Vita fraterna - anno I - n. 4 - 10 aprile 1917

VlTA FRATERNA 107 propno corpo e della sua pace ; ancor ne esisteranno poichè non si arriva a distruggere quaggiù la razza della viscida serpe nè dello scorpione infame, - n1a potranno 1nai essi di1ninuire l'incanto o arrestare il pas~o infrenabile della pri- 1navera? Faccian10 che non nuoccia no, sì, - ma siamo certi, e con la nostra certezza faccian10 che la primavera aYanzi ! Certezza che è fatta di opere, - che è l'esser medesin10 ' - che è fede tanto divenuta vita, che è il non poter esser diverso .... Santa santa santa primavera del secolo! ... IJ1,,,7,, A NARADA, IL RE . (Novella Indiana) (Co11ti11azio11ee fine, vedi fascicolo di marzo) Ma anche le giovani speranze della patria, toccata la quindicina, tro– vavano stucchevoli, non che le lezioni, gli sports. I solenni Maestri gli ripetevano con insistenza, ma senza mai precisare, che scopo della vita umana è la felicità, e la felicità è fatta di gioia. Fin qui d'accordo. Ma questa gioia, fresca, intera, bisogna aspettare i sessant'anni, o anche solo i trenta, per procacciarsela? Quando già molte o le mi– gliori sorgenti ne sono inaridite? E perchè, e per chi, aspettare? Non è ridicolo? Oh! certo è ridicolo. E allora divertiamoci fin d'ora, con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le forze. Dunque, lavoratori malcontenti fino alla rivolta, giovani ribelli a ogni disciplina. Nàrada, a trent'anni, aveva i capelli bianchi. Un giorno eh' era più triste, chè aveva quasi perduta ogni speranza, gli si presenta un vecchio generale, già caro all'avo suo. Questi lo persuade che la causa di ogni disordine è la debolezza dello Stato, e contro tal debolezza non c'è rimedio che in un esercito potentemente organizzato, riverbe– rante sulla nazione la propria saldezza e disciplina. Il re gli confe– risce pieni poteri (la Camera non si interessa) e in meno di cinque anni un esercito fiammante fa inorgoglire il paese. Una nuova coscenza di corpo e un orgoglio di casta potente e rispettata riuscì per un tempo a fondere le volontà. Ma in breve, sfumata l'ebbrezza, ciascuno si sentì lui, diverso dagli altri e avverso per i contrastanti interessi. Cos'era la patria se non un'astrazione, dunque un mito? Sono gl'individui concreti che soffcono, godono, vivono, muoiono. Il resto è vanità. Q~1esto insP.gnavano velatamente i maestri; apertamente le gazzette e i tribui1i. È facile immaginare le gelosie, la tracotanza dei capi, la BibliotecaGino Bianco

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