì una buona e bella rivista di oltre oceano che avevano per titolo <I. ciò che esse dicono tra loro degli altri » - « ciò che essi dicono tra loro delle altre ». Così da farlo conoscere, metterlo in comu_ne, discuterlo limpidamente. Con puro cuore, con fervido proposito di verità e di bene e di gioia. - Conosciamoci reciprocamente, - vogliamoci bene: questa è la vita fraterna. Così pubblichiamo in questo fascicolo pagine « Signorine di domani », eco di un dialogo « tra sorelle di fratelli ». - Così pubblichiamo qui in seguito ( « Fra lettori e lettrici ») le pagine di un giovane laureando in medicina a proposito del quesito sul compito sociale della donna dopo la guerra, che presentano note di un antifemniinismo particolare e interessante, a cui sarà bene rispondere, chi la vede altrimenti. Fra lettori e lettrici Stralciamo ampiamente da una lettera giuntaci a proposito del quesito sul compito della donna dopo la guerra, e che offre lo spunto a utili discussioni. L'autore, prendendo le mosse dalla risposta del dottor V. B., nel n.0 di giugno, afferma come « meta della vita di ogni giovane donna il matrimonio, come scopo l'educazione dei figli. • Più avanti nota che « nella famiglia uno deve essere l'indirizzo come una dovrà essere la direzione e niente giustifica che questa supremazia familiare passi dopo tanti secoli nelle mani della donna. Lascio agii studiosi siabilire se l'intelligenza della donna debba essere superiore o no a quella dell'uomo, mi accontento di riconoscere che per dirigere occorrono studio e lavoro e che la donna oggi studia e lavora già troppo. E' il vizio che ora consuma le giovani? può darsi! ma lo studio delle nostre scuole ed il lavoro nelle nostre officine non fanno BibliotecaGino Bianco

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