Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VI - n. 19 - 15 ottobre 1900

RIVISPTOAPOLAR DI POLITICALETTERE E SCIENZESOCIALI AnnoVI. - N. 19 Abbonamento po;;:tale Roma15 Ottobre1900 AGLI ABBONATI CHE NON HANNO PAGATO. Preghiamo 1,ivamente quelli abbonati che ancora - e da diversi mesi! - non si sono messi in regola coli'Amministrazione, a farlo subito. La Rivista che non yucirda a spese per sempre più migliorarsi, pur mantenendo lo stesso prezzo di abbonamento - che 1ni-iiorenon c· è in Italia! -, ci pare che abbia ragione cli pretendere che tiitti i suoi abbonati la paghino puntualmente, o non le facciano buttcire in spese postali dei denari che potrebbe impiegare fo modo più utile. MALAFEDSERVILISMO e noi non abbiamo atteso le proclamazioni clamorose ed ufficiali per ra!le~rarcene, constatandole. Ma non si può che sdegnarsi verso coloro che invocarono e consigliarono l'evoluzione stessa, quando sembrava improbabile, e la deridono oggi ch'è avve- . nuta .. Oh I non si Nel momento in cui le classi dirigenti italiane si sono credute ed annunziate come colpite dalla catastrofe di Monza che sembrò averle indotte ad un esame generale della loro coscienza• e ad un ravvedimento sincero, rifulge di nuovo la loro malafede e il loro servilismo. Delle classijdirigenti giudichiamo da alcuni giornali che ne. rispecchiano gl'interessi e le tendenze, e n o i vorremmo ingannarci, e vorremmo che ci si mostrasse che siamo ingiusti e pessimisti, argomentando dalla malafede e dal servilismo di tali diari ai sentimenti delle prime. Ma pur troppo in noi è scarsa la speranza di essere trovati in errore. Danno prova i giornali suaccennati del loro malanimo, quando si occupano del significato e del valore dei congressi socialisti che a breve distanza si sono tenuti in Italia e in Francia con carattere nazionale e internazionale. Mentre un temAssaltoinutile. / /~✓- // / /Ì/: / I I ' \ \ 'j'\ I_; ! '/ l :_1., '11•• 1 ·: i\~'/ 11 i:,t~_,11; · 1 I 17 I ', I 9 /.ti\>U~~'L ' ~!!Yf' I I .- ,, \ '. \, \· ~- Fra tanti programmi di uomini politici non ve n'è uno che dia ragione agli ultimi don Cl.lisciotte della for, caiuoleria. (Uomo di Pietra di Milano) deve supporre che furono sempre in malafede allora, e oggi? Della -i, gioia fittizia, ostentata per le scissioni che in seno dello stesso socialismo si van• no delineando, non ci occupiamo; e lasciamo a questi eterni denigratori di ogni ideale buono ed elevato la cura di gonfiarle e di falsarle. Le gonfiano d a n d o importanza a 11e manifestazioni individuali di certe nature ribelli o di certe ambizioni e di certe v a n i t à mortificate, che si incontrarono sempre e in tutti i partiti; che sotto forme diverse si riscontrano anche tra i fraticelli salmodianti da mane a sera le lodi del Signore. Le falsano dando ad esse il valore di un distacco quando non furono che dissensi dottrinali o sulla tattica , composti e sopi ti tos toché ci furono le decisioni collettive. po si tuonava contro l'intransigenza e l'utopismo dei socialisti italiani e stranieri - e non si aveva torto - si mettono oggi in derisione perchè troppo pratici, troppo remissivi, troppo borghesi, come li hanno proclamati. L'evoluzione in senso buono c'è innegabilmente; Risorgeranno ? Certamente: risorgeranno e verranno di nuovo liberamente discusse. Ma ad ogni modo non possono essere i monarchici italiani, senza fede e senza ideali, che la fede e gl'ideali tolgono a prestito dalle occasioni, ora liete ora luttuose; no, non possono essere i monarchici italiani a denunziare il fuscello della di-

RIVISTA POPOLARJ,; DI POLITICA L/1,TTHRé' E SCJl~NZ!i SOCIALI v1s10ne che sta innanzi all'occhio altrui, quando un grosso trave sbarra la vista a loro : a loro vergognosamente divisi e dilaniantesi, non su questioni di metodi e di principii, ma per interessi loschi cli persone e per brama ardentissima di soddisfare sciagurate ambizioni. E deridano pure l'indirizzo nuovo e pratico dei sociali!ti, e proclamino alto che tutto ciò che essi desiderano si può attuare colle vigenti istituzi,:,ui. Anche noi abbiamo detto che il programma minimo del socialismo italiano non si distin~ue da un programma di riforme realizzabili o realizzate nelle repubbliche o nelle monarchie veramente ]jberali. Ma siamo, però, convinti fermamente che ciò che é avvevenuto altrove non potrà realizzarsi in Italia, sino a tanto che il potere sarà nelle mani di queste classi dirigenti fiacche, corrotte, reazionarie e incoscienti, di cui fecero la diagnosi onesta gli uomini, che emergono nel loro seno: da Villari a Di San Giuliano dal senatore Pisa a Franchetti, da Vièlari a Fortunato. Per compiere l'opera che esse dichiarano facile, quando se l'assegnano come compito i socialisti, le classi dirigenti attuali dovrebbero ritemprarsi e rinnovarsi; e noi invece crediamo che esse siano pronte soltanto ad incarognire. Aueuriamoci che ci smentiscano vittoriosamente coi tatti. * * * Dalla malafede al servilismo. Non è un ~salto, ma é semplicemente la estrinsecazione dello stesso stato di animo; con questo in più e in peagio: che il lato del servilismo del prisma morale deT!e classi dirigenti suscita la nausea. Non era composto nella bara il corpo esanime di Umberto I e le classi dirigenti italiane, immemori della consuetudine egiziana che sottoponeva a severo processo i Re aefunti, gli attribuirono tutte le virtù, che gli avevano negato prima. Ma lodarono il morto per entrare nelle buone grazie del vivo, che sapevano tutto compreso di affetto e di riverenza pel defunto genitore. Poscia cominciò l'esaltazione del successore. Dissero Vittorio Emanuele III dotato di tutte le virtù e in possesso di tutte le scienze. ~ non lo negheremo noi che non ne abbiamo conoscenza diretta, e che non siamo usi a giudicare gli uomini e le cose di cui ignoriamo l'indole genuina. Ma lo spettacolo che dànno le classi dirigenti, facendo getto della loro digtlità, non potrebbe essere più meritevole di disprezzo Assegnarono a Vittorio Emanuele III una volontà ipermetafisica, e dissero chiaro - senza ricordarsi menomamente che si viveva in un regime costituzionale, cui lealmente e recisamente aveva prestato giuramento di fedeltà il Re stesso - che da oggi a siffatta volontà ci si doveva umilmente sottoporre e rassegnare. E la esplicazione della volontà regia vollero rendere possibile, in tutta la sua pienezza, consigliando ad assumere - con o senza la legge - tutti i poteri personali necessari. Poi fii scese ai dettagli. Il ministro del Tesoro brontola per le spese della Cina, perché non sa dove prendere i danari? E i cortigiani, che vogliono essere classi dirigenti, inventano che il Re accigliato ha imposto silenzio a Rubini, salvo a dire il contrario quando si accorsero che l'impressione non era stata buona nel pubblico e nella Reggia. Avevano giudicato necessaria la legge scellerata, esclusivamente italiana, sul domicilio coatto; ma seppero che il Re la voleva abrogata : e tosto ne lodarono la sapienza legislativa. Discussero e tentennarono sulla colonizzazione interna ; ma un bel giorno appresero che il Re n'era convinto partigiano : e allora imposero silenzio a chiunque sollevava dubbi non solo sulla sua oppor tunità, ma anche sulle modalità. Si ripete il caso Frezzi in Napoli, come si era già ripetuto a Genova e in tanti altri siti ancora? E Ie classi dirigenti danno addosso ai sovversivi, che calunniano e discreditano la grande calunniata, la polizia italiana. Ma a Capodimonte si pensa diversamente: e i nostri abietti staffieri annunziano gongolanti che un maresciallo di pubblica sicurezza é stato arrestato, e che un processo a suo carico é stato istruito, togliendone ogni merito al magistrato e assegnandolo tutto al Re, che la sua volontà aveva fatta manifesta al ministro Gianturco. Insomma, le nostre classi dirigenti, che in tanti anni di governo avevano date prove numerose e solenni d'insipienza e di egoismo, hanno voluto oggi compiere il proprio esautoramento dando prova di servilismo illimitato. Trovano buono ciò che ieri proclamarono pessimo ; affrettano le riforme e gli avvenimenti dianzi avversati, e di ogni mutamento trovano questa semplice giustificazione : Il Re lo vuole! Con ciò esse si dichiarano impotenti alle iniziative, avverse o indifferenti alle riforme, incapaci• della stessa amministrazione della giustiziai Annientano la volontà propria e si prostrano innanzi a quella di un padrone ; si chiariscono assolutamente indegne e disadatte a dirigere. I servi non possono che ubbidire. Giuseppe Sergi trionfa. Egli può ripubblicare le sue magnifiche degenerazioni psichiche e trovare la prova più luminosa cl el servilismo italiano, prodotto da tanti secoli di tirannide, nelle manifestazioni politiche delle classi dirigenti nostre di questa fine cli secolo. LA R1v1S1'A IL PUNTO DEBOLE (Attornoalla riformatributaria) L'articolo (li Sonnino e il discorso Sacchi - i primi a risollev,u·e la discussione politica ed economica - hanno avuto il merito di scuotere, almeno alla superficie, la trarlizi'>uale lìaccona dei nostri uomiui di Stato. Tutti temono di essere sopravvanzati dai concorrenti nello steeple chase per la conquista dei portafogli; e i pi1'tin vista si sono affrettati a parlare per couservare ciò che posseggono o per conquistarlo, esponendo al pubblico il bagaglio delle proprie idee o delle proprie ... promesse. Ha parlato abba,stanza bene Villa; ha parlato Chini irri; ha scritto una bella lettera alla Stmnpa l'ono• revole Giolitti. Dei minori oratori non torna conto fare menzione; e tra i minori, s'intende, non comprendo l'amico carissimo Pi\ntaleoni. Ma cli lui e del suo ili• scorso agli elettori di Macerata non si fa speciale menzioue, perchè non c'è bisogno di far sapere che approvo in gnmdissima parte quanto egli ha detto. Invece mi fermerò, come promisi nel numero precedente della Rivista, sulla lettera dell'on. Giolitti, il cui esame critico nelle linee generali si può applicare alle promesse eil al programma dcll'on. Chimirri. L'uno rappresenta l'avvenire; l'altro il presente. Se possedessi qualche attitudine artistica e letteraria, mi proverei a, schizzare le due silhouettes: Sonnino e Giolitti. I quali hanuo molti punti di contatto, e sopratutto hanno comune una precisione di contorni elle rasenta la durezza inestetica e· ripulsiva per gl'italiani frolli e politicamente inecfocati, che amano in tutto il bel gesto. Sonnino e Giolitti hanno anche comuni certi ricordi morali non belli, ed una energia di carattere abba- 'stanza rara, che mi fa sperare sinceramente che ess

RfVISTA POPOLARI•.' I)/ POUTICA Lli'TTERE E SCfENZH SOC!Al,I vorranno far dimenticare i primi operando il uone nell'interesse del paese e in quello della rispettiva loro reputazione. Delle rlifferenr.e se ne rilevano clue soltanto. Iu politica l'on. Giolitti se non è nn radical.e, certamente, si ii chiarito, a fatti, abbastanza liberalu. Dico, a fo,tti, perchè, tutto sommato, clnrante il suo ministero fol'tt1noso, ch'ebbe pure sulle spalle l'agitazioue clei. Fcisci, si godette tanta libertà quanta sotto J)OChi::litri ministri dell'interno dall'83 in poi. Lo clicouo abuastanza largo tli vedute - tauto da arl'ivare a fare nn:t ptHte non piccola ai radicali se egli riafferrasse la Presideuza del Com•iglio. Sonnino, invrce, ha tntta la, stoffh, cli un 1:1:1ar.ionarioalme- .no tli un autorita,- « dopo cli 1ue, dovette provvedere alla fiuanza rialzando « ancora il pre:r.zo clel sale e il dazio sui cereali. Io de- « ploro quanto mai la lotta di classe; ma, siamo giusti, « chi l'ha iniziata? « Quando confronto il nostro sistema tributario con « quello di tutti indistintamente i paesi civili, quando a osservo le coutlizioui delle classi rurali in gran parte • d'[talia, e le 1mragouo a quelle clei paesi a noi vicini, <1 dove i nostri operai si recano a cercare lavoro e dove (( possono fare coufrouti molto dolorosi per noi, io resto « compreso cli ammirazione per la longanimità e Ja « tolleranza cl!'lllenostre plebi, e penso con terrore alle <I consegtLenze cli un possibile loro risveglio·. « No, il sis torna ,, tributario non clerio, reso più pericoloso rlalle sinceri t:ì delle proprie I dottori~al etto del malato. " ve, non può essere « lasciato quale è. convinzioni. E g I i pensa, ferma111ente, che molte riformo sociali non approtleranuo in llalia se non quando vi sarà llll Bismarck, anche in cinquantesimo, che sappia e voglia imporle. Portnnatamente, pare che pel momento si sia persua~o cli lasciar il miniinmn cli libertà attuale; che conserveremo cli sicnrJ, se sapremo mantenerci uuiti e vigilanti per la sua difesa. Sonnino Bisogna cl.isint'ettare ! Cl Da molti anni a <I questa parte nei « discorsi della Co- <I rona, ne i pro- << grammi ministe- <I rial i, iu qua s i « tutti i progra1t1- <1 mi elettorali si « ricouosce la in- « giusti zia del no- << stro sistema tri- <I butario, e si pro- « mettono provve- <l dimeuti a favore <I delle classi piì1 « povere; qual fede <1 presterebbe piÌI Cl il Paese al Go- <1 verno e al Par- « lamento se non <1 cominciassimo, « senza altri ritar- ([ di, a mantenere « almeno una parte « cli quelle solenni « promesse 1 ». « La questione " vera è una sola: « decirlere da dove « si deve comin- « ciare la riforma, " poichè le ingiu- " stizie sono molte, Di maggiore importanza ·attuale è la differenza tra i due nomini sul terreno economico-finanziario. Sonnino vede il lato esclu • si vamente fìnan- :dario del problema ponderoso che l'Italia deve risolvere; e per lui tutto sta nella conservazione e nel consolidamento del pareggio del bilancio dello Stato. Non si cura e non si preoccupa, perciò, della riforma tributaria. Giolitti, piì1 umano, ha avver.tj_.toda tempo il grave l)eGiolitti __.: ~o. Bestia! Bisogna amputare! Il Paese (.11emenclo) - Questi dottori discutono tanto sul mio male e nessuno di essi pensa a toglierll'li subito qnesto peso da dosso tutte gravissime, « e noi non pos- « siamo procedei;e << che gradatamente ~ per le tristi con- « dizioni alle quali « l'ecc<:,SSOdella « spesaharidottoil « nostro bilancio.» che mi toglie il respiro·! ricolo che si con - nette al disagio generale nella. economia. nar.ionale, e vorrebbe quindi ~gravare i contribuenti piìt iniquameute colpiti dall'attuale sistema tributario e ripartire meglio le imposte. Egli, ripetendo cose già dette nella Cnmera in tono da sovversivo autentico, scrive nella sua lettera alla Stampci: Il Paese, dice l'on. Sonnino, è mn,nalato politicci1nente « e 1norcilinente, ed è ve1·0; ma la causa piì1 gra, 7 e di « tale malattia è il fatto che le classi dirigenti spesero « enormi somme a heneficio proprio quasi esclusivo, e « vi fecero fronte con imposte, il peso delle quali cade « in gran parte sulle classi più povere; noi abbiamo « un grande numero di imposte sulla mi,;eria: il sale, <I il lotto, la tassa sul grano, sul petrolio, il dazio cli con- « sumo ecc.; non ne abbiamo una sola che colpisca e- << sclusivamente la ricchezza vera; perfino le tasse sugli « affari e le tasse giudiziarie sono progressive a rovescio; « e quando nel 1893, per stringenti necessità della finanza, "io dovetti chiedere alle classi più ricche un lieve sacri- « tizio, sorse da parte delle medesime una ribellione assai « più efficace contro il Governo che quella dei poveri » contadini siciliani; e l'on. Sonnino andato al Go,7 erno (Asino di Roma) Su per giù, le stesse cose ba detto a Catanzaro l' ou. Chimirri, le cui confessioni acquistano singolare importauza dal fatto che, essendo già ministro, nessuno potrà sospettare che le sue parole siano suggerite dalla volgare speranza di crearsi una certa popolarità in Parlamento e nel paese per acchiappare il potere. Prima di procedere all'esame delle riforme vagheggiate da Giolitti, promesse da Chimirri, ed anche in parte aocettate dal generale Afan de Rivera, mi permetto riassumere alcune premesse, indioazioni e conclusioni che pit1 ampiamente esposi, documentandole, nel mio scritto sul Problema fianziario itali<ino. Serviranno cli guida nel giudizio complessivo sulle proruèsse e sulle aspirazioni dei ministri presenti e dei ministri futuri. I caratteri generali clel nostro sistema finanziario, indotti dai confronti internazionali ai quali vagamente accennò !'on. Giolitti, sono questi: 10 L'Italia, tenendo conto della ricchezza privata, è la nazione che paga imposte in misura maggiore ,li tutti gli altri Stati;

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 2° L"Italia, tra gli Stati civili, è quello che consacrò la parte maggiore del prodotto delle imposte al debito pubblico e alle spese militari: e, inversamente, la }Jarte,.minore ai servici civili, e spellialmente alla pubblica istruzione. (1) D'altra, parte, l'ei;ame della spesa, mi conduceva ii. qneste conclusioni: 1° ln Italia aumentano, come dappertutto, le spese pubbliche; 2° si spende troppo o si spende male; 3° i pubblici s~rvizi non migliornuo in ragione dell'aumento della, spesa; 4° non vengono proporzionati i sac1·ificii dei contribuenti alla utilità dei !ini che si vogliono raggiungere; 5° è anmentato e gentJrale il dubbio, che s1 avvicina assai alht certezza, che il cancro della immoralità corroda le publbiche amuistrazioni. Avevo, nello scorso anno, infine, aggiunto: 1° Il pareggio è instalJile, benchè appareutemente raggiunto nel bilancio 18~8-9!:.I; 2° lt clejicit sembra inevitabile nei futuri l.lilanci se non si ottengono riduzioni di spese o non si votano nuove spese; 3° le spese anzichè diminuire mostrano la, tunclenza ad aumentare; e dovninno enonncm.ente nnmentare le spese militciri se si vor1·crnnu mantenere gli atttuili ordinamenti resi nccessarii d,illa volitica éstcm sinom scgnitci; 4° il sistema trilJutal'io, ll11e ha già esaurite le forze dei contribuenti, far,\ venir meno lo scopo supremo di coloro che· nell'esilrcito vecl-,no la salute e la grandezza della patria. Donde la necessit.ì. e l'urgenzi\ della riforma tributaria, che in Jtalia s'impone per diversi ordini di motivi: per l'altezza dell'aliquota d'imposta pagata dai contribuenti; per la iniqua distribu;done delle imposte stesse trn i coutrilJuenti; per l'J, sperequazione regiomile lamentata dai settentrionali, urn che esiste a tutto danno del Mezzogiorno, come piit volte dimostrai alht Camera e qui stesso, come, più ampiamente- e esaurientolllente, è stato documentato dall'amico Nitti. Giolitti e Chimirri sono perfettamente convinti della nucessità e della urgenza di alleviàre le solforenze dei coutribuenti - specialmente dei più 1wiiti, che sono i piì1 numerosi, i meuo difesi dalle iufrn1umettenze parlamentari, i piì1 abl.landonati all'arbitrio, al fiscalismo SlJietato degli agenti delle imposte. L'un. Giolitti, che ama, di essere preciso - e lo dichiara - non di vaga, e dopo avere constatato che per ragioni inesorabili s'iinpoue la riforma, se nou la sopvressione immediata e completa del dazio di consumo, iu quanto alle altre i1uposte formula le seguenti proposte come tanti articoli di un disegno <li legge: « J0 Sono esenti Llaimpost,t fondiaria i terreni colti- " va.ti direttamente dal possessore qmwdo l'i,u posta a che grava sui medesimi non ecceda le lire IO di ima posta erariale principale, e il possessore non abl>ia « altri redditi ruolJiliari o fondiari i quali po1·tino a « piì1 di 400 lire imponibili il suo reddito complessivo, « valutati ai term iui della legg., stilla irn posta della « ricchezm molJile. <t 2° Sono esenti da imposta i f,1.bbricati di reddito " imponil>ile non superiore a lire 6U, quando concor- <1 rano le due circostauzc: « ai Che il fabbricato sia abitat,o dal possessore; « b) che gli altri redditi del possessore del falJbri- <r cato, valutati a termine dell'articolo precedente, non « ecl.ledano le !ire 400. a 3° I terreni e i fal,lJrica.ti esenti da imposta per <r effetto degli articoli precedenti sono pure esenti dalla <1. tassa cli trasferimento di proprietà a causa di mort<;J, « quando si tr:ttti di suc~essione in linea retta ha ~ ascenclen ti e discencleu ti. " 4° Sono esenti da imposta SJlia ricchezza mobile a per ritenuta diretta gli stiponcli, le pen_sioni e gli « assegni pagati dallo Stato, quando non s11per11,nole « lire 400 imponilJili. « Tali retlditi potranno però essere tassati mediante « ruoli nominativi quando il loro possessore abbia altri « redditi mobiliari o i qua,li portino il suo redcli to come, plessivo a pii1 di 400 lire imponibili :o. r.'\ (I) Questa seconda affermazione documentai ampie.meni · sin dal 1892 nello studio: La difesa nazionale e le econo mie militari. Presso La Rivista popolare. Ben si appone l'on. Giolitti riconoscendo che il dazio di consumo, per quanto odioso, nelle attuali condizioni della 11rn,ggiorp,ute dei grnndi e elci piccoli municipi - specialmente nel Mezzogiorno - non si può abolire, ma si <leve soltanto attentrnre. L'al>olizione dev'essere preceduta, a suo avviso, da riforme ltJgislative che consentano la muuicipalir,zazione dei servizi pt1blJlici, thlla quale i comuni dovrebbtlro trarre i mezzi finanziari per compensare lo perdite, che loro vt,rrebbero dalla prima. Ma qui egli s'ing,mna. Alla llllrnicipalizzazionu dei servizi publ.Jlid attrilJuisce una efficienza che non pnò avere. Non è eletto che il servizio dell'acqua, dell'ill111uinazionc, delle tramvie ecc. debba cbre con sicurezza dei profitti. Anche in Inghilterra non mancano esempi di perdite o Ili limit,ttissimo profitto: e ciò è pi/1 probalJile che avvenga in It-alia per le minori attitncliui ammini;;trnti ve e per la maggiore - perchè non clirlo ~ - disonestà. Nè sarebbe giusto che dei servizi pubblici si facesse un monopolio lucroso ad ogni costo: verrebbe in tal guis,L falsato ciel tutto il carattere dei servizi p1ibblici, che noi pae ·i civili si vogliono o si tende ari otttinere al prezzo di costo. La municipalizzazione dei servizi pubbEci non potrebl>e mai costituire una risorsa qualsiasi µei piccoli comuni - oltre i quattro quinti - che pur fauno assegnamento sul dar.io di consumo per reggersi. L'impianto dei servizi pulJblici, infine, e3ige un impiego cliugenti capitali, che i municipi inglesi ed americani hanno tolto a prestito a condizioni abbastauz,, buone in quei ricchi 111erca1i,ma che iu Itnlia fatalmente si ottcrreblJero a condizioni assai piL1onerose, e limitatrici, perciò, del margino Llel protitto. Sic rcbns tantilms i municipi dall'assunzione dei servi.c:ipnbbl-ici non dovrebbero e potrebbero sperare redditi tali da compensare le entrate che verrebbero meno dall'abolizione del dazio cli consumo, se non dopo lunga serie di anni - dopo la completa ammortizzazione dei clelJiti contratti per organizr.arli. La maggior parte degli ottimisti sostenitori della ,nunicipalizzazione non scorge in questa che vantaggi immediati pei consumatori e risors13 finanziarie ftitnre pei comuni. Piì1 logici ed anche piì1 pratici i socialisti nei loro programmi municip:1li a Parigi, a Torino, a Palermo ecc. alla cessazione delle entrate clel dazio cli consumo vogliono provvedere con i111poste dirette fortemente progressi ve - tassa <li famiglia, valore locativo ecc. Ci si provi l'on. Giolitti aLl org,tnizzarc qualche cosa di simile in Italin, e vedrà che ira di Dio si scatenerà contro di lni, contro il Parlamento, contro la Monarchia! La riforma sarelJbe giusta in sè stessa; ma da un fato l'altezza dell'aliquota che si dovreblJe mantenere ver necessiti\, e <lall'alti-o la supina, la bestiale ignoranza della massa dei eoutribnen ti, rendurebbc il nuovo sistema assolutamente iutolleralJile (1). Non doblJiamo assolutarnentc illuderci: la, trnsformazionc tribut.~ria in tale seuso ha bisogno di parecchie con,lizio11i indispcn • sabili: . 1° maggiore e,lucazioue nei coutl'ibuenti, che permetta loro di apprezz,tre i danui delle fmposte indirette sui cousumi e i vantaggi delle impostA dirette; ·2° maggiore fitlucia negli amministratori da parte degli amministrati, e maggiore rettitudine e imparzialit,ì. negli stessi amministratori affiuchè non ripartiscano iniquamente l'imposta. Gli esempi dei municipi amedcani - classico quello cli Chicago, illustrato da Steacl nel suo celebre: lf Clwist cmneeto Chicago - su questo riguardo sono spaventevoli; 3° in rnancauza tlella fiducia degli a,m1ninislrati e della rettitutline degli amministratori occorrereblJe un (I) Nel, 1881 nel Comune cli Castl'Ogiovanni,per esigenze del bilancio si voleva mettere il da,.io sulle farine e su 1 pane, ~he ,..,ai si era messo. In Consiglio comunale mi opposi e riuscii a farlo sostituire colla tassci di famiglia. Non si può immaginare quante proteste vennero e quanto malumore si scatenò sull'amminist,·azione. Molte ingiustizie si commisero nefla ripartizione delle imposte; ma la maggiore opposizione veniva dall'imposta in sè. Molti bravi artigiani che col da1.io sulla fa1·ina per sè e per la tamiglia avrebbero pagato almeno lire 20 all'anno senza lamenti, si dichiararono oppressi, tiranneggiati, spogliati pagandone 5 in forma diretta.

RlVISTA POPOLARE DI POLlTICA LETTERE E SCIENZE SOCIALl sistema di reciproco controllo tra i contrilrnenti, come esiste in Isvizzera e in qualche piccola città, del Belgio. M:a per esercitarsi questo controllo, sarebbero necessarie le qualità che mancano agli italiani in generale: il coraggio ci vìlB, l'intelligenza, l'interessamento alla cosa pubblica, la perseveranza. .. * * La riforma tributaria dal punto di vista degli interessi del bilancio dello Stato non incontra minori difficoltà cli quelle che presenta rispetto ai municipi. Di accorcio coll'ou. Giolitti, che bisogna esentare clall'imposti1 fonclirnria e clall,1,ricchezza mobile le quote minime. Aggiungo che è assolutamente necessario, se si vuole eliminare la causa più generale del profondo malcontento, alzare sino a 1000 lire il reddito imponibile, anche lasciandolo sottoposto all'altissima aliquota attuale d'imposta. Le sofferenze cli coloro che stent~o a gua dagnare tanto da sfamare i loro figli, e devono pagare le venti o le trenkL lire per imposta di ricche;;:::amobile, sono incredibili E lo sanno gli uscieri del Regno cl'Itt1lia che si vedono fatti seguo quotidianamente ad insulti e ad imprecazioni cli ogni sorta, quando si presentano a pignorare le poche masserizie della casa, o ad espropriare la meschina catapecchia e il limitatissimo campicello ! L''income tax in Inghilterra di orclina,1:io si riduce a.! ;J o al 4 ¼ sul reddito; ma il minimo relldito imponibile è di 150 steri ine ; e l'imposta si paga sul reddito che supera le L. 375:J ! Sarebbe follia sperare, che si arri vi a questo in Italia ; si lasci ptue l'aliquota al 14 % ; ma si faccia pagare l'im posta ai redditi che arrivano almeno a L.1OOO. suscettibilità. lo chiameremo: finanza, allegra. Per la quale non occorrerebbe a,ll'ltalia nè il coraggio cli Peel, nè il genio di Gladstone: basterebbe che rivivesse Magliani. Nessuno vuole arrecare all'on. Giolitti o all'on. Sonnino l'ingiuria di sospettar) i p:l.rtigiani della Jìncwza allegra. Entrambi, in diverso modo, hf.nno provveduto affinchè non si trod chi gratuitamentt'l voglia offenderli. Alla falla che verrebbe arrecata nella nave dello Stato è vano assolutamente sperare riparo da un maggiore gettito delle imposte quali sono attualmente. Nò mi dilungo ora a dimostrare la grande ignoranza di coloro che, confondendo le condizioni dell'Italia odierna con quelle dell'Inghilterra cli mezzo secolo fa, attenderebbero da un italico Peel, o da un italico Gladstone, una maggiore ent.rflta da una diminuzione delle imposte. Il risultato paradossale,. IDlL vero, fu ottenuto al di là della Manica per circostanze che non sono le nostre. Tra noi le imposte, come dimostrò il Couigliani due anni or sono. e come ,·enne qui stesso ricordato, sono al limite estremo della capacifa\ contribut.iva. Di che si ebl,e una chiara, esauriente prova nella constatazione fatta dalla buon'anima clel ministro senatore Perazzi, che constatò ufficialmente lo scomparso naturale aumento delle imposte che si ebbe pel passato; scomparsa testè lumeggiata dal senatore Cambray-Digny, che riprodusse nella Nuova Antologia la relazione notevolissima presentata al Senato sui bilanci consuntivi dello St.ato. Denominare ricche.::;:::a un reddito inferiore al piì1 stretto necessario è sanguinosa ironia. L'arrivodel generalissimoWalderse..e.. Epperò l'on. Giolitti, che uon vuole inscriversi sotto la bandiera del la finan::a ,.li egra, azzarda, ma abbastanza timidamente, l' ipotesi che il bilancio nostro, pel naturale increnumto del gettito delle imposte, possa sopportare lo sgravio da lui proposto,, purchè uon s' inscrivano in bilancio nuove spese. Ma egli, sapendo che nuove spese ineso · rabilmente ci saranno, risponde ritornando alle sue idee d'imposta progressi va, fermandosi con Ma dando alla riforma le proporzioni che vorrebbe lasciarle l' on. Giolitti, quale sarebbero le conseguenze per le finanze dello Stato 'I Non si esagem affermando che l'accennata abolizione delle quote minime, impol'terebbe una diminuizione di entrata di venticinque milioni all'incirca. E allora il bilancio insidiato cfa nu cattivo raccolto che costringerebbe all'abolizione del dazio di entrata sui cereali; minacciato brutalmente dai ministri della guerra e della marina, che vogliono milioni a, centinaia, anclrnbbe orgauicallleate e infallibilmente a gambe in aria. Si avverta, a questo punto, che si 111-0strò assai_ piì1 av\'eduto e piì1 pratico l'on. Luzzatti, che voleva l'esenzione dall'imposta, delle quote minime, ma per ottenerla intendeva costituire quel fondo di sgravio, che prima del delitto di Monza venne deriso come una utopia ridicola, o che ora, quasi con un colpo di bacchetta magica, si considera con disprezzo come una proposta troppo timida Arrivati a questo punto si sente il bisogno di accennare al conflitto tra il sistema finanziario, che ha trovato nn apostolo nell'on. Zeppa cd un organo nella '.1.'rib1rna, e quello che. in qttesto momento, è rappresentato chll'cmorevole ministro del tesoro. L' Econu1nista cl'llalia (l3 suttem bre), in un articolo che suscitò molto interesse perchè, oltre il valore intrinseco del le cose buone dette, ad esse se ne · dette uno maggiore attribuendole allo stesso on. Rubini - il cerbero del Palazzo di via XX Settembre - chiamò il primo sistem.a: fincm:ci z,atl'ial'cnle. La parola patricircalc venne discredita dal piri grande incosciente d'Italia, Luigi Ìlliceli, che applicolla al regime famoso della Banca Romana; il complesso delle pericolosissime buone intenzioni dell'on. Zeppa perciò, per non off0nclerne le giuste (Higc,ro di Parigi) particolarità e arditamente :·sul principio della progressione della tassa cli successione· applicati) in Inghilterra sin dal 1881, che giudica - e tale è realmente -· non ingiusto aggravio in un paese o~re i consumi popolari pagano il 40 per cento. A convrncere )e classi dirigenti che esse devono procerlore allo sgrano delle imposte per i meno abbienti, egli a,eva ricordat~ che i torbidi sanguinosi del 1893 e 1898 furono causati da,! disagio economico, e che tutte le sommosse po1~Obri ebbero <li mira gli esattori delle imposte .. Per mdnrl'e i ricchi a SOJlportare nuovi aggravi li avverte « che non può trovare credito e prestigio all'estero un " paese il quale ogni due o tre anni deve mettere l'e- « sercito sul piede di guerra per uianteuere l'ordine al- « l'interno. E conclude: • E' necessario persuadere °le classi dirigenti che a senza qualche sacrifizio esse non possono sperare du- « revole quella pace sociale senza cui non vi ò sicu- « rezza nè per le persone nè per gli averi. << Continuando ol'a nella resistenza cieca, sorgerà in « tempo non lontano, la indeclinabile necessità di sa- " crifizi molto più gravi ; .illora si cederà all'impeto « popolare, alla paura, ma i sacrifizi non servi.ranno « più ad altro che a dimostl'are la snperiorità delle <1 forze popolari, la debolezza delle classi ricche, e ne <I Yerrà a queste tale discredito da compromettere le « nostre istituzioni e il nostro ordinamento soci,Lle '11, E chi può negare la giustezza di queste considerazioni ammonitrici "l La loro efficienza, però, è condizionata: 10 ad un contenuto morale e intellettuale che lo noske classi dirigenti non hanno, o che non possono acquistare da un giorno all'altro. Le visioni di Damasco

RIVISTA POPOLARI!,,' DI POLITJCA LETTER/i E SCtJ<:NzJ,:SOCIALI vanno relegate tra i miracoli, se non tra le favole: potè convertirsi improvvisamente un individuo che si chiamò Saulo, ma non si può convertire in tempi normali, senza la pressione de'grandi, immediati avvenimenti, una collet.tività. 20 Alla possibilità che la massa delle classi dirigenti possa sopportare ulteriori aggravi d'imposta senza sottoporsi a sacrifizi: gravissimi Ora questa è una illusione vera. I poveri stanno malissimo; ma in quanto ad imposte - salvo poclie scandalose e fraudolenti eccezioni - il fisco non ischerza coi maggiori possidenti. Dei quali si possono avere notizie anchti consultando i libri dei crediti fondiari e i registri delle ipoteche, che ammontano a molti miliardi. Epperò· si può essere sicuri che: o la riforma tributaria non passerà in Parlamento quale la vagheggia l'on. Giolitti; o provocherà ben più gravi tumulti nel paese se sarà tradotta in legge dello Stato. 1 JJhsci dei proprietari riuscirebbero ben più seri e pericolosi per le istituzioni che non siano stati i Fasci dei proletari ! Dunque: non c'è niente da fare? Deve semprll avere ragione Budda ... Fortunato 1 Ci sarebbe molto da fare, e da fare utilmente; ma pare che nemmeno l'ou. Giolitti, ch'è uno dei politici più coraggiosi e più spregiudicati, voglia toccare certi ta- . sti, i cui suoni possono riuscire sgraditissimi in certei,fere. No, on. Giolitti! Non basta, evitare le nuove spese per procedere allo sgravio delle imposte vagheggiato, se non si vuol cadere nella pania dellaflnan:ci allegrn; ma è necessario lUDURRE LE SPESE A'r°TUAU. Senza questa riduzione la promessa o l'aspir- zione ad una riforma tributaria, che, comunque intesa e praticata, deve rin· scire acl alle,iamento d'imposte ecl a minori entrate pel pubblico erario, o è una illusione infantile o è una menzogna colpevole. · Ma su quali capitoli del bilancio si potrebbe fare cadere la riduzione delle spese 1 Certamente i cosidetti servizi ci vili hanno bisogno urgente, se li vogliamo davvero civili, di essere impinguati ecl ,1,nchemeglio ordinati. Non ce ne sono che due soli suscettibili cli minorazione: il debito pubblico e i bilanci militari, che sono mastodontici relativamente agli altri. r-Ma questa riduzioneinon è possibile sema la rinunzia alla' politica inframmettente e disonesta cli grande potenza. Lo sanno~gli on. Sonnino e Giolitti, e tacciono scrupolosamente su questi due argomenti, che dovrebbero essere attualmente i più discussi, e che dovre,bbero servire meglio tli ogni altro a distinguere le parti }lolitiche. Però il silenzio nei due uomini ha un valore diverso. Può non sentire il dovere cli parlare l'on. Sonnino, le ctù idee in fatto di politica coloniale e di politica estera sono note, e sono da megalomane. Riesce penoso, in questo quarto d'ora, il silenzio llell'on. Giolitti, che altra volta ha combattuto energicamente l'impresa cinese - l'ultimo atto cli follia della politica estera italiana. Il silenzio attuale può sospettarsi suggerito dall'opportunismo e dal desiderio di non rendersi in dso nelle alte sfere. Avverto, infine, che Sonnino, che saprebbe ritrovare a momento opportuno il coraggio cli ridurre gl'interessi del debito pubblico, è piìt logico non promettendo alcuna riforma tributaria, perchò egli sa cli non potere mantenere la promessa, non volellllo ridurre le spese militari nè rinunziare alla politica, megaloruane. Epperò da parte mi,1,non esito a dichiarare che mi piace di più la sincerità di Sonnino, pur ritenendo che la sua durezza fiscale riuscirebbe disastrosa all'economi,L nazionale. Oggi, come un anno fa, insisto infine, nel ritenere che una diminuzione d'imposte per centocinquanta milioni, resa possibile falcidiando largamente gl 'interessi del debito pubblico e le spese militari, renderebbe possibile per la nazione una siffatta rigogliosa espansione economica, che, dopo pochi anni di raccoglimento vero, non riuscirebbero neppure pericolose le follie coloniali e gli sperperi militari. Questo il mio avviso, che non ho speranza alcuna di veder prevalere. Anzi, dichiaro che sarei soddisfatto se i nostri ministri delle finanze, seuza procedere acl una vera riforma tributaria, si limitassero a raccomandare agli agenti ed ai ricevitori clel registro di mostrarsi meno crudeli nella interpretazione delle attm1,li leggi d'imposta. Dott. NAPOLEO:<CiEoLAJANNI Deputato al Parlamento. LAFILOSOFIA POLITICA ESOCIALE D'UN RIFORMATORE CINESE La Cina - sebbene chiusa gelosamente nel suo isolamento secolare e rimasta al di fuori della corrente de!Ja civiltà mondiale, sebbene diffidente ed ostile verso l'Europa - fra tutti i paesi dell'Oriente é quello che si avvicina di più alle idee e ai principi dell'Occidente europeo. I suoi filosofi, i suoi moralisti, i suoi riformatori professarono sempre delle idee, che hanno molta simiglianza colle idee e le dottrine morali, politiche e sociali dei filosofi, dei moralisti e dei riformatori occidentali. Meng-tseu o Mencio, fra tutti i moralisti cinesi, é colui che per la sua filosofia politica e sociale si avvicina di più ai pubblicisti riformatori dell'Occidente, ed é per ciò che io credo valga la pena cli esaminare brevemente i principi etici e le teorie politicosociali di questo filosofo cinese vissuto nell'estremo Oriente circa tre secoli av. G. C., e quasi contemporaneo dei grandi filosofi greci : Socrate, Platone ed Aristotele. Ai' tempi di Meng-tseu, che d'ora innanzi chiameremo alla latina col nome di Mencio ,111encius), due scuole o per meglio dire due sette diametralmente opposte, si disputavano l' indirizzo intellettuale e morale della filosofia cinese, e tenevano il campo del sapere ugualmente lontane da quel giusto mezzo che Confucio, il più grande filosofo della Cina ed uno dei più bei geni dell'umanita, aveva considerato come la base fondamentale della sua morale razionale ed utilitaria : la setta cl' Yang e la setta di ]Ife. La prima professava una specie di epicureismo volgare e grossolano ; considerava l'uomo come un essere animato esclusivamente dall'amor di sé stesso e predicava l'egoismo più assoluto come il principio fondamentale della sua morale. Nel campo della politica applicando i suoi principi ultra-individualistici ed egoistici la setta predicava l'anarchia o per dirla con parola recente: l'egoarchia più anti-morale ed anti-sociale. La setta di Ì\Je contraddiceva in tutto alla prima. Professava l'altruismo più assoluto, un amore senza limiti per tutli gli esseri umani al di sopra d'ogni parentela e misconosceva i sentimenti più naturali. Nelle sue tendenze umanitarie e cosmopolitiche negava la personalità umana, la famiglia, la patria. Ylencio · cosi definisce il principio anti-morale della setta Yang e 'il principio ultra-morale della setta Me : « Yang-tseu pone l'interesse personale e l'amor di sé stesso come l'oggetto dei suoi studi. Se dovesse strappare un sol capello dalla sua testa per procurare qualche vantaggio puhblico all'impero non lo farebbe. Me-tseu ama tutti; se abbassando la testa sino ai suoi talloni, potesse procurare qualche vantaggio all'impero, lo farebbe. » Mencio reagisce energicamente contro l'ultra-egoismo d' Yang e ! 'ultra-altruismo di Me, ritornando ai grandi principi: etici del confuceismo, che raccomanda il rispeUo di sè medesimo e l'amor dei prossimo, che fa della pietà figliale la base di tutti i doveri e riattacca il destino ,dell'uomo a.Ila natura dell'universo. Ma é della filosofia politica e sociale di :.\1encio che dobbiamo occuparci, ·perchè, sebbene il grande filosofo cinese abbia difeso eloquentemente la dottrina morale del suo Maestro Confucio contro le negazioni radicali dei sofisti delle due sette ch'egli chiama barbari, sebbene ne abbia sviluppato i principi con molta profondità, pure é nel campo della filosofia politica che si manifesta tutta l'originalità e tutta l'arditezza del suo pensiero.

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI La morale in Cina è assolutamente razionalo ed utilitaria. In essa non fa neppure capolino alcun principio mistico, supernaturale, teologico. La politica è anch'essa razionale ed umana o non vi si riscontra nessuna traccia di potere sacerdotale, nessun elemento teologico e religioso. on esistono caste, non osisto schiavitù nella costituzione politica e sociale della Cina. f,: l'antitesi dell'India. VarT aneddoti ci dimostrano il coraggio del filosofo parlando un linguaggio franco e fiero ai principi. li re di Thsi interroga :.VIencioe ali dice; « Ho udito che Tching-Tchang (Jondatore della II dinastia) balzò dal trono Kie (ultimo della I dinastia) e lo mandò in esilio; e che "·u-\\-uang (Jondçrlore della III dinastia) mise a morte il re Ceu-sin. E vero?» « La storia lo dice » rispose con rispetto il filosofo. E il re di rimando: « È dunque permesso ai sudditi deporre e condannare i loro sovrani? » E Mencio : « Chi commette un furto chiamasi ladro ; chi fa furto alla giustizia chiamasi tiranno. Il ladro e il tiranno sono uomini che si chiamano isolati, riprovati (abbandonati dai loro ge.nitori e dal popolo). Io ho sempre inteso dire che vVu-\\·11ang abbia messo a morte un uomo isolato, riprovato, chiamato Ceusin, ma io non ho inteso dire che abbia ucciso il suo principe. » Al re di Liang, Mencio fieramente dice : « li popolo muore di fame per le vie, o tu non apri i pubblici granai. Quando vedi gli uomini morir di fame, tu dici, non è colpa mia : è la sterilità della terra. Non sei Lu come colui che avendo trafitto un uomo colla 1pada, dicesse : non son io, è la mia spada ?... Uccisere l'uomo colla spada o col mal governo, che diffedenza tu ci trovi? Le tue cucine ridondano di vivande, r le tue stalle son piene di cavalli ben pasciuti; ma e popolo ha sullo scarno volto il pallor della fame, il i campi son cosparsi di cadaveri. Dover tuo saoebbe reggere lo Stato, come se tu fossi il padre e ra madre del tuo popolo. i. Le toorie politiche di Mencio si incardinano sul concotto;democratico ch'egli ha dei popoli. Per il filosofo cinese di fatti il popolo è ciò che di più nobile havvi nel mondo; il principe ha minore impor• tanza. Questi non può regnare senza il consenso del popolo, non può nominare il suo successore al Lrono senza che il popolo lo accetti per tale. « Meng-tseu, osserva il Janet, è un difensore del popolo: denunzia ai principi la tirannide dei loro ministri; innalza anche dei lagni contro la tirannide doi principi, e fa un quadro crudo e sanguinoso della miseria dolle popolazioni. Accu5a i principi di pren• rlore il popolo nelJe reti, esponendolo al delitto per la fame e punendolo in seguito colla morte per delitti ai quali l'hanno incoraggiato » (1). Alle miserie delle popolazioni Mencio cerca il rimedio in duo riforme sociali, una d'indole economica, finan:~iaria l'altra: la costituzione della proprietiL su basi più lare;he e più razionali e la riforma delle imposte. Anticipando di ventitrè secoli all'incirca il linguaggio dei no-tri riformatori sociali d'Occidente, Mencìo afferma che la proprietà é mal costituita e tale quale essa é costituita non dà all'uomo quanto è necessario per nutrire i suoi aenitori, la moglie e i suoi figli; lo salva appena dalfa miseria negli anni d'abbondanti ricolte e lo condanna alla fame negli anni di carestia. La proprietà ben costituita ha una grande importanza sociale: essa dà la tranquillità di spirito necessaria allo sviluppo integrale di tutte le facolta dell'uomo e l'amor dell'ordine; la mancanza cli proprietà fa viver l'uomo inquieto e lo dispone al (I) hNET : Histoi1•e de la Science Politique da11s ses rap• ports avec la morale, voi. I, pag. 47. disorcline. Or lo strappare al popolo le sue sostanze con imposte esagerate costituisce per il pubblicista cinese la maggiore dello iniquità, il massimo peri• colo per la costituzione stessa dello Stato. Ho detto che nella costituzione politica e socialo della Cina mancano le caste e la schiavitù. << La Cina, osserva acutamente Ernesto Renan, sin dalla più alta antichità, ci presenta il modello d'una costituzione sapiente e razionale, non riconoscendo altri privilegi che quolli dell'i~truzione e del merito apprezzati per mezzo di concorso; se il problema dell'organizzazione della società potesse essere risolto colla sola ragione, la Cina lo avrebbe risolto da tre mila anni. L'Jndia non ha mai saputo elevarsi al di sopra della istituzione politica la più elementare; la casta, sotto la forma più brutale e più assoluta, vi è rima5ta sino ai giorni nostri la base della società; o ciò si spiega: la vita presente è per il Cinese lo scopo unico dell'attività umana; per l'Indiano essa non è che un episodio nella serie delle esistenze, un passaggio fra due eternità. Da un lato è la razza del finito, borghese, ragionevole, angusta come il buon senso; dall'altra, la razza dell'infinito, sognatrice, pèrrluta, smarrita per la sua immaginazione. I caratteri fisici stessi presentano un contrasto non meno sensibile: l'occhio obliquo e brillante, il naso schiacciato, il corpo tozzo, l'aria volgare del Cinese indicano l'uomo scaltro, aI corrente delle cose di questo mondo; le nobili forme dell'Indiano, la sua statura elevata, la sua fronte larp;a e calma, il suo occhio tranquillo e profondo svelano una razza nata per la meditazione, e destinata a dare la misura della potenza speculativa dell'umanità» (1\. Mencio parla di due sole classi di uomini, l'una tanto necessaria quanto l'altra. « Gli uni, scrive egli, lavorano colla loro intelligenza, gli altri con le braccia. « Quelli che lavorano coUa loro intelligenza governano gli uomini; quelli che lavorano con le loro braccia son governati dagli uomini. Quelli che son governati dagli uomini nutrono gli uomini; quelli che governano gli uomini son nutriti dagli uomini. Questa é la legge universale del mondo ». Frugate in tutti i trattati di morale e ~ politica dei più nobili intelletti dei pensatori più arditi della Grecia e di Roma, voi non troverete un linguaggio cosi nobile, così elevato. Il filosofo cinese non ha una parola di sprezzo superbo per quella classe innumerevole di uomini che lavora e che Aristotele, la mente più universale dell'intelletto ellenico, condannava ad una eterna schiavitù invocando le leggi fatali della natura. -el concetto della mente di Mencio una profonda indissolubile solidarietà lega, anzi salda, in un tutto organico ed omogeneo coloro che pensano e coloro che lavorano. ÌVIencio è giustamente tenuto in grande estimazione dai Cinesi, che l'hanno proclamato il più grande fra i discepoli di Confucio e santo di secondo ordine. I suoi trattati sono imparati a memoria da tutti coloro che aspirano ad impieghi. Cattaneo in un suo studio sulla China Antica e J{oclerna lo alloga fra i sacerdoti della ragione e dell'umanità t2). L'Occidente dovrebbe riconoscere in lui uno dei tanti maestri venerati del pensiero umano, ed inchinarsi davanti a lui con venerazione. L'RA:-.cEsco MoRMINA PENNA. (1) HENAN: Nouveltes Ùucles d'ltistofre religieusc, pag. 105 e seguenti. (2) C.1·1·r.u,~:o: Ope,·e edite edJ i11eclite: voi. lii, pag.~H7,

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI TENTAPTEIVRLIACOSTITUZIONE di una scienza finanziaria pura (1) Il primo elaborato tentativo per costituire una scien:::a jfaian:::iaria purn, lo si fa risalire al 1887 colla comparsa della Grnndlegung cwr 'l'heoretisclten Stciaswirthscl1aft, tli E. Sax. Ma il processo metodologico cli studiare un solo aspetto dei fenomeni per arrivare gradat,amente alla conoscenza clel ·mondo reale, per cui si differenziava il fat. tore finanziario da tutte le cause complesse determinanti il fatto concreto, si era indipendentemente andato daborando in Italia per opera del prof. De Viti De Marco. Chi seri ve ha l'onore di essere stato uno di quegli Rcolari, ricordati eon simpatia dal De Viti, che constatavano l'utilità del nuovo trattamento della scienza finanziaria, dtuante il corsn tenuto nel 1886-87 nell'Universitù di Pavia. Sicchè si può tlire iudipeutlente e contemporaneo a quello austriaco. il tentativo del finanzidre italinno nel costituire una jinimiza zmra, la cui origi11e indifferentemente si può far risalire, al 1887 o al 1888, nel qual ultimo auno vide la lucd il lavoro del De Viti : Il c,irattere teorico dell'economia finaw::iaria. Sebbene comnui siano gli intendimenti teoretici dei due fondatori della « finanza pura », pure, per confessione stessa del De Viti, essi procedono per vie sostanzialmente e formalmente diverse. Si l)Otrebbe caratterizzare l' indirizzo del De Viti dicendo che egli ha dato vita acl una teoria jinnnziaria clellci produ;:.ione, mentre nel Sax si trova piuttosto fonc1ata una teorici rlei 1nibblici biso911i. L'indirizzo del De Viti ebbe pochi seguaci in Italia Invece i nuovi puristi della finanza o accettarono senza , altro le teorie del Sax, o lavorarono nella direzione saxiana (Ricca Salerno), elaborando (Graziani)e modificando (Mazzola) la primitiva formulazione della clottrin11, dei pubblici bisogni. Sotto la critica poi di coloro che, spaventati di vedere anche nella finanza trasportate le sottili disquisizioni della teoria ùel va loro, si diedero a malmenare specialmente i seguaci della scuola sn,xiana, quest'ultimi cominciarono ad avvicinarsi sempre piì1 all'indirizzo del De Viti. S' iucominciò a trattare l'attività finanziaria come una vera e propria attività di produzione, applicando al calcolo edonistico del soggetto finanziario tutte le sottigliezze clellfl, teoria elci valore, quale era stata elaborata iu questi ultimi tempi dalla così detta economia pura. (Tangorm). Il tentat.ivo cli fondere e di confondere i due indirizzi lo si deve veramente cercare nell'apparire, sull'orizzonte, di quel corpo cli dottrine che vanno comuuemente sotto il .nome cli materialismo storico. ll mppresentaute - sebbene non genuino ed esagerato - di questa dottrina nella, scienza delle finanze fn da noi in Italia il professore Loria, e le primri critiche alla finanza pura si devono alla penna dell'economista rnnntovano. ( Nuova .Antologici, 1890). ~Ia egli non s'avvide che la scuolrt nustiaca o l' indirizzo sa,xiano da lui c1·i'ticato, non ra,ppresenta che uno dei tentati ,,i nella costru1,ione tli nna pura scienza finanziaria. Tuttavia il principio della lotta di classe, caposaldo delle dottrine economiche e sociologiche tlol materialismo, penetra a poco .a poco nella finanza pura. ed è assunto come concetto fondamenta 1e uell,i, determinazione del soggetto dell'attività finauziaria: lo Stato. J n qne• sta indagine, la quale deve deliueaFe le condizioni dentro le quali si svolge il calcolo ecloni8tico finan1,iario, i nuovi puristi si vanno avvicinando all' illllirizzo <lolla teoria della produzione, senza però avere il coraggio di assumerlo definitivaruente. Cosicchè i sistemi odierni cli scienza pura finanziaria brancicano t,ra due opposti principi, uell' indeterminfl,t0 e nel confuso, senza riuscire con sintesi vigoros'\ a convergere i due inrlirizzi in un'unica direzione ed a trasportfl,re definit,[\·ament,e nella fi1rnnza i postulfl,ti dell'economia purn. La maucanzfl, di sintesi sta 11ella mancata analisi rlei due indirizzi teorici proposti Le due teorici io della pr~~ (I) Estratto da un lavoro di prossima pubblicazione del Prof G. J\!lontemartini ; « La Municipalizzazione dei pubblici servigi. D zione e dei pubblici bisogni sono visioui unilaterali llol feuo_meno complesso. Prese isol~tamente, esse non possono spiegare cl.te una parte,omeghounelementodel fatto economi:io cl.tesi vuol studiare. Queste parzi,tli intniziuni del voro sono frequenti nella storia dell'economia politica e sono note all'economista. Si potrebbe dire che la teoria 'finanzi_aria cl ella produzione sia, un tentati ,·o cli creare una dottnna dell'~/Tertli, mentre lfl, teoria dei pubblici bisogni sia nu tentativo <li costituire una dottrina fiuauziaria clelht clfoicincln. ì\Ia, anche in economia politica le costrnzion i isolate della dottrina della domanda e del~ l'offerta, diedero lnogo ad equivoci, a lacune ad errori L'economia pura odierna ha costruito il suo' edificio s1; una :5iritesi delle_ due dottrine, riconducendo i principì speciali del movimento clell'offertlt e della climamla acl u~ J?rinc~pio unico, più lato _e generale. Uu tal genere eh smt_es1_è an?ora a tentarsi per la firrnnr.a pura. Commcrnmo mtanto da uua bre,·e analisi criticit llei duo indirizzi. Questo è il procedimento fouda,mentale per aprirci la via ad nna costrnzioue sintetica. E' inutile premettere che riteniamo già superate le cosiLlotte (lottriue finanziarie del consumo, dello scambio e dtill'assicurazioue, qua.li si vedono svolte dai finanzieri prima ciel 1878, dopo l'esauriente esn,me critico fatto cli ess? p~r [?arte del Sax. ( G_runcllc.c;1ing, cap. 2, §§ 7-14). Com1!rnianclo dalla_ dottnnci c~ella pi·odndone, clobbiam_oa.u~1tutto avvertire che qui non abbiamo iu vista d1 cnt1carc la dottrina, quale la troviamo svolta in Wagner. Ci riferiamo soltanto alla dottrina del De Viti perchè b sua formulazione ha gl' int,endimenti scientific; ricordati, c1te· al certo non si riscontrano nel lVaqncr. Lo Stato ad1;1nqnesarebbe nna economia produttrictl. (Il carattere teonco etc. p. 62); l'attivit,ì ti11anziaria sarebbe un'attività e m ine~1temente p_rodutti_va, la 9-uale ha per fine non soltanto cli prelevare I tn but1 ma cli trasformare i tributi i1~serviz_i1m~blici (p Gl).LoStato può con-iopirsi: ci) come 1organ1ziaz10ne eh una classe sociale che eser cit_a il P?tere a suo· esclusivo beneficio; qui abbiamo una pnvata impresa; b) o come l'organizzaiione cli classi superiori che mirano a. promuovere il benessere generale c~el po1?olo _cou a~1tontà assolu~, 1~1a. 1mterna; c) come l orgaiuzzazwne eh t,utte le classi socrnlt, che direttamente o per mezzo di poteri da loro stesse costituiti curano i loro prop1·i interessi; qui abbiamo uu' impresa sociale cooperativa (p. 68). Lo Stato è uua grande industria in cui l'ente produt- ~ore Stat? _trasfo1:~a una parte della ricchezza privata !n pub1:>1Jc1servJZ1.. I caratteri obbiettivi di quest:i rnclustria sono: a) s1 esercib.t sempre in condizioni cli monopolio; b) le merci prodotte sono cli coHsumo o-ene r~Ie e_ne~es~~rio (pag. 91). Carattere subbiettivo ,~ariab1le s1 è 11 tipo secondo cui, in date condizioni storiche l'impresa gove~-n~tiva si organizza (p. 92). Higuard~ al calcolo edomst1co, possiamo distin.-ruere il caso llello Stato feudale monopolizzato e dello •stato cooperativo moderno ci) Dato 11 carattere cli economia individuale dello stato, i_l costo è . misurato da quella parto delle er':t1:ate pubbliche che nene trasformata in servizi pubbhc1; e (a payte che avm1za cost,ituisco il profitto cli monop~l10 dei go,·emanti. Qtiesto soprnreddito forma per .ess1 1~prodotto nclto cd il complesso dei trilrnti ne forma 1111rodotto lordo. b) Invece in uuo Stato a tipo sociale cooperntivo è il calcolo dei consnmatori che domina, spese ccl eutrnte diventano termini corre· lat-ivi che 11eoessariame11te tendono a coincidere e quindi il calcolo fiuauziario si com pie parago11a~clo spe~e ~cl eu_trate, prese _come unico primo termine, con l ut1l~ta sociale d01 servizi proc1otti, prese come secondo t~rmme . del c_onfron to _(!?· J_ 19-1~0) 11 costo e la produuo1~e cle1 serv1z1 pubblici s1 rnistuano riferendosi all:1 soc~e~àche sopp~H·t,iil J?rimo e fruisce dei secou di (p.12'2) ~01 1_1011 _,:ui;lmmo npctere le critiche del Mci::::ola ( I dati _sc1e11t1f:tcc_l1~ll,i._fi1~anz:1pubblica. p.119-122), e del G1 a~ui111_ ( Istttuz1on1. c~1sc1e11zadelle tiuanr.e, p. 74-5) al!a t_eol'la d_cl Dc Yiti. Perchè molte premesse di quest _u)t!1.r1,s0cnt~o.re sono accettate completamente da' suoi cnt1c1. L anal1s1 del soggetto (i nanziario non era, ancora abbastanza approfondita, por poter astrarre dalle ingo111brnnti considerazioni giuridiche e filosofiche nella costruzio~c dell'impres:1-Stato. Sicchè iu genere lo Stato ò. ~ouceptto come una torza cooperativa, anzi la forma p11_e1_volu~a_del_lac,o_operar.ioue, operante quando le forze ~lei smgol1 m<11v1_clusio110 impote1;1ti a raggiungere nuo scopo. o a raggiungerlo econormcamente senza 1'associazione politica. (ivùi:::::ola).

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