RIVISTPAOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Direttore: Dr. NAPOLEONE COLAJANNI DBPUTATO AL PAkLAM8NTO Esce in Roma il I 5 e il 30 d'ogni mese ITAUA: anno lire 5; semestre lire 3 - ESTERO: imno lire 7; semestre lire 4. Un numero separato : Cent. 20. Anno lii. - N.16 A66onamentopolta/a Roma 28 Febbraio f.898 SOMMARIO: LA RIVISTA- Feste, Farina e Statuto. On. ·EDOARDOPANTANO- La fame in Sicilia. On. LUIGIDILIGENT-I La discussione bancaria. On. EDOARDOPANTANO- (Note sullo stesso argomento). On. PASQUALEVILLARI- Gli infortuni del lavoro. (Dalla Nuova Antologia). FRANCESCODE NORA- Paris. Varietà. '1{.ivislad. elle '1{.iviste. '1{.ecensioni. Gli abbonati, a cui è scaduto l'abbonamento alla fine dell'anno 1897 sono pregati nuovam~nte a mettersi In regola a scanso di ritardi nell'invio del periodico. Farina, Feste e Statuto La 'RJvista, a proposito di altre feste, s' intrattenne del famoso e pratico trinomio borbonico : feste, farina e forca. Per questo immemore e insensibile popolo d' Italia, la cui cute pare foderata di zingo e dal cui cervello pare sieno st.ite :•sportate le circonvoluzioni destinate alla memoria, il ricordo dd cento e uno contadini massacrati in Sicilia in due mesi è troppo lontano, e l'as,assinio Frezzi, l'assassinio Forno, l'assassinio Castellano sono delle bazzeccole, di cui non vale nemmeno la pena di occuparsi. Il trinomio borbonico, perciò, pel momento, lo riduciamo al binomio.... costituzionale: farina e feste. Ma, passando dalla fase borbonica alla costituzionale, non c' è solo riduzione di termini, c' è anche inversione, antinomia tra i due che rimangono. I Borboni, infatti, credevano che pt'r mante - nere tranquillo il popolo occorressero : fari11a,fesle e forca. Jmbecilli ! Essi non sapevano, che potevasi fare ancora una economia, sostituel1llo alla farina le sole feste, e nemmeno fesle nuove bastando soltanto anticipare le feste antiche e quelle di cui nessuno più si accorge. Nessuno può negarlo, perchè se n'è occupato per una buona settimana, or ora, il Parlamento: in Italia, si soffre la fame e si domanda farina. Si soffre la fame, non solo perchè il pane è caro, ma perchè se anche fosse al massimo buon mercato, mancherebbero i quattrini per comprarne tanto da sfamarsi. Come ha provveduto il governo ..... a siffatto impellente bisogno di farina? Magnificamente. Ha chiamato sotto le armi 60,000 uomini per fare intendere •1i riottosi, che se insisteranno troppo nel ,'.hiedere pane s:iranno trattati come si merit1no: con pillole di piombo. H,1 pensato, poi, che 11011 de pane vivit howo, ed ha presentato una legge apposita per anticipare la festa dello Statuto. Anticiparla soltanto, badiamo; in quanto a renderla solenne e divertente, è un altro paio di maniche. Di questo parleremo a feste finite, e avremmo voluto scrivere: a frittata fatta. Nessuno ha saputo dire le ragioni della legge non potuta votare il 14 Febbraio per mancanzadi numero legale. I più benevoli verso il governo hanno detto che si trattava di un capriccio innocuo dell'oo. Di Rudinì. La bizzarria ebbe soltanto un apo• logista nel senatore Carducci, che da tempo non trovava modo di manifestare la sua immensa ammirazione verso coloru che in altri tempi erano stati da lui scelleratamente calunniati. Egli stava per farne una malattia e perciò, nella relazione al Senato, si sdilinqui col magnanimo, col grande e col leale ecc. ecc. Dal suo gusto letterario si attende un aggettivo nuovo ed equo pel potentissimo erede ! « Ma se la legge, che per quest'anno porta la festa dello Statuto dalla prima domenica di Giugno al 4 Marzo, rappresenta un capriccio innocuo, perchè tanto scalpore intorno alla medesima?» Questa domanda è logica ed è stata fatta. La risposta é pronta. Anzitutto pel rispetto do-
RMSTA POPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI vuto al Parlamento non dovrebbe essere lecito a chicchessia fargli di~cutere e votare leggi frivole o inutili; molto meno quando c' è una sproporzione enorme tra il fine propostosi e i mezzi adoperati per raggiungerlo. Nella intenzione del governo il fine è grandioso perchè si vuole commemorare con solennità eccezionale, un avvenimento giudicato di capitale importanza : la promulgazione dello Statuto Albertino. È adeguato il mezzo? è adeg,iata l'anticipazione di una festa scialba, che passa sempre inosservata per tutti, meno che pei soldati che ottengono dieci centesimi di pJga in più e la ritirata più tarJi del solito ? Segna davvero un grande avvenimento la promulgazione della Carta octroyù da Carlo Alberto ? Gli scrittori monarchici - badi bene il Fisco! - di diritto costituzionale hanno ripetute volte dimostrato che tra le Costituzioni monarchiche quella largita, sotto la pressione degli avvenimenti minacciosi, <lai Re di Sardegna nd 1848, è la meno liberale e la più imperfetta. Ma, concedendo pure che pei suoi tempi sia stata un capolavoro; resta sempre ad esaminare: 1° se essa risponde ;Ile condi~ioni cdierne; 2° il carattere d.1darsi alla commemorazione, cioè, se di cosa che fu, o di cosa ancora viva. Ce n'è dunque d'avanzo per giustificare gli on. Colajanni e A mbrosoli, che interloquirono sul disegno di legge ed aprirono una discussione, che voleva essere e1·itata da molti. L' interesse destato dal!a iniziativa dei due deputati dell'Estrema Sinistra e dell'EstremaDestra, e la discussione animata, che si continuò nella stampa, del resto, riesce meglio di qualunque argomento a mostrare la convenienza e la opportunità del loro intervento, che riusd sgradito soltanto al governo ed alla marmaglia miserabile pagata ad hoc per cantare le sue lodi e, naturalmente, per vituperare i suoi avversarì. * * * I muletti, come Imbriani chiamava i giornalisti, che mangiano alla greppia dello Stato, non seppero perdonare all'on. Ambrosoli la proposta onesta di rivedere lo Statuto Albertino, per poterlo commemorare nel cinquantesimo ;mniversario in modo utile pel paese e per le istituzioni che si vorrebbero proclamare eterne. I muletti ~i scandalizzarono che un conservatore avesse potuto avanzare una siffatta rivoluzionaria proposta. La loro indigna2.ione a freddo prova questo : che se ancora in Ita1 ia c'è qualche conservatore intelligente, che - ammaestrato dalla storia - pensa esservi un solo moùo di evitare le rivoluzioni, quello cioè di mettere in armonia k istituzioni coi tempi, ci sono, e in maggior numero, gli asini, foderati di cinismo e di disonestà, i quali ignorano - o fingono di ignorare - non la scienza politica che non è pane pei loro denti, ma anche quelli avvenimenti di politica spic.::iola e q1Jasi contemporanea, che ogni meschino scribacchiatore di g 1zzette ufficiose dovrebbe almeno conoscere. Questi illustri asini e bricconi, che vorrebbero crocifisso I' Ambrosoli per l:i sua eresia politi.::a, ieggano ciò che alcuni giorni or sono scrisse il Secolo di Milano - uo:1 sequestrato ! - e apprenderanno che da Cavour a Minghetti, da Minghetti a Zanardelli, ciò ohe c'è stato di meglio ,~e] campo monarchico-conservatore o progressista - ha ritenuto sempre riformabile lo Statuto. Sì, proprio il Conte di Cavour - oh ! il rivoluzionario detestabile ! - ali' indomani della promulgazione della Carta AIb. rt" na, nello steso anno r 848, a proposito del preambolo che la dichiarav:i « leggeperpetua ed irrevocabile » osservava nd Risorgimento: « la parola irrevocabile, come è impiegata nel preambolo dello Statuto, è solo applicabile letteralmente ai nuovi e grandi principi i proclamati da esso... ma ciò non vuol dire che le condizioni particolari del patto non siano suscettibili di progressivi mig!liorament,; operati di comune accordo fra le parti CONTRAENTI». Il Conte di Cavour non commetteva che un so[., errore: parla v .1 di contraenti, <limenti cando che lo Statuto fu octroyé. Ma si vede chiaro che il grande statista alle parole dava il significato, che viene loro dai fatti, e serbava poc.1 gratitudine verso chi era stato costretto ...... a largire la costituzione e la cui magnanimi! ci era quindi parecchio discutibile. Tutto ciò ha apportunamente ricordato il Secolo; ed al Secolo abbiamo rimandato i mtJletti, perchè il Fisco di Roma, invidioso della loro ignoranza, non ci consentirebbe di rievocare le splendide polemiche di Alberto Mario nella Lega della Democrazia - non sequestrata temporibus illis - sulla Costituente, e molto meno gli scritti del Mazzoleni e della parte democratica sull'obbligo contratto, e non mantentJto, di convocarla. Una Costituente!... Ma perchè prendere una scalmana convocandola, se il Parlamento ha il diritto e il potere di funzionare sempre da Costituente? Questa la obbiezione di molti politici, di non poco valore, che credono sul serio all'applicabilità in Itali,t della frase che si adopra in Inghilterra per designare l'onnipotenza del Parlamento e, cioè, esso soltanto una cosa non poter fare, mutare un uomo in donna! A coloro che non vogliono saperne di permettere ai Deputati di discutere lo Statuto segnaliamo, soltanto la teoria, ma senza insistervi, perchè ci sembra fiato sprecato disputare largament-:: con anersari, o idioti, o in malafede.
iUVUHA .rOPOLAUEDI POLITICALETTERE E SCIENZE SOCIALI 203 L'on. Colajanni - di ritorno da Fi~enze dove aveva commemorato un avvenimento veramente g'orioso: la repubblica romana del 1849 - conoscendo gli umori della Camera non affrontò, come l'on. Ambrosoli, la quistiooe costituzionale; m.t si limitò ad una constatazione di fatto la quale era tanto evidente e sincera che i suoi c0llegni lo ascoltarono religiosamente, per quanto le cose dette da lui riuscissero ai più dolorose. L'on. Colajanni ebbe un richiamo dal Presidente della Camera, ed il richiamo fu ingiusto e inopportuno. Tngiust0 e inopportuno perchè non c'era alcuna offesa verso, !'on. Ministro di Grazia e Giustizia nella r~ccomandazione rivoltagli di non comprendere nell'annunziata amnistia i reati elettorali. Ma che davvero l'opera dei deputati deve circoscriversi alla deplorazione dei fatti compiuti? Non possono essi, niù utilmente, consigliare per prevenire gli errori? Più che per imoulso proprio, !'on. Colajanni rivolse la raccomandazione al Presidente del Consiglio per preghiera avutane d:1 deputati autorevoli di ogni parte della Camera. La opportunità della raccomandazione sorgeva evidente dai precedenti. I muletti, bricci)ni o idioti, leggano il Corrieredella Sera del 14-i 5' Febbraio e vi troveranno un telegramma da Roma, nel quale ricordavasi che altra volta l'on. Torraca. inascoltato, aveva raccomandato al Ministro Costa di non comprendere nell'amnistia i reati elettorali. Tanto il Corriere quanto l'on. Cola.janni, speravano e sperano che, Ministro Zanardelli, questa volta la raccorr:andazione non sarà vana. .. * * L'on. Colajanni fu ascoltato in silenzio quando affermò, che per lo Statuto Albertino oramai non feste commemorative dovevansi decretare, ma funerali, splendidissimi quanto si vuole, ma sempre funerali. Funerali e non feste perchè di quello Statuto non rimane un solo articolo non violato ; non rimane un solo articolo, tra quelli che interessano i cittadini, che non sia annullato dalla violazione continua e sistematica, e sempre impunita (r). Egli non discese alla dimostrazione dettagliata del sintetico giudizio, perchè era davvero superflua tentarla dove ogni giorno interpellanze e interrogazioni, fanno esaurientemente siffatta dimostrazione. (1) Avvertiamo il Fisco di Roma, grande :imico dei muletti, che ciò eh' è stato detto alla Camera ed è riportato nei re5oconti ufficiali non è sequestrabile. Lo avvertiamo anche che il monarchicissimo Corriere di Vapoli (N. 46) ha stampato s?nza essere sequestrato questo brano sanguinosamente ironico: « L'on. Colajanni quando afferma che lo Statuto fu parecchie volte e per parecchie disposizioni . La convinzione della quotilliana impunita violazwne era tanto nella coscienza dei deputati, che nessuno protestò. La protesta non poteva sorgere da c~lo_ro ~he sann~: non ~sistente la libertà di stampa, dt r!umone e d1 associazione; le imposte stabilite per decreto reale; violata la libertà e il domicilio dei .-ittadini e la loro vita esposta agli attentati omicidi della forza pubblica; abolita la guardia nazionale, che doveva essere la suprema garanzia della libe,tà; istituiti tribunali militari per sottrarre i cittadin: ai legittimi giudici; sciolta la Camera per soddisfare alle esigenze di un Ministro delinquente; tolto il diritto di voto a coloro che pagano la imposta in denaro ed ia san~n1e; stabilito senz'altro il domicilio coatto contro i soldati per delitto di opinione; avvilita e conculcata la maoi- . o stratura dal potere esecutivo ecc. ecc. ecc ..... Tutto questo i deputati conoscono e perciò non protestarnno contro le parole dell'on. Colajanni. E non p.rotestarono altresi perchè essi sono memori che: in qt.esti cinquant'anni di Statuto si compirono avvenimenti più gravi ancor,1 della violazione della lettera dei singoli articoli del medesimo. Tali avvenimenti, è bene ricordarlo agli immemori si chiamano : armistizio Salasco, abbandono di Milano alle orde di Radetzsky, Novara, bombardamento di Genova, proclama di Moncalieri, condanna di morte contro G. Mazzini, Aspromonte, Fantina, il bri• gamaggio napoletan0, il sordomuto Cappello, soffocamenti di Petralia, le ferrovie meridionali e relativi Bastagi, la demouslrat·ionsa11glante relativa torre Malimbeni con accusa di tradimento venutaci dalla Pruss1.1, Lissa e relativo processo Persano, inazione vergognosa di Mentana, proclama Mena brea, Reg\a cointeressata dei Tabacchi e rebtivo conto terzi, processo Lobbia e relative morti misteriose di testimoni, tentativo di trascinare l'Italia nel disastro della Francia, fucilazione Barsanti, Convenzioni forroviarie, Ban~a Romana, documenti falsi presentati al Parlamento per far votare leggi disoneste, do.:umenti fir111atissimi per giustifìca~e repres• sioni feroci, cordone Herz con relativa Abba Carima etc. etc. Tutte queste sono le glorie di questi ultimi cin• quant'anni e sono glorie intima:nente connesse colla s·oria della fase costirnzionale. La memoria di siffatte glorie e della violazione dei singoli articoli della Cart:i Albertina impose silenzio ai deputaci di fronte a chi la rievocava, come la conoscenza delle medesime glorie proviolato, egli è in buona compagnia. ):on foss'altro è in compagnia dell'on. Arcoleo. che ieri avrebbe quasi potuto prendere la parola per fatto personale. O non è sua la teoria dello Statuto di cui ogni Ministero abolisce un paragrafo, obbligando i professori di diritto costituzionale a ridurre in conseguenza il numero delle loro lezioni ? »
'!04 RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI dusse altri resultati nel paese e, cioè: spinse i soldati a frequentare i ricreatori clericali; gli studenti universitari a gridare Viva i! Papa-re I; discreditò il patriottismo; fece venir meno il sentimento unitario; fece proclamare in Parlamento, senza protesta, il fallimento delle istituzioni ..... Ma le istituzioni sono responsabili degli errori e delle colpè degli uomini? Questo risponde !'on. Di Rudini al terribile atto di accusa che la storia, nemesi inesorabile, redige contro i governanti di Italia; e questa risposta merita speciale disamina, che faremo un altra volta. 11/ol/i amici di Firenze ci pregano di pubblicare il discorso pro11uw;;iato nella sede di qnell'Associa::;ione democratica, la sera del 13 Ji'ebbrnio0 commemorando la Repubblica romana del 1849. Siamo dolenti di non poterli conteutm·e per due motivi: 1° pere/tè il discorso non venne raccolto e l'oratore non conserva alcun appunto ; 2° perchè il Fisco di Roma non permetterebbe la pubblicazione di un solo brano del medesimo. LAFAMIENSICILIA L'eco delle fucilate con cui a Modica e Troina è stato risposto dalla forza pubblica al ?rido popolare di pane e lavoro, si è ripercossa dolorosamente, in tutto il paese. Ma per poco che la calma, una calma relativa sussegua e perduri per qualche settimana, il silenzio e l'oblio tarneranno a pesare sulle povere plebi tormentate dalla fame. Il verde primaverile cancellerà le traccie del sangue ,·ersato e qualche ballo di bendìcenza in favore degli orfani delle povere vittime riassumera la previggenza,. la coscienza e la fraternità delle classi dirigenti, vt'rso i diseredati della convivenza sociale. È triste, ma è cosi. Una tabe lenta e crudele logora fibra· a fibra l'organismo del paese. Al disfacimento delle vecchie energie economiche fanno riscontro l'atonia crescente della vita politica, il dissolvimento dei legami morali. Tutto un mondo che tramonta in un occaso le cui nubi, imporporate di lagrime e di sangue, fanno pensare trepidanti al domani. Quale spaventevole delusione! Dopo trentasette anni di vita n:izionale, ec.:o laggiù tutto un popolo, balzno fuori dalla nottt:: del sc:rvaggio con l'anima ebbr:i d' iJe~!i, fremente di vita, che si dibatte nella miseriJ e ncll' impotcn7.:i sotto il lembo più caldo e pii\ puro del cielo d' Italia, in una terra esuberante di latenti energie, dinanzi a una cintura marina che lo invita alla gar.~ feconda degli scambi internazionali. Sono scorsi 37 anni, e il latifondo è ancora laggiù signore ed arbitro della proprietà terriera con le sue tri,ti solitudini e le sue plaghe malariche, mentre una plebe di lavoratori ~i addensa intri5tita nei centri urbani, chiedèndo pane e lavoro. Sono scorsi 37 anni, e là dove la luce dei tempi nuovi avrebbe dovuto irradiare gl' intelletti e le coscienze, l'analfabetismo e l'ignoranza regnano :incora sovrani. Sono scorsi 37 anni e quelle masse popolari che avevano saputo spezzare, come fragile vetro, i ferrei ceppi del Borbone, sono condannate a subire, impotenti, le multiformi catene delle oligarchie locali che le slruttano materialmente e moralmente. Di quando in quando un lampo solca l'orizzonte: poi le tenebre si rifanno più fitte. Chi si occupa e si preoccupa di tutto ciò? Qu:ilche interpellanza in Parlamento, qualche subitaneo provvedimento di governo atto a lenire i bisogni più immediati ed urgenti, qualche articolo di giornale, e nulla più. E quando l'eco delle fucilate sveglia i dormienti, ciascuno pensa a scaricare sugli altri la re~ponsabilità delle colpe comuni, della comune indifferenza. La stampa, l'opinione pubblica che si esalta, si agita dinanzi ad un processo clamoroso d'oltr'Alpe, non ha tempo di studiare, dianalizzare i drammi terribili che si svolgono in casa propria; di fulminare le ingiustizie tremende, gli sfruttamenti quotidiani ehe si perpetrano impunemente sulle nostre classi lavoratrici. Qual meraviglia che in tanta viltà di uomini e di tempi, la fiacchezza del Governo nel provvedere rispecchi quest'ambiente viziato e flacido in cui, come in una morta gora tutto avvizzisce e tutto è miasma? « E pure il mondo si è commosso al duello che in una grande nazione in questi giorni si è combattuto tra la politica e la giustizia. Sono forse le nostre plebi meno infelici del capitano condannato ? A difendere quel capitano si è levato un grande artista, che lo ha strappato ai giudici e lo ha consegnato alla storia; a difendere le plebi, se i vostri provvedimenti saranno pigri, si leveranno esse, e dove le menerà l'ira, ivi sarà tribunale ed espiaz10ne. >> Queste ispirate parole che Giovanni Bovio dirigeva in piena Camera agli uomini del Governo, interpellando sui casi di Sicilia, sono un monito solenne che merita Ji e~ser rivolco ugualmente alla stampa e alle classi dirigenti del nostro paese. On. EDOARDO PANTANO.
RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI 'l!Oo Per la solita tirannia dello spazio, oltre la continuazione della Cronaca Azrurra dell'amico Edoardo Pantano, siamo costretti a rimandare al prossimo numero, l'articolo del Prof. Paolo Bellezza sul Pensiero letterario di Carlo Cattaneo., e quello di P. Sansò sulla Sardegna. Nel numero del 16 Marzo cominceremo la pubblicazione di un importante studio di Papiliunculus ( al secolo Cesario Testa) sulla Questione Sociale nel sistema filosofico di Adamo Tommasi. ~ Ladiscussione Ba caria , I. La discussione sui provvedimenti bancarii dell'on. Luzzatti avvfata nel :896 rimase troncata col naufragio dell'Istituto di smobilizzazione dovuto all'audace arrembJggio dell' on. Sonnino e dovea riprendersi prima nel giugno 1897, poi nel dccembre successivo. I calori e~tivi prima, il rimpasto ministeriale poi, rimandarono la discussione alla fine dello scorso gennaio. L'aspettativa non era grandissima, scarsa fu la discussione nel paese ed anche nella stampa specialista: i resultati furono ancora inferiori all'aspettativa. I discorsi notevoli furono pochi, molti degli oratori più provati come l'on. Maggiorino Ferraris, l'on. Colajanni, l'on. Saporito, l'on. franchetti si astennero o renunciarono alla parola. Si può dire che i soli on. Sonnino e on. Alessio produssero una qualche impressione nel!' Asserublea, il primo pur ripetendo in gran parte avvertenze, delle quali non tenne quasi conto quando fu al potere, il secondo invocando gagliardamente e dottamente il termine di palliativi che non fanno che porre in condizioni sempre più difficili, e.eme ben disse, l'azienda italiana di fronte a quella straniera. Ma la Camera, pur dopo la dolorosa constatazione della inutilita di tanti altri provvedimenti che le si erano dati come rimedii sovrani non ci sentiva da cotesto orecchio, alle soluzioni radic;li preferendo sempre i suggerimenti della finanza empirica confortata dalle gran<11ma spesso fallaci risorse della speculai.ione moderna non meno che dagli astuti prelevamenti sulle più vive attività del paese e sui sacriticii dei contribm:nti. Della Camera apata e stanca del tema bancario da così pochi esaminato, fu interpetre abbastanza esatto l' on. relatore Carcano, il quale mostrò nel corso della discussione di avere bene studiati i concetti dell'onorevole Luzzatti, e di essere un buon dicitore analitico oltreché un simpatico deputato. Ma nella sua Relazione, molto breve, ma troppo ottimista, la situazione resulta assai men grave di quello che è, sicchè parrebbe quasi di trovarci in altri luoghi e dinanzi a ben altri lstituti. L'ari. Carcano parla infatti di emettereprnvvedimenti durevoli e ben coordinali per raggiungere l'alto fine di garantire e risanare gli slrnmeuti degli scambii ali' interno e di porre in grado i nostri Istituti di Emissione di dare più efficaceaiuto al credito e all'ecouomia generale del paese. Vedremo, on. Carcano, tra alcuni anni se si è trattato di provvedimwli durevoli e ben coordinati; quanto ali'aiuto, al creditoe ali'economiageneraledelpaese. Guai ad essi se non avessero generalmente, come pur troppo si verifica in qualche parte d'Italia, altro refrigerio che quello degli attuali Istituti di Emissione ! II. La prima questione a proposito degli Istituti e del loro risanamento è certo quella delle immobilizzazioni, e su di essa parlarono gli on. Alessio, vVollemborg, Casalini, Pantano e anche Sonnino, più o meno diflusamente, quasi tutti con note assai giuste. L'on. Alessio fu forse piuttosto ottimista, calcolando una perdita di soli 100 milioni e 794,000 lire sui 303 milioni delle immobilizzazioni esistenti dell'antica Banca Nazionale, le quali danno appena, e non al netto, circa 6 milioni e mezzo di rendita all'Aziend~ bancaria. L'on. Wollemborg dimostrò assai bene il miraggio dei provvedimenti Luzzatti per le smobilizzazioni appoggiate alla restaurazione del Credito Fondiario con cui la Banca aveva già un conto corrente formidabile a motivo di cattivi mutui e di aggiudicazioni disastrose, quel Credito Fondiario, che l'on. Grimaldi fece inaspettatamente e ben poco correttamente uscire da una buona legge com'era quella del 1885 foriera d'una specie di libertà e di concorrenza in cotesto importantissimo argomento. Ma non fu la sola legge buona che si sia applicata al male nel nostro paese, e il Credito fondiario della Banca Nazionale segnò il discredito dell'istituzione e la rovina della Banca. Come !'on. Luzzatti può sperare che ora ne venga il risanamento della Banca medesima? Oggi gli immobili dell'azienda fondiaria passano a quella bancaria e la Banca si libera così dal suo conto corrente, poi dalle immobi• lizzazioni facendo nuovi mutui sugli stabili che non si vendono per non constatare una perdita schiacciante, col suo vecchio Credito Fondiario, e impiega il ricavato in un credito permanente verso il Tesoro. La immobilizzazione però rimane sempre fra le sue attività complessive. Si aggiunge un debito nuovo a una immobilizzazione di più. Ma questo, nel vocabolo della convenzione, si chiama mobilizzare. Così dice il Wollemborg e così è. Ma la Camera che già ordinò la liquidazione del Credito fondiario all'oggetto di porre un termine ai guai che pesavano sull'azienda bancaria, ora va a ristabilirlo per promuoverne la indefinita continuazione e per disturbare fors'anche gli altri Istituti che, privati di cotesta morbosa concorrenza e rientrati al possesso delle facoltà loro concesse dalla legge del 1885, quindi ritolte per poco col nuovo privilegio immaginato dall'on. Giolitti, stanno riprendendo tutte le loro benefiche funzioni. Le immobilizzazioni non hanno che un sol fine sincero e reale, la vendita degli stabili o il ricupero dei
206 RIVISTA POPOLARE DI POLITICALETTERE E SCIENZE SOCIALI crediti fondati su cotesti stabili. Ma ciò non è possibile che realizzando una perdita che renderebbe insostenibile il mantenimento dell'azienda bancaria. li Direttore Generale della Banca d'Italia, con quella ingenuità che gli è consentita dalla tolleranza del paese indotto a considerare nel primo motore della sua attività economica null'altro che gli interessi d'una società di azionisti a ·cui devesi ad ogni costo restituire un capitale disfatto, dichiarava infatti nell'assemblea del 17 marzo 1697 che · la Banca 110npoteva esser privata del diritto di profittare del migliaramento avvenire delle condizioni del paese che rianimandosi gli affari e 1111mentandilo valore delleproprietà le consentivadi alienarle II più va11taggiosipa!ti. A queste dichiarazioni fanno riscontro le altre pur del meglio regolato Banco di Sicilia. Le tristi condizioni del 111em1teo della proprietà fondiaria che non co11senlo1110ell1m1agf!ior parie dei casi la vendita a prezzo giusto degli immobili sono i 11eri arteficidella lentezza delle nostremobilizzazioni. Certo se i debitori potessero indurre i loro creditori, come fanno le Banche col pubblico italiano ad aspettare cioè che gli stabili escussi raggiungano, non importa quando, un prezzo anche assai superiore ad ogni bisogno della liquidazione, non si avrebbe mai a deplorare alcun guaio per quelli che fanno cattivi affari, ma viceversa i creditori prenderebbero il posto dei debitori. Ed è questo precisamente il caso del pubblico italiano che paga con una enorme e funestissima passività, qual' è il corso forzoso, e con la incurabile paralisi del suo credito, la insolvenza legittimata del debito più sacro contratto verso di esso da coloro che ottennero l'enorme privilegio del- !' emissione. III. Se ammettendo cotesti speciosi ragionamenti che a nessun altro cattivo pagatore sono consentiti, anche nel nostro paese, dobbiamo intanto subire tutte le conseguenze d'un credito deficiente e inquinato e lasciar deprimere ogni nostra attività economica, ma è almeno sperabile che cotesto incremento di valore che non sarebbe merito di alcun lavoro, ma che costituirebbe ciò che forma la base delle rivendicazioni di Henri George giunga non troppo tardivo a rendere conci udente il saivataggio bancario ? C' è da dubitarne grandemente almeno fir:ora. Lasciando stare il deprezzamento inevitabile di una parte di cotesti stabili abbandonati alle intemperie o privi d' inquilini per sfuggire a imposte eccessive, non è anche un fatto che il malessere crescente del paese, la decadenza dei commerci e della produzione, specie nel Centro e nel Mezzogiorno d'Italia ove sono principalmente cotesti stabili, infine la tensione sempre maggiore delle imposte, governative o locali, l'aumento dell'emigrazione, la scarsezza dei forestieri, potrebbero cagionare ancora maggiori deprezzamenti delle proprietà così urbane che rurali? E allora che sarebbe dei calcoli dei Direttori delle Banche e dei provvedimenti dell'on. Luzzatti ? E perchè, prima di imporre nuovi sacrificii, come abbandoni di tasse o di qualche altra elementare guarentigia della circolazione, non si è prodotto almeno uno stato di consistenza pure approssimativo di questa immensa manomorta che tra noi, caso unico al mondo, rappresenta la massima parte delle attività degli Istituti di Emissione? Oh! la inchiesta verrà poi, e si custodiri negli archivii del Ministero a somiglianza di quelle che svelavano le falsificazioni della Banca Romana, e di cui il Ministro Luzzatti seppe così poco al 1891 che nei provvedimenti bancari portati alla Camera stabilì fin l'abolizione della riscontrata, e il Ministro Giolitti, benché sia accertato che ne sapesse un po' piu, propose un anno dopo una proroga di 6 anni a un Istituto colto tanto tempo prima in pieno re:ito di falsificazione ! IV. li Ministro del Tesoro è forse ben persuaso del cattivo stato degli Istituti, ma non volendo ricorrere ai supremi rimedi, va in cerca di tutte le piccole migliorie per aumentare gli utili delle Banche. Quanto al Banco di Napoli certo furono posti in opera mezzi curativi di qualche importanza. La garanzia dello Stato accompagnata dalla diminuzione dell'interesse per le obbligazioni del Credito Fondiario le ha fatte aumentare di prezzo senza verun aggravio immediato per la Finanza, ma questo è vero per il momento, niuno potendo garantire che la liquidazione finale non importi anche gravi sacrifizì. Ad ogni modo la garanzia effettiva dello Stato non cessa di rappresentare un onere duraturo e considerevole trattando,i di I 37 milioni di vecchie cartelle, con 26 di seme• stralità arretrate. Quanto alla gratuita ce~sione di 4 5 milioni di biglietti di Stato per collo~arli in rendita a pro· fitto del Banco, ognuno intende che non è che una emissione a vuoto che lo Stato fà a benefizio di detto Banco che diminuisce di altrettanta garanzia la sua circolazione. Si confida che la rigida amministrazione presente e avvenire del Banco di Napoli saprà riparare a tanti guai, ma non è certo nemmeno che l'organismo sia assolutamente trasformato con la nomina d'un nuovo Direttore, e con la sorveglianza del Ministro, del Tesoro. Certo i provvedimenti, per questa parte, eroici dell'on. Luz. zatti hanno messo in piena luce la inanità degli espedienti immaginati dall'on. Sonnino e dal suo coadiutore on. Salandra. All'on. Arietta non paiono bensì sufficienti nemmeno questi dell'on. Luzzatti. Ma, anche bastando, chi può esser certo che conseguenza del generoso intervento dello Stato non sia allorché ne sarà dileguata la prima e grata impressione, un nuovo seguito di condiscendenze e di abusi che faccia sentire il peso effettivo delle presenti regalie e ne imponga di nuove? Si fossero almeno introdotti ordinariamente a sanzioni che potessero garantire stabili e salutari mutamenti ! E allora come proporre tranquillamente degli oneri rilevanti al paese per riparare agli effetti di una cattiva amministrazione, quando per nulla, o ben poco, è disposto contro la loro riproduzione? Come non trovare alla Camera chi non protesti contro ottimismi cosi scarsamente fondati? E non si parla del quasi nessun servizio che ornai in correspettivo di tante concessioni il Banco potrà rendere al paese avendo la piu gran parte suoi capitali veri o fittizi impiegati in titcli di Stato ed essendo quindi ridotta ai minimi termini la sua potenzialità di sconto ! V. Le concessioni alla Banca d'Italia non sono così feconde di oneri indefiniti, ma sono effettivamt:nte maggiori. Alla estensione alla Banca o alla cosidetta sezione autonoma degli enormi sgravi delle tasse di Registro e
RIVISTA POPOLAREDI POLITICALETTERE E SCIENZESOCIALI Bollo che erano serbate al nascituro Istituto di smobilizzazione si aggiungono altre riduzioni nella tassa di circolazione, la facoltà di impirgare la ma5sima parte delle pretese smobilizzazioni in titoli di Stato e buoni del Tesoro convertibili in un credito definitivo verso il Tesoro al 3,50 per ¼, il mantenimento della riserva metallica in effetti esteri che malgrado ogni limitazione può colla scorta di tanti cattivi precedenti temersi che dia luogo alla fuga dei costosi residui del prestito per l'abolizione del corso forzoso, il cui prodotto pas~ò con così cieca correntezza dalle casse dello Stato in quelle delle Banche. Infine l'incredibile concessione di un prolungamento di ro anni della facoltà dell'emissione consentita dalla legge ro agosto 1893, fino al 31 dicembre 1913. Nessuno degli oratori a questo proposito ha avvertito l'enorme differenza delle circostanze che corrono tra le due epoche del rinnuovo cioè e dell'aumento attuale del privilegio Al 1893 non si era ancora tornati al corso forzoso e qualcuno sperava di potere evitarlo. Le azioni costavano tre o quattrocento lire sopra la pari, tanto che vi fu chi propose, e non per facezia, di disporre degli utili resultanti dalla emissione di altre circa 30,000 azioni per migliorare le condizioni della Banca stessa. 'È vero che la triste realtà non tardò a manifestarsi e ben se ne accorsero gli Azionisti che accettarono il cattivo dono, e più di tutti gli Azionisti delle Banche toscane che non si affrettarono a vendere i titoli a, uti in cambio di quelli assai solidi di cui incautamente si lasciarono spogliare. Ma infine la legge del 1893 per quanto cattiva, conteneva delle condizioni che avrebbero potuto darci, o un miglioramento effettivo nella solidità dell'Istituto o la decadenza da un privilegio cosi poco giustificato. Invece oggi che la Banca ci ha costretto a ristabilire il corso forzoso, oggi che alle concessioni deIla legge del 1893 si sono aggiunte quelle dell'on. Sonnino e infine queste dell'on. Luzz1tti, oggi che è sempre più accertato che questo disordine bancario pesa durissimamente su tutto il nostro organismo economico, oggi si trova un Ministro che propone l'aumento d'un termine già abbastanza lungo d'un . privilegio che fu concesso quando il corso forzoso non c'era e tutto era diretto a scongiurarne il ritorno. L'on. Wollemborg citò, bene a proposito la enorme disparità di trattamento tra i due paesi di qua e di là dal Cenisio. Alla Banca di Francia che è la più perfetta antitesi della Banca d'Italia, la cui solidità proverbiale non si smentisce da circa un secolo e attraverso le :iiù terribili vicende, che non ha mai trasgredito le leggi e le buone norme economiche, che ha reso immensi st:rvizì allo Stato e agevolato tutti i progressi economici del Raese, che infine mantiene lo sconto al più basso prezzo d;l mondo, si è concesso appena un quindicennio di pro,oga del privilegio poichè al 3r decembre 1912. la concessione può essere denunziata. Quanto alla Banca t<:desca pure meravigliosamente organizzata può il Governo imperiale riscattarla pagando il premio del ro per 100 sulle Azioni benchè facciano un premio elevatissimo sul mercato. Tra noi invece con 400 milioni d'immobilizzazioni, col portafoglio ridotto a 200 milioni, se:iz'altro correspettivo all'enorme concessioné che la continuazione dei più indebiti sacrific ì, tra cui massimo quello di rincarare anziché diminuire il prezzo del denaro, alla produzione nazionale si osa portare undici anni più in là cotesto privilegio che non può concepirsi che a favore d'Istituti che adempiano ai proprl impegni e il cui credito sia uguale o superiore a quello dello Stato. Tal' è invero quello della Banca di Francia, come luminosamente lo provò nel!' année terrible, come lo prova anche adesso mantenendo lo sconto al di sotto del saggio a cui trova denaro lo Stato. Tra noi invece la Banca pretende impiegare il denaro ad un saggio a cui lo Stato non potrebbe accettarlo. VI. Basterebbe un tal fatto per confermare ancora una volta che nella mente dei nostri uomini di Governo e dei nostri deputati, se la più gran parte di essi può dirsi che abbia un concetto nell'argomento, la Banca è fatta per gli azionisti e noo per il paese. Certo le nostre leggi del 1860 a oggi, prima ebbero per obbiettivo di assicurarci una Banca forte per i lauti dividendi, non gia per l'altezza del credito e per la correttezza dei suoi affari, poi l'unico intento di restaurare un capitale perduto in operazioni inconsulte ed illegittime come quelle della bisca edilizia. A questo proposito avremmo sperato che le inchieste del 1893, e anche i fatti successivi, rendessero impossibili le giustificazioni di cotesti abusi girandone tutta la colpa dagli amministratori al Governo. Ma gli on. Quintieri e Casana, sai vo altri, fecero anche in questa discussione risuonare cotesta nota più che sbag!i.i.ta, e non vi fu chi ricordò loro come il Banco di Napoli resistesse alle pressioni dell'on. Crispi per i salvataggi edilizi, e che se la Banca Nazionale si affrettò a cedere fu perché tra i più potenti dei suoi amministratori figuravano i gros bonnets della speculazione edilizia, un solo dei quali, il Geisser, potè accollarle 28 milioni di coteste folli operazioni. Certo con la tutela così assorbente del Governo, col Direttore Generale sempre dispotico di fronte agli azionisti, ma ridotto nulla più che un capo ufficio di fronte al Ministro del Tesoro, le resistènze possibili fino a 4 o 5 anni fa, oggi noi sarebbero più. Ma possono esserne contenti coloro che attribuiscoono ogni colpa al Governo? Ma a costoro basterà che tutte le cure del Governo sieno oggi rivolte al ricupero del capitale bancario che non seppe sottrarre alla rovina, mentre non cura affatto di assicurare menomamente al paese quei grandi servigì che esso deve attendersi da un Istituto di Emissione. E la prova migliore, ossia, più dolorosa, e lo sconto inchiodato al 5 per 100 pur di mantenere nominalmente poche centinaia di mila lire di più, poichè cosi poco concede l'esile portafoglio, a pro del dividendo supremo desideratum non pure degli azionisti ma del Governo. Però, se io avessi potuto parlare, avrei chiesto al Ministro se crede che un saggio di sconto cosi sproporzionato anche al mercato italiano sia ciò che di meglio possa immaginarsi, anche per l'utile della Banca. Chi non intende infatti che essa così si assicura la permanenza di quella cattiva clientela che dagli impieghi diretti al tempo della speculazione sui valori mobiliari la condusse alle cambiali di pietra, quando a cotesta speculazione successe quella più disastrosa dei valori edilizi? Ma se, nella parte economicamente più vigorosa d'Italia, la Banca è quasi sola a pagare le conseguenze di simili aberrazioni, esse pro-
208 RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI ducono i più gravi disagi in quella gran parte del paese che non ha larghi capitali propri o facile sussidio di capitale straniero. La Banca, costì, è la causa prima del ristagno economico e delle più vive sofferenze sociali, e per la scarsezza delle sue disponibilità, e per l'alto prezzo del denaro, specie obbligando i suoi clienti a passare sotto le forche caudine della terza firma. Una tale situazione giova ricordare che si è oltremodo aggr.tvata colla caduta di tanti Istituti e di non poche Ditte private, nonchè colla soppressione delle Banche dell'Italia Centrale e coll'esaurimento dei Banchi meridionali. Il Governo che pensa ad accomunare le larghezze del credito, in cui pure si fece la parte del leone alle amministrazioni locali non so se con vero profitto dei contribuenti, vorrà privarne chi lavora e produce, mantenendo il primo coefficiente della produzione a un prezzo più che doppio di quello che è tra le nazioni concorrenti, e molto di più ancora coll'usura che così comodamente si annida presso le nostre Banche d'Emissione ? VII. Altra domanda che potea muoversi al Governo, è se per un possibile restauro della Banca d' Italia non giovasse anzitutto riformare il suo organismo amministrativo troppo leggermente ritoccato nel I 896. Qualche avvertenza, ma limitata all'esclusione della soverchia ingerenza governativa, panni la facesse l'onorevole Ernilio Farina colla sua consueta sagacia. Certo la tutela governativa della Banca è oggi cosi assorbente e molesta da rendere quasi impossibile il buon andamento di una azienda la quale, sopra ogni altra, ha bisogno di libere iniziative e di rapide risoluzioni. Anche in questo la Banca di Francia ci fornisce i più imitabili esempi. Nominato dal Governo, il Governatore insieme coi due Vice-governatori tratta da pari a pari collo Stato, e ne respinge, senza esitare, le domande che non reputi conformi agli interessi degli Azionisti e del Paese, verso cui si ritiene egualmente responsabile. Così la Banca potè resistere prima a Gambetta poi alla Comune, e non assumere in questi ultimi anni la liquidazione di alcuni importantissimi Istituti di Credito che quando si fu assicurata che non avrebbe subito alcuna perdita. Ma i 200 più grossi azionisti della Banca che nominano i reggenti, approvano i bilanci, seguono con occhio vigile l'andamento dell' Istituto, sono un freno più efficace d'ogni Ministro a qualsiasi abuso. In Italia invece gli azionisti non esercitano alcun serio controllo nell'amministrazione della Banca i cui reggenti, colle famose procure in bianco, sono le crea ture del Direttore Generale e, forse ora, del Ministro che lo spadroneggia. Le garanzie di cotesti amministratori sono minime, nè è escluso che essi possano avere degli impegni, od in proprio, o per Istituti da essi amministrati (anzi si dice che ve ne siano) molto al di sopra di coteste garanzie. Una seria riforma dello Statuto per opera del Governo conscio di tanti guai che durano da troppo tempo, ma che vi è troppo interesse a mantenere, sarebbe stato forse l'unico atto autoritario che avrebbesi potuto comprendere, ma perciò appunto a nessuno è parso necessario. L'on. Luzzatti presume forse a tutto riparare colla onniveggente sua vigilanza. Però il Ministro del Tesoro non può tramutarsi in un Direttore di Banca, nè potrà sempre mandare innanzi gli interessi d'un'azienda privata a quelli politici, in forza e per conto dei quali, egli potè giungere o potrà mantenersi al Governo. L'on. Luzzatti naturalmente non si curò neanche di un altro coefficiente pel restauro della Banca, quale sarebbe quello di limitare o anche di sopprimere, il dividendo agli Azionisti finchè le mobilizzazioni non fossero sparite o ridotte effettivamente in più modesti confini, e il ragionevole emendamento di Maggiorino Ferraris fu da lui recisamente respinto. Eppure, e questo potei dirlo alla Camera, l'ou. Luzzatti rammentava già, come il non plus ultra della saggezza, che Quintino Sella dopo il 1870 aveva colla sospensione del dividendo rimesso in condizioni discrete la Banca Romana. Ma oggi la febbrt: del rialzo ha invaso il Ministro del Tesoro, e l'azione della Banca deve partecipare ai voli della rendita; q:iindi a lui la facoltà di gonfiare liberamente il dividendo. Però non é detto che il pubblico oggi non preferisca, e forse più che in passato, un vero miglioramento dell'azienda a un dividendo effimero o men che genuino. E neanche può dirsi che l'ultimo movimento delle Azioni della Banca che ha preceduto la discussione della legge, abbia giovato al prestigio dell' Istituto e del Governo, ne che sarebbe passato senza gravi osservazioni in paesi che seguono con severa attenzione l'intreccio della speculazione cogli interessi dello Stato, o laddove il partito socialista si occupa delle questioni del Credito e combatte in prima !bea un privilegio che in cotesto campo non ad esso solo repugna, anche avePdo al suo attivo prove assolutamente diverse da quelle che fece in Italia. Non mette conto di parlare della garanzia dei biglietti creata dall'on. Luzzatti colla prelazione a pro dei medesimi in tutte le attività della Banca cominciando dalla riserva metallica. L'on. Sonnino annientò cotesta trovata col domandare al Ministro che cosa avrebbe fatto nel caso di una corsa ai depositi. E !'on. Luzzatti non potè rispondere altro che avrebbe dato una nuova stretta al torchio. Ma allora dove va la speciale garanzia dei biglietti anteriori ? E non è anche vero quello che osserva il Marché financier di Arthur Raffalovich che la garanzia della riserva metallica e una burla qi;ando non si può fare il cambio in oro? Eppure queste cose passano per serie alla Camera Italiana. VIII. lofine il grande argomento dei sostenitori della legge è la impossibilità di finire altrimenti che col salvataggio ddla Banca attuale. Secondo costoro il capitale bancario, che sarebbe cosi piccola parte d'una simile azienda, se veramente vitale, è inviolabile e sacro, e qualunque errore od abuso abbia commesso la Banca, il paese ad ogni costo deve apprestare i ripari e fornire almeno gli alimenti indispensabili agli azionisti che ne sarebbero le sole vittime interessanti ed incolpevoli. Il rhtabilimento del corso forzoso dopo aver pagato per abolirlo 700 milioni, i cui interessi gravano tutti gli anni i contribuenti, la paralisi del credito e degli affari di tutto il paese, l'alto prezzo del denaro, le oscillazioni violente e spesso funeste dei cambi, la inferiorità forzata a cui ci si condanna dinanzi ai concorrenti stranieri, i formidabili pericoli in caso d'una guerra o d'una grossa cns1 monetaria o annonaria, queste ed altre calamità inflitte al
RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTERE E SCIENZESOCIALI paese da una consorteria di alti speculatori che violò ogni legge, non danno alcun diritto di provvedere al turbato benessere, alla sua sicurezza economica e politica. La Banca deve restare al disopra di ogni responsabilità e d'ogni diritto comune. Così però non avvenne in altri paesi ove non si affermò così stranamente l'autocrazia bancaria, benchè potesse vantai e forze e attitudini molto maggiori, perchè ivi le concessioni e tanto più i privilegi hrnno il correspettivo dei maggiori doveri, non sono fonti inesauribili di abusi e di offese progressive agli interessi della collettività. Nè altrove si mantennero ad ogni palto Istituti che fecero cattive prove. In Scozia, nella prima metà del secolo scorso, fu liquidata la Banca unica che non serviva bene agli interessi del paese e vi si sostituirono senza alcun inconveniente, quelle libere Banche che ne formano anche oggi la gloria e la ricchezza. E in America, lasciando stare le tauto violente trasformazioni durante la guerra d'indipendenza, alla Banca degli Stati Uniti instituita con gli atti del Congresso dd 1791, non si volle, 20 anni dopo, accordare il rinnovo del privilegio, e la Banca dovè liquidare. Più tardi, nel 1816, fu costituita un'altra Banca col capitale di 35 milioni di dollari che cagionò pure gravi imbarazzi, sicchè il Presidente Jackson la denunciava al Congresso come inetta a mantenere una sana e uniforme circolazione, e qualche anno dopo, nel 1836, veniva pronunciata la soppressione della nuova Banca degli Stati Uniti senza che niuna catastrofe si avesse a deplorare. Infine in piena guerra di Secessione, nel 25 febbraio 1863, si divenne all'attuale sistema bancario a circolazione garantita col capitale che !'on. Alessio additava come quello che potrebbe con qualche correzione porre un termine a disordini sempre rinascenti in un paese come il nostro ove da molti si ritiene, per usare termini intelligibili, che chi ruba alle Banche non ruba a nessuno. La proposta brillantemente svolta dall'on. Alessio, che la cieca sorte ha tolto alla Camera, non ha del resto il pregio assoluto della novità, perchè con qualche variante è quella sostenuta per trent'anni dall'on. Alvisi a cui non si prestò mai troppa attenzione, disgraziatamente nemmeno quando denunziò in Senato le falsificazioni della Banca Romana che diciotto mesi più tardi dovevano essere in base alla sua relazione, esposte così efficacemente alla Camera dall'on. Colaianni. C'na tale proposta non si può sfatare con alcune obbiezioni circa i metodi di esecuzione, come ha fatto il Ministro del Tesoro. Certo coi rattoppi e cogli espedienti che questi ha potuto fare approvare alla solita enorme maggioranza, compresi alcuni dei costanti avversari del salvataggi bancari, che si succedono e si rassomigliano da più di dieci anni, si potrà tirare innanzi ancora per qualche tempo. Ma a parte i pericoli di eventi straordinari non si riordinerà così l'ufficio dell'Emissione, in modo che cessi di essere la maggiore debolezza del paese, un istrumento che poteva e doveva resultare il più saldo ed efficace cooperatore del suo risorgimento economico. LUIGI Dll.lGtNTI. Deputato al Parlamento Per abbonarsi, alla flii-ista, imiare Vaglia o Cartolina-vagliaall'on. Napoleone ColaJanrii - Rom::i. NotdeeDl epuPtaatnotasnuollsotessaorgomento. Intorno alla discussione bancaria e.i aveva promesso di scrivere un articolo anche il nostro amico e collaboratore Dr. Edoardo Pantano che, non soltanto prese parte alla discussione parlamentare del 1896 e 1898, ma fu eziandio membro delle due ·Commissioni dei r 5 e Jc,i 18 che successivamente esaminarono, modificandolo, il dise;no di legge governativo: modificazioni importanti, nelle quali l'opera dell'amico nostro, per la sua autorevole competenza, ebbe una parte preponderante. Avendogli fatto tenere le bozze dell'articolo dell'amico Diligc:nti, egli ci invia le seguenti note che pubblichiamo, onde i nostri lett0ri possano avere conremporane:.rr.ente sott'occhio ~utto un complesso di osservazioni e di dati che consentano loro di farsi un concetto completo della quistione così come, si è svolta alla Camera. N. d. R. Alcune note supplementari ali' articolo dell'on. Diligenti basteranno al compito mio verso la Rivista. E forse molte di esse no:i sarebbero state necessarie se l'on. Diligenti - non essendosi trovato presente qumdo io parlai alla Camera - avesse potuto avere sott'occhio il resoconto parlamentare, non ancora pubblicato allorchè egli scrisse l'articolo. Comincerò con degli appunti staccati sui principali argomenti di cui egli si occupò, per riassumere in fondo il mio pensiero. Immobilizzazioni bancarie. - Quando l'on. Sonnino, nel Dicembre del 1896, fece una carica a fondo sulla Sezione autonoma di smobilizzazione non fece che sfondare una porta aperta. La Commissione dei r 5 aveva talmente modificato il progetto ministeriale, circoscritta l'operazione in sì ristretti limiti, e circondata di tali e tante cautele da relldere impossibile qualsiasi impresa aleatoria. Ad eliminare tuttavia anche il più lontano equivoco, la Commissione dei 18 le tolse il diritto ad emettere carte Ile. Ma fece di più : propose ed ottenne che fosse cancellato dalla legge del 1893 quel famoso Jsti- /11/0 smobilizzatore di cui !'on. Sonnino, nel 1894, essendo ministro del Tesoro, aveva magnificato l'utilità, affermando: « che il governo, per parte sua, si sarebbe pre- " stato, nei limiti del possibile, a facilitarne la costituzione, « riconoscendone la grande importanza nel/' interesse ge- « 11eraledel credito e della vita economicadel paese ». Fra i pericoli di sfruttamento e di gigantesco aggiotaggio che un Istituto siffatto avrebbe portato inevitabilmente con se, e quelli ipotetici di rischio che avrebbe potuto presentare la Sezione autonoma - quale era stata ridotta dalla commissione dei r 5 - manca ogni termine di paragone. Onde io, pur rilevando la sua stridente contradizione, mi compiacqui con !'on. Sonnino nel vederlo ora concorde con noi; essendo ormai tempo di farla finita con tutte le Compagnie di ventura che sotto nomi diversi si sono scatenate da anni sul nostro paese ed alle quali dobbiamo la maggior parte dei nostri dolori, i più acerbi dei nostri disinganni.
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