Terza Generazione - anno II - n. 4 - gennaio 1954

blemi, quelli veri, del loro ambiente; dar loro coscienza della necessità di muoversi, insieme, secondo uno stesso atteggiamento verso la realtà, puntando su loro stessi, sulla loro inventiva, sulle loro capacità; produrre e sollecitare una cultura che sia finalmente di sviluppo: questo ci sembra urgente. Di tutte queste cose abbiamo già parla– to nella rivista, ma ci è sembrato necessa– rio ripeterle perchè sono esse che dànno significato all'iniziativa giovanile. Solo un discorso ampio (anche se per questo può sembrare generico) permette di far capire come il nostro non sia nè attivismo, nè ri– formismo, ma un atteggiamento volto a riscoprire il valore degli uomini e delle cose sì da interpretare in modo proprio le esigenze della generazione e le sue pos– sibilità in rapporto ai compiti storici. In questo quadro le iniziative che pro– poniamo non sono soltanto dei piccoli fat– ti, classificabili nelle attività di ogni gior– no, ma una delle vie attraverso le quali si maturano uomini responsabili, si incide in una situazione di immobilità formando degli uomini che ne sono fuori, ci si edu– ca in modo potenzialmente solutivo rispet– to ai problemi a cui ci si trova di fronte. Questo non facendo le « grandi cose» dei « grandi uomini», ma accostandosi con un nuovo spirito ai problemi del proprio pae– se, della propria città, dando un nuovo valore alle cose di ogni giorno e un nuovo significato allo studio. Al limite, prendere r atto che c'è qualcosa da fare, sol che si voglia, significa rimettersi nel moto della storia. E non è senza significato che nel nostro paese comincino a compiersi degli atti nuovi, storicamente validi, che facciano ag– gio - per la ten~ione che c'è dietro - ~ulla cultura tradizionale, ormai incapace tla sola di offrire strumenti perchè la sto– ria continui. Bisognerà pure scoprire un giorno, al di fuori dei termini usuali, stret– tamente economici o di prestigio, quale sia la vocazione del nostro paese, quale la sua 1 funzione nella storia del mondo; che tipo di contributo debbano dare gli italiani al– la soluzione della crisi. Naturalmente le iniziative di generazio– ne da noi proposte e dai giovani italiani già in parte realizzate, non sono tutto que– ,;to. nè rappresentano dei fatti immediata- , mente solutivi: hanno già però una loro r, funzione di formazione, di testimonianza ~-di sollecitazione. Quando si crede di essere sulla via giu– ita, anche se le cose che si fanno sono pic– ::ole, non c'è ragione di star fermi. AGOSTINO PACI ibliotecaGino Bianco Credito per i giovani La domanda di coloro che si chiedono come possano sussistere e svilupparsi le iniziative promosse da T. G. ci invita a iniziare il discorso sul problema dei finanziamenti delle « iniziative di genera– zione ». Va subito chiarito che qui non si intende aifrontare il problema del fi– nanziamento della rivista come tale, ma, in generale, il problema del finanziamento delle iniziative di cui la rivista T. G. non è che una delle manifestazioni, an– che se con caratteristiche particolari. In rapporto ai modi tradizionali di at– tività giovanile, le « iniziative di genera– zione » sono un fatto nuovo, rappresen– tando la ricerca di un nuovo modo del giovane di inserirsi nella società; esse fan– no appello principalmente alle potenzia– utà imprenditive del giovane,. non piiù soggetto passivo di un'attività che gli vien data o creata intorno - ed in molti casi a ragion veduta. Nel nostro caso, il giovane è concepito come imprenditore di se stesso: tutto ciò esige, non solo uno spi– rito nuovo e formule organizzative nuove, ma anche soluzioni ai problemi finanziari, indispensabilmente presenti in ogni im– presa. Le forme 10 cui si è sviluppata sino ad ora un'attività giovanile sono state varie, ma tutte riconducibili a tre tipi fonda– mentali: a) attività facenti capo a organizza– zioni politiche-nazionali e quindi finanzia– te attraverso l'organizzazione corrispon– dente degli adulti, in logico rapporto di subordinazione rispetto a queste; b) attività facenti capo a organizza– zioni giovanili nazionali di tipo religioso, assistenziale, statale e quindi finanziate in base alle loro ragioni sociali; c) attività di carattere locale e gene– ralmente privato (culturali, ricreative, spor– tive) finanziate localmente e fondamental– mente su base di mecenatismo, e per mo– tivi di passione o di prestigio. Le iniziative giovanili di generazione non rientrano, nei loro scopi e nei loro fini, in nessuna delle suddette forme, e quindi aprono di necessità la richjesta di un nuovo tipo di motivazione finanziaria. Non sono legate a una utilità sociale tra– dizionalmente determinabile, nè civile, nè religiosa; tanto meno sono legate a una utilità « economica », anche se in alcuni casi possono svolgere un'attività in cui par– te degli oneri che questa comporta, ven– gono compensati da introiti. Le iniziative di generazione si svolgo– no tuttavia sul piano dell'utilità comune che interessa la collettività nazionale, in quanto tendono a incidere sul fattore uo– mo ( « la speranza del domani ») e a svi- lupparne le capacità di iniziativa, di in– trapresa, di responsabilità, di impegno e di verità, che sono preliminari a ogni attività sociale e che il rivendicazionismo della politica troppo sovente soffoca in ognuno di noi. Sono pertanto potenzial– mente interessati a questo investimento sull'uomo gli imprenditori, gli operatori pubblici e privati, tutti coloro che hanno responsabilità di persone e di capitali: non più gli uni o gli altri, ma tutti insieme, per quella porzione di interesse generale, che è presente io ogni interesse partico– lare o privato. Il p1'oblema dei finanziamenti non è quindi essenzialmente un problema di fon– ti («a chi chiedere»), ma un problema di metodo e di modo ( « a che titolo e a quali condizioni chiedere »). Si tratta in– fatti di affrontare i nostri compiti in ter– mini di impresa, di affrontare quindi un mercato interessato - per aspetti diversi - a fatti o prodotti di « redditività so– ciale» che hanno un prezzo, non importa se accettato da settori di pura rendita, pub– blici o privati, da settori di avanzato inve– stimento capitalistico o da semplici sotto– scrittori di una modesta quota (e come concorrerebbero ad individuare la rispon– denza del mercato soprattutto questi ul– timi!): conterà sopra ogni cosa, quella capacità di credito che dovremo manife– stare, al di là dei discorsi e dei propositi. Sviluppare in noi ~uove abilità a nuove imprese, non privilegiate rispetto alle esi– stenti, per il solo fatto che anch'esse sono sottomesse al rischio del fallimento, come ogni impresa a pura « redditività econo– mica »,- e però abilità qualificate e funzio– nali rispetto all'esistente, per la loro stessa ragione sociale: questo è il nostro compito. Il problema è del tutto aperto: a un investimento vantaggioso nel suo oggetto o a « fondo perduto » che sia, deve corri– spondere un finanziamento indipendente, specchiato nelle cose prima ancora che nel– le persone. Ed è forse questo l'unico modo di concepire investimenti a lungo termine sulle forze della società: un'apertura di credito che la crisi richiede e che l'uma– nità accetta, non come una nuova forma di « beneficenza » o « provvidenza » di una parte verso un'altra, ma come giusto rap– porto riconosciuto e stabilito tra individui di una stessa generazione e tra individui di generazioni diverse. Questo avvio di discorso è forse per molti aspetti in anticipo rispetto alle pri- ' . . . me tappe percorse, ma e una ant1apaz1one che vuol segnare una direzione, al di fuori della quale è facile nutrire illusioni. · ETTORE SoBRERo 3

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