Via Consolare - anno II - n. 7-8 - luglio-agosto 1941

~ r --- - Fonéjazione Ruffilli - Forlì

IMPRESA t, POMPEG GOBERTI F ORLI' ViaFlavBioionN~o.5 - TeleloNno.64-40 DALTLRUIGI· & FIGLm F OR L l' Via Pelacano, 4 - Telefono 6547 MATERIEPRIME- LANIFICI FONDERIE - MAGAZZINI RACCORDACTIONLE FF.55. Concessionario per la Provincia della raccolta del rame per conto dello Stato Fondazione Ruffilli - Forlì I PlacuPccrimo Rottami, Metalli, ecc.,· GAMBETTOLA {FORLI') oonnv1 Industrie Feltri V I A TE OD OLI N. 1 · '< FORLI'

Fondazione Ruffilli - Forlì

:t caduto un ■oldato d' Italia. Dal cielo, dominato al primo incontro; percorso diuturnamente ad allacciare, su mari e su terre, l continenti; tentato arditamente da un adolescente irrequieto, a ■tabllirne le nuove più ardue vie; battuto oon eroismo indomabile a cercare il nemico della. Pa.tria. ■u tutti i campi delle tre guerre noatre sa.crosa.nte, un' a.la. tricolora.ta. ai è infranta. a.l ■nolo. Non importa. 11 ■uo nome. Un Padre una Madre d'Italia. hanno Impietrito il cuore nello spa■imo atroce e tutti i padri e le madri d'Italia. hanno dolorato con Es■I. Perché il fa.tto si fonde nel sentimento unanime di questa. nostra. guerra, In cui ogni attimo è volontà di vittoria, in cui ogni pensiero è laggiù al fia.noo di ooloro che la. oomba.ttono ancora, sulle trincee e sulle carlinghe oppure già nelle tombe non pla.cate. Perché è caduto un soldato d'Italia ed il sangue giovane ed Il oorpo martoriato ohe la terra. ha raccolto e composto ma.terna, erano il sangue e il corpo di tutti I ■uol figli, Dall'urna di Predappio la.■1ù, alta. oome un simbolo, è ■orta. in cielo una. fiamma. diritta. e lucente ohe indica., da. tutti gli aperti orizzonti una. ■tra.da.: silenziosa. ed a.sprlsaima., che non oono■oe limiti nè ■oate, ohe non sa. pentimenti o rloompense, la. stra.da luminosa del Dovere. Fondazione Ruffilli - Forlì

RIVISTA DEI GRUPPI FASCISTI UNIVERSITARI EDITA DAL GUF DI FORLl Direttore:PAOLO SILIMBANI (elle armi) Condirett.: ARMANDO RA V AGLI OLI (elle armi) Condirettore resp.: BRUNO MASOTTI (alle armi) Reggenti : RENATO ROSSI- LIVIO FRATTI DIREZIONE - AMMIMISTRAZIOME FORLÌ - Palazz·o littorio C/C postale 816395 MI l AMO - Corso 28 Ottobre, 127 ROM A - Via Crescenzio, 43 ~OMMA~IO MAS • Guerra rivoluziouria, ARMANDORAVAGLIOLI - L'impegno del morti. TELESIO MONTESELLO - Il rito della Vittoria. NEVIO MATTEINI VALTER DIRANI MARIO ORTOLANI - Elementi della nuova Eu• ropa. - Ricordo di Saturno Montanari. - Lo stesso sangue (ne· conto). BRUNO MASOTTI - Romolo Gessi (f•ne'. CARLOMARTINELLI • Inizio di una storia. UGOGALETTI - l'Ambrogio. ALESSANDROORENOO - Introduzionealla compreAsione de" La nascita della tragedia.,. RICCARDOIRCO - Sentinella (poesia), SERGIOCOLOMBINI • Primavera attesa (poesia). ANDREACASON - Vesperale (poesia), IL VIGILE • Semaforo. X ., Numeri unici. NICLAVEGGIANI • Anacleto Rossi. GIAHNI TESTORI - DomenicoCantatore. GLAUCOPELLEGRINI - La Mostradel Ridotto- Gli lncrsoriveneti del 1700. GIORGIO COLOMBO - Il "N6',,. ANONIMO GIAPP. - Le ombre sul fiume. WALTER RONCHI UGOBETTI - Attività del Teatro Guf di Treviso. - Fine quasi tragica di una lettera aperta. - Rettifica. DIEGO FA.BBRI · Il Prato \lo1vola radiofonica). GERARDOGUERRIERI • Via del teatro spagnolo. WALTER RONCHI • Un anno di cinema italiano. FondazioneRuffilli- Forlì GOERRA · IVOLOZIUNA La guerra nostra è la continuazione sul piano internazionale del processo rivo!iizionario. Come l' ardimento squadrista fu la reazione ed il riscatto ad una avviliente anarchia interna, così la fierezza giierriera dell'Italia Mussoliniana è la ribellione sacrosanta ad un ordine politico ingiusto, fissato con suprema ipocrisia dai protocolli di pace e difeso con meticolosità fiscale dalle Nazioni depositarie della richezza mondiale. La nostra guerra ha un contenuto profondo perchè è scaturita da necessità materiali ma ancoro. più da inderogabili necessità spirituali; è scaturita dal bisogno assòluto di im popolo di respirare, di sviltipparsi nel suo spazio vitale, liberandosi una volta e per sempre dai diaframmi economici e politici creati ad arte o per vergognosa speculazione dalla Gran Bretagna. La macchina della storia è in moto sicura, metodica ed inesorabile per abbattere istituti anacronistici, vincoli illegali, dittature economiche inconcepibili ; è m moto per condannare inesorabilmente coloro che hanno tradito la vecchia e gloriosa civiltà europea, credendo di potel'lle fare un comodo paravento per creare colossali sistemi di onnipotenza universale. Rivoluzione e guerra appaiono percw come espressioni di ww stesso programma, che tende q realizzazioni concrete e sostanziali. L'opera, perchè sia duratura, deve essere compiuta integrcilmente, senza improvvisazioni, senza acceleramenti nocivi. Il processo di riparazione si svolge sui termini della storia e della geografia, ricondotte alla loro più vera .fisionomia dal potere purificatore delle armi. Ma occorre che questo processo vengci assecondato e accompagnato dalla consapevolezza, dalla evoluzione del fronte interno. L' esperie11za inseg,w che le guerre hanno sempre lasciato gravi trascichi, procurando difficoltà morali, sociali, politiche ed economiche; il dopoguerra è stato spesso, e noi nbbicuno w1.' esperienza recente e sofferta, un periodo di crisi. La ragione di ciò va ricercata nella tendenza ad accantonare per la fine della guerra tutti i problemi di ordine interno cla essa scaturiti. I problemi che sorgono giol'llo per giorno dalla stessa impostazione rivoluzio11aria della nostra guerra vanno risolti gradualmente e armunicamente, senza rinvii, che sono l'estremo rifugio di chi ,wn ha il coraggio di affrontare cli petto le situazioni più difficili. Quando sentiamo qualcuno ciffermal'e che una volta .finita la guerra la Rivoluzione dovrà completare il suo ciclo ci viene spontaneo un moto di contrasto. Le tappe della· Rivoluzione debbono procedere di pari passo con quelle della guerm. · Altrimenti si accu11uila un complesso cli problemi, destinati a provocare ww crisi gravissima nel dopoguerra. Questa volta bisogna vincere il dopoguerra mentre la giierra è in atto; e bisogna vincerlo sotto l'aspetto interno ed internazionale. M~entre si combatte occorre costruire l'impalcatura del mwvo ordine politico e della nuova civiltà dell' Enropa ; mentre si combatte occorre ampliare e perfezionare le basi clel nuovo ordine sociale interno. La fase organizz11tiva e costruttiva non cleve suhire soste pur in mezzo al fragore delle armi,.anzi le disfunzioni in questo periodo sono una forma di sabotaggio verso la Rivoluzione. Le realtà etiche scaturite dalla guerra debbono articolarsi e vivere concretamente mdl' anima del popolo ; così l' idea rivoluzionaria non deve essere compromessa dalle vergognose speculazioni di pochi. MAS 1

.L' IM-PEG NO- DEI MORTI Dove sono gufi che, fino a un' ora fa, baravano sulla fine della generosità dei giovani, truffando sul sentimento d' amor patrio delle giovani generazioni, sul loro senso della politica e della storia ? Possibile che i giovani di questo secolo avessero all' improvviso le midolla riarse e non sentissero nel sangue la sferza dell' orgoglio ? ! Le statistiche non ci mandano mai in solluchero, ma stavolta sia benedetto il ruolino col numero dei caduti, dei feriti e dei decorati' al valore usciti dalle nostre file, per i santommasi in malafede, per gli incalliti nel peccato di gelosia contro i ventenni! Noi però vogliamo che la constatazione di queste cifre valga anche per noi e che il numero, moltiplicante la sostanza del sacrificio, faccia riflettere. Poichè abbondante è stata la seminagione di sangue della gioventù della cultura : sangue prezioso perchè sangue di condottieri, di piccoli -condottieri che furono tali anche nel campo di battaglia avendo tratto nell'ultimo assalto i manipoli. Ma noi - poichè questo è. sangue nostro, scaturito dalle nostre vene, sangue dei nostri fratelli, dei nostri più vicini amici, sangue nutritosi insieme col nostro alla mammella delle stesse ansie, degli stessi desideri, delle stesse passioni - possiamo dire che questa offerta di sangue dei giovani è stata ben lucida, tersa nei motivi, disperatamente decisa nella propria volontà di effettuazione. Forse mai come stavolta i caduti vollero intimamente cadere : più che una volontà singola era la volontà della generazione nostra di affermarsi mediante il sacrificio ; era la consapevolezza vivente in tutti i migliori che quest' era avrebbe potuto essere nostra solo a cos.to del sacrificio e -del sangue. I nostri morti sono dei testimoni di tutti noi di fronte ali' avvenire ; col loro sacrificio consapevole e sereno, mosso non da ondeggianti sentimentalismi ma da una evidente volontà di primato del nostro genio e della nostra cultura mediterranea, essi hanno fornito la prova della tempra della intera nostra generazione culturale. La hanno fornita alla .Patria, al mondo degli onesti, a quelli di noi che ancor dubitavano. Non esiste impegno più decisivo di quello dei morti, volontà più obbligante della loro. Essi ci hanno giustamente impegnato ad essere pari Fondazio~e Ruffilli - Forlì di ,/wnanM- ~ii. alle dimostrate virtù della nostra generazione. Con la vita e con la morte, mancando in noi il tarlo edonista e il supercritico demolitore, dobbiamo volere la integrale realizzazione dell' audace ideale di rinascita della nostra cultura e della nostra Nazione oltre i genèrici termini del liberalismo e della retorica delle tradizioni. Più costanza nella ricerca, più impegno negli obbiettivi, maggiore fermezza di sistema ; e avremo ottenuto che le centinaia dei morti non gravino come un deficit numerico nella bilancia culturale~ italiana ma fioriscano m lievito ideale, in fermento storico. Nella politica e nel!' arte, nelle costruttive decisioni sociali e nelle riscoperte umanistiche, l' impegno dei morti è il nostro impegno, di noi che invano saremmo rimasti, se non sapessimo camminare e avanzare. ARMANDO HAVAGLIOLI di 7dui.c. ~eiio. Dite un po' : quanti sono coloro che, abbagliati dalle apparenze, ignorano la potenza delle forze spirituali? Per quanto possa sembrare il contrario, tutto ciò che accade sotto i nostri occhi e colpisce i nostri sensi è sorretto da energie invisibili. E' s1•fficiente u.n attimo di sosta, è s1•fficiente ,m momento di calma e di raccoglimento per comprendere q,iesta grande verità. Rifletta ognu.no su se stesso e dica se è il co,po suo che si muove da sè o se è il pensiero· che lo muove. Appare subito a prima vista che ,m corpo senza pensiero è una macchina ferma. Qu.indi un corpo senza un " ente ,, pensante, interiore, invisibile, é come un vaso d'argilla senz'acqua, arso ed imnwto; mentre ,m corpo con un "ente,, sviluppante un pensiero ordinato e coerente mani/ e sta ,m' attività ordinata e coere,ite. E i pazzi? Se osservate ciò che fa un pazzo noterete subito eh' è un corpo posseduto da ,m pensiero fisso, che ritorna e costringe sempre a ripetere le medesime azioni. • • • Se questi movimenti del corpo .avvengono in ,m uomo che, bene o. male, pensa, non bisogna negare il " sostegn_o ,, del pensiero (pensiero automatico, abitu-

dinario, fisso, rigido entro schemi precisi) nè agli animali, nè alle piante, nè ai minerali. Ogni cosa organizzata (e c'è ordine infatti anche nel regno minerale) è eretta e governata da un pènsiero e da più pensieri che s' incastrano e s' armonizzano tra loro per produrre un movimento vit<Lle. L' uccellino, che ripete, ad ogni primavera, le sue ricerche di pagliuzze ed i gesti automatici e precisi, che lo inducono alla fabbricazione perfetta del suo nido ; lo sviluppo meraviglioso del seme, che cresce sino al rigoglio dei fiori e dei f mtti ; le stupefacenti e geometriche costruzioni dei cristalli, dall' informe caos della pietra, tutto, tutto è retto, guidaio, spinto, incanalato da un' energia possente e sottile, che è pensiero. Il pensiero, dunque, è un " disegno ,,, un " canale ,, una "forma ,, invisibile entro la quale la materia visibile si getta per avere organizzazione, vita e movimento. L' invisibile energia attrae a sè la materia visibile per vestirsene ed apparire nel mondo delle cose concrete. Quindi,~allo stesso modo che le linee di forza di una calamita hanno bisogno della limatura di ferro per rivelarsi, così il pensiero afferra la materia caotica del mondo concreto per rivestirsene ed apparire. Allora diciamo che l'" idea,, si è incarnata, si è fatta carne, cioè visibile, toccabile, misurabile, mentre prima non lo era. · Chi ha qualche cognizione di ciò che avviene nel campo dell' arte, non troverà per nulla astrusa la nostra affermazione. Un architetto penserà un edificio grandioso ; uno scultore, ,ma statua possente ; un pittore, un quadro denso di significati ; ,m musicista, ,ma sinfonia estasiante. Ma sino a che il pensiero rimane puro pensiero, cioè "f ornia ,, invisibile, interiore, personale, sarà impossibile ogni comunicabilità. L' architetto conoscerà mentalmente il suo palazzo fin nei più minuti particolari, così che, chiudendo gli occhi,, si muoverà in esso, per sale, scale e corridoi, come se l' edificio fosse già fatto. Mà quando sarà veramente "fatto,, per gli altri ? Quando centinaia di operai saranno spinti da codesto pensiero, ormcti maturo (che intanto si sarà realizzato in una concretezza iniziale come " disegno ,,), porteranno i materiali nei punti giusti e nella misura stabilita a che l' idea diventi realtà. Così ctccade per ogni ctttività artistica. L'esempio perciò è classico. Ma questa prevalenza del pensiero sulle cose materiali non è un privilegio dell' artista ; è una cosa comune a tutti gli uomini, che veramente pensano. Non è chiaro ? Eppure anche la cuoca, che determina in precedenza mentalmente la composizione della sua minestra, compie ttn atto creativo di questo genere. A nch' essa; infatti, avrà la soddisfazione di vedere il suo pensiero compiutamente realizzato dopo alétme ore di laboriose faccende. E' qui la divina grandezza dell' uomo, veramente "figlio di Dio,, qui la bellezza del lavoro, sia ch'egli impasti l' umile pane quotidiauo per i suoi simili, sia che mescoli i colori stilla tavolozza per realizzare una eccelsa visione d' arte : grandezza divina, che sembra negata agli animali in. quanto incapaci di " generare ,, un pensiero nuovo. I pensieri degli animali so,w come " molle ,, , già preparate e caricate in precedenza (automatismi), che scattano al momento opportuno, in maniera sempre ,iguale. Badate al canto degli uccelli, per esempio. Se il pensiero è forza che costringe la materia in una forma, non apparirà ora impossibile come si possa vincere la guerra impiegandò prevalentemente FondazioneRuffilli- Forlì le energie spirituali, cioè pensando e volendo la vit· toria . . Il Duce ha dimostrato, in ogni occasione, di possedere una grande sensibilità ed ,ma fede indomita nelle energie dominatrici dello spirito. Egli affermò, infatti, più volte, nei suoi discorsi, che ,wn solo con le armi si vincono le guerre, ma anche con l' incrollabile vigore delle anime. Non è perciò da disprezzare il suggerimento di Alfonso Capurro, apparso sulla "Stampa,, del 21 marzo u. s. Egli dice che "sarebbe cristianamente bello, se in un dato momento della giornata, e precisamente alle 10, allorchè le sirene funzionano in prova, noi tutti, adulti e bimbi, poveri e ricchi, superiori ed in{ eriori, ci raccogliessimo in noi stessi, elevando a Dio la nostra preghiera per invocare da Lui, gloria alle nostre armi, forza ai nostri soldati, pace eterna ai nostri Caduti ,,. A parte l' intonazione devota, che pure è cosa profondamente sentita dal nostro popolo buono, nel suggerimento vi sono incltise anche delle ragio"i di carattere psicologico e spirituale che lo rendono valido; ragioni serie, inoppugnabili, capaci di stroncare sul nascer~ ogni diffidente scetticismo. Non possiamo certo addentrarci nell'argomento col proposito di esa,irirlo. Per chi ha buoni orecchi, cioè, sensibilità spirituale, bastano pochi accenni. Gli antichi• 1lOStri, i Romani, per no1l andar ta1lto in la 1lel tempo, conoscevano l' importanza di codesti pensieri di massa, di queste amalgame di volontà, ed utilizzavano e guidava1lO ritualmente le energie spirituali delle folle (la così detta " opinione pubblica,,) verso scopi preci.•i di carattere politico ed cmche trascendente. La Chiesa di Roma, erede dell' antica sapienza, detiene ancora il primato nell' organizzazione delle preghiere collettive, capaci di operare quei fenomeni coere1ltissimi, che il volgo chiama " miracoli,,. Svegliamoci, una buo1la volta, e procuriamo di compre1ldere ! Già 1lelle gra1ldi adunate per l' inizio della guerra in ,I f rica Orientale e poi per la proclamazione dell'Impero, ognuno di noi ha sentito il valore di un pensare, di un volere, di un sentire ananinie .. vasto, comprendente la Nazione, in blocco. Ormai, mediante la radio, si supera di gran lunga ogni possibilità antica. Immaginate un popolo di 45 milioni d' anime, che, in ,m momento preciso, si ferma per pe1lsare alla guerra e vuole, con tutte le forze del cuore, vincere I Quest' atto deve costituire 11.na somma d' energie tali da sco1lvolgere, come ,m uraga1lo, l'atmosfera psichica e l' equilibrio delle forze avverse. Immagi1late : la ripetizione giornaliera di quest'atto, che scate1la tale prodigio di energie, non pttò non vibrarsi ingigantito verso la distruzione _del nemico. Basta pensare, per persuadersene, alla potenza del ritmo e delle vibrazioni. Come la ripet.izio,ie dei colpi di un ariete finisce collo sfondare un .muro, come il fluire d~ll' ~c_qua finisce col corrodere la pietra pitì. dura, la ripetizione costringe il pe,.siero a dive1lire ,ma realtà. Bisogna essere proprio spiritualmente sordi per non intendere l' importanza di queste cose. Og"i italiano, dunque, intenda bene, accetti e faccia s,ia l'idea patrocinata dalla "Stampa,,; la si generalizzi, se già 1lOn lo è, parlando1le ; imponiamola, se occorre, e con persistenza ostinata ripetiamola, con fede, con fervore, senza preoccuparci minimame1lte dell' andamento più o meno favorevole dei fatti esteriori i1lerenti alla guerra. Solo così si prova se lo spirito domi1la la materia ; solo così si merita la vittoria e s' innalzano le fortune della Patria. TELESIO i\lONTESELLO 3.

ELEMENTI DELLA NUOVA EUROPA Nel solco della guerra sta sorgendo la nuova Europa. Intorno ai grandi Imperi flacciti ed imputriditi si forma, avanza, sale a larghe ed impetuose ondate la civiltà degli Imperi sani e forti. É la leg• ge inesorabile della Storia. Ogni forma nuova di vita dei popoli è il prodotto di una faticosa e dolorosa gestione. "La lntta - ha detto il Duce (1) - è l' origine di tutte le cose perchè la vita è t,itta piena di contrasti : c' è l' amore e l' od io, il bianco il nero, il giorno e la notte, il bene e il male, e finchè que• sti contrasti non si assommano in equilibrio, la lotta sarà sempre nel campo della natura umana, corne suprema fatalità. E del resto è bene che sia così. Oggi può essere la lotta dj guerra, economica, di idee, ma il giorno in cui più non si lottasse, sarebbe giorno di malinconia, di fine, di rovina. Ora questo giorno non verrà. Appunto perchè la storia si presenta sempre come un panorama cangiante ,,. " La storia ci dice che la guerra è il fenomeno che accompagna lo sviluppo della umanità. Forse è il destino tragico che pesa su l' uomo. La g1ierra sta ali' uomo, come la maternità alla donna ,, (2). on esistono superiorità fatali nella Storia, ne' popoli che hanno l' aprioristico privilegio di dominare sugli altri. Il mondo è un processo eternamente in fieri, è elevazione e superamento, è lotta dei disuguali, è pathos delle gerarchie e delle distanze, è volontà di vivere e di morire per vivere. Alia luce di codesta intuizione tradizionalmente italiana della storia dichiariamo giustilicabili da un punto di vista grettamente egocentrico ma storicamente inutili, compren• sibili ma ingiusti gli alti lai, gli apocalittici terrori, gli sfasati scetticismi di certa gente oligoemica e catarosa che non riesce a marciare col passo della nuova civiltà. Non il mondo crolla ; crolla· un mondo Fondazi~neRuffilli- Forlì vecchio e logoro. Non le tenebre soffocheranno l'ecumene di domani ma il sole di una nuova esistenza sorgerà dall' orizzonte tinto di sangue e tremulo di dolore e splenderà fino a che gli uomini ne saranno degni, fino a che vorranno esserne degni. Il problema della nuova Europa va infatti riportato essenzialmente nella coscienza dei singoli individui delle singole Nazioni. Qqaudo le -,rmate dell' Asse per incrollabile volontà di giustizia dei_ loro Condottieri avranno tracciato, in un domani prossimo, i limiti politici, territoriali, economici dei plessi nazionali, molto, molto sarà stato fatto : ma non tutto ;ma non il più. L' opera ricostruttiva dovrà essere diuturnamente, entusiasticamente seguitata, completata, migliorata dal maglio volitivo dello spirito dei popoli. Le sproporzioni fra l' impulso vitale e spazio politico, fra capacità e potenziale produttivo, fra numero e territorio una volta eliminate con la presente guerra rappresenteranno solo elementi estrinseci del nuovo mondo, che verrà alla luce sano e vitale e vivrà a lungo qualora sussistano elementi intrinseci di ordine esclusivamente morale. L' Europa di domani potrà dire di aver raggiunta una maggiore (non perpetua ! (3)) normalità poLitica ed economica se i popoli che l' abitano avranno raggiunto una maggio• re disciplina interiore delle coscienze. I popoli non potranno essere d' accordo e in pace l'uno con l' altro se le coscienze di chi li com pone non saranno anzitutto in pace con se stesse, se non intenderanno cioè istintivamente che contribuire ali' accordo ed alla pace esteriore equivale valorizzare il proprio destino passato, presente, futuro, facendolo momento e motivo di vera vita. I popoli, iu altre parole, dovranno scoprire nei meandri più re• conditi del loro spirito e far valere energ!camente su se stessi una di 1uv.w. 17zalleini nuova disciplina interiore, che.sarà poi la norma ed il cemento dell' esistenza internazionale nel momento stesso che foggerà euritmicamente la vita delle nazioni. Intanto Jralia e Germania, dopo anni ecl anni di sistematica ed attenta opera di educazione dei loro Regirni autoritari, sono già pronte ad affrontare ed a risolvere profonda1nente, energicamente, costantemen• te quei problemi che la creazione della nuova Europa presenterà ; che' non può dirsi davvero che i futuri problemi saranno per apparire a uoi ed al popolo tedesco frutti strani e nuovi di un mondo nato tra il sangue ed il dolore della guerra di oggi. Ormai un centotrenta milioni di Europei, che rappresentano le forti vertebre deU' Asse, sono non solo con le armi vittoriose ma anche soprattutto con le vive forze dello spirito sul nuovo piano rivoluzionario europeo perchè i loro Duci li hanno orientati da tempo verso uno stato d'animo europeo differente da quello di ieri, verso un altro modo di concepire i rapporti internazionali, verso un altro modo di giudi.:are gli ex dominatori ma soprattutto verso una maniera radicalmente pura ed originalé di vivere la vita quotidiana nazionale, cittadina familiare, personale. Dallo Stato " come realtà vera dell'individuo ,, (4) e come " promessa della formazione d'una superiore civiltà umana ,, (5), al lavoro come" dovere sociale ,, (6) e come " misura del valore umano,, (7), dalla scuola "so• vrattutto educativa, formativa e morale ,, (8) e supremamente creatrice della " forza di volontà ... di decisione ... e di gioia della responsabilità ,, (9) alla razza " con la quale si fa la storia ,, (1 O) e che deve essere posta sempre più " al centro della vita generale ,, (11) Fascismo e Nazional-Socialismo sono concordi nell'accettare, nell' amare, nel comprendere la vita " come dovere, elevazione, conquista,, (12) ,.,.tut-

ta librata in un mondo sorretto dalle forze morali e responsabili dello spirito ,, (13). Il vero punto d' incontro fra la Rivoluzione fascista e quella nazional-socialista è nella volontà che le anima entrambe di rifare non le forme della vita umana, ma il contenuto, l'uomo, il carattere, la fede. E a questo fine vogliono disciplina e autorità che scendano addentro negli spiriti e imperiosamente vi dominano. L'esistenza umana non è libero sfogo d' istinti, d' incJinazioni, cl' irnpulsi ma deliberata compressione e subordinazione di codeste tendenze naturnli in vista del trionfo spirituale, perseguito dalla volontà incessante, nello Stato e per lo Stato. Lo Stato è il centro organizzatore di tutto il contenuto della nostra essenza, è l'idea che cementa e corrobora la disciplina interna, è anima dell'anima, è l'elemento che ci rende vera men te com potes nostri, che ci dà la fede, eterna giovinezza degli Imperi. Codesta esigenza ideale e pratica che muove i Regimi dell'Asse dovrà di venire la spina dorsale della nuova Europa, che avrà le sua fondamenta nell'autorità, nell' ordine, nella giust1zrn e ,;be dovrà dare la sua anima al Capo di Governo come al genio del politico gia intuizione del pastore, come alla popolo. al sagEd ognuno respirerà tanto più nell' at• mosfera del nuovo mondo quanto più avrà la volontà e la capacità di farlo. Questo compito, questo dovere, questo diritto è anzitutto nostro. Perchè è stata l'Italia fa. scista che per prima ha osato infrangere le barriere clell' oro e clel1' egoismo che proteggevano la roccaforte cieli' Europa, perchè è stata l'Italia fascista a rappresentare per prin1a ,., l'antitesi netta, categorica, definitiva di tullo il mondo 1) Mussolini: Discorso al Politeama Ros.' selli di Trieste; 20 Seuembre 1920 : Scrilli e discorsi, Iloepli, Voi. IL, pag. 99. 2) llfussoliui: Alla Camera dei Deputali; 26 maggio 1934: ibidem: Voi. IX., 98. 3) "11 F~scismo, per quanto riguarda, in generale, l' avveoire e lo sviluppo del1' umanità, a parte ognì considerazione di politica attuale, non crede alla possibilità. ne' alla utilità della pace per• petua. Respinge quindi il pacifismo che nasconde una rinuncia alla lotta e una viltà, di fronte al sacrificio . . . Una dottrina . . . che parta dal postulato pregiudiziale della pace, è estranea al Fascismo,, (.Mussolini: La dottrina del Fasc~smo; ibidem: Vol. VIII., pag. 77). FondazioneRuffilli- Forlì della democrazia, della plutocrazia, della massoneria, di tntto il mondo degli immortali principi cieli' '89 ,, (14) ; perchè è stata l'Italia fascista che per prima ha additato ai popoli dispersi ed abulici, corrotti ed incancreniti, la parola d'ordine e la speranza del mondo. Ma il Duce ci ha insegnato che "la Rivoluzione non è conclusa. Non può concludersi, poichè essa è e deve restare una creazione continua ciel nostro spi~·ito e della nostra ansia di combattimento,,, (15) "un modo perenne di conquista ,, (16). Chi si ferma è perduto. La storia abbandona al margine della strada i ritardatari, i sognatori, g]i incerti. Ne consegue che orientandosi l'Europa di domani su Rom-.i, e dovendo essere continuamente convinta e sicura di non aver sbagliato punto d'orientamento, spetterà al popolo italiano di essere degno di codesta missione, di non tradire l' ansia rinnovatrice che sorgerà dallo spirito dei popoli. È qui il centro di raccordo e di fusione della civiltà occidentale ; che se vuol divenire ordine, cioè unità, non deve sentirsi umiliata di aver la sua incarnazione e la sua sede storica nella madre dei popoli, nella maestra delle genti, in Roma. Ma è sostanzialmente nel centro volitivo, puro della coscienza dei popoli, nella diuturna, singola vittoria della sana unitarietà dello spirito sulle atomistiche forze disgregatrici che l' Europa di domani potrà trovare lo slancio per ulteriori conquiste pacifiche. Ma quali saranno i rapporti fra Roma e Berlino? Vi è qualcuno che ci aspetta sempre a questo punto come per coglierci in una ambiguità che possa disonorare lo splendore della nostra convinzione. Vivremo ignorandoci sul terreno dello spirito Italiani e Germanici, 4) Mussolini: La dottrina del Fascismo : ibidem: Voi. VIII. pag. 71. 5) Hitler: La mia battaglia, Bompiani, Milano, 1939, pag. 28. 6) Mussolini: La Carta del Lavoro, Il. 7) Hitler: Ibidem, pag. 81 8) Mussolini: Parole ai Docenti; 5 Dicembre 1925; ibidem: Voi. V. pag. 220. 9) Hitler: Ibidem, pag. 59. 10) .Mussolini: Discorso al Congresso Fa• scista di Roma, 9 Novembre 1921; ibidem, Voi. II. pag. 202. 11) Hitler: Ibidem, pag. 43. 12) Mussolini: La Dottrina del Fasc~smo; ibidem, Voi. VIII. pag. 78. 13) Mussolini: Ibidem. 14) Mussolini: Discorso al direttorio P.N.F.; dopo aver versato insieme il sangue sul campo di guerra? Oppure pos· sono sperare i nemici della nostra giovinezza in una gelosia dei Latini contro i Tedeschi o in un disprezzo dei Germani contro i Latini? Nessuno di noi che abbia mente vera e cuore di patriota si sottrae al1' importanza del problema; ma ognuno di noi che vive di sincera fede sente che lo. risolveranno nell' atmosfera di una collaborazione superiore. Ancbe quando credevamo di dover essere i nemici irreconciliabili della gente tedesca, noi non disconoscevamo i trionfi della tec• nica e della forza di organizzazione di quella Nazione in ciò meravigliosa. Intanto sul terreno della grandezza individuale gli Italiani, che avevano dato al moaclo Dante e Leonardo, parevano diminuiti. L'evento della genialità del Duce ha però preceduto tutte le altre manifestazioni della grandezza individuale politica e sotto questo aspetto non crediamo di giocare al gioco delle vane profezie affermando che la nuova Italia sta per ridiventare la sublime donatrice al mondo degli uomini di alta statura intellettuale e morale. (17) Se Leonardo poteva ess~re l' ospite di Francesco I° dopo essere stato l'artista al servizio di Ludovico il Moro, gli Italiani di domani costituiranno necessariamente gli ambasciatori di quella nuova Roma che assumerà la funzione di rappresentante e propugnatore del gusto, della cultura, dello spirito della civiltà latina e romana. Non antitesi dunque ma leale e feconda collaborazione, che sarà sprone e monito per il ringiovinimento morale della Europa, presupposto di ·mutuo rispetto, fiducia reciproca, di solida pace. NEVIO MATTEINI 7 Aprile 1926 Ibidem, Voi. V. pag. 311. 15) Mussolini: Alle Camicie nere Fiorenti .. ne; 23 Ottobre 1933; Ibidem, Voi. VIII. pag. 250. 16) Mussolini: Al Popolo di Bari; 6 Settembre l934: Ibidem, Voi. IX., pag, 125. 17) In Italia non manca mater.ia da introdurvi ogni forma. Qui è virtù grande nella membra ,., {Machiavelli, Il Principe, Capit. 26). ~ Il popolo italiano è il popolo immortale che trova sempre una primavera per le sue speranze, per la sua passione, per la sua grandezza ,., (Mussolini ; Discorso per la premiazione del corso speciale d' emigrazione; 2 Aprile 1923; ibidem, Voi. III., pag. 98). 5

~ DI SATURNOMONTANARI di 'Walw,, 1)i,,uuti. Avevamo sentito, io non so quale fiaba raccontataci da fanciulli, che quando muore un poeta una nube oscura per un attimo il sole. E così credevamo dovesse avvenire, quella mattina della nascente primavera, quando da una voce ignota udimmo che Nino era morto in un ospedaletto da campo, presso il confine greco-albanese. Ma il sole non si oscurò, nè i passeri delle larghe vie di Romagna arrestarono per un momento il loro volo : tutto continuò come prima, nel mondo esterno, come se nulla fosse stato, come se 1a voce del poeta fatto si soldato risuonasse ancora sulle alture desolate d'Albania. Soltanto un gran vuoto si fece nei nostri animi · eravamo pochi amici intimi, per caso a Ravenna in breve licenza - e un immenso dolore piombò improv: viso sulla casa davanti a S. Giovanni Battista che, fanciulli, avevamo eletto a dimora dei giuochi, dei sogni, delle più belle speranze. Poi gfonse la notizia ufficiale : Saturno Monta• nari, sottotenente del 140° Fanteria era deceduto il 21 febbraio u. s. in seguito a malattia contratta in servizio di guerra ml fronte greco • albanese. Parlare di lui, anche a qualche mese dalla morte, su questa rivista che fin dal primo numero lo annoverò tra i collaboratori più cari, è difficile, specie per chi gli fu fraterno amico e ancora troppo vivo con• serva il ricordo. Chi lo praticava, per antica consue• tudine di fede e di lavoro, ha assimilato la sua poesia al punto da non poterla osser·vare con occhio critico. Leggo ,ma lirica, dalla prima opera " Occhilucenti,, o da "Voci in tono minore,, o da ,mo qualsiasi dei ta,iti periodici nei quali Saturno Mo,itanari prodigò la sua fluente vena e non ima sola impressione critica io so trarre. Dai versi malati di malinconia, quasi presaghi del destino crudele, sempre a me viene l'immagine del fratello scomparso, quale mi apparve nel nostro ultimo incontro, in riva al mare Adriatico, qnando mi parlò dei moi progetti, del suo più recente lavoro, del desiderio immenso di appagare nella guerra la grande fede. · Non farò quindi, per i lettori di " Via Consolare,, una cronaca di circostanza con intendimenti critici. L' ultima parola su Saturno Montanari poeta spetta a chi voglia onestamente darci un panorama dell<i moderna poesia italiana, dal quale il nostro non può essere escluso. Non fu di questa o quella scuola : non fu di moda perchè rifuggiva dall' ermetismo, non destò l' interesse degli anatomizzatori della poesia poichè la sua ispirazione era troppo semplice e non si prestava ad elocubrazioni prendonitiche. Nella premess<L al suo primo volume di liriche "Occhilncenti,, (Bologna 1939) aveva s~ritto di non essere un romantico ne un crepuscolare : voleva essere Fondaziqre Ruffilli- Forlì solo un romagnolo e innamorarsi e commuoversi, e cantare quel che gli dettava il cuore. Sarebbe quindi inutile vedere, in questa sede, quanto egli fosse vicino all'ispirazione di un Corassini. E' forse più interessante notare che si tratta di una somiglianza meramente spiriwale, di una affinità, d' animo e di sensibilità, poichè le liriche del povero poeta fanciullo egli non le conosceva ancora quando pubblicò " Occhilucenti ,,. Gliele feci conoscere io, avendo notato l' affinità, che da esse liriche si rivelava. Per noi che gli fummo amici e che la memoria di lui conserviamo nel più profondo del cuore, è più importante l' insegnamento che ci proviene da una vita tutta dedicata alla Poesia e alla Patria, al lavoro, ai sogni più pu.ri ed alti. . . Aveva iniziata la rna attività, letteraria quasi per scherzo, scoprendo in versi satirici la facile vena. Ricordo di lui certi nuovi canti della Divina Commedia, scritti sui banchi di scuola, nei quali tutti noi, com• pagni di studio ed amici, eravamo dipinti, a seconda delle caratteristiche più salienti del nostro carattere. Poi lavorò in silenzio per qualche tempo, di nascosto. Lessi qualche lirica fornitami da un comune amico. Del mio giudizio temeva un poco, e perciò non amava tenermi al corrente della sua attività,. Più tardi lavorammo insieme ad una pubblica• zione edita dal Guf di Ravenna e in questa occasione egli non ebbe più segreti per me. Lo consigliai nel scegliere dne liriche da pubblicarsi nel numero nnico, lessi quasi quanto aveva scritto sino a quel momento. Saturno Montanari mi si rivelò poeta e doppiamènte da quel giorno I.o ama'i. Pubblicò il primo 110lwne: "Occhilucenti,,, seguito a pochi mesi da" Voci in tono minore,,, opera di minor mole ma di più vasto respiro, più ricca ispirazione, maggiore originalita. V enne la guerra e per l' ultima volta lo incon• trai a Marina di Ravenna ove egli, sottotenente ali' 11° fanteria, si era recato in breve permesso. Voleva andare snbito al fronte, era assetato di lotta e di gloria : non mi parlò di poesia, non del suo lavoro. Ora egli era tutto dedito allo nuova attività, al servizio della Patria e pensava che scrivere versi o articoli rappresentasse una vanità, imperdonabile. Ci lasciammo con un abbraccio, quasi presagendo che non ci saremmo più rivisti. • • Dicembre 1940. Ero al corso per allievi ufficiali quando appresi che vivo, rotti gli indugi, aveva fatto pressione per essere trasferito ad un reparto operante ed era stato assegnato al 140° fanteria della gloriosa Divisione Bari. All'improvviso partì, raggiante di felicit~, pieno di vita per più donare di sè; raggiunse presto la linea, fu impegnato in durissimi combattimenti. Ma nessuno saprebbe, se non ci fossero le testimonianze dei camerati e dei superiori, quanto eroicamente abbia combattuto, resistendo, egli piuttosto debole di costittizione, alle fatiche, al freddo, all' inferno della gnerra invernale d' Albania. Non ne seri-

veva a casa, non agli amici. Parlare di 'modestia è poco, anche perchè la sua non era modestia. Tanto alto aveva il senso del dovere da compiere le più audaci gesta essendo convinto di non far nulla d' eccezionale. Unica notizia, che i genitori e noi amici avemmo, fu quella di una proposta di decorazione al valore. Di ciò e ra fiero e felice, come quando, bambino, mi mostrava la medaglia al valore che un avo, combat- . tente nell' esercito .di Napoleone, aveva guadagnato sul campo. Aveva sognato di morire lungo un fosso, nella campagna di Romagna e di riposare serenamente : " Vori-ei poi una tomba senza fiori - per non destare invidia, - una tomba di terra, senza croce, e qualche timida voce - di preghiera ,. E altrove, .in " Ritorno ,. : " Finirò la mia vita un giorno - di mezz' estate, quasi alla sera, - un tramonto senza ritorno - su l' orizzonte de la riviera. - Quattr' assi di bianco betulla, - un cuscino per n~n farmi male - il sorriso di una fanciulla - e un bacio perchè possa sognare,,. • Unica notizia, ripeto, che solo dopo apprendemmo come in una sola notte si era offerto di uscire sette volte in pattttglia, come era sempre il primo là dove l' audacia e l' esuberanza di un romagnolo dovevano risollevare gli spiriti e strappare coi denti la vittoria. Così, durante oltre un mese di prima linea, il fascista Saturno Montanari preparava lo spirito per la suprema offerta. Della carne poco· gli importava, di quel suo fisico, scosso e stanco, non si curava. Offrì tutto di sè stesso e quando gli rimase solo l' anima, nobilissima, anche quella offrì francescana• mente alla Patria. Laggiù, nell' ospedaletto da campo di Fieri ove le cure e le preghiere di Padre Morero non dovevano purtroppo servire se non a rendere più dolce il trapasso, Dal 21 febbraio 1941 Saturno Montanari riposa in terra d'Albania, in una "tomba di terra,,. Di lui si parlertl qualche volta come di un giovane poeta morto in guerra e forse lo si accosterà a Nino Oscilia, a testimoniare che la giovinezza di oggi è sempre quella eroica e santa che bagnò del suo sangue il Sabotino, Monte Santo, il Podgora. Ma noi, al ricordo di quella tomba e di quella terra che le lacrime dei genitori non possono bagnare, sentiamo 1tna gran voglia di piangere ; e se ci tratteniamo è perché, più forte è il desiderio dell' emulazione e s.e procediamo avanti ; perché vediamo la Patria col volto dei s1toi Eroi che occorre esaltare, vendicare, superare. WALTER DIRANI Quando entrò Giovanni tutto tacque. - E' ora ? - disse guardando il fuoco. - Fra poco, Giovanni - rispose la moglie Maria, con una voce esile. IIIOL i lllrIIIE i i O i A\ ~ (j lJ IIIE Bisognava partire, per forza. Giovanni stette in quella posizione parecchio tem• po. Non si accorgeva che le ore passavano, e la luna era alta nel cielo. · Giovanni frenò una mezza bestemmia. Poi sedette su una sedia. Cominciava ad imbrunire; gia le luci erano accese nella strada piena di fango. I cani dei pastori si avvicinavano alle soglie delle case ; annusavano nel1' aria. Si sentivano ogni tanto, verso il monte, dei fischi. Le macchie si facevano scure. Era la sera. Giovanni pensava che fra poco sarebbe stato l'inverno, terribile anche questa volta con la miseria. - È ora? - ripetè senza muovere la testa. ' Maria non rispose. Prese dalla pentola un mestolo di minestra, e la versò nel piatto. Portò i bicchieri, una bottiglia di vino, e il pane. Giovanni mangiava, ora. - Che fai, tu ? - disse ; e nella sua voce c'era un accoramento, una specie di tremito. - Ecco, fra poco ; vado a chiamarli giù nella stalla - rispose Maria camminando verso la porta. Giovanni udì la voce di sua moglie ; avrebbe scagliato il piatto per non piangere. Intanto entrava Maria, dopo poco gli altri uomini, in ultimo la vecchia. FondazioneRuffilli- Forlì (RACCONTO) di. 1ha>w,. /J.'lidani Questo avveniva una sera di ottobre nella casa di Giovanni. I suoi fratelli si chiamavano Pietro e Giulio ; sua madre si chiamava Luisa. - Non mangi più? - chiese Maria a Giovanni. - Se avanza, dammela. - D.io mio ! Che vuoi ? Giovanni si accorgeva che non ci sarebbe potuto stare un altro momento, lì in cucina. - Basta - gridò ; e uscì nella strada. L' aria era tranquilla. Dalle stalle veniva il rumore sordo delle pecore che si muovevano, e dal fondo della strada il crosciare della fontana. Giovanni si avviò verso il prato che si stendeva sotto la chiesa. Aprì il cancello, e si sdraiò nell'erba bassa e fresca. Con le mani incrociate sotto la testa rimase con gli occhi aperti a contemplare le stelle. Una calma gli nacque dentro ; e potè così considerare il suo stato. Non restava niente da fare. Godeva di quel silenzio pieno di piccole cose, di respiri. Aveva cominciato a tirare un venticello tra le piante. Ogni tanto frusciavano le foglie per terra. Poi a poco a poco si attenuò ; e Giovanni ricordò che a casa, certo, l' aspettavano. Un' ansia l' invase; e avrebbe corso ; ma provò un disgusto a quell' idea. Davanti alla porta di casa si fermò trafelato. Pensò a tante cose, confusamente. Quando entrò aveva gli occhi dilatati, nel buio. Sua moglie dormiva ; ma Giovanni non si arrabbiò per questo. •• • Erano sei mesi che Giovanni era partito da casa per la maremma. Davanti ali' entrata della capanna, fatta di fusti di granturco, stava seduto su uno sgabello. Mangiava in una scodella il pane bagnato con la ricotta. C' era un fresco nell'aria, e l'erba era umida di guazza. Verso i monti lontani cominciava a sbiancare. chiese pochi Dopo un po' Giovanni al compagno Luigi, distante passi : - Non ti stufa questa broda? - - Che dici? - rispose l' altro. 7

- Dico che non mi va giù questa broda. - - Eh, caro mio, dalla ai cani se non ti va giù. - - Mondo vigliacco ! - seguitò Giovanni - roba da cani! Noi siamo dei porci. - - Ma via - ribattè Luigi - che hai? hai dormito male? - Si alzò dirigendosi verso la capanna di Giovanni. Poi guardando verso l' alba : - E ora, mi pare - disse sputando su un sasso. Giovanni guardò il chiarore. Ora il sole illumillava la pianura. Ma c'è ancora l' ombra in qualche collina. Nel cielo non si vedevano nuvole. I due uomini erano silenziosi mentre le pecore pascolavano. Giovanni non voleva pensare a sua moglie. Solamente le mani si · poteva mordere, adesso che stava l~ntano. E poi non avrebbe saputo mente anche se Maria avesse fatto qualche cosa. - Mondaccio, - andava ripetendo mentalmente - Maria è stata sempre una donna onesta. - Qualche imprecazione gli usciva tra i denti, ogni poco, perchè Luigi si voltava a commentare. no. Giovanni, che pensi? Niente. - E allora che bai? - Niente. - - Di', ci pensi - "Che roba; mai a casa? tutti ci pensaNon fare il cretino ; io voglio dire se pensi a tua moglie. - E tu? - - Io ci penso. - Anche io ; chi è che non ci pensa. - E che cosa faranno, adesso? Chi lo sa ? Che vuoi .. Noi siamo qui, e loro sono a casa: Tua moglie potrebbe farti uno scher. !t. ~· r1 ~ . I~\_., !!~~- :~·F\ eJ\, IJ -': 1 Gianni Testori - < Studio per una nagellazione > !penna! 1941 Fondazi(81eRuffilli- Forlì zo. - Giovanni cercò di ridere dicendo questo. -. Tua moglie, proprio in questo attimo ... - ribattè Luigi, con malignità. - Che brutti discorsi ; siamo dei porci - troncò Giovanni. Tutt' e due erano taciturni. Avrebbero ucciso un uomo in quel momento. Si voltarono le spalle. * * • Maria era una ragazza seria. A starle vicino faceva venire un rimescolio nel sangue. Magari, quando aveva preso confidenza con qualcuno, si tirava su le calze senza arrossire, con indifferenza. Aveva ventisette anni; e in due anni di 1natri1nonio, Giovanni aveva dormito con lei solamente quatlro mesi. - Non è peccalo si chiedevano i giovanotti - a farla annoiare? - Maria, dopo la partenza del marito, si peltinava ogni mattina. I vestiti se li attilava alla vita; e rispondeva male alla vecchia Luisa. Una sera nella cucina Pietro disse: - Giulio, che te ne pare di Maria? - - Che cosa? - rispose Giulio sorpreso. - - Che te ne pare di Maria? - ripetè Pietro irritato. - Che me ne pare ? Che cosa pensi, Pietro ? Che c' è ? - Pietro non rispose. Ci fu un silenzio. Tutt'e due non seppero più muoversi D' uu tratto la madre Luisa entrò nella stanza. Pietro e Giulio trasalirono, sbigottiti. Poi Giulio si avvicinò alla soglia di casa, e guardò fuori, con le mani dietro la schiena. Quella sera mentre si mano-iava, Pietro e Giulio tennero gli ~echi bassi. emmeno bevvero un sorso di vino. Nella strada si stava bene seduti al fresco. Si udivano le voci dei giovanotti; c'erano anche delle ragazze. I cani accovacciati neuli angoli delle case sembravano 0 pietre bianchii. 11 huio si incupiva giù, verso la strada. Si confondevano con le siepi folte gli alberi neri dei monti. Era una sera incerta, senza luna. Giulio, chi sa, aveva paura quella sera. All'improvviso uli saltò in testa che in quell'istante 0 Giovanni avrebbe potuto indovinare i suoi pensieri. Poteva proprio accadere questo, e in breve tempo Giovanni avrebbe conosciuto i suoi desideri verso Maria. Con una lucidità ~he atterriva, Giulio pensava queste cose. Solamente dopo una breve ora si accorse di essere terrorizzato. Aveva freddo. Stava per muoversi, quando sentì dei passi. Era qualcuno che andava alla fontana. Giulio trat• tenne il respiro ; aveva un groppo alla gola. Capì che non doveva du• rare così ; si vergognò come un ladro, sentendo che il sangue gli saliva alla faccia. * • • Nel paese i giorni erano uguali come un gregge di pecore. Un mattino Pietro disse : - Ho deciso. Parto per la montagna. - Giulio restò impietrito. Quando Luisa, dietro la porta, abbracciò il figlio, Giulio dalla finestra della cucina fissava i sassi tra le fratte. Dopo qualche giorno Maria si faceva vedere spesso eia Giulio. Intanto il fieno falciato si ammucchiava per il trasporto. Giulio era tutto sudato. Appe• na solo con Maria gli era venuto un batticuore. Rispondeva poco e brevemente ; non voleva guardarla. Lo ~apeva che non c'era niente di buono in Lutto quello. Maria quando si abbassava, scopriva le gambe. Aveva una carne bianca, soda. Giulio ad un tratto si sentì soffocare ; gli s' erano gonfiate le mani. Non riuscì a parlare; si avvicinò a Maria. Maria disse: - Ecco Luisa - Poi si- sedè per terra come stanca. Giulio non sentì la sua voce. Allungò una mano, e toccò Maria. - Che fai, sei matto? - gridò. Giulio guardò gli occhi di Maria. Voleva ridere; ma ritornò al mucchio del fieno. Dopo la. cena le due donne erano andate a letto. Giulio nella sua camera provava un rimorso; ed era la prima volta. Si guardò le mani. Gli sembravano quelle cli suo fratello Giovanni. Lo stesso sangue scorreva nelle ·sue vene. Ecco che gli vt:niva un formi• colio, uno strordimento nella testa. Quasi dimagriva; proprio dentro c' era qualche cosa che lo consumava. Si toccava la faccia, le gambe. Una specie di afa, di calore umido lo assaliva. Si avvicinò alla finestra. Sudava. ~' immagine di Maria ogni tan• to gli veniva a sconvolgere il sangue. Era una smania violenta quella che l' investiva. Istintivamente si v·oltò verso il letto. Gli occhi gli s'erano gonfiati, caldi di tremolii. Un attimo non respirò, chinando la testa da una parte, leggermente. Sentì dietro la porta sua madre Luisa, che dormiva, con un affanno. Si portò le mani al viso ; un mugolio gli .uscì dalla bocca. Tra poco l' alba, pallida su 1 davanzale, avrebLe rischiarato la camera. l\lARIO ORTOLANI

PIONIERI AFRICANI ROMOLO GESSI (cu11tiuu11zit,,ir. ,. fi11,) Questa grande zona bassa e paludosa nella sua parte orientale, iu vicinanza del Nilo accidentata e montuosa nella parte occidentale, era da oltre 25 anni uno dei principali teatri della caccia agli schiavi, esercitata su vastissima scala dai ricchi mercanti arabi di Cbart~m e di Sciacca e da una pleiade di piccoli t.rttfficanti i11 sottordine chiamati " gelabba ,. e favorita da coloro che dal traffico ricavavano un utile più o meno diretto con a capo tutti i funzionari ed ufficiali Egiziani proposti al comando delJe varie stazioni, i 4uali quel flagello avrebbero dovuto combattere. Fra questi vi era pure il famigerato· Suleiman Bej di S-.:iacca, che, dopo aver accumula te vistose ricchezze col traffico degli schiavi, pensò un bel giorno di ribellarsi al gover• no Egiziano e di gettarsi con le sue orde nel Bahr-el Gazal, ed ivi reclutato con fe. roci razzie e assalti a stazioni governative un esercito d~ 15000 predoni ben armati, si era dichiarato sovrano di tutta la pro• vincia. Era necessario perciò agire subito e con energia perchè la rivolta non pren• desse ampi sviluppi. li l 5 luglio 1878 Gessi partì da Chartum con 40 uomini sul battello fluviale Berdeen, che aveva a rimorchio due pontoni di munizioni. Tutto questo era ciò che Gordon aveva potuto dargli alla partenza. Durante il viaggio nelle stazioni governative del Nilo e del Bbarel Gazal egli doveva raccogliere sotto le sue insegne una forza di 7500 uomini, coi quali avrebbero dovuto tentare l' impresa. I conti fatti al tavolino non tenevano però conto dell' opposizione, della diffidente oatilità, che mostravano più o meno tutti i capi locali. Il reclutamento fu per Gessi un travaglio: dovette minacciare, procedere con estrema decisione per scuotere Ja colposa apatia di quei capi ed alla fine si trovò ad aver racimolato dopo marcie fati• cose su terreni paludosi e intricati la mi• sera forza di 2600 uomini, ossia un terzo di quello che ero nelle previsioni di Gordon. 'Per di più tutti questi seguaci erano neri ed arabi, delJa cui fedeltà bisognava particolarmente diffidare. E poi in così pie• colo esercito tutto era ancora da organiz• zare; bisognava inquadrare organicamente quegli uomini messi insieme farraginosamente, e provvedere alle munizioni che scarseggiavano in modo preoccupante. I\ia non per questo l'animo di Gessi si avvilì: una lunga esperienza di vita gli aveva insegnato che la fede può compiere miracoli ed egU ebbe prima di tutti fede iu Se stesso. Una volta che il dado era tratto bisognava marciare senza. tentennamenti, senza rigirare gli ostacoli 11!,B affrontandoli coraggiosamente. Sapeva pure che spesse volte lo fortuna è dalla parte degli audaci. Però più che audacia, poteva chiamarsi temerarietà Fondazione Ruffilli - Forlì quella di marciare in regioni sconosciute e piene di insidie contro un nemico sei volte più numeroso e meglio fornito di mu• nizioui. Impose alle sue schiere una disci• plina ferrea e, sempre lusingandole con la promessa di rinforzi e munizioni, riuscì a far costruire loro un campo trincerato che poteva costituire uu' ottima base per le future azioni coutro i ribelli. li 28 dicembre di quell'anno stesso fu attaccato da Suleiman, ma il nemico venne e11ergicamente respinto, mentre mucchi di cadaveri dei ribelli rimaue\:'.ano sulle difese .. Ma mentre la prima era stata più una scaramuccia che una vera battaglia, Suleiman, credendo di potersi sbarazzare con facilità cli quell' esiguo rnanipolo isolato uel cuore del Sudan, tentò l'azione in grande stile 11 13 gennaio impiegandovi tulle le eue forze. Il campo trincerato di Gessi fu as9alito da tutte le parti, bombardato a lungo, ma la tenBci:,, la féde del mirabile difensore, ebbe ancora una volta ragione. L'impeto bru• to degli uomini di Suleiman trovò una mu• raglia di ferro, contro 1a quale riuscirono· vani tutti gli sforzi ; ed ogni ora trascorsa aumentava paurosamene i vuoti nelle file dei feroci ribelli. Il giorno seguente I' at• tacco riprese con maggior veemenzat ma fu vano. Cominciò allora a serpeggiare nel• le file dei ribelli lo scoraggiamento: vederei così audaciamente tenuti in iscacco da forze infinitamente minori iniettò in loro una sfiducia fatale agli effetti d·egli ulteriori sviluppi della lotta. Gessi era ovunque a sostenere con l'incitamento e con l' esempio i suoi uomini, con la calma ammirevole dell' uomo che è deciso a tutto, pur di andare fino in fondo. Alla fine del secondo giorno il nemico abbandonava la lotta: forse il momento poteva essere decisivo per il completo successo ma Gessi non aveva munizioni snfficenti per gettarsi all'inseguimento del nemico disorganizzato. Anche fra le sue file poi si erano dovute registrare perdite non indifferenti e dolorose; per di più cominciarono ad infierire nel campo due spaventosi flagelli : il vaiuolo nero e la dissenteria che operaro• no nuovi vuoti. Le posizioni tornavano ancora ad juvertirsi: mentre da una parte l'esercito di Gessi era oppre3so crudel• mente dai morbi pestilenziali e martoriato dalla scarsezza dei viveri, dall'altra parte Suleiman aveva avuto il tempo di riorga• nizzare il suo esercito e di chiedere rinforzi ovunque. La tempra del Gessi non si smarrì neppure questa volta; di fronte al pericolo restò calmo e maturò nella sua mente un piano d' attacco. Era impossibile temporeggiare, con la prospettiva di vedersi ridotti alla fame. lJ 18 marzo cosi il Gessi tentò l'azione decisiva; audaceme ote effettuò una sortita dal campo ed attac• cò con estrema energia il nemico. Furono otto ore di combattimento asprissimo, di una violenza inaudita, ma aUa fiu.e i ribelli erano completamente sconfitti e il loro campo era incendiato. Anche questa volta l'inseguimento risultò impOssibile, ma non per questo Gessi perse il suo tempo : anzi egli ripulì in poco tempo il paese da tutti i trafficanti di schiavi organizzandovi la vita su nuove basi. Quasi ogni giorno si rivelavano gli episodi truci della schiavitù, ad opera dei "'gelabba,, e dei negrieri ; sovente molti di questi schiavi venivano orribilmente uccisi. Il Gessi fu inesorabile : fece fucilare anche i più crudeli fra quei tristi mercanti e liberò tutti gli schiavi. .Ma Soleiman non si era dato ancora per vinto e lavorava in sordina per raccogliere sotto le sue bandiere numerose schie• re. Era necessario agire prima che la si• ·tuazione diventasse ruaggiormente pericolosa; formata uua colonna volante il Ges• . si ai primi di luglio iniziò l'inseguimento del nemico, lo raggiunse e lo costrinse alla resa. In questa marcia rapidissima ac• compagnato da pochi coraggiosi Gessi ave• va osato tutto e la vittoria aveva coronato l'ardimento. Suleiman si era arreso circondato da pochi valorosi, crede odo di avere attorno a se tutto. l'esercito nemico e pochi giorni dopo veniva fucilato assie• me ad altri nove capi. Terminava così. con pieno successo l'impresa, che nascondeva in sè difficoltà tali da parere insormontabili. Sul fosco e tenebroso regno della schiavitù e della barbarie tòruava a brillare la luce fulgente della civiltà.L'opera del Gessi non si arrestò alle sole operazioui belli• che, ma si estese anche alr organizzazione pacifica e infaticabile di quelle popolazioni. Nominato pascià e governatore del Bahar el Gazal creò in poco tempo numerose opere di civiltà, aprì: strade, canali, fondò scuole. La sua attività non· conosceva soste. Era però scritto nel libro del destino che tutte quelle opere dovessero più tardi perire e che le popolazioni dovessero tornare ad essere infestate dalla peste della schiavitù, perchè difficile è e• stirpare un male dove esso ha preso forma di cancrena. Le invidie non tardarono a sorgere attorno alla sua opera e con l'invidia . vennero le calunnie. Il nuovo governatore prestò facile orecchio a tutte queste voci e richiamò il Gessi, facendo in tal modo rifiorire le speranze dei feroci negrieri. Ri• chiamato a Cbartum fece il viaggio di ritorno sul Saphia, viaggio pericolosissimo per l' ostruzione dei sedd. Riuscì e proseguire in mezzo a sofferenze atroci e a scene indicibili df cannibalismo. La sfiducia e la morte abbattevano tutti gli uomini dell'equipaggio. Anche Gessi fu sul punto di morire ; ma la sua fibra d'acciaio seppe ancora una volta trionfare per un po' sull'avverso destino. Alle an• goecie mortali dell'animo per vedersi trattato così duramente da coloro, per i quali aveva dato la sua vita eroica, si aggiunsero le angoscie del corpo. Ma il diritto di resistere ad oltranza è di chi ha ~uperato il limite di ogni rinuncia e la virtù di tollerare con animo superiore è di chi ha toccato il fondo di ogni. dolore. La fortuna sembrò arridergli ancora quando venne salvato assieme al resto dell'equipaggio da un• battello di soccorso. Ma le sofferenze avevano inciso fatalmente. 9

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