Gl'Istriani a Vittorio Emanuele II nel 1866

- 21 - nazionale da quella numerosa schiera di giovani nostri, che accorse presta sotto le armi d'Italia, e che già ebbe a suggellare con la vita l'amore della patria comune. In che dunque saremmo da meno degli altri, per subire l'indicibile sciagura di vederci sacrificati all 'Austria, di portare ancora le catene del secol1,1renostro nemico, mentre ogni altra famiglia italica avrebbe trovato pietà e giustizia? Con Roma queste nostre provincie furono sempre regione d'Italia e fuori di dubbio la più gelosa come lo provano i monumenti militari di cui ammiriamo ancora i numerosi avanzi, e che lungo tutta questa frontiera aveva eretto il genio romano di contro alle nazioni d'oltralpe. E quando queste, fiaccata la potenza dell'impero, irruppero di qui a depredare ed asservire l'Italia, furono le genti della Venezia marina e dell'Istria che meglio d'ogni altra ne salvarono il nome costituendosi a reggimento di liberi comuni (i primi comuni italiani dell'evo medio) sotto la nominale signoria di Bisanzio. Continuò poscia sempre generosa la lotta contro gli stranieri, Longobardi, Slavi, Avari, Unni, Saraceni, sì che sappiamo fino da allora affidato l'onore del veneto ·vessillo o, come dicevasi in quei tempi, l'onore del beato Marco, alle galee e alle armi alleate degli istriani. Nè il feudalismo della campagna, imposto da Carlo Magno, franse i tradizionali propositi di questa provincia, chè, sebbene italiana fosse la corona a cui ne veniva ascritto il territorio rustico, i municipii preferirono Venezia e pugnarono, per lungo volgere d'anni, con tanta tenacità e concordia di voleri contro la signoria dei marchesi e contro il succedutovi patriarcato di Aquileia che fino dal millequattrocento si trovò anche l'Istria marchesale sotto il diretto dominio della Repubblica. B;blioteca G 110 Bianco

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