da Napoli quartiere tanta gente, indipendentemente dalle condizioni sociali e culturali, non manda i bambini per strada, perché devono stare chiusi in casa, la strada è pericolosa, il quartiere è brutto, "state davanti al televisore e state zitti". In tal modo questi sviluppano un'aggressività che esplode all'improvviso a fronte di una passività diffusa nella giornata, per setti mane, molto molto forte; sono dei border line con una depressione organica. L'idea di distaccare in strada un maestro per recuperare alla scuola, insieme ad altri volontari, quei ragazzi che la disertano. Un'idea di scuola che allarghi al quartiere il suo spazio e all'intera giornata il suo tempo, una scuola né servizio né mera amministrazione, ma funzione della vita. Ritrovare con ragazzi e genitori le motivazioni per porsi dei limiti, per curarsi gli uni degli altri, per sentirsi utili alla città. Intervista a Marco Rossi Doria. Moreno. L'aspetto depressivo del disagio, anche nella mia esperienza a Barra, tende a crescere e a diventare il vero problema ... Mentre il problema del bambino aggressivo in qualche modo viene affrontato -diceva Winnicot che il bambino che aggredisce, in sostanza sta mandando ancora un messaggio di speranza-, noi constatiamo con mano che il vero problema non è il bambino aggressivo, ma il bambino depresso, il bambino che anche di fronte a proposte allettanti ha addosso una cappa di divieti, chiusure, tabù, ecc., che ne paralizza la creatività, l'inventiva e, in ultima analisi, la vita. Questa tipologia è molto diffusa e tende ad essere sottovalutata, perché il bambino aggressivo si fa sentire, mentre il bambino depresso non si fa sentire, dà meno fastidio in classe, sta zitto ... Marco Rossi Doria, maestro elementare, si impegna da volontario ai Quartieri Spagnoli di Napoli. Partecipa all'intervista Cesare Moreno. Moreno. L'idea degli operatori di strada si sta diffondendo in molte metropoli, da New York a Manila, da Rio de Janeiro a Città del Messico ed è un'idea che capovolge la logica classica dei servizi per cui è l'utente che si reca ai servizi. Qui è il servizio che si mette in mezzo all'utenza e ciò cambia il modo di· funzionare di tutte le attività: o queste sono partecipate oppure non possono essere e tutta la componente di ricerca, aggiornamento, formazione avviene incorpore vivo. E' così che nasce l'idea di centri come l'Associazione Quartieri Spagnoli, che per poter operare deve farlo in strada. A partire da quest'esperienza si è poi innestato il progetto più ampio che riguarda il maestro di strada, facendo in modo che questo lavoro, che adesso occupa il pomeriggio, venga svolto tutto il giorno. .,, Rossi Doria. Qui bisogna sgombrare il terreno da una serie di luoghi comuni, un po' romantici, che la nostra fantasia può farci pensare su questa figura del maestro di strada e su questo tipo di sperimentazione. La prima cosa da fare è stare coi piedi per terra, perché il percorso elaborato da Cesare, e in parte anche da me, di passare dal volontariato ali' istituzionalizzazione di queste figure va realizzato passo dopo passo. qui la bronchite porta venti giorni di asse·nza La fase del volontariato è per me importantissima, perché se non si dimostra che una cosa è fattibile, è molto difficile poi fare approvare il tuo progetto dalle controparti istituzionali. Se tu mostri un prodotto finito - adesso, infatti, stiamo girando un video su questi sei mesi di esperienza- e lo presenti al provveditore, o a chicchessia, dicendo: "guarda, si è fatto senza spendere una lira", allora puoi sperare che scendano in campo le "forze dello Stato". Questo è molto importante soprattutto per noi nel Mezzogiorno: non ci vogliono grandi forze per far funzionare meglio le cose e per avere una ricaduta sulle parti deboli della società: bambini, malati, ecc. Questa retorica che ci ha oppresso e di cui sentiamo addosso il peso: "voi avete buttato risorse", ce la dobbiamo assumere in maniera intelligente e dire: "siamo capaci perfettamente di fare un'operazione di questo genere, però non facciamola con grandi paroloni, ma ognuno in quello che sa fare". Sgombriamo quindi il terreno da progetti megalomani: si fa un lavoro volontario ridotto, -qua non ci sono mille ragazzi, ma venti bambini ...- si mostra che è possibile, si chiede un distacco, cioé un insegnante cui viene pagato lo stipen- . dio normale per insegnare non in una scuola, ma in strada. Naturalmente deve rispondere, anche qui molto responsabilmente, di quello che fa in termini di orario, di verifica, di protocolli che dimostrino i passi che ha fatto nel bene o nel male e poi si vede se si può generalizzare l'esperienza. Non si va al Ministero, "abbiamo bisogno di quindici maestri di strada", e poi non sappiamo nemmeno come formarli. Si fa esattamente il contrario, questo va sottolineato con molta forza. Ora ci troviamo proprio nella fase di passaggio tra il momento volontario e la richiesta di distacco che abbiamo fatto ufficialmente al Ministero della Pubblica Istruzione. La seconda cosa da cui sgombrare il terreno è la questione che i bambini stanno in strada: a Manila i bambini stanno in strada veramente, non vanno a scuola, come a Nairobi e in tante altre metropoli. Qui, invece, i bambini vanno a scuola, ma la modalità del loro andare a scuola è particolare. Vanno a scuola alcuni per 2/3 del tempo, altri per 1/3, alcuni ancora di meno; vengono prolungate le normali crisi di rigetto della scuola che sono forti in certi ambienti familiari difficili e a rischio, per cui la bronchite che passa in tre giorni porta a venti giorni di assenza ... ma alla fine rientrano a scuola, non è che stanno in mezzo alla strada e li devi andare ad acchiappare. Insomma, c'è un andazzo per cui si va e si viene da scuola e nei bambini più piccoli questo porta ad una bocciatura in prima elementare, perché non hanno ancora imparato i numeri e le letterine - banalizzo, ma non tanto. Questa frequenza irregolare riguarda una fascia della popolazione, ma è l'indizio, -la punta di un iceberg-, di un disagio verso l'apprendere che va al di là di questa fascia. C'è una parola napoletana che vuol dire "scocciarsi", che sta sulla bocca di tutti i bambini: -"perché non fai questo?", "mi sfastidio", - se si inizia a lottare contro questo "sfastidiamento" diffusissimo tra tutti i bambini nelle sue punte più "avanzate", -avanzate nel senso che lì non c'è un male cronico, ma un CASSARURALEDARTIGIAN-AFORLI' NEL CUORE DELLA CITTA' male acuto-, ci sarà la possibilità di far circolare in tutta la fascia interessata l'esperienza svolta e tutta l'istituzione scuola potrà avvantaggiarsene. Dobbiamo battere nella pratica quella cultura per cui è "una palla" andare a scuola, che investe sia gli educatori che i ragazzi e i bambini. Questo è il problema e si parte dal punto di crisi, pensando che non è solo i I punto di crisi quello che a noi interessa. Come pensate di affrontare il problema più difficile nella logica della lotta allo "sfastidiamento" e cioè la continuità sia nel tempo che nella didattica? Rossi Doria. Questa è la cosa più importante da chiarire, e, in una battuta, ti dico che siamo stati dal sindaco Sassolino e gli abbiamo detto: "vabbè, bisogna fare delle cose, facciamo quattro campetti di pallone", perché qua gli isolati sono divisi in gang, non si può fare un solo campo di pallone sennò di venterebbe luogo di scontro fisico tra bande di bambini di sette, nove, dieci anni, e lui ha detto che come prima cosa voleva fare una festa della primavera e dell'estate in una piazza, perché così diamo in gestione una piazza ai bambini. l'errore di "intrattenere" i cattivi Quello che non ha capito è che i bambini hanno in gestione un intero quartiere, girano con le Vespe, fanno quel che gli pare; e queste attività sono attività dello stare insieme. Il problema vero è dare continuità anche fuori e a monte del1'istituzione-scuola, per cui per intervenire occorre che la figura o le figure degli educatori abbiano un tempo largo che è il tempo di un'intera giornata, non solo delle ore scolastiche e uno spazio largo che è lo spazio del quartiere, non solo quello delle mura della scuola. Questa è l'idea di maestro di strada, ma questo vuol dire che si va per strada a prenderli? No, vuol dire che si fanno anche attività di esplorazione di strada, ma che si usano di pomeriggio le aule della scuola, si usano di pomeriggio i luoghi organizzati delle strutture di volontariato come questa qui o come tante altre, anche cattoliche: ad esempio ci sono le suore qua sopra che fanno un ottimo lavoro. Si usano degli spazi, si coordinano i tanti doposcuola privati che ci stanno, si vanno a vedere dove questi bambini lavorano in maniera continuativa con la loro mente o con il loro corpo: dalla parrocchia, dove seguono, scocciandosi o non scocciandosi, il catechismo, al campetto di pallone, dove fanno i campionati per tutto l'anno, dalla piccola società di basket alla palestra dove le ragazzine fanno aerobica. Andiamo a vedere dove questi bambini fanno un 'attività continuata e, senza voler sostituire la scuola, anzi in perfetta coordinazione, -almeno questo è il nostro intento-, con le attività di recupero che le scuole di questo quartiere iniziano a fare un po' seriamente, cerchiamo di dare un progetto educativo più coordinato alle attività che già ci sono. Moreno. Va sottolineato che l'impegno del maestro di strada nel1' ambito di questa struttura di intervento volontario più ampia e complessa si inserisce in un contesto in cui scuola elementare e scuola media a loro volta hanno messo in campo una serie di docenti per fare questo lavoro, per cui il maestro di strada sarebbe la punta avanzata nel territorio, rispetto a scuole che già si stanno attrezzando per fare queste cose: stare aperte tutto il giorno, fare delle attività diverse con i ragazzi e via dicendo. Quindi, complessivamente su questo territorio le persone impegnate in questa attività complessa ed integrata di recupero sono decine: il maestro di strada sarebbe semplicemente la punta avanzata. Rossi Doria. Io credo che per chiarezza bisogna nominare chi sono queste persone: primo sono gli insegnanti delle classi di questi bambini, i quali nella grande maggioranza dei casi hanno una grande attenzione verso di loro, tant'è vero che sei maestri elementari vengono nell'Associazione Quartieri Spagnoli il pomeriggio, tre volte a settimana, per seguire i loro scolari, che non vanpo bene a scuola, al di fuori dell'orario normale, senza essere pagati e volontariamente. Dimostrano una grande volontà di recupero e un grande impegno personale e va detto e sottolineato che c'è gente così. Poi ci sono dei volontari, per lo più cristiani, ma non solo, come gli obiettori di coscienza, che lavorano distaccati presso le diverse associazioni e che sono chiamati "operatori territoriali" e fanno varie attività con questi bambini, divisi per gruppi di età, coinvolgendo gli studenti delle medie o addirittura i ragazzi che vogliono prendersi la licenza media e già lavorano presso gli artigiani. A questi operatori bisogna aggiungere una serie di ripetitori informali, ragazze o ragazzi, che, disoccupati in modo prolungato, guadagnano quattro soldi facendo doposcuola nel quartiere con sette, otto, dieci • Disinfestazioni • Derattizzazioni • Disinfezioni • Allontanamento colombl da edifici e monumenti • Disinfestazioni di parchi e giardini • Indagini naturallstlche 47100Forlì - viaMeucci,24 (Zona flldustriale) Te/.(0543)722062 Telefax(0543)722083 bambini, e lo fanno in maniera regolare ogni giorno. Poi ci sono doposcuola di volontariato puro, dove si tengono lezioni il pomeriggio. E infine ci stanno gli operatori ali' interno della scuola: figure che il Provveditorato di Napoli, grazie anche al piano elaborato da Cesare, ha messo su all'interno delle scuole nelle zone a rischio; per cui non c'è un numero fisso di insegnanti perlediverseclassi, ma, in aggiunta a questi, ci sono degli operatori che lavorano su progetti specifici di recupero, oltre agli operatori psicopedagogici. Quindi, c'è un pool potenzialmente sinergico e tutte queste forze vanno integrate. Ma qual è il nostro scopo? Io su questo ho avuto solo un primo scambio di idee con Cesare. Devo essere molto onesto, perché credo che scrivere, leggere e far di conto sia un bene irrinunciabile, e quindi non possiamo pensare che i bravi e i semibravi continuino ad andare a scuola, e tutta quella zona di scocciatura continua a masticarsela lì e, bene o male, arriverà alla fine, mentre i "terribili", i "cattivi" li teniamo intrattenendoli. C'è, infatti, anche questo pericolo fortissimo di intrattenere dei bambini invece di mandarli a scuola. E' un pericolo che è presente in molte attività fuori della scuola presenti sul territorio, ma è anche dentro la scuola con un eccesso di progetti intorno acose"divertenti", ma troppo spesso "usa e getta". Noi dobbiamo arrivare a che questi bambini prendano quello che hanno imparato da altre attività, dal calcio o da questa che sto facendo qui sul rivivere la propria storia passata, e poi la traducano, anche formalizzandola, in obiettivi di carattere curriculare per le scuole elementari, tutte cose previste nel programma ministeriale. la passività depressiva delle giornate Come ciò possa avvenire, secondo me, è motivo di elaborazione seria, non credo nelle idee buttate lì anche se spesso hanno un loro senso. Intanto vediamo quello che c'è, partiamo da quello che c'è; questi bambini che stanno con me sono venti, non sono tutti poco bravi a scuola, alcuni sì, altri sono mediamente bravi, altri ancora molto bravi; li abbiamo presi così, d'accordo con gli insegnanti, perché avevamo individuato due tipologie: una di iperattivismo che scassa tutto, aggressivo e un'altra, non meno preoccupante, passiva. In questo Rossi Doria. Senza voler giustificare per forza gli insegnanti: quando tu hai una classe di venti persone, con quattro aggressivi, dieci più o meno così così e tre passivi, se il passivo non è proprio terribilmente passivo, intanto te ne accorgi tardi che è passivo, poi, quando te ne accorgi, metti in moto delle piccole cose che funzionano a periodi o a scatti e ti lavi la coscienza, mentre combatti con l'aggressivo perché è quello che instaura una dinamica spettacolare all'interno del gruppo, per cui quella pirotecnica è la cosa più evidente, non è che manca l'attenzione, è che proprio è così. Non scordiamoci mai che l'insegnante, anche se dovrebbe tenersi fuori dalla dinamica della classe, è parte integrante di questa dinamica. Questi venti ragazzini vengono tutti e vengono sempre? Rossi Doria. No, non vengono tutti e non vengono sempre; vengono nella maniera in cui vanno a scuola, anzi accentuano questa irregolarità, tranne un nucleo molto forte, di dieci bambini, che sono venuti con grande regolarità. Di questi dieci che son venuti con grande regolarità, la metà non va regolarmente a scuola. Questo è un piccolissimo risultato positivo su cui riflettere. La questione adesso è questa: quale ricaduta ha sulla scuola questo lavoro? C'è un problema di luoghi fisici: se l'anno prossimo avrò questo distacco o comunque continuerò questa attività ci sarà un problema di pomeriggi a scuola, ci sarà un problema di maggiore coordinamento con gli insegnanti di classe e con le altre figure delle scuole del quartiere perché ci sia una continuità più diretta. Ma c'è anche il problema opposto: fare uscire di più dalla scuola nel quartiere i bambini che non fanno queste attività, cioé portare gli altri qui, mentre portiamo questi là; e soprattutto, cosa che si inizia a fare ora, tradurre in verbalizzazione teatrale, quindi orale e in verbalizzazione anche scritta le attività che si fanno qui. Se noi introducessimo gli elementi di scrittura e rendessimo più creative le operazioni di scrittura che si fanno nel doposcuola parcellizzato, ma diffuso, che c'è nel quartiere, potremmo iniziare a fare questo tipo di lavoro, a inventarci dei perDovepuoitrovare: Erboristeria, Alimentinaturali, Verduredemeter e biologiche, Prodottfireschi, Fitocosmesi In un nuovoampio locale in via GiorgioRegnali,67 - Forlì tel. 0543-34777
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