Una città - anno VI - n. 50 - maggio 1996

sapevano come, ma direi che fino al 1940 l'idea dominante nei capi nazisti era quella di procedere a una specie di pulizia etnica del! 'Europa spedendo tutti gli ebrei in Madagascar, in Palestina o in qualche éontrada isolata dove potessero essere sorvegliati. Erano animati dall'idea del! 'espulsione più che da quella dello sterminio. D'altra parte, di fronte alle minoranze non si conoscono che quattro modi di agire politicamente: la conversione o assimilazione, a seconda che la prospettiva sia religiosa o politica; la segregazione, con la conseguente formazione di ghetti; l'espulsione e lo sterminio. Il razzismo impediva ai nazisti la prima soluzione, perché esso presuppone che ci siano degli inconvertibili e degli inassimilabili; la segregazione non era compatibile con la logica nazionalista che agogna ali' omogeneizzazione del territorio e del popolo e quindi detesta ogni énc/ave; non restavano, quindi, che I' espulsione e lo sterminio. E direi che non si può gerarchizzare fra l'una e l'altra, perché anche l'espulsione, cioè la pulizia etnica, è un metodo violento, autoritario e totalitario. Se con lo sterminio si distruggono le vite, con l'espulsione si distruggono le anime, le ragioni di vita: la gente espulsa si suicida. Le faccio l'esempio di Chamberlain, che, ali' inizio de/ lfondamento del XIX secolo, afferma di non voler minimamente nuocere al più piccolo ebreo. Alla lettera, quindi, non era antisemita, eppure tutto il suo libro non fa che denunciare il popolo ebreo come di troppo in Europa. E ogni volta che si fabbrica una categoria di uomini di troppo, di gruppi umani che sono di troppo, che non sono al loro posto, che macchiano, perché non fanno parte di un ordine, ma sono percepiti come elementi di disordine, dal momento in cui si categorizza un gruppocome impuro, lo si designa sia ali 'espulsione che allo sterminio. Un giorno o I'altro questo avverrà. Credo che ci sia una responsabilità dei teorici, -in questo caso dei teorici classici dell 'arianismo, dell'antisemitismo-, della quale, però, loro stessi non erano consapevoli. Ma non bisogna fare il processo sommario a Chamberlain. Lui credeva di avere per le mani la chiave della storia del mondo prendendo qualche idea da Darwin, da Gobineau, da Galton. Era nel contempo un razzista biologico e un razzista culturale, perché dava più importanza alla mentalità: diceva che si può avere un corpo da ebreo ma una mentalità da ariano, così come un corpo di apparenza ariana e un'anima giudaizzata. Per lui, la razza era una categoria molto più psicologica che biologica; non si poteva definire un ebreo se non attraverso I' intuizione psicologica, il colpo d'occhio: "Un bambino riconosce immediatamente il pericolo, l'estraneità dell'ebreo", diceva. Credo che se Chamberlain avesse immaginato quale uso sarebbe stato fatto delle sue tesi, avrebbe forse moltiplicato le messe in guardia, evitando la stessa diffusione del suo Libroperché, in fondo, era una persona relativamente dolce, un wagneriano, -tra l'altro era genero di Wagner-, che aveva discusso la sua tesi in scienze naturali con ungrande naturalista ebreo. Insomma, niente lo predestinava a diventare quel teorico dell'antisemitismo e dell 'arianismo che ricevette Hitler un giorno d'ottobre del 1923, credendo ingenuamente di vedere in lui il salvatore della Germania. C'è una lettera molto bella, commovente e nello stesso tempo scandalosa, che Chamberlain inviò a Hitler dopo il loro incontro, da lui definito "capitale". Chamberlain non poteva parlare, era afasico, paralizzato, Hitler era all'epoca un povero, sconosciuto, agitatore di birreria, disprezzato da tutti. Tuttavia Chamberlain riconosce nel fervore hitleriano qualcosa che percepisce come appartenente al sublime, ma che in effetti apparteneva al demoniaco. In quella lettera si mostra chiaramente l'ingenuità dei dottrinari, l 'angelismo degli intellettuali. Ma perché, nella storia moderna, il mito del complotto ha trovato un terreno così fertile? Intanto bisogna definire, molto classicamente, il mito come un racconto, una grannarrativa. E' la narrazione di "ciò che è veramente successo", ossia la manipolazione da parte di forze negative, demoniache, delle istanze dirigenti del mondo, il che presuppone l'esistenza di una superpotenza invisibile dietro tutte le potenze visibili. La seconda funzione, conseguente alla prima, è la difesa contro la minaccia: un tale mito spiega che tutte le disgrazie sono causate da un solo colpevole, rivela i segreti più nascosti delle potenze minacciose del male e, quindi, permette di difendersi. In una parola, rivelare i segreti dei nemici è il mezzo più efficace per combattere i nemici segreti. La terza è una funzione di legittimazione dei diversi modi d' attacco, di mobilitazione, di persecuzione del nemico; una funzione di legittimazione dei pogrom, per esempio: una delle prime versioni dei Protocolli viene pubblicata poco dopo il pogrom di Kishinev del 1903, al fine di giustificare quell'immenso massacro che aveva provocato centinaia di morti. E' una funzione di legittimazione degli atti di crudeltà e persecuzione: si spiega perché è stato necessario e giusto perseguitare gli ebrei, ucciderli, umiliarli, procedendo a quella che ancora non si chiamava "pulizia etnica", ma che è sempre esistita, essendo consustanziale a tutte le guerre. La quarta è la funzione mitopolitica di designazione del nemico assoluto. Il mito del complotto mondiale ebraico serve a fabbricare un nemico assoluto, nei confronti del quale tutto è permesso. Evidentemente, si tratta di un metodo di messa a morte, di un metodo di condizionamento mentale in vista di un atto di sterminio che viene presentato come mezzo di autodifesa: "Tutto il mondo cospira contro di noi". In altre parole, il mito del complotto è un mito da combattimento, ha una funzione guerriera, costituisce I' accompagnamento di ogni atto di guerra nella modernità. i Protocolli hanno fortuna anche laddove gli ebrei non ci sono Infine, la quinta è una funzione, in piena epoca di disincanto del mondo, come diceva Max Weber, di re-incantamento del mondo. Può sembrare strano attribuirla al mito del complotto mondiale ebraico, che è un mito negativo; tuttavia, si può avere anche un re-incantamento negativo del mondo, popolandolo di diavoli, di demoni, di esseri invisibili che costituiscono un retro-mondo invisibile dietro il mondo visibile. In tal modo, si reintroduce una dimensione magico-mitica in un mondo disincantato, appiattito, senza trascendenza. Il mito reintroduce una trascendenza, in questo caso negativa e demoniaca, ma poiché credo che gli uomini abbiano bisogno de struttura narrativa. Uno dei grandi racconti della modernità è quello in cui viene ' proposta un 'interpretazione generale della storia umana come diretta verso il peggio, j essendo dominata dalle forze del male. Ecco perché, spesso, la teoria del complotto si accompagna a un certo pensiero della decadenza, del declino. Ora, io credo che il mito del complotto ebraico abbia un'importanza fondamentale nella storia della moderna mentalità europea, perché ha strutturato la psicologia politica di massa. La difesa contro la minaccia, anche se solo immaginaria, produce comunque un effetto di consolazione: si sfugge all'angoscia, alla minaccia, agli incubi. Vediamo le varie funzioni di questo mito negativo. La prima funzione è esplicativoB1ol1otecGa ino 1anco di trascendenza, la trovano dove la incontrano. C'è una fascinazione esercitata dal male, che questo mito designa. Queste cinque funzioni permettono di fare un po' di chiarezza sulla persistenza del mito del complotto ebraico, malgrado studi eruditi dalla fine del XIX secolo l'avessero smontato ancor prima della pubblicazione dei Protocolli dei Saggi di Sion. Il che mostra molto bene i limiti di una contro-argomentazione strettamente razionale o strettamente scientifica. Così come non si può bloccare una diceria facendo delle messe a punto, ma solamente rilanciando una contro-diceria, non si può lottare contro un mito politico se non rilanciando un contro-mito. Se l'antisemitismo in Europa occidentale non è più apparso come un movimento di massa, se i Protocolli non hanno più potuto circolare dal '45 in poi, ciò è avvenuto perché si è imposto un contro-mito antifascista. Eppure, oggi i Protocolli riappaiono ... Il mito del complotto mondiale ebraico sta operando quella che chiamerei la sua terza internazionalizzazione. Dopo la prima, nel 1919-'20, quando furono utilizzati come macchina da guerra contro il bolscevismo, dopo la seconda, nel 1948-'49, quando il mondo arabo cominciò a diffondere massicciamente i Protocolli per delegittimare lo Stato di Israele e il sionismo, stiamo vivendo ora la terza internazionalizzazione, dopo la caduta del Muro di Berlino, con l'esplosione di movimenti nazionalisti, etnici, populisti nell'Europa dell'est, che marciano di nuovo sulla teoria del complotto. E' inevitabile, allora, anche se paradossale, che venga utilizzata una teoria del complotto già collaudata e pronta a funzionare, ossia il complotto mondiale ebraico. 1E' paradossale perché riemerge in paesi, come la Polonia, dove di ebrei ne rimangono poche migliaia. Questa è la prova che il mito del complotto può funzionare, non psicologicamente ma socialmente, anche a vuoto, senza che ci siano materialmente i presunti "complottatori". A questo proposito le voglio fare l'esempio del Giappone. Alla fine degli anni '80 un certo numero di testi antisemiti, fra cui i Protocolli e Mein Kampf, sono stati tradotti o ripubblicati in decine, se non centinaia di migliaia di copie. Ora, in Giappone non c'è affatto una presenza ebraica. Il Giappone è relativamente omogeneo nella sua popolazione, gli ebrei non hanno un ruolo particolare nella società giapponese, sono estremamente poco numerosi e, per di più, sono quasi tutti americani. Allora, ci può essere un funzionamento di secondo grado, se così si può dire, o piuttosto un riciclaggio, unari-contestualizzazione del mito del complotto mondiale ebraico per fini diversi dall'antisemitismo in senso stretto. In Giappone si utilizza quel mito come macchina da guerra antiamericana. ,., " , )! ·:· . -· ' :--0 m , " f, Non sono gli ebrei a venire presi di mira, ma la potenza americana, l'alta finanza, il capitalismo americani, che si suppongono dominati dagli ebrei. Inoltre -e questo è interessante sul piano del!' analisi psicologica-, questi testi giapponesi, nelle loro introduzioni e prefazioni, affermano che bisogna leggere i libri antisemiti, così come la Bibbia e i libri ebraici autentici, per comprendere come questo piccolo popolo perseguitato, minoritario, poco numeroso, abbia potuto avere una tale importanza nella storia del mondo, abbia potuto dominare il mondo. In altre parole, non si tratta di essere contro gli ebrei, ma di diventare gli ebrei dell'Oriente. Ecco un utilizzo molto interessante: pura rivalità mimetica, ma senza aggressività. Bisogna conoscere gli ebrei per apprendere i loro metodi e diventare come loro. Prendono ilmito come uno stato di fatto: gli ebrei sono il popolo eletto e anche loro lo vogliono diventare. Viene da chiedersi: perché gli ebrei? La tesi secondo la quale la motivazione dominante del!' antisemitismo in epoca moderna risiede in una specie di rivalità mimetica, nell'odio verso il simile, verso chi è più prossimo, verso un 'intollerabile somiglianza, serve solo a descrivere il funzionamento psicologico dell'antisemitismo in rapporto al funzionamento psicologico del razzismo di tipo schiavista: mentre il nero è visto dall'alto, l'ebreo è visto di fronte. Questo è vero, ma non consente di rispondere alla domanda sulle origini, i fattori, che presiedono alla scelta degli ebrei. Questo è anche il caso della teoria del capro espiatorio che, a prima vista, sembra molto convincente. Durkheim, ad esempio, la sosteneva a proposito dell'affare Dreyfus. In base a questa teoria si suppone che la società attraversi una crisi, per cui i principali punti di riferimento scompaiono, e inquesto stato di anomia, di sospensione generalizzata delle norme e dei valori stabili, la società ricostruisce il suo ordine, la sua gerarchia designando degli individui come colpevoli affinché siano perseguitati ed espulsi. Anche questa teoria, però, si limita a descrivere il meccanismo sociologico che si ritrova tanto nell'antisemitismo, quanto in altri fenomeni di mobilitazione di massa contro qualcosa o qualcuno. In una parola, non risponde alla domanda: perché gli ebrei? Credo che su questo problema bisogna essere ragionevoli e relativamente modesti. Si deve avere il coraggio di dire che a tutt'oggi non possediamo una vera teoria esplicativa dell'antisemitismo. Una risposta storiografica relativamente forte, verso la quale propendo, è quella che insiste sulla modellizzazione cristiana della disposizione antiebraica a partire dal- ! 'XI-XII secolo, epoca in cui i dotti cristiani scoprono il Talmud e inquesto trattato di ' . ,}. 4 .,,W ,_ ~-~: " . :v· r/~❖y ,'.·t \,/ x· :;x. }f ~ J X ;~: , ·:; ~ :;:~ ~:>. ,/,: .-.;._~ , .\..w.. / ~,.:,.':l.f diritto e morale, in questa raccolta della saggezza orale ebraica, leggono affermazioni anticristiane ed etnocentriche -e non si vede perché gli ebrei non dovessero essere etnocentrici come gli altri popolimolto violente, del tipo: "il migliore dei gojim è quello morto", "non si può mai avere confidenza in un gojim", "non domandare mai a un gojim di custodire i tuoi bambini". I cristiani percepiscono, allora, il Talmud come un trattato anticristiano, cosa che il Talmud è in parte, ma non solamente. A partire da quel momento, i cristiani cominciano a dire che il vero libro degli ebrei non è la Bibbia, ma ilTalmud, che gli ebrei non sono più il popolo del Libro, che sono estranei non solo al Nuovo Testamento, ma anche al Vecchio. A quel punto le cose si mettono male per gli ebrei: allo statuto di popolo che deve essere conservato in stato di miseria come testimone della miseria umana perché non ha riconosciuto il Messia, cominciano ad aggiungersi accuse di avvelenamento di pozzi, di complotti locali contro i cristiani, di omicidio rituale. D'altronde è già in corso la caccia alle streghe e gli ebrei vengono percepiti e trattati come stregoni: sono bruciati vivi, condannati, torturati per estorcerne confessioni... Direi, perciò, che l'antisemitismo ha un'origine religiosa cristiana, pur non essendo un'eredità dei primi tempi del cristianesimo, ma una creazione medievale frutto della reazione alla lettura del Talmud. Oltre a ciò, bisogna tener conto della volontà di autosegregazione degli stessi ebrei, attestata in modo esemplare dagli studi di Jacob Katz. La formazione dei ghetti è garantita dai rabbini perché impedisce i matrimoni misti che pregiudicano la discendenza di Israele. forse all'origine ci fu la lettura cristiana del Talmud I rabbini sono contenti che ci siano i ghetti. Si crea, in tal modo, un accordo profondo sull'esistenza dei ghetti fra l'ambiente antisemita circostante e il rabbinato che mirava a proteggere il proprio popolo da ogni influenza esterna, in modo da evitare tentazioni di ogni tipo, sia verso le donne che verso le culture non ebree, allo scopo di evitare conversioni al cristianesimo. Sono ipotesi interessanti, perché spiegherebbero, riferendosi a elementi culturali profondi, essenzialmente religiosi, I' origine della specificità ebraica e del motivo per cui gli ebrei sono stati presi di mira: perché vennero percepiti, nell'insieme, come assassini del Figlio di Dio, e quindi come popolo deicida, ma anche come popolo esclusivista, anticristiano e xenofobo. Quando Céline nel suo pamphlet, Bagatelle per un massacro, denuncia il razzismo ebraico, non fa che designare in modo fantasmatico una delle cause dell 'antisemitismo moderno. Molti antisemiti, che erano stati antirazzisti, denunciando il razzismo ebraico si immaginavano di essere degli autentici antirazzisti. Oppure, su un versante opposto, altri antisemiti, come Chamberlain, rendevano omaggio al popolo ebreo perché aveva inventato la legge del sangue, perché considerava una degenerazione il matrimonio misto. Ed è vero che ci sono molti passi nella Bibbia nei quali i matrimoni misti sono demonizzati, nei quali i capi delle prime tribù d'Israele ordinano di evitarli sotto pena di morte o di messa al bando. C'è, in effetti, l'odio per la mescolanza. Evidentemente, poi, nella Bibbia non c'è solo xenofobia, c'è anche una xenofilia molto bella che il cristianesimo ha ripreso e diffuso: è nei libri profetici che si ritrova per la prima volta enunciato il comandamento "ama il prossimo tuo come te stesso". Anche se, lo dico fra parentesi, preferisco la formula con la quale Tolstoj, più generosamente, correggeva questo imperativo in "ama il tuo prossimo come lui stesso". Quel "come te stesso" resta autocentrato, gli altri rischiano di dover essere degli altri me stesso, a mia immagine e somiglianza. E quando non sono simili a me? E quando sono lontani? Concludendo: occorre tener conto delle interazioni complesse che ci sono state fra mondo ebraico e mondo cristiano in Europa. Non bisogna supporre, come fa il modello del capro espiatorio, che, a fronte dei carnefici, ci fosse solo un gruppo di vittime passive. C'erano, invece, delle interazioni profonde che hanno permesso all' antisemitismo di costituirsi in modo stabile. Vi era sicuramente una differenza di potenza: il mondo cristiano era molto più forte di quello ebraico. Ma gli ebrei avevano una tradizione, avevano il sentimento dell' elezione, che fu uno straordinario mezzo di sopravvivenza attraverso i secoli e le persecuzioni, avevano un modo di vita ben stabilizzato, avevano un grande Libro. In breve, avevano un'identità. • UNA CITTA' 19

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