Terza Generazione - anno II - n. 4 - gennaio 1954

Una rivista al servizio delle In agosto, prima di stampare la « Pre– sentazione», avevamo un'ipotesi: l'esisten– za, nella società nazionale, « di una zona di umanità, ricca di desideri e di spe– ranze che non trova udienza nelle forme e negli istituti esistenti »; e ancora una convinzione: la necessità di muoversi, di fare qualcosa perchè i giovani potessero finalmente riconoscersi, scambiare le loro esperienze, avere un luogo di incontro non artificiale, ma vero, che valorizzasse, senza falsarle, le loro esigenze e li aiutasse non solo a dire le solite cose, ma ad agire. Un foglio scritto ci sembrò necessario: bisognava in primo luogo iniziare nuovi discorsi, offrire una prospettiv~ solleci– tare, impostando i problemi, l'inventiva e le capacità di ognuno. Nacque Terza Generazione: un'iniziativa di giovani che volevano rendersi interpreti in modo pub– blico, e quindi esemplare, di un nuovo atteggiamento verso la realtà e i suoi problemi. Non una rivista politica quindi, nè culturale: più semplicemente uno stru– mento che aiutasse i giovani a prendere coscienza di una situazione per poi agire, in modo non giovanilistico, compiendo de– gli atti che fossero i primi passi per uscire da una situazione di immobilità e di di– spersione. Abbiamo parlato così di gene– razione, di compiti storici, di disponibilità, e soprattutto di iniziative: attività che avrebbero dovuto esprimere in termini di lavoro la messa a frutto delle energie di tutti e l'unione dei giovani, fuori dalle formule tradizionali dell'associazionismo giovanile, per una azione comune e re– sponsabile. A pochi mesi di distanza, quando già diverse iniziative sono sorte secondo l'at– teggiamento promosso da T. G., è uti– le precisare qual'è il rapporto tra queste iniziative e la rivista. E' chiaro anzitutto che essendo la ·ri– vista un fatto di sollecitazione, non esisto– no « iniziative di Terza Generazione », ma « iniziative di generazione»: atti autonomi cioè, a pe,·sonale responsabilità di chi li compie, legati fra di loro da uno stesso spirito e da un comune atteggiamento, e non dai tradizionali vincoli di organizza– zione centralizzata. In questo senso si può effettivamente dire che l'ini:aiativa della rivista si pone, a pari livello, accanto alle altre, iniziate o da iniziare. Indubbiamente però per essere un fo– glio stampato un fatto nazionale, per la sua facilità di circolazione, per le possibilità che offre come strumento principe di col– legamento, esistono delle funzioni a lui proprie, necessarie e insostituibili nel qua– dro del lavoro che si sta svolgendo. BibliotecaGino Bianco iniziative T. G. permette innanzitutto di dare un senso unitario alle iniziative.~ eset·cita quindi una funzione culturale di orienta– mento e di guida. Offrendo un quadro d'insieme continuamente approfondito e allargato, aiuta poi a capire ciò che si sta facendo e abitua a considerare il valore di atti nuovi accanto agli altri tradizionali. La rivista ha poi un suo valore come punto di incontro. Le iniziative, pur nella loro autonomia, non sono autosufficienti: un luogo per poter indicare le difficoltà, chiedere consigli, è necessario perchè si abbia non solo la possibilità di andare avanti, ma anche l'integrazione effettiva di tutti i « disponibili »: le relazioni, le lettere, gli stessi articoli spesso sono « oc– casioni di lavoro » che permettono di va– lorizza.re le capacità di tutti. Sul piano delle iniziative ci sono molte cose da sco– prire: dal metodo migliore per le inchie– ste ai criteri tecnici per la soluzione dei problemi concreti, dalle ipotesi nel cam– po dello studio ai modi di integrazione nel lavoro di gruppo; anche per questo la pubblicazione dei risultati, permettendo di conoscere i liµiiti, può assicurare un continuo adeguamento alle necessità e un migliore risultato. Parlare infine di iniziative concrete, 1n1- ziate o da iniziare, ha un valore molti– plicativo: le relazioni delle attività svolte, le proposte precise, hanno sempre un lo– ro significato esemplare, capace di susci– tare atti analoghi. In questo modo la ri– vista prepara l'incontro con altri giovani e sollecita nuove iniziative. Ancora due cose bisognerà ricordare. La prima è che T. G. può assicurare uno scambio effettivo e continuo tra le richie– ste e i problemi di coloro che sono im– pegnati nelle iniziative di azione e le ipo– tesi, le scelte di coloro che studiano per produrre una cultura omogenea alle ne– cessità storiche. La seconda è che la rivista può offrire la possibilità, anche a coloro che non possono impegnarsi in modo con– tinuo, di dare un contributo alle iniziative; contributo, che pur nelle forme usuali della collaborazione giornalistica, assume tutto un altro, più importante significato. Dovremo riprendere tutto questo di– scorso e ampliarlo. Bisognerà dire delle possibilità di colloquio che la rivista of– fre con quanti non appartengono alla no– stra generazione e con chi, pur apparte– nendovi, ha ancora diversi problemi; del valore di questo tipo di testimonianza: lo faremo nei prossimi numeri. Oggi ci pre– meva soltanto sottolineare alcune cose per– chè fossero chiari almeno i punti di par– tenza. A. P. Nel desiderio di dare un.a prima esempllfl.. cazione concreta. delle aspirazioni e delle prospettive enunciate nei precedenti numeri della rivista, ci siamo decisi a sottoporre queste riflessioni e questi dati del lavoro na– to in seguito a quelle pa.Ilole. E' chiaro quindi che quanto qui si dice non è nè definitivo nè esauriente il quadro del nostri interessi. Ci auguriamo anzi che pre– sto ci sia possibile poter parlare di esperien– ze di altro tipo e di altro ambiente: pe.. al– tro l'inizio di una esperienza condiziona per noi ogni possibilità di « discorso pubblico». Perchè riuove inchieste Nell'affrontare praticamente il problema delle inchieste è stato facile per noi im– boccare la via che abbiamo cercato di illustrare con due primi esempi nei nu– meri 1 e 3 della rivista e con un primo discorso indicativo (Inchiesta in ogni pae– se) nel numero 2. Molto più difficile è parlarne in sede riflessa: la nostra espe– rienza è, per la verità, ancora piuttosto ristretta, "e, dopo l'esperimento di Siena, volontariamente limitata al mondo conta– dino; non possiamo certo pretendere di aver risolto i problemi teorici di un me– todo nuovo, non possiamo cioè salire in cattedra, ma ancora una volta dire qual– cosa di ciò che (fantasie, desideri, reazioni, ecc.) sta alla base della nostra esperienza (e che è molto più ricca di quanto non abbiamo potuto fin qui dire e fare). Al punto in cui siamo oggi, si aprono davanti a noi due strade, da percorrere contemporaneamente: la prima ci porterà in giro per l'Italia, per aiutare in loco a impostare il loro lavoro ai giovani che ci hanno scritto dichiarandosi pronti a questo genere di attività; la seconda ci spinge ad approfondire i problemi di me– todo, allargando gli stessi confini del la– voro fin qui fatto, e a cercare di vedere il nostro tipo e modo di lavoro rispetto alla tradizione culturale italiana. Avremmo voluto subito porre in rela– zione il nostro lavoro con quanto hanno fatto e gli economisti agrari e, su un piano più generale, uomini politici o let– terati o scienziati che dal Risorgimento in poi (più numerosi in questi ultimi anni, sociologi, folkloristi, assistenti sociali) si sono posti il problema di conoscere di– rettamente, per diversi impulsi, la situa– zione reale delle popolazioni e degli am– bienti del nostro paese. Ma ci siamo resi conto che un simile discorso richiedeva una precisa ricerca, comportando una critica o quanto meno una presa di coscienza dei limiti della classe dirigente italiana (usando il termine nel suo senso più largo e nelle sue specificazioni più diverse) nei vari at– teggiamenti umani e culturali assunti nello svolgere tali inchieste e nelle varie ragioni storico-politiche che l'avevano provocate. N orni come Cattaneo, Messedaglia, J acini, Fortunato, Salvemini e i meridionalisti, Pra– to, Einaudi e la Riforma sociale, Gramsci

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