Una città - anno V - n. 41 - maggio 1995

è il datore di lavoro, è una regola generale: non esiste sindacato intelligente se il datore di lavoro è una frana. Per questo ci sono voi uti 6 mesi a far l'accordo sui nuovi orari, però poi ha accettato la sfida e gli è andata bene; ma è una transizione difficile, perché nel pubbl ico impiego l'idea è che l'orario dei servizi è determinato dalla somma degli orari individuali. Del resto è una questione conosciuta, l'Italia è l'unico paese in cui la scuola non funziona a tempo pieno, e questo non è dovuto solo al fatto che la Chiesa Cattolica ha sempre anteposto il privilegio educativo della famiglia, ma anche al fatto che gli insegnanti difficilmente abbandonano i propri privilegi. Questo,d'altra parte, ha fatto sì che lo Stato non attrezzasse le scuole per renderle vivibili tutto il giorno e quindi non spendesse per le mense scolastiche. E' stato tutto un meccanismo in cui ci sono stati vantaggi e convenienze, per cui cercare di scardinare, cominciare a ragionare su queste cose, è naturalmente difficile. Le scuole materne comunali di Roma, ad esempio, funzionano un meseemezzo in meno del le gemelle scuole materne statali romane: perché? Lo stesso Consiglio Comunale ha molti problemi nello scardinare questa situazione che interessa 3-4.000 lavoratrici, e oggi non lo si fa perché sono vicine le elezioni, domani neppure perché ci saranno altre elezioni, dopodomani il sindacato non darà l'ok ... Oltre alla riorganizzazione dell'orario, ha cercato di ottenere una riqualificazione del personale? Abbiamo avviato molti progetti di riqualificazione professionale, dal1' alfabetizzazione informatica, che praticamente non c'era, alla qualificazione del personale educativo sui problemi dell'handicap, alla riqualificazione professionale sulle questioni delle nuove normative e delle nuove forme di contabilità e bilancio degli Enti Locali. In questa operazione ho allivato le autocandidature per la formazione -cioè ho fatto delle circolari in cui si chiede, premettendo che al momento non cambierà niente, né in termini di soldi, né di inquadramento professionale, alle persone la loro disponibilità o meno ad entrare dentro percorsi di formazione- e anche questo ha scandalizzato il sindacato e molti dipendenti, sebbene queste autocandidature siano una forma di valorizzazione della disponibilità individuale acambiare. Attualmente ci sono 18 corsi di formazione che sono in partenza e altri in via di progettazione, anche per quanto riguarda la riqualificazione professionale dei dirigenti, che purtroppo non sono all'altezza di ciò che si chiede loro: la responsabilità, cioè, anche nella gestione delle risorse economiche e umane. Nelle circoscrizioni e in uffici molto particolari ho poi messo in piedi dei gruppi di lavoratori con il compito di progettare la riorganizzazione del modo di lavorare nei servizi, semplicemente promettendo loro che si farà un'anagrafe professionale in cui tutto quello che i singoli lavoratori hanno fatto verrà notificato, in modo che possaessere usato come credito nei concorsi interni. I contratti, comunque, non consentono altro, nel sensoche solo con il nuovo contratto si apre, dal '96 e solo per pochi, la possibilità di premi individuali, mentre tuttora non è consentito l'uso di una discrezionalità da parte del datore di lavbro. Il dirigente non può mandare avanti chi è bravo, gli è vietato dai contratti, dalle norme, e chi lo facesse andrebbe incontro a ricorsi al Tar, che darebbero sicuramente ragione a chi si considera escluso da questo percorso. Anche l'idea che dal '96 possano esserci dei premi individuali che riguarderanno 3-4000 persone a fronte di 30000 dipendenti, è proprio una finestra strettissima. • siamo pensare all'istituzione mer- non-capitalistico, come le coopecatocome a un che di fisso e immu- rati ve, le imprese no-profit. Se intabile nel tempo, questo è l'errore vece uno dice che l'orientamento è del liberismo. Per la cultura liberi- nell'altro sensonon si preoccupa di sta l'istituzione del mercato è o questo. Io voglio il pluralismo deltutto o niente, è qualcosa di immo- le istituzioni di mercato, il che sidificabile, perché la prospettiva gnifica che mi va bene l'impresa culturale liberista pensa il mercato capitalistica, ma deve avere diritto come un meccanismo e non come di cittadinanza anche l'impresa coun' istituzione. Invece, pensare al operati va, anche l'impresa no-promercato come istituzione vuol dire fit, perché esprimono soggettività, che quelle norme fondative am- anche politiche, diverse. mettono una loro modificazione Questo è ciò che il vero liberale endogena, hanno una loro evolu- dovrebbe volere: una pluralità di zione, che dipende dai risultati del forme economiche che competomercato stesso. li mercato ci vuole, no, poste in grado di competere, perché è la forma più efficace che senza essere discriminate a priori. oggi l'umanità ha; però il mercato Ma come vede la possibilità di far non può essere pensato come crescere dei talenti all'interno di un'istituzione imm odi fica bi le, ma un modello che schiaccia le capacome qualcosa che si modifica in cità? itinere in base ai suoi risultati. Al- La possibilità effettivamente c'è. !ora, l'implicazione politica non è Concretamente vuol dire che dobla gestione del mercato -questo è biamo affrettare il passaggio dal un vecchio vizio di una vecchia modello gerarchico al modello pomentalità-, ma dare una finalizza- liarchico della burocrazia. La buzione di senso al mercato, questo è rocrazia deve esserci, perché è fonil compito della politica, quello che <lamentale, essenziale in ogni paei politici devono fare, non sostituir- se avanzato; però, la stessa burosi al mercato e ai suoi meccanismi crazia ha dei modelli di organizza- -l'hanno fatto e hanno provocato zione diversi a seconda della prodisastri-: devono dare una finaliz- pria storia. In certe epoche, nelle zazione. Cosa vuol dire? Che noi prime fasi dello sviluppoeconomipossiamo servirci del mercato per co, è più efficace il modello geraravere più libertà o meno libertà, chico, nelle fasi più avanzate è questa è un'operazione politica. meglio il modello poliarchico. Noi Oggi la discussione non èpiù "mer- in Italia siamo indietro, perché il cato sì, mercato no", ma è "il mer- modello è ancora gerarchico. cato per avere più libertà o meno La differenza è che nel modello libertà?" e non sono questioni che poliarchico ci sono diversi centri interferiscono col meccanismo di decisionali che competono fra loro; mercato. Solo un pazzo oggi po- nel modello gerarchico l'immagitrebbe pensare di fissare i prezzi ne èquella della piramide, chi staal per via politica. Non si può. Chi verticemandaordinienonc'è/eedragiona così, come certe frange back, quindi non c'è competizione. dell'estrema sinistra italiana, pen- Bisogna portare la competizione saancora alla vecchia maniera: "noi anche fuori del mercato, dentro lo per via politica imponiamo i tetti ai Stato: non dimentichiamochecomprezzi", ed è la via più stupida, petizione deriva dal latino cumperché ancora una volta ci rimette- petere che vuol dire tendere assierebbero i poveri. Il problema èdare me a un comune obbiettivo. Non è un senso, cioè incanalare il merca- vero che la competizione sia un to in un modo anziché in un altro e fatto solo di mercato. Nello sport questa è un'operazione politica, non c'è competizione? Dobbiamo perché da essa discende tutta una introdurre lo stesso concetto nella serie di conseguenze: ad esempio pubblica amministrazione. Un moin un'economia di mercato finaliz- del lo che garantisca l'efficienza e zata all'aumento delle sfere di li- valorizzi le persone, che, così, labertà dobbiamo volere che accanto vorano di più, si sentono più dentro alle imprese di tipo capitalistico la società, meno escluse. Bdtbanoi'Oi"éièitG Ino BI anco• AGOSl'INO Curva A, curva B, e altri fatti. Registrazione di un dibattito tenuto nella classe 2° C. Carni/lo: Vorrei sapere perché l'entrata in campo dei giocatori prima era sotto la curva A, e adesso è stata messa sotto la curva B. Salvatore: Perché l'impianto è stato fatto così e così deve essere; e poi la curva B è quella dove stanno i tifosi più accesi. Camillo: Questa risposta non risponde alla domanda che ho fatto. L'impianto era stato costruito con l'entrata dei giocatori sotto la curva A. lo penso che sia stata spostata sotto la curva B perché qui il capo è "Palommella", che ha dei contatti diretti con la Società; lui ha deciso così e così è stato fatto. Gianluca: Le tue accuse contro Palommella quali sono? Carni/lo: Lui riceve soldi dalla Società: ogni volta che il Napoli gioca e il pubblico è molto, lui prende soldi dalla Società. Poi, il cassone dove vengono messi i fumogeni è stato messo solo sotto la curva B, nella A non è stato messo. Salvatore: lo dico che nella curva B c'è un gruppo unito, non succede mai la violenza, per questo la curva B è favorita. Alla curva A ogni domenica succede qualcosa, ci sono gruppi che si combattono ... Gianluca: Allora tu ammetti che c'è un favoritismo? Salvatore: Sì, però lo merita, perché veramente sono tifosi attaccati alla squadra; anche quando la squadra non va, loro non fischiano ma la incitano, poi organizzano feste, riunioni. Sì, c'è un favoritismo, però lo merita la curva B, io lo trovo giusto perché ... chi semina raccoglie. La curva B può arrivare a 20 mila persone, ed è sempre riempita. C'è un motivo, e i soldi che prende Palommella li merita, perché riempire una curva ... la curva A non si riempie mai. Gianluca: Allora tu ammetti che Palommella prende i soldi? Salvatore: Sì, prende dei soldi, però i soldi glieli danno i tifosi che vanno in curva B, e questi non sono scemi, vanno lì perché si vogliono divertire, vedono che lì c'è il vero tifo. Gianluca: Dicono che i soldi Palommella se li prende lui ... Salvatore: Non è vero: lui organizza le feste, fa delle coreografie veramente belle; poi aiuta la gente povera ... Paolo: Che ne sai tu? Fa anche la trasmissione in TV, vende i giornali, sono troppi i soldi che incassa, si prende anche lui qualcosa. , Camillo: Poi ci sono i "passi"; sono dei cartellini che servono per l'entrata nello stadio, due ore prima della partita: tutti questi soldi dove vanno a finire? Paolo: lo conosco uno di quelli che si mettono davanti allo stadio per far passare la gente: alcune volte si prendono i soldi senza i "passi" e fanno entrare, perché conoscono quelli là che stanno sotto la curva. Salvatore: Non lo so il fatto dei "passi": Palommella dice che la Società non gli dà niente, oltre alla percentuale ogni volta che riempiono la curva. Niente più. Gianluca: Vorrei sapere da voi se la polizia ha un atteggiamento differente con la curva A rispetto alla curva B. Camillo: Sì. Nella curva A la polizia ha un atteggiamento più aggressivo contro i tifosi; in curva B li controlla solo, perquisiscono leggermente i tifosi e poi li fanno passare. Invece in curva A ti fanno togliere i giubbini, ti fanno aprire i panini, i tappi delle Coca Cola, le buste. Vorrei sapere: perché c'è questa distinzione tra la curva A e la curva B? Salvatore: Nella curva A succedono sempre tafferugli, nella curva B non succede mai niente. Nella curva A, essendo a contatto con i tifosi awersari, ogni domenica succede che c'è violenza. E poi c'è un sacco di droga, i tifosi si addormentano dietro gli striscioni, e non sanno neanche i nomi dei giocatori. Nella curva B, da come vedo io, violenza non succede, droga non si traffica molto. Salvatore E.: Non è vero. Andai a vedere la partita Napoli-Lazio per la Coppa Italia, feci il biglietto per la curva B: dopo un quarto d'ora, venti minuti che era cominciata la partita si alzò una nube intera che era fatta di fumo di spinelli, non ce n'era uno che non fumava. Come si fa a dire che nella curva B non fumano spinelli? Camillo: In tutte le curve si fumano spinelli. In curva sono più di trentamila persone, su trentamila almeno diecimila, quindicimila fumano spinelli, sia in curva A che in curva B. Però secondo me la colpa è della polizia che non fa perquisizioni più accurate. Gianluca: Ma si può controllare cinquantamila persone? Salvatore: Si può fare. Gianluca: Lo spinello che effetto ha sul tifoso? Camillo: Ha un effetto negativo, perché quando uno non ha la lucidità, se si sente insultato subito reagisce in modo aggressivo. Gianluca: Come mai allora i tifosi del Napoli sono tranquilli? Salvatore E.: Perché nella B pensano più a fare il tifo che a bisticciare. Nella partita di 90 minuti, 85 minuti si fa il tifo. Gianluca: Allora ammetti che la curva B ha un effetto di controllo? Salvatore E.: Sì, ce l'ha. Salvatore: In quale curva sono successi i fatti più gravi? Camillo: In curva A. Però la nota positiva è che in curva A puoi fare quello che vuoi, non sei comandato da uno che ti dice "devi gridare". Invece in curva B o gridi o gridi. Perché se no senti a chille ca te dice: "o allucchi o te vatto". In curva A puoi fare ciò che vuoi, in curva B no. Salvatore: Non è vero. Poi c'è un altro fatto: in curva A c'è anche molta camorra. Dove abito io c'è uno dei capi della curva A. Il figlio era disoccupato; ha messo il figlio a lavorare: ha detto vicino al funzionario del posto dove adesso lavora il figlio "se non metti mio figlio a lavorare ti sparo". E questa è una forma di camorra. E tutto il suo gruppo è fatto così. Vanno girando per dove abito io con le armi addosso. Gianluca: Dunque c'è un rapporto tra tifoseria e camorra? Salvatore: Più con la Società. Infatti con gli ultimi scandali che sono emersi si è visto che il Napoli ha venduto lo scudetto, perché c'erano molte persone che facevano scommesse sul Napoli, decine di miliardi, e la camorra non voleva perdere questi soldi. Gianluca: C'è ancora questo rapporto oggi? Salvatore: Se il Napoli va bene, va bene la camorra, se il Napoli va male, va male anche la camorra, perché la maggior parte dei biglietti che si vendono allo stadio sono nelle mani della camorra: si prende i biglietti obbligatoriamente dalla Società, poi li vende lei. Ai tempi di Maradona hanno fatto anche i biglietti falsi. Due anni fa stava per retrocedere, andarono a Soccavo e fecero l'aggressione ai giocatori. Equesti erano tifosi della curva A. La camorra vince sempre. Camorra e Napoli vanno uniti. Gianluca: Perché si dice che la tifoseria napoletana è più tranquilla di altre? Salvatore E.: Secondo me è più calma perché noi napoletani andiamo allo stadio per fare il tifo, no per litigare; il napoletano si attiva sulla partita, no sulla violenza. Se reagisce è solo perché è stato sottoposto ad insulti di durata maggiore della partita. Camillo: Queste tifoserie che vanno allo stadio per fare a botte sono sviluppate molto di più al nord. Perché, come si dice, uno più ha, più vuole. Avendo soldi, sono coccolati dalle famiglie. E poi allo stadio vanno con i coltelli, bastoni e catene. Al nord non sono molto rigidi come a Napoli, e quindi può entrare di tutto negli stadi. Gianluca: Questa secondo te è la differenza tra i giovani tifosi del nord e quelli di Napoli? Camillo: Sì, perché la società offre di più a loro. Noi se vogliamo qualcosa ce la dobbiamo guadagnare. Loro hanno sempre tutto, lo Stato gli è più vicino, invece noi no; quando vanno negli ospedali non devono pagare la siringa .. Gianluca: Forse sono annoiati perché hanno tutto. Forse è per noia quando fanno i teppisti, uccidono i barboni. .. Camillo: Poi quelli là del nord a noi ci dicono terroni, loro vogliono il possesso dell'Italia. E' sempre la società del nord che li abitua a questo tenore di vita, e loro quanto più hanno più vogliono, e avendo tutto pensano di essere superiori a noi e quindi ci scartano. E' proprio un modo sbagliato di vita, di educarli fin da piccoli. Fare a botte per loro è uno spasso, è uno sfogo della rabbia che si portano dentro tutta la settimana, che subiscono sempre le stesse cose. A Napoli no: se un ragazzo va allo stadio, va per vedere la partita. La pagella (dell')omicida? Raramente il giornale dà così chiara prova del suo valore come in occasione di fatti di sangue che abbiano come protagonisti dei giovani. Allora, il giro delle telefonate che raccolgono il parere del sociologo, del neuropsichiatra, della donna, del teologo; le interviste agli amici e ai coinquilini, i pensieri del maestro di pensiero di turno compongono un quadro sinottico delle cause e degli effetti di convincente esaustività. Un acme in tal senso è stato raggiunto dal "maggiore quotidiano italiano" nel costruire il ritratto del diciottenne Simone Barbaglia, diventato recentemente assassino nei pressi dello stadio di Genova. Nel registro delle prove indiziarie, tra le cattive compagnie e il divorzio dei genitori immancabile viene rubricata la testimonianza della custode del palazzo, le cui scale sono state macchiate dalle di lui (Simone) scarpe, "sporche del fango dei prati di Milano": mentre dalla lavanderia a fianco, apprendiamo con vivo dispiacere, "non è pervenuta nessuna informazione". Ma il pezzo impagabile è il riquadro a pie' di pagina, dal titolo: "A scuola: violento, poco maturo, scorretto". L'intrepido reporter si è tuffato nel reale, e ha portato a galla una sequela di delibere e giudizi dei consigli di classe che hanno avuto Simone tra i loro alunni, in una scuola media milanese. Apprendiamo che Simone era "poco controllato, spesso infantile, discontinuo, con frequenti negligenze, incostante e volubile nei suoi doveri. Si distrae facilmente in classe, deve autocontrollarsi; pur avendo diverse capacità ha un profitto insufficiente". Bocciato al primo anno, le parole si ripetono uguali fino al terzo, quando la situazione si aggrava, tant'è che il consiglio all'unanimità decide di escludere Simone e un compagno dalla gita scolastica "per il loro comportamento violento nei riguardi di alunni della scuola". Fino ad arrivare all'ultimatum: se il comportamento di Simone non cambierà, si arriverà alla sospensione e, "in ultima ipotesi, alla non ammissione agli esami di licenza per la grave immaturità dimostrata". Quest'ultima deliberazione, alla cui natura probante il reporter attribuisce alto valore, viene riprodotta in fotocopia accanto all'articolo. Ce n'è abbastanza perché l'ineffabile titolista si senta autorizzato a completare l'opera con un vistoso occhiello che suona: "La pagella dell'omicida". Ci vuole un giornalista per elencare come indizi di vocazione omicida simili sequenze di parole identiche ad altri milioni di parole che, quadrimestre dopo quadrimestre, testimoniano solo la desolazione e l'impotenza delle nostre scuole. Insegno da anni nei bienni di istituti professionali e tecnici: il 90% dei miei utenti sono ragazzi poco controllati (anzi niente); infantili, volubili, distratti, incostanti, violenti nelle parole sempre, nei gesti spesso. Ho visto sui registri di classe centinaia di rapporti e sospensioni, che hanno la vuota ripetitività delle grida manzoniane. L'ultimatum fotocopiato e pubblicato dal nostro reporter ha il suono patetico della dichiarazione di fallimento: l'estremo tentativo per tener buono Simone è quello di prospettargli l'impossibilità di essere licenziato dalla scuola. Personalmente non uso prowedimenti disciplinari perché inutili, ma soprattutto perché sono la caricatura del mio desiderio vero, che è quello di liberarmi in modo drastico e definitivo di tutti i Simone Barbaglia che mi pesano addosso con l'enigma insolubile della loro infelicità, scolastica e extra scolastica. Ne ho avuti anche di quelli (in genere pluriripetenti) per i quali l'unico modo di non sentirsi delle nullità consiste nell'infilarsi un coltello nei calzini, da esibire ai piccoli compagni terrificati: ben poco ho potuto fare, oltre che trattarli con rispetto, e sperare che mai uno sciagurato convergere di circostanze induca a usare per dawero quei coltelli. Agostino Mi chiamo Agostino, ho 22 anni a dicembre. Ho frequentato la scuola elementare e media a Ercolano, sono stato bocciato due volte alla scuola media, per la maggior parte frequentando le cattive compagnie, amici svogliati, perciò non studiavo. E così mi hanno bocciato. Una volta in prima media, un'altra volta in seconda. Mi hanno bocciato perché nella scuola c'erano altri ragazzi come me, e tutti venivano bocciati. Sono uscito dalla media a 15 anni. Dopo la licenza media pensavo di non proseguire la scuola. Sono andato in Germania, a Berlino, perché là ci stava un commercio di panni vecchi. Là stavo in una fabbrica, dove si scartavano dei panni che venivano da Ercolano. Da dove li prendono i panni, e quanto li pagano? Vengono da tutto il mondo, anche dall'America, li pagano trecentomila lire al quintale. lo dovevo fare lo scarto delle maglierie di lana, dove le più buone le mandavamo al mercato per venderle al pezzo, circa diecimila lire. A Berlino c'è un mercato di panni usati? Stava nella zona periferica ... i maggiori clienti erano italiani, èi venivano anche per avere un dialogo con i loro paesani; a volte ci portavano il caffè oppure dei biscotti, perché là ci sta un rapporto di fratellanza; poi veniva anche gente ricca, tedeschi, gente che là si era fatta una posizione. Dove abitavi? Abitavo in un ostello dove avevo vitto e alloggio, spesso la ditta mi dava l'alloggio. Sono stato due mesi, d'estate, ho guadagnato circa tremila marchi, allora erano due milioni e mezzo. Poi mi ero stancato, forse anche la nostalgia di casa ... Come son tornato ho fatto l'iscrizione all'Istituto nautico; ho capito che avevo un'età, vedevo che persone istruite potevano guadagnare di più, così mi sono messo vicino a ragazzi che invogliavano a studiare e dal terzo anno in poi sono stato rimandato solo in Sicurezza e poi al quarto anno in Macchine. Ma nel frattempo lavoravo presso un distributore di benzina che appartiene al marito di mia zia. Che cosa facevi, e quanto guadagnavi? Lì c'è l'autolavaggio, lavoravo dalle due e mezzo fino alle otto, prendevo sulle centomila alla settimana, poi la sera studiavo. Fino all'una a volte. Adesso mi dà sulle trentamila, perché lavoro solo la domenica, dalle otto all'una. Il s~bato studio, la domenica pomeriggio ripeto, al lunedì venivo a scuola normalmente. Tuabiti in una zona dove, facendo certe scelte di vita, non è difficile guadagnare molti soldi con facilità. Facendo una vita così dura, non ti è mai venuta la tentazione di fare come loro, di trovare una scorciatoia? lo sono stato sempre del punto di vista che uno i soldi se li deve sudare. Se uno li vuole guadagnare facilmente poi però si deve sempre guardare le spalle. E poi prima di tutto devo ringraziare mia mamma, perché mi ha sempre detto che preferirebbe andare lei in galera uccidendomi anziché vedermi soffrire, fare quella fine. Vedendo quello che mi era successo a scuola, che frequentando cattive compagnie si finisce male, sono consapevole di quello che faccio fuori. Se qualçyno mi offrisse di guadagnare molti soldi facilmente resisterei, anche perché mo' che sono fidanzato da quasi un anno, sono deciso a crearmi ur.iatamiglia, quindi non posso mettermi nei guai, è escluso. Nella zona dove abito ce ne sono almeno una decina di ragazzi che da piccoli giocavamo insieme, e adesso chi è andato in galera, chi spaccia la droga. Un mio amico che si drogava abbiamo tentato, con alcuni amici. .. ma è lui che non aveva la volontà di uscire, quindi l'abbiamo lasciato al suo destino. E poi quante volte ci è capitato che standogli vicino, la polizia ci ha trovato vicino a lui e ci ha picchiato, perché erano convinti che eravamo anche noi drogati. Come si sono comportati con te gli insegnanti? Non danno una mano ai ragazzi, quando alla scuola media vedevano che ero così, i professori pensavano solo a farmene andare al più presto possibile, perché ti devono sopportare fino all'ultimo, non è che ti danno una mano a recuperare. Facevano gli amici, ma un aiuto nel senso di dire: ti do questo perché ti serve, no. Che cosa pensi di fare dopo il diploma? Penso di navigare qualche po', poi sempre faccio delle domande a terra, nella speranza di poter trovare un posto, statale diciamo. La mia ragazza anche lei lavora, in una fabbrica di tessuti, qui a Ercolano. Fanno vestiti per neonati. Lavora dalle otto e trenta alle cinque del pomeriggio. Le danno centoventimila lire la settimana. P.S. Nella storia di Agostino c'è una lacuna che non ha voluto riempire. L'intervistatore, che ne era a conoscenza, ha rispettato il suo silenzio, evitando di porre domande su/l'argomento. Agostino era stato chiamato in Germania dal cognato, che lavorava con i panni vecchi. Un giorno che Agostino doveva uscire col camion, per qualche motivo non lo ha fatto, e il cognato è uscito al posto suo. Un incidente stradale gli ha tolto la vita. Agostino non èpiù riuscito a liberarsi dal pensiero che quella morte toccava a lui, e si è prefisso di mantenere col suo lavoro la sorella e il suo bambino, senza però lasciare la scuola. Carla Melazzini UNA CITTA' 5

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==