208 RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI ducono i più gravi disagi in quella gran parte del paese che non ha larghi capitali propri o facile sussidio di capitale straniero. La Banca, costì, è la causa prima del ristagno economico e delle più vive sofferenze sociali, e per la scarsezza delle sue disponibilità, e per l'alto prezzo del denaro, specie obbligando i suoi clienti a passare sotto le forche caudine della terza firma. Una tale situazione giova ricordare che si è oltremodo aggr.tvata colla caduta di tanti Istituti e di non poche Ditte private, nonchè colla soppressione delle Banche dell'Italia Centrale e coll'esaurimento dei Banchi meridionali. Il Governo che pensa ad accomunare le larghezze del credito, in cui pure si fece la parte del leone alle amministrazioni locali non so se con vero profitto dei contribuenti, vorrà privarne chi lavora e produce, mantenendo il primo coefficiente della produzione a un prezzo più che doppio di quello che è tra le nazioni concorrenti, e molto di più ancora coll'usura che così comodamente si annida presso le nostre Banche d'Emissione ? VII. Altra domanda che potea muoversi al Governo, è se per un possibile restauro della Banca d' Italia non giovasse anzitutto riformare il suo organismo amministrativo troppo leggermente ritoccato nel I 896. Qualche avvertenza, ma limitata all'esclusione della soverchia ingerenza governativa, panni la facesse l'onorevole Ernilio Farina colla sua consueta sagacia. Certo la tutela governativa della Banca è oggi cosi assorbente e molesta da rendere quasi impossibile il buon andamento di una azienda la quale, sopra ogni altra, ha bisogno di libere iniziative e di rapide risoluzioni. Anche in questo la Banca di Francia ci fornisce i più imitabili esempi. Nominato dal Governo, il Governatore insieme coi due Vice-governatori tratta da pari a pari collo Stato, e ne respinge, senza esitare, le domande che non reputi conformi agli interessi degli Azionisti e del Paese, verso cui si ritiene egualmente responsabile. Così la Banca potè resistere prima a Gambetta poi alla Comune, e non assumere in questi ultimi anni la liquidazione di alcuni importantissimi Istituti di Credito che quando si fu assicurata che non avrebbe subito alcuna perdita. Ma i 200 più grossi azionisti della Banca che nominano i reggenti, approvano i bilanci, seguono con occhio vigile l'andamento dell' Istituto, sono un freno più efficace d'ogni Ministro a qualsiasi abuso. In Italia invece gli azionisti non esercitano alcun serio controllo nell'amministrazione della Banca i cui reggenti, colle famose procure in bianco, sono le crea ture del Direttore Generale e, forse ora, del Ministro che lo spadroneggia. Le garanzie di cotesti amministratori sono minime, nè è escluso che essi possano avere degli impegni, od in proprio, o per Istituti da essi amministrati (anzi si dice che ve ne siano) molto al di sopra di coteste garanzie. Una seria riforma dello Statuto per opera del Governo conscio di tanti guai che durano da troppo tempo, ma che vi è troppo interesse a mantenere, sarebbe stato forse l'unico atto autoritario che avrebbesi potuto comprendere, ma perciò appunto a nessuno è parso necessario. L'on. Luzzatti presume forse a tutto riparare colla onniveggente sua vigilanza. Però il Ministro del Tesoro non può tramutarsi in un Direttore di Banca, nè potrà sempre mandare innanzi gli interessi d'un'azienda privata a quelli politici, in forza e per conto dei quali, egli potè giungere o potrà mantenersi al Governo. L'on. Luzzatti naturalmente non si curò neanche di un altro coefficiente pel restauro della Banca, quale sarebbe quello di limitare o anche di sopprimere, il dividendo agli Azionisti finchè le mobilizzazioni non fossero sparite o ridotte effettivamente in più modesti confini, e il ragionevole emendamento di Maggiorino Ferraris fu da lui recisamente respinto. Eppure, e questo potei dirlo alla Camera, l'ou. Luzzatti rammentava già, come il non plus ultra della saggezza, che Quintino Sella dopo il 1870 aveva colla sospensione del dividendo rimesso in condizioni discrete la Banca Romana. Ma oggi la febbrt: del rialzo ha invaso il Ministro del Tesoro, e l'azione della Banca deve partecipare ai voli della rendita; q:iindi a lui la facoltà di gonfiare liberamente il dividendo. Però non é detto che il pubblico oggi non preferisca, e forse più che in passato, un vero miglioramento dell'azienda a un dividendo effimero o men che genuino. E neanche può dirsi che l'ultimo movimento delle Azioni della Banca che ha preceduto la discussione della legge, abbia giovato al prestigio dell' Istituto e del Governo, ne che sarebbe passato senza gravi osservazioni in paesi che seguono con severa attenzione l'intreccio della speculazione cogli interessi dello Stato, o laddove il partito socialista si occupa delle questioni del Credito e combatte in prima !bea un privilegio che in cotesto campo non ad esso solo repugna, anche avePdo al suo attivo prove assolutamente diverse da quelle che fece in Italia. Non mette conto di parlare della garanzia dei biglietti creata dall'on. Luzzatti colla prelazione a pro dei medesimi in tutte le attività della Banca cominciando dalla riserva metallica. L'on. Sonnino annientò cotesta trovata col domandare al Ministro che cosa avrebbe fatto nel caso di una corsa ai depositi. E !'on. Luzzatti non potè rispondere altro che avrebbe dato una nuova stretta al torchio. Ma allora dove va la speciale garanzia dei biglietti anteriori ? E non è anche vero quello che osserva il Marché financier di Arthur Raffalovich che la garanzia della riserva metallica e una burla qi;ando non si può fare il cambio in oro? Eppure queste cose passano per serie alla Camera Italiana. VIII. lofine il grande argomento dei sostenitori della legge è la impossibilità di finire altrimenti che col salvataggio ddla Banca attuale. Secondo costoro il capitale bancario, che sarebbe cosi piccola parte d'una simile azienda, se veramente vitale, è inviolabile e sacro, e qualunque errore od abuso abbia commesso la Banca, il paese ad ogni costo deve apprestare i ripari e fornire almeno gli alimenti indispensabili agli azionisti che ne sarebbero le sole vittime interessanti ed incolpevoli. Il rhtabilimento del corso forzoso dopo aver pagato per abolirlo 700 milioni, i cui interessi gravano tutti gli anni i contribuenti, la paralisi del credito e degli affari di tutto il paese, l'alto prezzo del denaro, le oscillazioni violente e spesso funeste dei cambi, la inferiorità forzata a cui ci si condanna dinanzi ai concorrenti stranieri, i formidabili pericoli in caso d'una guerra o d'una grossa cns1 monetaria o annonaria, queste ed altre calamità inflitte al
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==