Due anni di Unità Proletaria - Fascicolo speciale - febbraio 1974

..... ..,, - 24 U,NITA' PROLETARIA ANNO II N. 21 (5 NOVEMBRE 1973) - Medio Oriente·: la fine di un m ------ 1. - E' opmione diffusa che, comunque si concluda questa quarta guerra, sia finito il mito di Israele come forza militare irresi• stibile. 1-n realtà, ciò che sta fi. nendo è il mito di Israele come « Stato speciale » ed è la sua fun, zionaiità rispetto agli interessi im periallstici in Medio Oriente. E' stato spesso osservato che Israele non è uno Stato come gli altri. Esso si fonda sul diritto deJ popolo eletto a tornare su una terra che è sua per dono divino; non appartiene quindi solo ai suoi cittadini, ma anche a tutta Ja dia, spora; e le sue frontiere non sono definibili in termini fisici e poli, tici perchè il loro tracciato origi, nario si perde tra la leggenda e iJ fatto religioso. Persino la « sicurezza » delJo Stato di Israele è praticamente indefinibile, perchè la «sicurezza» di un'entità che è considerata estranea (e che si considera estranea) non ha dimensio• ·nj e condizioni precisabili. L'esistenza di questo « Stato speciale » dipende quindi dalla sua ·funzionalità politica - ed infatti questa è stata sinora la linea dei gruppi dirigenti israeliani. Non mi raerisco alla tesi, del resto poco convincente, che presenta Israele come uno strumento, una pedina, dell'imperialismo. Mi riferisco piuttosto al fatto che, comunque esso veda se stesso, Israele deve gius-t>ificare il sostegno politico, e. conomico e militare degli USA e di altri Paesi imperialisti, senza det quale non avrebbe potuto sopravvivere; e al fatto che lo stes-_ so carattere capitalista della società israeliana, sempre più accentuato, alimenta re tendenze e• spansioniste e richiede un forte squilibrio economico e sociale tra la società israeHana e quelle dei Paesi arabi in generale. 1-n queste condizioni ideologiche, politiche ed economiche - in queste coincidenze necessarie e perciò da mantenere ad ogni cos~ con gli interessi dell'imperialismo - sta la spiegazione di un uso defla forza che ha sempre impressionato più per il suo ca• rattere perentorio e sprezzante che per la sua stessa efficienza. l1) suo scopo reale è di umiliare (ancor più che di vi-ncere), come condizione politica; e di sostenere con questa dimostrazione di superiorità schiacciante una posizione debole sotto ogni altro ~spetto. Gli esperti dicono che, per il solo fatto di durare al di là di ogni aMesa la guerra ha scardi• ' ' nato questo mito; che Israele puo vincere anche questa guerra, ma a costi insostenibili; e che si trova ormai davanti a limiti che, in sostanza, ne riducono fortemente la « funzionalità ». E' possibile, r,ome è possibile, che anche gli USA riflettano sull'utilità di una situazione che rischia di risucchiarli in un'altra guerra disa• strosa, con controparHte insufficienti. Certo ,nessuno si attendeva la de!-erminazione e l'abilità dimostr-P.ta dagii eserciti arabi - e qmmdo tutto si regge sulla f orza, auesto è u-u argomento di grande vaJore. La fine del mito israeliano o meP:Ho, della politica dei grup. ui dirigenti israeliani - era pe- "Ò cominciata già prima della ~uerra. La posizione politica e diplomatica di Israele aveva già ~ominciato a sgretolarsi - · in Ai rie~ nera ed anche in Europa. M ~ H fa'ìto nuovo è stato la questione deJ petrolio - che non si limita ~alla. minaccia di Feisal di tagliare i rifornimenti, ma si collega agli sforzi, ben più significativi, dei Paesi sottosviluppati di coalizzarsi per strappare rapporti economici migliori con i Paesi industrializzati. Questi sforzi colpiscono alla radice la «fun. zionalità» di Israele. La colpiscono in Medio Oriente perchè la forza israeliana non può (da sola) rovesciare queste tendenze; e fa colpiscono piu in generale, perchè mettono Israele in una po• sizione anacronistica rispetto al moto di fondo del mondo sottosviluppato (ed anche agli inte• ressi che esso tocca). 2. - La guerra, si dice da altre parti, può portare ad un nuo• vo equilibrio. Essa può servire di lezione ad Israele e farlo riflettere - cioè può por!are a gal1a deUe forze che rifiutino di vedere il futuro del loro Paese come una successione di guerre; d'altro canto, se si rimettono dalle umiliazioni del passato, i regimi arabi potranno meglio 8ffrontare una soluzione pacifica del conflitto. Anche questo è pos- , sibile e le prossime settimane ci ' diranno quanito c'è di vero. Ma a noi, che non siamo né esperti né militari, la guerra presenta anche degli aspetti che vanno se• i guiti con attenzione. Uno di essi riguarda i palesti- . nesi. Il conflitto si è sempre svol• ! to su due piani: quelJo delJa re-: sistenza palestinese, che riguarda la sistemazione politica definitiva della Palestina (e quindi mette in discussione Israele come Stato) ; e quelJo della guerra tra stati, che oggi riguarda i territori occupati (ma che ha anche obiettivi impliciti di stabilizzazione sociale e politica nei Paesi a. rabi). Lo sforzo dei Paesi arabi di riprendersi i territori occupati nel 1967 è sacrosanto, quale che sia il loro regime interno. Le chiacchiere sulla « aggressione » ara• ba in bocca ad Israele non hanno senso. Gli israefiani non hanno mai rinunciato ad una buona azione di sorpresa ed anzi se ne sono sempre vantati; ed era ormai in corso l'incorporamento dei territori occupati, che sarebbero divenuti così terra israeliana inviolabiJe -~ fatto compiuto irreversibile. Tuttavia, una ·soluzione cht: riguardi i territori occupati (che bisogna augurare) non risolve di per sè il problema dei palestinesi; né lo risolverebbero delle « si• stemazioni » w comodo. Più che -BibliotecaGi·noBianco ingiuste, soluzioni de] genere sarebbero illusorie. La lotta dei pa• lestinesi è lunga e non possono risolverla gli Stati arabi con delle guerre. Essa riguarda la volontà di un popolo di realizzare il proprio diritto al1'indipendenza politica - e a meno che questo popolo non ceda o non sia distrutto, resterà inevitabilmente, piaccia o no, una radice di confii tto, sino a che non si raggiunga una sistemazione tale in Palesti• na da permet:ere la convivenza di iue popoli sulJo stesso territorio. In realtà, il conflitto in Medio Oriente, nella sua essenza più in-- tima e reale, non ha soluzioni definitive di Stato. Israele non può avere frontiere militannen!e sicu. re ma solo una sicurezza fondata su r.tpporti diversi con il mondo arabo; ma questi rapporti dipendono dalla questione dei palestinesi e dalla natura sociale della società israeliana e deJie società arabe. Sono due questioni intimamente collegate. Ciò che impedisce ad Israele di avere un diverso rapporto con i Paesi arabi è il suo carattere capitalista; e i Paesi arabi troveranno impossibile avere dei rapporti diversi con unà popolazione più dinamica e moderna, solamente più articolata e complessa, sincbè le loro « borghesie nazionaJi » ed i loro regimi feudali camperanno su una condizione di arretratezza ed avranno bisogno di un binario morto su cui deviare ]a pressione popolare. Questa soi,ta di stailo nella ten• sione serve solo all'imperialismo. Sono finiti i t~mpi d'oro dei La- biamo mai provato gioia a prenwrence e dei Glubb Pascià, quan- dere posizione. Per noi vale ciò do l'imperiaJismo inglese si per• che scrisse il compagno Wae] metteva di « proteggere » tutte le Zweiter: i semiti possono vivere parti, contemporaneamente; ma insieme. il gioco è ancora possibile e ren- Questa guerra, quindi, • la ve,. de. GH USA possono inviare ar• diamo come un fatto inevitabile; mi ad Israele e a Feisal, posso- e, se non ne uscirà un equih1>rio no «difendere» contemporanea- nuovo e quind,i una soluzione del mente Tel A viv e. Amman, ma- problema dei territori occupati, binovrare con la borghesia egizia- , sogna dire che sarà inevitabile una na e con gli sceicchi del petro- quinta, una sesta guerra, sino forlio, perchè il loro obiettivo è la se alla liquidazione fisica di I- « stabilità » sociale in tutta la re. I sraele, quando le sue « proteziogione. Guerra o no, sinchè c'è ni » attuali cadessero. quella, il petrolio cola (ed i pro- 1 Ma comunque si concluda, la fitti pure). I guerra non avrà risolto il pn> 3. • Pel! questo la quarta guer- blema alle radici. Bisogna che in ra nel Medio Oriente ci preoc-1 Israele come nel mondo arabo cupa. Israele deve essere messo si sviluppino forze rivoluzionarie davanti alla realtà; e se gli eser- capaci di impostare il problema citi arabi superano l'umiliazione, nei suoi termini reali; termini che i contadini e g1i operai che li non stanno nel progettare a fredformano (e che pagano con il do un tipo di Stato, nel sollevare proprio sangue) acquisteranno a freddo 1a questione della conforse una coscienza più forte di tinuità o meno deDo Stato d'Israesè, an~he come ctassi. II ~-?flit~ le - quanto ne] dare impulso to pero resta, nelle sue radici, d1 ad un processo sociale che schiannatura diversa; può esse~e MS? 1· ti le strutture capitaliste e feudato ~l'? da un processo r1voluz10- li, ·elimini la presenza imperialinar10 m Israele e nel mon?o :ira- sta e formi per questa strada Je ~'? (e da . quest.o punto di VISta, condizioni di una convivenza (nelc e da chieders1 quanto la guer- la stessa regione e se possibile la serva ad accelerarlo). anche sulla stessa terra). · E' questa prospettiva riv?luzio- In effetti, il problema non sta naria che abbiamo sempre mtrav- nella quantità di palestinesi in Paveduto nella res!stenza palestine- lestina (ce n'è un milione oggi, se . e ':be, ha onent:-to la nostra con una proporzione che non si solidan.eta vei:so di . ~ come riscontra da nessun'altra parte) e verso, 1 popo1t arabi m gen~ra- non sta nemmeno nel grado di le. E questa stessa prospe th va purezza razziale d,Israele· sta inche abbiamo cercato in Israele, . • ' • guardando Je forze di una si. vece, .co~e avnene m Sud Af nca e mdipendentemente dall'aparnistra anti•sionista ed anti-imperia- theid, nella condizione di sfrotlista. Non abbiamo maJ applau- tamento in cui devono vivere quedito dei gladiatori. Abbiamo de,. sti arabi per permettere alla clasnunciato l'origine coloniale dello se capitalista di sopravvivere. insediamento ebraico in Palestina Rompere questa situazione in e quel miscuglio di nazionalismo tutto il Medio Oriente non sarà bigotto e di capitalismo che è il un processo facile; può ancora risionismo; ed abbiamo sempre sostenuto la resistenza palestinese, chiedere sangue e sacrifici, percbè come forza rivoluzionaria poten- niente. in quel conflitto p~ò ~ . . . sere isolato e affrontato 10 se. z1ale m tutto d mondo arabo. Ma solo ]a lotta rivoluzionaria può Ma abbiamo anche sosten'!to I essere aderente alla natura reale sempre che la presenza ebrruca della situazione _ e solo nel suo i'! Palestin:t. è u!1 fatto. irrev~rs~- senso internazionalista possiamo bile, un diritto 1nnegabile ali es1- ritrovarci sino in fondo stenza; né siamo mai stati « filo- · arabi », nel sensò di mettere nello stesso sacco gli Assad e gli Hussein, gli Arafat ed i FeisaJ, i Bumedien e i Sadat, le masse arabe e i regimi. Raramente come in Palestina, del resto, il fatto politico s'intreccia così fortemente con la tragedia di milioni di uomini e donne; raramente questa tragedia è essa stessa fatto politico potente, determinante. Lo abbiamo sempre saputo e non abPINO TAGLIAZUCCHI

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