La Rivoluzione Liberale - anno II - n. 32 - 23 ottobre 1923

Aristocrazie epopolo nelRisorgimento li Risorgimento t w1 fenomeno originale o di imitazione francese? Nasce dal tormento teorico del '700 o è tutto frutto delle astuzie diplomatiche del!' Soo? Si può parlare di tma filosofia, c11n11a verità che costituisca l'essem·.a del Risorgimento? Il nostro J{isorgimento si è tormc11tato intorno nl problema della partecipazione delle masse. Tutto il resto L teoria e letteratura. ~el 1700 la ,·ecchia <:lasse politica, aristocratica ed ecclesiastica, pateYa in Europa pressochè esaurita. In Fraucia e iu lnghilte1Ta il ter:r.,o stato non era pri,·o di attitudini alla successiouc. Questo 11011 accade,·a in Jtalia perchè qui 1'eco110111ja arn.trata era ben lungi dall'offrire que11a circolazione cli capitali mobili necessaria per alimentare llll3 borghesia. Si dà questo fatto c1trioso: che deve essere l'iuiziativa del principe a opporre tra aoi le classi popolaii appena nascenti, immature, alle cfas.~i clomi11a11tipriYilegiate, il cui potere so- ,·erchianle non garba al So\'rnno. Questa è- la dfrig-11osipiìt deliniti,·a del feuome110 centrale ciel ~etlt.;-cento: i'n.'"s(1iutis;110 iUnmi.nalo. Ecco pcrchè la lotta coittro il feudalismo è condotta in nome delle pre1·ogatn·e regie e si risolve a favore dello Stato centralistico mediante le riforine. Solo con molte riserve si può parlare, a queF-to proposito, d.i Risorgimento. Verri e Beccaria col paternÙ governo austriaco si tro,·ano in una situazione di le.ali sen·itori. Filanged e Pagano nel Sud, rhe sembra d~ver essere all'avanguarc~ia, per la sua indipeudenza, costruiscono grandi piani giuddici, senza pensare nè alle rivoluzioni nè alle forze popolari nè alla libertà. Il modello è qualcos..1.di mezzo tra 1'.1ontesqtÙeu e i costituzionali~ti inglesi. ~essuna rivolta contro il passato in nome cli idee nu0Ye1 di stile liberale: si tratta cli conservatori : con preoccupazioni laiche e den10cratiche pcrchè queste SOno utili al dispotismo. Originalità? E' l'antico processo del. la ironarchia francese da Luigi XI a Lttigi XIV, alleata alla Sorbo11ne e al.la burocrazia contro la ('orte e la Chiesa: si appiica l'i11uminismo europeo con moderazione e secondo le pratiche esigenze dei soYra.ni. Se :;i guarda il fenomeno dal punto di vista delle dassi si scorge: 1.) una monarchia, in decadenza nel Sud; ancora impoknte ma piena di speranze nel Piemonte, ma tutta,·ia quassù e laggiù operante come elemento essenz.iale e quasi deus ex 11iachina.. .2.) nobili e grm1di ecclesiastici reazionari ad oltran.7,a1 feudali e teocratici; 3.) popolo a~sente, peso morto cli tutte le correuti 1 parn.ssitario ed estraneo alla vita econo11ica. 4.) una classe politica che è in parte l'antica feudale passata dalla parte del principe; in par- -te nuova, intellettuale e borgbese; le sue fun7,ioni però sono ge?1eralmente burocratiche: professa ossequio intero alla Monarchia. Nel settecento Piniziativa è del principe; ne11'ottocento passa a questa nuova classe politica: è chiaro dunque che solo nell'ottocento-si può parlare cli Risorgimento. E1 facile spiegare il fenomeno ,con-frontanclo un ministro del momento illuministico con uno del secolo scorso: D'Ormea e Cavour. Cortigiano il primo, con gli especiien.ti dell'intrigo e la sagoma del negoziatore. ~el secondo un temperamento europeO e la diplomazia fonàata sulle risorse della serietà, con lo sguardo acuto rivolto ai fatti economici scatnrigiui e preparazione sotterranea del fenomeno politico. 11 fatto è che tra D'Ormea e Cavour c'è stata cHmezzo 1a R.i\·o1u.zione francese. Il Risorgimento 11011 è conseguenza o imitaziqne di questa : tuttaYia non puo non tenerne conto. Alfi.ed fu il !"olo italiano che vedesse anche per noi la possibilità cli una rholuzione dal basso 1J1senso unitario, condotta da· aristocrazie repubblicane. Il s.uo pensiero è originales anticipa anche la Rivoluzione: francefe. E1 . un liberale, non un rifor•• mista. In Iui si possono :vedere le linee logiche del nostro rinnovamento. Nella realtà dovemmo .accontentarci di parecchie transazioni. Ecco in schema. una storia dell'ottocento. :Mentre Jc altre nazioni hanno compiuta la loro 1;forma protestante e si son-9 liberate da tutte le ideologie teoretiche noi non abbiamo 9iù bisogno di una rifonna religiosa; basta che afierm-i?..moi1 nostro spirito laico col distruggere il cl0t?1111ioterritoriaìe dei pontefici; 1na per questo scopo è utile e quasi necessario professare il 1.1.ostrorispetto alla Chiesa; attaccarla sul terreno politico, non !:ml c1ogmatico. Una rifor::ma. religiosa sarebbe stata una aberrµzione. Perciò il uostro Risorgimento resta fondamentalmente cattolico, e sono cattolici anche i più eretici. La preparn.z.ione intellettuale del movimento si esauri!--ce nel romantidsmo 1 che oppone un ratto]icismo spiritualistico tradizionale al cattolicismo sensùstico e conservatore della Sant...1A1- ]eanza. Ciò è importante sopratutto per uu rifedmen to pratico. La Chiesa ha fatto causa comune con gli assolutisn1i. Le monarchie, specialmente la Sabr111(ilasorprese e compromesse dai primi moYime11ti del secolo, hanno perso la 1oro funzione <li i11i:òatrici e segnono-l'equiEbrio generale, piuttosto retrive che progressive. Il popolo appena risYeglinto graYita• ecouomicameute intorno ai LA R I V O L li Z i O J\ E L I BE I<A I. F conventi e agli islituti di beneficenza, tutti cattolici; ed è perciò cattolico di istinto e cli educazione. L'iniziativa è tutta alla nuova classe borghese, che attuerà con Cavour la politica anti. feudale del liberalismo economico, per poterhi lledicare ai traffici e alle industrie cbe creeranuo la prima ricchezza mobile (capitale circolante) in Itali,-,_i\'fa come potrebbe questa classe fare unn politica anticlericale fuor che nella queslione dello Stato pontificio? Essa si troverebbe assolutamente isolala mentre la sua villoria è subon.linat:a alla possihililà di trasci11are co11 le a<;tuzie diplom.-'ltiche le altre classi, ,·olenti o no, sul.la sua via. Tutte le idee clominanti nella penisola sono catloliche o almeno cristiaoe (Gioberti, Man:;,.,oni, Ma,-.,z.i11i}.Solo le mi11orru11,epolitiche 1 intente al loro compito storico, credono essenzialmente allo Stato e alle nuove esigc111.e econo1niche. li neoguelfismo è lo stratagemma per cu.i le masse avverse al programma m1,-.ionaJe e bo1·- ghese sono indotte a segmre le 111i11orru1;,,e.Que. ste, snlo nascondendosi dietro idee banali, potev:1110 c,·itare l'isolamento 1 tenere il contatto nec-essario cou le classi popolari. .. el frattempo questa mi1101·an;, .... 'l borghese riesce a conqu.istare la mouarchia, tuttora incerta, e a serv.irsi del suo prestigio. Vittorjo Ema- -nuc1e II, mentre crede di a11argare il proprio Stato, se;ve al programma di Cavour che gJi fa trovare 1a sua nazione trasformata da regno costituzionale h1 governo parlamentare. Ora si può capire bene perchè Cavour potesse farsi aiutare dal la bo1·ghesia francese. Tuttavia questa cl.asse politica non può bandire troppo apertamente li.. idee di libertà e di democrazia che sono odiate in modo preciso dalle plebi ancora retrive. I più sono guadagnati con LU1agenerica propaganda di carattere nazionale e face11do giocare l'equivoco del cattolicismo liberale. Non essendovi (orze nè partiti ordinati si dovettere impiegare i volontari e sfruttare gli avventuriui. JI 11ebu.losomessianismo di Mazzi ili, I 'entusia~mo di Garibaldi, l'enfasi di tutti i tribuni furono gli elementi che evitarono l'isolamento completo. Tutto questo è materia e se ebbe una dire'l,ione lo si deve a Cavour. Egli è veramente lo spirito provvidenziale, Poriginalità del Risorgimento. La rivoluzione francese ha Je proporzion.i rli un grande dramma cosmico, di una ktralogia. E' la rivendica/4ionc di sterminate rna.sse popota,·i, la rivolta di uu popolo condotta da scelte guide horghesi contro la classe politica in decadenza. fu questo contrasto si vede un processo razionale maturo. li Risorgimento italiano invece è I.a lotta di LU1 uomo e dei pochi suoi fidi, contro UJ1 popolo di tendenze letterarie e ancora in preda alla miseria; I.a storia civile della penisola pare talvolta addirittttra il soliloquio di Carnur, che da una materia ancora lnfonne in <lieci anni cli diplomazia cerca cli trarre gii elementi della vlta economica moderna e i quadri dello Stato laico. La vittoria dell'eresia è il motivo centrale della nostra storia dell'ottocento. A:-:TIGUELFO. St:u.di di st:oria de1la sou.o1a MONOPOLIO E LAICITA' NEL '70 Luigi Cibrario, nella Storia di Torino, c1 informa che « nel 1335 il giudice ed alcuni savi del consigl.io esamin~rouo maestro Guglielmo di Bene inferiore, che domandava. l 'nffìcio delle scuole di grammatica, e trovatolo sufficiente 1 gli dier le scuole per un anno 11, ordinando che « niun altro maestro. potesse aprire scuola in Torino» e stabilendo il compenso dovuto dagli scolari. Nel 1346 • ebbe le scuole , per due anni tal Bertramino de Cumini da Milano, al quale il Co1nuue assegnò una casa, essendo le scuole di grammatica specie di convitti, e dodici lire viennesi l'anno di sovvenzione, col patto di mantenere una continua residenza in Torino e cli insegnare tutto l'anno e a qualsiasi sco!-3.to.Il Co. mune stabiliva inoltre il compenso dovuto dagli scolari e decretava: " niuno insegni grammatica per detti due anni in Torino, ec-cettuato soltanto i preti ed altri che ammaestramr qualche fanciullo , . Qui abbiamo la tendenza delle autorità ad estendere la protezione, ma, al tempo stesso, a vincolare la condotta dell'insegnante. L1illteresse delle autorità a controllare l'insegnamento, interesse che forse era costituito essenzialmente dal desiderio di garantire alle famiglie l'idoneità morale e professionale del docente, e l'i'nteresse dei maestri ad esercitare il proprio mestiere in condizioni di monopolio, co. incidevano. Questo protezionismo scolastico faceva della scuola una specie di appalto. La libertà d'insegnamento, dal 1400 al -1700, appare, più che altro, l0tta tra le Università, tendenti a conquistare, ognuno. per sè, il privilegio del monopolio. Questo hanno capito pochissimi, .per scarsa conoscerum st01ica della questione. Un errore frequente; ad esempio, è quello di ritenere che 1'U11iversità di Torino fosse una specie di cattedra ambulante, e di dire che si trasferl, in periodi successivi, a Chieri, a Saviglia.no e a l\1ondovL Vero è che emigi·o.vano i docenti ed erano seguiti da gran parte degli scolari, ma non si tratta cli nomadismo dell'Università di Torino, bensì cli concorreuza tra quella e le altre Università. Nel 1421 Chieri apri uno Studio in concorrenza con quello cli Torino, riuscendo a portargli via e gli insegnanti e gli scolari. Decaduto lo Studio di Chieri, Savigliano fonda llllO Studio. Solo nel 1436 Torino riesce a riaprire la propria Università. Lo sforzo dei principi, da allora, fu quello di assicurare all'Università di Torino llll certo 11u1nero di allievi e di insegnanti. Carlo Emanuele lI vieta, nel 1584, ai Collegi cli Mondovì di insegnare pubblicamente qualsiasi facoltà inse<Ynata uell 'Università di Tori.110,sotto pena di ceni~ scudi di multa per ogni lezione. Carlo Emanuele II stabilisce con la s1ta R. Patente (2 ottobre 1674) che nesst1110 sia ammesso agli esa1ni di 1aurea senza una dichiarazione dei pro• fessori d'ell1Università di Torino 1 dalla qua1e'risultasse che !'esaminando aveva studiato sotto lettori' approvati e nella lonna prescritta dalla legge. Per tutto il seicento assistiamo alPalterna vicenda di libertà e monopolio scolastico nella lotta non mai stabilmente 1isolta tra PUuiversità di Tot'ino e i Collegi cli Mondovl, frequentati specialmente da studenti genovesi, e quindi difesi dagli intere5Si del commercio locale. Solo con Vittorio Amedeo II si iniziò una coe. rentc politica "cli m0nopolio, laica di fronte .al pericolo g"esuita. Il suo monopolio non era circoscritto agl~ alti studi. J?er oui l'Università era qnello che doveva apparire a Napoleone I: il centro regolatore cli tutto l 'i11seg11amento. Dice, infatti, I.a sua Costituzione: « tutte le scuole della capitaÌe e delle provincie avranno Ull'unità, benchè akuue veugan.o mentovate come cose· fuori dell'università solamente a cagione della diversità del sito; epperò tutte le scuole che dalla gratrunatica inclusivamente fino a tutta la teologia verranno dovunque sias{ destinate, debbono considerarsi come diramazioni, parti e membri cieli.a Università, e quindi alle stesse disposizioni omniuamente soggette •· Ai Gesuiti sostitul maestri e professori laici, I metodi ili tutte le scuole vennero minutamente prescritti dal governo e non fu lecito scostarsi dal programnia ufficiale. Si posero le basi della scuoi.a secondaria, che fino allora era stata una larva, fondando, in ogni capoluogo di pro·vincia collegi di istruzione ...media. . .'\. questa politica, continuata. sistematicamente dai successori di Vittorio Amedeo II, potremmo giustamente rimproverare di aver aggravato il monopolio universitario, ma bisogna tener presente che gli alti studi erano abbandonati all'arbitrio di gente che distribuiva titoli, facendone un mercato 1 come era dei marchesi del Carretto, signori di Mombaldone, che avendo ottenuto dall'imperatore Leopoldo I l'autorizzaziÒne a creare dottori di qualunque facoltà, e maestri e baccellieri, vendevano i tito,li a quattrinai ignoranti, Ci troviamo dinanzi a principi riformatori, il cui laicismo tende ad assicurare il loro governo dalle invadenze clericali e a conservare I 'ortodossia religiosa compro111essa dalle eresie ecclesiastiche. Dietro la figura ili Vittorio Amedeo II si nascondono quelle dei suoi ispiratori : Francesco cl'Agnirre e Scipione ìVIaffei, autori di relazioni elle servirono di base alla riforma scolastica, 1'.indirizzo anticurialesco dei quali coincideva ,con gli interessi politici del loro !:-Ìgnore, bigotto tan. • to da sottoporre le scuole pubbliche al più opprimente confessionalismo, conservatore in modo rosl gretto da non curare minimamente la forniazione dell '.inseguamento primario e d01ninato da quello stesso pregiudizio ili casta che portava Carlo Emanuele III a render quasi imp<>Ssibile ai gioYan~ di origine plebea l'adito agli studi supetiori. Se in Piemonte i pi--incipi, viventi in un'atmosfera mili~e, burocratica e gesuitica, si decisero a porre mano a rifonne che, consideral)do l'ambiente in cui si effettuarono, non si possono tacciare di eccessiva timidezza, fu perchè tutto un vasto movimento innovatore stava matw·ando. Espulsi i Gesuiti uel 1767, Carlo III di Borbone, coadiuvato dal ministro T3nucc.i1 intraprendeva, nel 1770, la riorgani12..azione laicale dell'insegnametlto me::ùio<li Napoli e nelle principa.\r città del Regno dèlle d.ue Sicilie. Nel Dttca.to cl i Parma, Piacenza e Guastalla, sotto il governo cli Filippo Borbone, il Du Tillot e il padre Teatino Paciaudi 1 attendevano all'instaurazione del monopolio principesco su tutte le scuole: proibito l'insegnamento privato, costretti i chierici d'ei seminad episcopali a frequentare gli isti. tnti pubblici, vietato l'uso dei testi non approvati dalle autorità civili, affidata ìa suprema direzione cli tutto l'insegnamento al MagiStrato dei rifonnatori degli studi. lu Lombardia, sotto i\1aria Teresa e Giuseppe Il, ispiratori i Giansenisti, si inst..1.11.ravaun organico ed unifonne regime degli studi, si perseguitavano le scuole private, e si faceva -dello Studio pavese un centro teologico di opposizione alla Curia romana, in cui erano obbliga.ti a compiere i loro st11cli tutti 131 i seminaristi lombardi. In Toscana, Leopoldo I, ispiratore Scipione de' Ricci, espulsi i Gesuiti, nel 1773, accentrava nelle sue mani tutte le scuole, abolendo gli istituti privati ed iniziando una ardita rilonna dei seminari. Dando un'occhiata alle date vediamo che questo movimento ebbe in Piemonte lt sue prime notevoli afiermazfoni. CAMILLO BER>1ERL GijlSPIE ltll OEJOGijllZIA. Intorno al nome di Cri.spi si va formando da tempo una stravagante kggenda che specialmente in questi inquieti giorni di crisi e confusione trova larga diffusone e coru;enso fra gli nomini di facile contentatura. Si atr',a attribuire da alcuni, per sommaria comodità polemica, ali.a figura di Cr.ispi il cupo piglio del rt:a2ionario assoh1tista ~ clericaleggiante. Ora, in tali con.dizioni, i; forse bene ricorrlare alcune idee e alcuni segni infallibili della interiore costruzione di intuiti e -volontà che in ogni ora della sua vita tumultuosa resse e governò I ·opera di Crispi_ • Spesso gli autoritari pari.ano di diritti dé:ilo /-iato. Questo è llll errore. Lo Stato non ha diritti e non può averne. Esso riceve una delega. zione del popolo per l'adempimento delle fllllzioni che gli vengono attrib11ite; ed il popolo che eccede i limiti della sua delegazione e abbandom i suoi diritti allo Stato rum è degno della libertà, ma fonda con le sue mani il dispotismo e la schiavitù •· Sono parole eh 'egli scrisse in un momento di sua grande responsabilità quancio, dopo una lunga battaglia parlamentare e politica, !'a.ud.ace Sinistra cui Ciispi apparteneva da anni, riusci a conquistare il potere; parole che si trovano consacrate in quel suo libro famoso I do-veri del Gabinetto del 25 marzo che, varie volte ripubblicato anche negli anni in cui Crispi aveva assllllta direttamente la responsabilità del Governo de! paese, non fu mai in nessun modo modificato. E altrove: • Il partito democratico ha una grande missi0ne ai giorni nostri : esso deve innanzi tutto, rompere le ilistinrioni di classe, raccogliere il popolo in UlJ fascio per rappresentarlo e curarne gli interessi , . E, contro la possibilità di una sua presunta tendenza a transigere sul problema della questione romana, io credo valgano a sufficienza due frammenti di suoi vecchi discorsi pronunziati in epoche intense e memorabili : • Poicbè avemmo la fortuna cli abolire il potere temporale della Chiesa, noi dobbiamo provare coi nostri voti che saremmo pronti, anche con gli altri mezzi, a impedire che il Papato civile 1)0Ssa un 'altra "ç,Qltarisorgere >-• Si trova codesta dichiarazione in llllO dei suoi più forti e complessi discorsi elettorali, Ma non basta. Lo spirito di essa non mutò mai veramente, nemmeno quando Crispi assunse la direzione della politica nazionale, come si può agevolmente .rilevare da un'intervista da lui concessa, nella qualità cli Presidente del Consiglio e subito dopo i\ famoso discorso di Napoli conchiuso nel nome di Dio, a Y/1 giornale di Berlino nell'ottobre del r8g4: ' • , Quanto al Vaticauo particolarmente, credo oggi, come ho sempre creduto, che l'estrema concessione fatta dallo Stato sia nella legge delle guarentigie e che non si possa andare più in là>. Ora che mai sono tutte codeste chiare e risolute idee se non il segno infallibile di un'interiore sistema di pt:nsiero? Il quale sistema di pensiero si rivela, per esse, intimamente· liberale e democratico, ili quel liberalismo e cli quella democrazia che non sono le tristi degenerazioni contemporànee contro le quali è troppo !acile appuntar critiche ed ingiurie, ma sono il senso critico de11a nostra vita che di continuo si forma, il lievito fecondo della nostra storia in cammino. Tale democrazia specialmente vuole significare flusso perenne e invisibile delle incessanti energie della razza eh~ affiorano ed emergono alla superficie a rinnovare con la loro schiet~ sanità gli strati ormai stanchi e svuotati; e perciò essa è possibilità infinita cli iniziativa e incessante nascita, forma primogenita e fedele della. ·dta che non ouò morire. In un~ dei suoi più forti discorsi Giovanni Amendola ha definito esattamente codesto profondo· valore. della nostra democrazia : • democrazia. in Italia significa questo: che l'avvenire del nostrO' paese non è soltanto negli ·uomini che oggi effettivamente partecipano alla vita. e alla coscienza nazionale, ma. è in tutti gli umili, in t'utti coloro· che nell'avvenire saranno innalzati fino al lh-ello della vita nazionale, della quale oggi sono soltanto partecipi in una maniera inferiore; significa che le porte della vita italiana debbono restare aperte· a tutte le forze che sàlgono dal le p-rofonclità della stirpe •. A questa òemocrazia apparteneva Francesco Crispi. @gERARDO MARONE. "b'E<30 DEI1bASTAffiPA ,, il ben noto ufficio di ritagli da giornali e riviste fondato nel 1901, ha sede ESCLUSIVAMENTEin Milano (12) Corso Porta Nuova, 24. Chiedete opuscoli esplicativi e tariffe con se111• plice biglietto da visita.

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