208 RIVISTA POPOLARE 'DI POLI11CA LETIBRE E SCIENZE SOCIALI Bianchi. in un Supplementoalla letteradall'Adriatico (1793) dice all'autore della 'Difesa, gongolante di gioja : « Io mi conforto che la mia opericciuola abbia avuto l'onore e la sorte di somministrarvi l'opportunità di dichiarare solennemente, ed in faccia a tutta l'Jtalia, che la sovranita è irrevocabile, che il principe dal porolo e dalla nazione in niun caso può esser deposto ; che è piu chiaro che la luce che la sentenza opposta non si può combinare con la felicità pubblica e produce, nella società, l'interna perturbazione, il continuo stato di guerra e di violenza, le occisioni, le ruberie ed un'altra infinità di mali ... Io sono tanto soddisfatto della bella e solenne vostra dichiarazione - la quale sarà saluberrima al genere umano - che sono prnntissimo a soffrir volentieri di essere considerato come vinto in tutti gli altri punti in questione ». Sfido io! Dopo questa difesa viene l'opera di uno che si chiama Abate ldropolita intitolata Il sistema del patto socialeso slenuto dal eh. Ab. Speda/ieri confutato co' rnoi principi ( 1793). Secondo l'ldropolita, l'Opera di Spedalieri « è un volume due volte piu grosso di quello che apparisce. li volervi pescare solo i tonni che v'abbondano non è un picciol pensiero. Ecco perchè aggiunge : « Rimane ad altri moltissimo da dire sull'opera spedalierana, che sarà un vivo capitale per gli stampatori ad mullos annos ». Da Pavia, l'Abate Pietro Tamburini, famoso giansenista, lanciò contro Spedalieri due anonimi volumi intitolati Lettere /eoloiico-politicbemila presente situazione delle cose ecclesiastiche (1794). •· L'opera De' Diritti del 'Uomo è, pel Tamburini, « opera sciagurata, sediziosissima, degna di tutti gli anatemi, piena di paralogismi e di errori, e rea inoltre di mille calunnie e bugie di uno spirito satirico e detrattore ». Ed è del Tamburini stesso questa protesta: « Ella è vergogna del secol nostro che tra noi si levi un cristiano scrittore e che, in mezzo alla capitale del cattolicesimo, abbia l'ardimento di ·ergere sopra sogni e chimere vestite d'un'aria metafisica un micidiale sistema che insidia alla sicurezza de' principi e colle massime piu licenziose raccolte qua e la dai pretesi riformati e dai li_bertini filosofi dell'eta nostra tenda ad inspirare ne' popoli i semi della discordia e della ribellione ai loro legittimi sovrani. Si sa che in Roma ha eccitato un tal libro orrore e sdegno e che alcuni autori hanno innalzata la voce contro siffatto scandalo. Ma gli amatori della pace, della tranquillità e del decoro della religione amerebbero vedere riparato un simile scandalo con una maggiore solennità, che potrebbe assicurare i sovrani ed i popoli». li Filosofo era già morto sin dal 179 5 - dicesi di veleno, come vedremo - ma la sua venerata memoria è dilaniata dalle lance spezzate del vecchio e spirante regime. .Nello stes5o anno 1799 si pubblicano due altri volumi contro Spedalieri e le odiate sue dottrine : uno in Roma, l'altro in Torino. L'uno, d'un abate Reginaldo Angeli, è intitolato Il contratto sociale riguardo all'origine della sovranità assurdo,falso, irreligioso; l'altro, di un P. Guglielmo Della Valle, minor conventuale, intitolato Esame ragionato dei " 'Diritti del 'Uomo ,, ossia conf11tazionedello Speda/ieri. L'uno dedica la sua elucubrazione Agli amici della buona causa, l'altro - nientemeno - A tutte le Nazioni. L'uno, il Reginaldo, conchiude così la diatriba contro la dottrina di Spedalieri: « E una solenne impostura che gli uomini siansi raccolti in società di loro solo consenso, che l'autorità derivi dalla cessione o tacita e presunta o manifesta dd loro diritti, che la sovranità propriamente risiede nel Popolo stesso; ed è poi ingiusta, temeraria, falsa e pestifera la conseguenza che si deduce da questi principi : voglio dire che lo stesso popolo possa a ragione richiamarla e spogliarne la persona rive&tita se manchi alle condizioni ed ai patti, da cui si fece dipendere la stabi. lità della pretesa cessione ». L'al,ro, il Della Valle, fratescamente, incalza, s,mpre rivolto a tutte le na1jo11i : " Spedalieri tentò formare di voi attrettanti ribelli e parricidi ; Rousseau con il chimerico coutratto sociale, volle degradarvi sino all'tssere di animali irragionevoli. A Spedalieri che, per ingannarvi più facilmente, abusò dtlle divine scritture e dell'autorità di San Tommaso D'Aquino, rispondo colle sue sttsse armi teologiche. A Rousseau. lasciata in disparte ogni autorità divina ed umana, farò che rispondano i bruti stessi e l'insultata natura umana ». III. li secolo XIX produce subito un arrabbiato critico di Spedalieri nella persona di Vincenzo Palmieri, professore di teologia dogmatica e di storia ecclesiastica nell'Università di Pisa. Egli gli scagliò contro una delle otto dissertazioni contenute in otto volumi della sua Analisi ragionata de' sistemi e de' fondamenti dell'ateismo e dell'incredulità ( Genova, 18 r 2 ). Egli presenta Spedalieri così: « Spedalieri in quel suo centone d'errori, a cui pose per titolo : Diritti dell'Uomo, parlò della legge naturale con una confusione che fa spavento e dispetto. Siccome egli raccolse i paralogismi di tutti i filosofi che lo precedettero, così l'analizzare i ragionamenti di questo sarà un rispondere a tutti. » .E viene la volta dell'Abate Rosmini, gran magazzino di sapienza ma mente meschinissima e rimasta imbevuta di idee medievali. Egli, gentilmente, dà dell' « onesto » al filosofo uostro; ma, senza capir nulla dtlle di lui grandi ed innovatrici dottrine, fa la mirabile scoperta che Spedalieri spende i cinque ultimi libri dell'Opera sua per confutare il primo. Egli non comprende che, nel sistema di Spedalieri, la rdigione è utile e non necessaria e che il cristianesimo sarebbe non base, ma solo custode de' diritti dell'uomo al solo patto che fosse liberale, e che quindi la pretesa contraddizione non esiste. Anche il Gesuita Taparelli ammira l'animo del Filosofo; ma, seguendo la scuola oltremontana, non può a meno di dichiararne falsa e funesta la dottrina. « All'opposto - egli scrive - quanto apparisce non dico sol fu11esta ma falsa la dottrina ddlo Spedalieri quando ci propone il popolo ed il sovrano quasi due potenze nemiche accanite a rapirsi scambievolmente i beni e il potere! » C:esare Cantù, in tutte le sue opere, non sa che ricucmare contro Spedalieri le critiche acerbe, che abbiamo enumerate, ed aggiunge di suo che fu « savio provvedimento l'avere i principi proibita la divulgazione» dd gran libro rivendicatore. li Canonico Audisio - che, pare incredibile, passò per liberale! - si dà il lusso di confutare Spedalieri in !arino ... da ridere, nel sao trattato Juris naturne et uentium privati et publici fundamenta, a proposito della dottrina Spedalierìana sul contratto sociale, per esempio, scrive: « Quomodo Spedalieri individuus contraxerìt vel conbere potuerit cum Spedalieri confuso in massa communi, ipse solus edocebit: nos non intelligimus, nec sanae meJ?,tis intelligi quisquam. » Non lo capirà lu•, ma lo capisce tutta la scuola liberale moderna e sia pure che questa non goda il privilegio della sanità della mente! Un eminente critico francese, F. De Champagny, in uno splendido saggio pubblicato nell'oltremontano Corr~spondant del 1848, da una parte, rende giustizia al radrcahsmo del filosofo nostro scrivendo : « Noi abbiamo voluto sviluppare nel suo complesso il sistema di Spedalieri sulla sovranità perchè è curioso vedere sino a qual grado di audacia.rivoluzionaria possa giungere, sulla fine del secolo XVIII, sotto il regime reale, un bentficato della Basilica Vaticana! » Dall'altra parte, però, lo Champa"□Y cerca scalzare dalle fondam~nta il sistema di Spedalieri çhiedendosi;
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