Una città - anno V - n. 43 - settembre 1995

di indiani d'America B Il mito dell'uomo di frontiera spiega perché l'estrema destra americana sarà sempre contro lo stato e mai, quindi, fascista. Il paradosso dei discendenti di odiatori di indiani che si ispirano al mito dell'indiano guerriero e quello di indiani, spesso di destra, che sognano di fare il soldato degli Stati Uniti. Perché mentre i giovani bianchi fuggivano in Canada gli indiani canadesi entravano per arruolarsi volontari per il Vietnam. La competizione del maschio indiano con le donne, più istruite. Intervista a Flavia e Sandra Busatta. Flavia eSandraBusatta, insegnanti, si occupano della società e della cultura americana, in particolare della cultura dei popoli tribali del Nord America. Dirigono la rivista Hako, incontro con le culture magico visionarie. La bomba di Oklahoma City ha portato al centro dell'attenzione un'estrema destra antistatale che in Europa non esiste, quanto è significativa e radicata questa destra nella realtà americana? Flavia. La destra americana ha una tradizione propria, legata alla tradizione dell'individualismo americano, e cerca di riprodurre il minuteman, il soldato della rivoluzione americana, quello che "in un minuto" era pronto per combattere gli inglesi. Questi, poi, altro non era che ilfrontiemzan, "l'uomo della frontiera", che è sempre al di là del luogo dove lo Stato può raggiungerlo ed è visto come l'anticorpo alla prepotenza dello Stato. Questa non è certo l'unica destra americana, e~ste anche, ad esempio, un Partito Nazista Americano, solo che è sempre stato di una consistenza ridicola perché non ha radici nel tessuto culturale e civile americano. Il Partito Nazista Americano non fa presa perché è unamerican, è di importazione straniera, questo è il suo peccato originale, come del resto lo è per il Partito Comunista Americano. La tradizione del minuteman, comunque, viene dritta dalla gentry inglese, le "teste rotonde", che ha fatto la rivoluzione puritana e possiede una tradizione fortemente individualistica (tradizione che a sua volta si rifà ali' uomo libero sassone, il guerriero che· vota nelle assemblee con la lancia), che nasce con Washington e con la guerra di indipendenza. la prima guerra fu contro i contrabbandieri Dopo questa, infatti, i singoli stati, soprattutto quelli del Sud, cominciano a spaccarsi in seguito a un conflitto fra città e campagne legato alla tassazione. Le città della costa erano dalla parte del governo federale di Washington e del governo dello stato, contro i montanari e i pionieri che abitavano la frontiera e non volevano pagare le tasse per mantenere le città. Gli Stati Uniti non hanno mai risolto questo conflitto fra la libertà del singolo,inteso anche come singolo stato, e il governo federale di Washington, ossia il potere centrale. Quando negli Usa ci sono dei governi federali forti questi sono, in genere, governi democratici e il governo federale ha il suo peso, soprattutto al l'interno: pensiamo al New Deal, all'era Kennedy, a Carter e, tutto sommato, anche al governo Clinton. Pensiamo, soprattutto, alla guerra civile, alla cui base fu appunto un conflitto fra governo federale e singoli stati del Sud .. Lo sco.ntro più grosso fra la "campagna'; e la città ci fu subito dopo la rivohizione, con la "guerra del whisky", che scoppiò in seguito all'imposizione, da parte del governo di Washington, della tassa sulla distillazione del whisky, una delle tasse più odiate mai imposte in America. Ci fu una insurrezione in tre stati, le due Caroline e la Virginia, e Washington fu costretta a mandare un esercito di 20.000 uomini che in tre battaglie campali sconfisse l'esercito dei contrabbandieri. Inoltre, subito dopo la rivoluzione, per circa dieci anni, i singoli stati cominciarono a battere moneta propria, ad allacciare relazioni estere, ed è in questo clima che Alexander Hamilton del Federalist Party, in contrasto col democratico Thomas Jefferson, comincia a sostenere che per costruire uno stato federalista occorre un pugno di ferro notevole. Tutto questo è abbastanza estraneo alla cultura e ai movimenti politici europei, significa che esiste una cultura tipicamente americana che non è solo una propaggine della cultura europea? Sandra. Il non voler riconoscere che esiste una profonda specificità culturale americana è un grave errore europeo.C'è una cultura americana profondamente radicata e autonoma dall'Europa. Per capirci: i brasiliani di Valle Veneto parlano ancora un mezzo veneto dei primi del '900 e continuano a rifarsi a quella che, per loro, è la cultura veneta, mentre gli americani non si rifanno alla cultura europea. Soprattutto nel campo letterario esiste una differenza molto importante evidenziatasi particolarmente negli anni attorno alla prima guerra mondiale. L'ultimo scrittore "europeo" è Henry James, il quale, assieme a T. S. Eliot, ripudiò la cultura americana, in particolare quella della Nuova Inghilterra, e propugnò un ritorno non tanto alle radici europee, ma a quelle "atlantiche", per rivitalizzare la cultura occidentale. La grande ondata degli anni '30, quella di Steinbeck, Hemingway, Caldwell, invece, è tipicamente americana, non ha nulla di europeo, neppure la lingua. L'ultimo spicchio di Europa cui si avvicinarono questi scrittori è forse quello costituito dagli esuli spar- 'llonn CRLZRTUci Tutlll a scelui chevuoi Vialedell'Appennino1,63 -Forlì tachisti tedeschi: leggendo Caldwell, che, anche se comunista, è del tutto dentro a questa specificità americana, si trovano moltissimi riferimenti agli esuli tedeschi. Per quella generazione di scrittori, poi, ci fu il crogiuolo della guerra di Spagna, che la unì molto più di quanto si creda all'Europa ... Tutto questo, tuttavia, non incide sul fatto che esiste una cultura americana, formatasi dopo la guerra civile. Non a caso lo storico Arthur Schlesinger inizia la sua Storia degli Usa dalla guerra ci vile. Perno i è pazzesco che una storia degli Stati Uniti non parta da Washington, ma lui parla degli Stati Uniti moderni, per cui parte dal 1864, perché è a quel punto che comincia a manifestarsi compiutamente l"'anima americana". il grande modello del film Sentieri selvaggi Un'anima americana fondata sul mito dell'uomo di frontiera, del farsi da sé, del diritto alla felicità ... Flavia. Rispetto alla specificità della concezione americana del liberalismo, c'è un romanzo di Van Vogt Le armi di lshar, un classico della fantascienza degli anni' 50, in cui si racconta la lotta dei negozi d'armi contro il potere centrale che vorrebbe impedire alla gente di comprare le armi e di portarsele appresso. E' un romanzo tutto giocato sull'ambiguità della concezione americana della libertà dell'individuo e non a caso viene incentrato su uno degli esempi più classici della società americana: il diritto di portare armi, che è poi la logica del minuteman e uno dei punti forti delle organizzazioni di estrema destra come I' American Legion, la John Birch Society, il Ku Klux Klan. La storia dell'estrema destra americana è lunga e corposa, e fa perno sul movimento "nativista" americano, un movimento ottocentesco dei bianchi anglosassoni che voleva restituire potere a chi era nato in America, ai "veri americani", contro gli immigrati. Questo movimento era scomparso, ma adesso sta ricominciando e anche i vocaboli "nativi sta" e "nativo", hanno ripreso a circolare di nuovo. In questa retorica del "nativo" quanto ha giocato la figura storica e il mito dell'indiano? Flavia. Il rapporto con l'indiano è all'origine della specificità americana, ma anche della specificità indiana, perché è da quel rapporto che nasce l'identificazione dell' indiano col guerriero: specificità americana e mitizzazione del guerriero nascono insieme e non possono vivere l'una senza l'altra. Fin dal '500, all'est come nelle pianure del l'ovest, la fazione tribale dei guerrieri, che erano anche i cacciatori, emerge unicamente perché esistono i bianchi che commerciano nelle pellicce e che ai guerrieri fanno riferimento; anche quando i due sistemi di vita, quello dei bianchi e quello indiano, sono al massimo dello scontro, tra la metà del '700 e la metà del1'800, si rinforzano e si riconoscono reciprocamente. Tutto questo non toglie che un pioniere non esista se non è odiatore di indiani e la stessa cosa accade per gli indiani: se non combatti, se non fai la guerra, magari alleandoti con gli inglesi contro gli americani o agli americani contro gli inglesi, se non vendi le pellicce agli uni e agli altri, non sei nessuno. Tutto questo sconvolge le vecchie gerarchie tribali, in cui comandava il capo di pace, in cui contavano le donne, che eran quelle che materialmente avevano in mano l'economia. Fin dall'inizio la specificità culturale americana nasce da questa identificazione individualista e guerriera, una identificazione in cui l'immagine dell'indiano come individuo indomito, che lotta contro un potere estraneo, ha un ruolo fondamentale. Non dobbiamo dimenticare che la figura simbolica dell'americano, almeno di quello del Midwest, cioè della maggioranza degli americani, è quella del "cacciatore di indiani" descritto in tanti romanzi della frontiera: è il John Wayne di Sentieri selvaggi, cioè l'uomo della frontiera di fatto uguale all'indiano e che combatte quest'ultimo con le sue stesse armi. Quel film è un peifetto manifesto ideologico: il combattente d'indiani, che diventa indiano e come tale resta fuori dalla civiltà. Questo è quello che vogliono essere quelli della brigata del Michigan o dell'Oklahoma: combattenti contro la "civiltà", una civiltà che sentono come svirilizzante e che si manifesta in uno stato federale fatto, a loro avviso, di tasse, divieti e aiuti ai "fannulloni". Ma ci sono anche degli indiani in queste organizzazioni dell'estrema destra americana? Sandra. Non so se ci siano degli indiani all'interno delle brigate del Michigan, del Montana o del South Dakota, che sono le più consistenti numericamente. Ideologicamente sarebbe possibile perché. come abbiamo visto, c'è una contiguità, ma di fatto, se qualche indiano e' è. c'è a livello individuale, quindi non come indiano. ma come ex-militare. Ciò che impedisce un'alleanza elettrauto marzio malpezzi piazza della vittoria forlì tel. 67077 fra indiani e brigate dei vari stati è il fatto che i componenti delle brigate discendono da odiatori di indiani: per loro gli indiani di oggi sono solo "fannulloni". C'è una forte contrapposizione tra l'indiano come membro delle riserve, aggrappato con le unghie e coi denti ai sussidi federali, e gli abitanti di quello stesso stato, che vedono I' indiano come legato al governo di Washington e come succhiatore di aiuti assistenziali rubati con le tasse dalle tasche del contribuente. Il che, per altro, è vero: le riserve sono mantenute dallo stato federale, perché le royalties, che le poche riserve con delle risorse ricavano da esse, non sono affatto sufficienti. Riguardo alle riserve c'è una contraddizione interessante: in teoria gli indiani dovrebbero votare democratico, perché è lo stato federale che li mantiene, invece nella grande maggioranza votano repubblicano in nome dell'autonomia della riserva dall'intervento dei singoli stati, che è una versione del concetto tipicamente repubblicano dell'autonomia del singolo stato dal governo federale. Flavia. Sul problema dell'autonomia delle riserve si innesta anche la questione del nazionalismo indiano-americano, del pan-indianismo, e su di esso bisognerebbe un pochino discutere. Il termine "nazionalismo" risale a "nazione", e "nazione", per il vocabolario Webster, è un gruppo omogeneo di popolazione che ha tradizioni, lingua e territorio comuni, la qual cosa corrisponde alla nozione romantica di "popolo". Il problema allora è questo: esiste una "nazione", un "popolo" indiano-americano? Secondo la definizione di "nazione" possiamo dire che, storicamente, una nazione indiana non esiste: infatti vengono definiti come "indiani" due milioni di persone residenti negli Stati Uniti, più un altro milione nel Canada, che provengono da tribù di lingua diversa e che, tranne pochi casi, risiedono su territori che non sono quelli in cui li hanno trovati i bianchi. La qual cosa, poi, non vuol dire che fossero i loro territori da sempre: vista la scarsa stanziai ità tipica di molte tribù, quei territori erano i loro territori in quel momento, niente di più. Ma il discorso del pan-indianismo emerge ora, perché adesso esiste un popolo indiano che condivide una stessa lingua e una stessa cultura, ed è il popolo indifferenziato dell'indiano urbanizzato, che condivide come lingua l'inglese, non più le lingue tribali, che condivide la stessa cultura pan-indiana che si è venuta formando dagli anni ·so in poi. Questa massa di indiani, di cultura ovviamente meticcia, può oggi essere definita "popolo" in senso romantico e soddisfa la nozione di "nazione" nel senso europeo del termine. Del concetto europeo di "nazione" comincia inoltre ad acquisire i processi di invenzione del passato, di radici culturali comuni, che, come accaduto ovunque, creano un passato fittizio, ma necessario, per avere un popolo efficiente politicamente. Questo processo di pan-indianizzazione ha avuto due effetti importanti: la creazione di una borghesia indiana e l'accettazione di tutto l'arco dei valori americani nel senso in cui questi sono usati dalla destra americana, cioè contrapponendoli al non americano. Questo elemento "americano" è presente nel panindianismo in cui predomina la cultura delle pianure e che si rifà ad una presunta "età dell'oro" indiana. Un'età più o meno breve a seconda del periodo e della tribù e che, sostanzialmente, corrisponde al periodo della guerra delle pellicce, quando la casta guerriera delle singole tribù prese decisamente il sopravvento sui maschi anziani e sulle società femminili. Questo tipo di cultura, del tutto marginale rispetto alla storia delle varie tribù, è ora proposto dagli stessi indiani come il vero indianesimo e come vero modello sociale degli indiani. la storia riscritta a uso dell'indiano disoccupato E' partendo da questa concezione, in cui sono sempre più presenti elementi di fondamentalismo religioso, che oggi gran parte del movimento pan-indiano tenta una rivalutazione della figura dell'indiano stesso rivalutando il singolo indiano maschio, in genere disoccupato o lavoratore saltuario, nei confronti delle sue stesse donne che, essendo in genere più istruite e meno pagate degli uomini, nelle riserve occupano la maggior parte degli impieghi e fuori da esse trovano più facilmente lavoro come domestiche, commesse, ecc. Il fatto di trovare lavoro, poi, fa sì che di fatto siano le donne a diventare, loro malgrado, capifamiglia. Ma non sono più capifamiglia come nella vecchia famiglia tribale, in cui la donna era a capo di una comunità economica integrata, dove maschi e femmine collaboravano; ora sono capifamiglia nel senso urbano, ossia a capo di una famiglia abbandonata dai maschi, che si sono sfaldati psicologicamente e che adesso stanno cercando una rivalsa. Una rivalsa che, Coop. Cento Fiori LAB. ART. fITOPREPARAZIONI Via Dragoni. 39 - Forfi Tel. 0543/401248 - Estratti iclroalcolici in diluizione 1: 10 da pianta fresca spontanea o coltivata senza l'utilizzo di prodotti di sintesi. - Macerati di gemme. - Opercoli di piante si~ole e formulazioni con materia prima biologica o selezionata. - Produzioni su ordinazione

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