Una città - anno II - n. 16 - ottobre 1992

I L'ORIENTECOME RIF IONEINTERNA un modo diverso da quello occidentale di essere nel mondo. Nell'intervista a Ivan %affini l'India come origine del pensiero Per te l'Oriente, l'India in listicamente. lo credo invece parlando di Occidente sto parparticolare, è il punto d'ap- che sia esattamente il contra- landa, geograficamente, anche prodo di un viaggio intellet- rio, ossia che non si tratti tanto dell'Oriente. Io dico solo che tuale o l'unico "luogo spiri- per un Oriente culturalistico di l'Occidente ha progettato tutta tuale" da cui ti è possibile reintegrare un Occidente cui- la sua tecnica e ha fatto tutto guardare il mondo'! turalistico o viceversa, ma che, quello che ha fatto e non sa Innanzitutto occorre chiarire siccome l'Oriente non esiste che, in realtà, c'è un Oriente che con le parole "Oriente" e se non come categoria dello dietro tutto questo progetto. "Occidente"non intendo asso- spirito, il problema è che Non è che si debba cambiare lutamente niente di geografi- esclusivamente l'Occidente si modo di pensare o di comporco, ma intendo definire delle renda conto della ineluttabilità tarsi normalmente, non è che categorie dello spirito. Il fatto dell'Oriente, del fatto che uno debba smettere di progetche nell'occidente geografico, l'Oriente è la sua origine. Se ci tare qualcosa nella sua vita; da un certo punto in poi, ci sia si rende conto di questo ci si semplicemente bisogna renstato un modo di pensare che renderà anche conto che in re- dersi conto che, progettando, non tiene per niente conto altà è ciò che si è sviluppato in realtà non si può progettare dell'Oriente in quanto catego- come Occidente, che è poi il nulla. La coscienza deve sporia dello spirito non può essere villaggio globale e comprende starsi dal senso di padronanza, risolto col viaggiare, col por- tutte le civiltà, che ha privi le- che ti fa dire •'io" e poi tutto il tarsi lontano dai luoghi abituali. giato un aspetto "meditativo". resto, all'oscillare. Si tratta di Non è questo che può preser- Ciò che invece va riscoperto comprendere che non c'è un vani da questa dimenticanza, come Oriente è in realtà la vera progetto distaccato dal l'agire; da questo luogo abissale che via dell'azione. Se l'Occiden- si tratta, in termini schiettaritorna, anche in Occidente, te fosse veramente la via mente occidentali, di vivere il nella letteratura, nella filosofia pragmatica questo non riusci- paradosso. lo non credo che e in tanti altri modi. L'Oriente rebbe assolutamente a spiega- sia di nessuna utilità nascere, è una "rifrazione" interna, uno re lo stato di crisi perenne in vivere, morire se non ci si rende specchiarsi che non è nemmeno cui esso si trova per sua stessa conto di questo, del fatto che tale, perché non hai di fronte costituzione. Se andiamo a non c'è niente dietro, nessun qualcosa di altro da te come è vedere le radici fi Ioso fiche progetto e che, quindi, non si uno specchio. Se si vuole si dell'Occidente è proprio il può contare su nessun propuò individuare anche un luo- concetto di "fare" quello che gresso. go ben preciso per questa di- viene meno chiarito. Per Ari- Ma qual è il posto dell'indistinzione fra Oriente e Occi- statele, ad esempio, il fare è viduo in quel che tu dici, qual dente e questo è nella settima già un decidere in base a certe è il senso che l'individuo può lettera di Platone, dove egli premesse; un progettare prima avere di se stesso smettendo dicecheoltreaduncertopunto quello che si vuole fare. di progettarsi? Non è che, la sua esposizione non può L'azione dell'Occidente è to- smettendo di progettarsi, andare, perché non può essere talmente progettata; per !'Oc- l'essereumanosiapoiportato detta a parole ed apre quindi cidente ali' origine dell'azione ad accettare passivamente tutto il problema delle parti c'è una teoria, una visione pa- tutto, come a noi sembra acnon dicibili della tradizione noramica,distaccata,dall'alto, cada in India? occidentale. Dice Platone, in la quale è anche l'obbiettivo Questo non è il tuo o il mio sostanza:ciòcheiononposso massimo che l'azione può problema, ma il problema di dirvi, cioé la verità tutta intera, raggiungere alla fine. Faccia- tutti: richiamare in continuaè qualcosa che cresce e si ge- mo un esempio: un operaio zione la consapevolezza della nera già da sè e, nel momento lavora per mandare a scuola il necessità di progettare in asstesso in cui cerco di comuni- figlio, perché sappia ciò che senza della possibilità di ogni caria, l'ho già persa. Perderla è conta nella vita, e gli fa studiare progetto. Questo, finché si necessario per poterla ritrova- ingegneria; il figlio poi si ren- parla in termini generali, può re e questo è un processo con- de conto che ingegneria non sembrare astratto, ma in realtà, tinuo. Non si tratta di privile- gli risolve la profondità dei nel momento in cui si tratta di giare l'uno o l'altro aspetto, problemi della vita, per cui fa agire individualmente, è il ma di cogliere nel loro insieme studiare al figlio filosofia. La problema di tutti. Io posso dire l'oscillare tra i due, tra l'essere catena dell'azione in Occidente che attraverso pratiche medie il niente, l"'epamphoteri- porta alla teoria, porta a cercare tative, attraverso riflessioni su zein", come diceva ancora la visione distaccata; questo è letture di chi, molto più diffusi Platone. In un certo senso una il massimo dell'azione in Oc- in Oriente che da noi, ha speciviltà che decade, che si auto- cidente, però è un'azione già rimentato questo stato, gli unici distrugge, è una civiltà che sta- preliminarmente progettata momenti di felicità, in cui la ziona in una posizione, che nella teoria, è un'azione "teo- felicità non è il contrario della teme il pendolo, che ferma il retica". Nella filosofia greca tristezza, ma è l'equidistanza movimento di oscillazione del questo fatto è chiarissimo ed è da entrambi, li ho avuti quando pendolo. Rendersi conto di una contraddizione in termini ho avuto coscienza della netutto ciò teoricamente è ancora fin dal principio, fin dall'Etica cessità di agire e del fatto che è fortemente Occidente, altro, aNicomacodiAristotele.Tutto impossibile esimersi dalinvece, è assumere una pratica questo è totalmente diverso l'azione purnell' impossibilità di vita che mostri questa rein- dalla via dell'azione proda- di richiedere il risultato deltegrazione dell'oscillazione del mata, per restare ali' induismo, l'azione. pendolo. Altre culture hanno nel la Bhagavadgi ta, dove Nel momento in cui tu riesci ad sicuramente vissuto molto di Krishna, che è il condottiero, agire, a fare quello che fai più, e continuano a vivere, dice ad Arjuna: "segui la via normalmente nella vita quotiquesto aspetto. Il problema non dell'azione senza perseguire i diana, senza aspettarti nessun è tanto quello che tanti filosofi, frutti". Cioè tu agisci, ma in risultato da ciò che fai, allora studiosi di storia delle religio- realtà non sei tu che agisci, sei totalmente concentrato ni, religiosi hanno richiamato, devi badare solamente al- nell'azione, sei totalmente cioè quello di riunire l'Oriente l'azione che gli indù chiamano immerso in essa pur essendo ali 'Occidente, perché questo è "dharrnica", cioè doverosa, che totalmente distaccato da essa, un progetto tutto occidentale, è quella che il tuo stato ti indica e questa ti riesce meglio, anche è una delle tante ultime ma- e ti consente di fare; oppure dal punto di vista tecnico ocschere che ci si presentano da- bada solo alla bellezza del- cidentale. Per cui, a livello vanti oggi, che poi sono sem- l'azioneinsénell'attimoincui dell'individuo, è veramente pre le maschere dell'inganno la compi, quindi non progettare una questione di esperienza; è originario. Riunire l'Oriente e nessuna azione perché il fine questione di rendersi conto che l'Occidente è un progetto del ultimo di ogni progetto è la il richiamare questa consapetutto teorico, poiché essi sono teoria, però ogni progetto pre- volezza, per rendersi conto che in realtà legati e riuniti solo suppone la teoria. Questo è il c'è sempre stata, che non se ne dalla loro reciproca irriducibi- circolo vizioso della tecnica, è mai andata, è l'unico modo le distanza. che è la piena attuazione di per vivere qualche senso di Ma uno degli interrogativi questa volontà di progetto e di autenticità che non abbia a che che da molto tempo ci si pone, potenza nell'azione, che porta fare con le categorie illuminisia in Occidente che in alle conseguenze che vediamo. stico-borghesi della felicità Oriente, è proprio sulla mo- Per cui, quando leggo questi vista come la felicità della dalità di tale possibile riuni- discorsi della reintegrazione fra pubblicità televisiva, che è ficazione, di tale integrazio- Oriente e Occidente, fra il avere la casetta con la moglie e ne fra Oriente e Occidente meditativoeilpratico,iopenso l'ultima FIAT. Al di fuori di come categorie dello spirito... esattamente il contrario: un queste false categorie di espeCiò che comunemente inten- progetto culturalistico di que- rienza, totalmente interne aldiamo per Occidente, soprat- sto genere è semplicemente lo l'Occidente, gli unici momenti tutto dalla romanità in poi, strumento dell'accademia di felicità io li ho vissuti proavrebbe previlegiato gli aspetti come longa manus del potere e prio riflettendo sul problema pragmatici,mentreciòchein- come suo fiore all'occhiello, dell'azione e cercando di tendiamo per Oriente avrebbe come è sempre stato. metterla in pratica. Questo mi previlegiato gli aspetti interio- I risultati pratici dell'Occi- sembra della massima imporrizzanti o "meditativi". Questa dente, tuttavia, sono visibili e tanza sia a livello individuale, distinzione la si sente fare co- sono perseguiti anche in che è il primo livello, sia a munemente anche in Oriente; Oriente da molti. livello sociale e politico, persi rendono conto di fare la fame Io non giudico i risultati del- ché nel momento in cui gli e quindi si cerca di reintegrare l'Occidente, a parte che, ?ata individui agiscon_o co_nquesta Oriente ed Occidente cultura- la premessa che ho fatto prima, consapevolezza e chiaro che B1bl10 eca Gino s·anco una società cambia. Girando per l'India vedi persone che non hanno il minimo senso di colpa nel vedere gli storpi o i lebbrosi che chiedono la carità, mentre quando noi ne vediamo uno da lontano immediatamente ci scatta quella mentalità del retaggio cattolico per cui l'altro va aiutato in qualche modo, in quanto altro, esterno, barbaro, alienato dalla società; ci scattano le nostre motivazioni ideologiche o politiche sull'opportunità di dare o meno le mille lire. Lì invece in molte persone non vedi questi sentimenti, ma uno stato d'animo di assoluta serenità. Questa è una delle cose che effettivamente, nei miei viaggi in Oriente, mi hanno abbastanza colpito, perché ti riporta in quello stato di equidistanza in cui tu puoi decidere di agire aiutando realmente quella persona, ma nello stesso tempo non desideri nemmeno quel frutto dell'azione. Rimane tuttavia da capire perché questo modo di essere, di vivere l'azione, si sia manifestato essenzialmente in società fortemente gerarchizzate e con enormi diseguaglianze sociali. Intanto va detto che la ricostruzione della società indiana fatta in Occidente è una ricostruzione della storiografia, cioè di una branca accademica, figlia di un sistema di pensiero più ampio; in realtà io non mi sento di dare alcun giudizio sul sistema del le caste. Questo può sembrare cinico e antigandhiano, perché sappiamo quanto Gandhi abbia combattuto contro le caste, ma per me combatteva gli aspetti occidentali di tale sistema. Nel senso che originariamente, nella tradizione vedica, questo sistema nasce semplicemente dal prendere atto che in realtà una persona non è il corpo, ma è l'atman, il principio, e che quindi ciò che questa persona svolge come azione non ha nessuna importanza per identificarlo dal punto di vista profondo. Quella che linguisti e antropologi come Benveniste e Dumezil hanno identificato come la struttura fondamentale della società indoeuropea, cioé la divisione in sacerdoti, guerrieri, commercianti e contadini è una struttura che si ripresenta in tutte le società indoeuropee ed è una struttura che oggi è difficile capire. Soprattutto dopo il secolo socialdemocratico, come Darhendorf ha chiamato il Novecento, in cui le idee della sinistra in effetti hanno governato il pianeta. Quello delle caste è, visto ali' interno di questa cultura indoeuropea originaria, un sistema di organizzazione che richiama una concezione della vita totalmente diversa dalla nostra, una concezione che io non mi sento assolutamente di giudicare. Se questa divisione della società corrispondesse ad una effetti va gerarchia di potere nel nostro senso io sarei il primo a condannarla, ma in realtà, con le nostra categorie, noi non riusciamo a capire il sistema di organizzazione gerarchica delle società indoeuropee nel suo senso autentico. Credo che in questa questione ci siano degli aspetti molto profondi che, se indagati adeguatamente e con strumenti diversi da quelli quasi sempre usati fin 'ora, potrebbero aiutare nella costruzione di una società. Questo è uno dei discorsi più difficili da affrontare, perché per parlare della gerachia, del potere, noi abbiamo solo queste parole che si riferiscono a certi elementi di un sistema, parole che non c'entrano niente col sistema delle caste. Anche al l'origine del la cui tura occidentale c'è un chiaro riferimento a queste questioni; per Platone la forma di società più Coop. Cento Fiori UB. 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Ossia, nel momento in cui il dharma, la verità, è velata, il sistema migliore di governo è la democrazia perché, non essendoci l'evidenza della modalità dell'azione, bisogna agire in modo statistico, cioè avere quella che noi chiamiamo una democrazia, equesta è quella che loro chiamano Kali Juga, l'epoca dell' ignoranza. Nel momento in cui, invece, vi è una vicinanza della coscienza dell'uomo a questa oscillazione del pendolo allora vieppiù si va verso la dittatura come miglior forma di governo. Cioè, mano a mano che il velo, che tuttavia non scompare mai, diventa sempre più trasparente, la forma migliore di governo è la dittatura, ossia è l'uomo totalmente illuminato che dispone le cose in modo tale che tutti possano agire nella massima libertà. In un certo senso, nell'epoca della massima rivelazione della verità, l'anarchia e la dittatura coincidono. Ovviamente questo discorso è totalmente astratto, filosofico, e non deve essere assolutamente riferito alle idee politiche correnti; tutto questo è riferito al loro sistema cosmologico che, a sua volta, non è da intendere nel nostro senso. Per noi è una visione del mondo, cioè una teoria distaccata dalla vita, mentre per loro è una concezione del tempo, è il viverlo come ciclico. Ma alla fin fine non c'è comunque una ricerca della liberazione personale? E cosa possiamo rica".are noi da questo modo di intendere la vita? Intanto c'è una profonda differenza fra l'escatologia occidentale, cioè la salvezza, la liberazione, rinviata, e un'escatologia che si riduce a zero, come è in Oriente, per cui la d'allrove saivezza non va raggi unta, non bisogna nemmeno parlarne perchè in realtà c'è già, non c'è niente da raggiungere. E' difficile trovare un occidentale, se non con il Cristo, che dice "io sono la salvezza", mentre in Oriente ce ne sono infiniti esempi, persone che hanno detto "io ho finito, non devo più cercare niente perchè ho già trovato tutto". In questo secolo c'è stato Nisargadatta Maharaj, che era analfabeta e per tutta la vita aveva fatto il tabaccaio a Bombay, poi ha incontrato un maestro spirituale che l'ha visto una volta e gli ha detto "io non devo insegnarti niente, tu sei l'assoluto". Lui ha continuato a fare la sua vita normale, ma era diventato come il miele che attira le mosche e migliaia di persone hanno cominciato ad andare da quest'uomo, che a volte li cacciava anche via dicendo" Cosa venite a cercare, avete già tutto anche voi". Però, interrogato su qualsiasi questione, rispondeva dimostrando una enorme conoscenza di cose che normalmente richiedono anni e anni di studio. Non si tratta quindi di voler ricavare da tutto questo qualche indicazione, ma di rendersi conto del significato di queste persone che dicono "io ho finito, sono l'assoluto". Ma perché tante scontri religiosi in India? L'induismo è una delle religioni più aperte ... Intanto l'induismo non è proprio una religione come le altre, è assai complessa, ha un'ontologia diversa da tutte le altre ed è molto aperta. Comunque, nel momento stesso in cui una religione è una cultura, una tradizione, ci sono i ciechi, per cui nasce un rapporto fra metafisica e violenza, una cosa che ormai in Occidente conosciamo un po' grazie alla filosofia. E nel momento in cui una religione diventa una metafisica, un centro solido che tiene a distanza il diverso, che non si pone più il problema escatologico della salvezza nel senso della ricerca ascetica perché c'è un'escatologia del trascendente, a quel punto la relazione con la violenza è immediata. Il concetto stesso di religione è totalmente occidentale, è uno sguardo "teorico". E' perciò che Occidente, religione, metafisica e violenza sono in un certo senso sinonimi, sono la stessa forma di dominio tecnico del pianeta che avvolge ormai la terra come una scorza mortale. Mal' Occidente porta nel baratro sempre e solo se stesso, i suoi progetti, le sue azioni progettate. La bellezza del!' azione in sé, l'Oriente, invece, resterà sempre, proprio perché non è mai cominciata non può finire, sarà sempre lo specchio fermo, fisso, della rovina senza fine dell'Occidente, dello spettacolo della sua eterna decadenza, del suo essere sempre sul punto di morire. • elettrauto marzio malpezzi piazza dellavittoria forlì tel. 67077 UNA CITTA I . ,I I

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