il Potere - anno II - n. 4 - aprile 1971

Aprile 1971 il POTERE pag. 3 llli)jllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllmllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll GENOVA Socialis et democratica ivitas p!RENZE 1471. L'umanista Al- -· REGIONE bericus Beneporadus, indossa– ti gli abiti curiali e le insegne di sottosegretario della Repubblica Fiorentina, entrò nello studio per dedicare le ultime ore del giorno e le prime della notte ai suoi pre– ziosi incunaboli. Dopo che il domestico Luigi (detto il Casaccia) ebbe deposto il lume e detto borbottando: «Buo– na notte, sor padrone ... », il « pic– colo sottosegretario fiorentino », già gran conestabile e regolano de' lazzaretti (di qui il favore ch'egli godeva presso i Medici), cercò la posizione migliore per una lettura proficua. Appoggiò, come un pel– licano, la testa sulla schiena, poi socchiuse gli occhi, si stirò i baffi con la punta delle dita, se li leccò come un vecchio gatto e si immer– se nella lettura di Tacito. lllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll La conferenza regionale sulle partecipazioni statali Ombre e luci diundibattito Sulla conferenza ligure delle parte– cipazioni statali pubblichiamo qui di seguito un intervento di Franco Monteverdi, dell'ufficio studi della Cgil, e nella pagina seguente un con– tributo di Giorgio Giorgetti dell' Jl. res. Nel prossimo numero pubbli– cheremo sull'argomento un articolo degli amici della Fim-Cisl, pervenu– toci in ritardo. LA mancata partecipazione dei ministeri responsabili alla conferenza ligure ~ulle partecipazioni statali del 3-4 aprile, I assenza completa nel dibattito dei qua– dri dirigenti a livello centrale e locale delle finanziarie e delle imprese pubbli– che, l'evidente imbarazzo delle forze po– litiche locali della maggioranza sono una limpida testimonianza di una pesante real– tà: la politica economica del governo e le scelte operative degli enti a parteci- I pazione statale comportano per il paese ed in particolare per le aree territoriali depresse o in fase involutiva, come ad esempio la Liguria, dei pesanti costi di ordine economico e sociale. Oggi nel momento in cui la classe diri– gente del paese, sotto la spinta incalzan– te delle rivendicazioni delle classi lavo– ratrici, trova margini sempre più ristretti per mantenere ben salde le redini della società, si aprono gravi crisi e profonde lacerazioni. Le forze politiche con respon– sabilità di governo nelle aree in cui più manifesti appaiono i danni prodotti dal tipo di sviluppo imposto al paese, come in Liguria, sentono in modo accentuato il peso delle loro responsabilità ed intui– scono che, pena una loro grave sconfitta, non possono ulteriormente avvallare un tale stato di cose. L'abbandono di pro– spettive di sviluppo economico e sociale che tendevano a creare una qualsiasi mediazione fra tendenze dell'economia na– zionale e crisi delle strutture portanti della ecooomia regionale, quale è stata negli anni passati la formula • Genova e la Liguria area di attività di servizio •, rappresentano un chiaro segno di questa consapevolezza. Purtuttavia a dette Ione non è ancora chiaro (o non è loro permesso, tenuto conto delle indispensabili solidarietà con le responsabilità politiche centrali), che rifiutare di pagare ulteriori prezzi nella china involutiva della Liguria significa contrapporsi alle decisioni operative degli organi di governo e degli enti di gestione pubblici. Sicché gli organi di governo locali appaiono investiti da una crisi che si manifesta in atteggiamenti profonda– mente contraddittori. Essi ormai accettano le analisi critiche proprie delle organizzazioni sindacali e delle forze sociali avanzate, si sforzano di impedire l'esplodere di fasi acute delle crisi produttive, come nel caso recente dell'Asgen o della flotta Finmare, ma appaiono incapaci di formulare proposte di sviluppo che propongano una alterna• tiva e siano in grado di creare nella regione una fgrza contrattuale unitaria in grado di influire negli orientamenti eco– nomico-finanziari dei poteri pubblici cen– trali. I due giorni di dibattito alla Fiera del Mare hanno trovato in questa profonda contraddizione il loro limite e nello stes– so tempo il motivo centrale di interesse. Un secondo elemento è emerso dal dibattito: la necessità e la volontà di impedire chiusure di fabbriche (vedi il caso dell'Ape di Savona), trasformazioni errate [vedi i casi dell'Agen di Sestri e del Muggiano di La Spezia) o ristruttu– razioni basate su ipotesi di sviluppo set– toriale abbandonate a/l'improvvisazione ed alla subordinazione ai grandi gruppi in– ternazionali (come nel caso del Mecca– nico Nucleare) costringono le forze poli– tiche di maggioranza ad un confronto ravvicinato con gli obiettivi di lotta della classe operaia. Infatti si stanno sviluppando nel paese le lotte per le riforme, mentre in alcune grandi fabbriche liguri stanno per aprirsi delicate e decisive vertenze sindacali. Le lotte per le riforme e le lotte articolate di fabbrica per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro degli operai, dei tecnici e degli impiegati propongono un diverso orientamento dell'economia nazionale omogeneo alle necessità di svi– luppo delle grandi imprese liguri a parte– cipazione statale. Sicché scegliere il cam– po di lotta a favore della sopravvivenza e dello sviluppo di queste imprese spinge ad allargare il proprio impegno sulle gran– di questioni sollevate, ormai da alcuni anni, dalle rivendicazioni dei lavoratori. Ma come è possibile da parte delle forze politiche di governo addebitare alle lotte dei lavoratori le difficoltà attuali del mer– cato, premere per l'abbandono delle ri– chieste più qualificanti sulle organizzazio– ni sindacali e nello stesso tempo ricono– scere la validità di lotte in difesa della occupazione e per il rilancio produttivo della Liguria, che fanno parte integrante di una strategia generale di lotta dei lavoratori? Ecco quindi l'esplodere di una seconda contraddizione che limita ancor di più l'impegno e l'incisività degli organi di governo locale. Un terzo elemento infine è emerso dal dibattito: una delle cause di fondo della crisi dell'economia e della società ligure è rappresentato proprio dalle scelte ope– rate negli anni passati ed ancor oggi dagli enti locali della nostra regione. L'ac– cettazione passiva delle linee di tendenza del mercato nazionale ha portato ad indi– rizzare gran parte del capitale privato della regione allo sfruttamento intensivo e tumultuoso delle rendite parassitarie. Tra queste, fondamentale, la rendita fon– diaria urbana, asse quasi esclusivo delle attività produttive delle decine e decine di città rivierasche, e parte crescente delle attività degli stessi capoluoghi. Tale saccheggio è stato possibile pro– prio per la totale acquiescenza degli enti locali. Nel breve periodo lo sfruttamento della rendita fondiaria ha portato ad un grave declassamento delle destinazioni d'uso del territorio, alla distruzione del patrimonio naturale ed al sorgere di gravi fenomeni disincentivanti. Sicché, oltre alle gravi conseguenze che questi fatti hanno bibliotecaginobianco comportato per la società ligure e per le attività produttive dei settori terziari, si è venuta determinando una situazione decisamente sfavorevole non solo per un ulteriore sviluppo delle attività industria– li, ma anche per la loro sopravvivenza. La riduzione progressiva delle aree a de– stinazione industriale, le congestioni pau– rose, le commistioni più assurde spengo– no ogni slancio produttivo, invitano le imprese esistenti a trovare aree più fa– vorevoli. Le forze di governo locale su questo punto sono state investite in mo– do diretto della responsabilità che loro compete in ordine alla crisi industriale ligure. ma non hanno saputo indicare una svolta nelle loro scelte programma– tiche. M.::lgrado ciò possiamo riconoscere alla conferenza regionale sulle partecipazioni statali alcuni aspetti positivi. In primo luogo la conferenza ha messo in luce con maggiore chiarezza di quanto fosse precedentemente, e per l'opinione pubblica e per i protagonisti, la natura della crisi della società ligure ed il ca– rattere dello scontro politico in atto. Sot– to questo profilo la pressione delle orga– nizzazioni sindacali, forti della loro con- 11uistata unità di azione ed autonomia di giudizio, è stata determinante. 11 proble– ma degli schieramenti politici, tradiziona– le cortina fumogena per coprire la realtà, ha perso ogni mordente ed è rimasto ai margini del dibattito. Illuminante a questo riguardo il comportamento imbarazzato e confuso della presidenza del convegno di fronte alla presentazione dell'ordine del giorno unitario delle organizzazioni sin– dacali. In secondo luogo sono contemporanea– mente naufragate due tradizionali scappa– toie delle classi responsabili della nostra regione: il municipalismo e la sterile ram– pogna contro supposti tradimenti verso la nostra regione dei pubblici poteri cen– trali. Il massi.ccio schieramento operaio costantemente presente alla tribuna ha messo l'accento sul carattere nazionale della crisi ligure e sul suo rapporto stret– to con il tipo di accumulazione esistente nel nostro paese. Solo superando il mu– nicipalismo è possibile affrontare il nodo che soffoca la regione; ma non per di– slocare su un piano regionale le tradizio– nali impostazioni. ma per trovare un rap– porto positivo .. con le altre aree del nostro paese, prima fra tutte quella meridio– nale, che soffrono anche in misura più acuta le conseguenze del tipo di strut– tura produttiva del paese e con quelle classi sociali che partendo dalla inaccet– tabilità della loro condizione, contestano detta struttura. Franco Monteverdi Firenze dormiva sotto il raggio della luna, in una notte trapunta di stelle; la casa di Albericus, tut– ta decorata in cotto, sembrava un iceberg immobile. Già... la casa. Albericus Beneporadus ebbe un sussulto: il servo Casaccia (il cui russare regolare e profondo attra– versava già i muri spessi due me– tri) s'era dimenticato di pagare la pigione alla terribile padrona: monna Cia degli Amerighi! « Mo' gli nasca il vermocan! - esclamò Albericus - Quella maladetta Fe– mina darà in ismanie. Avvegnaché essa sia parata a fornire li miei omini d'arme e fiorini in caso di pugna, s'io non pago la pigione è ben capace di venirne innanzi nel– la corte a dare in strida e pianti ». Monna Cia degli Amerìghi era la vedova più potente della Repub– blica, assai più ricca degli stessi Medici, che in pratica comandava su ogni cosa. Ogni porta era con· tra/lata da suoi gabellieri e fami– gli. Albericus era il suo più fedele sostenitore, ma lei lo strapazzava se non rigava diritto. RAFAEL ALBERTIA GENOVA Il garofano e la spada E' stato un successo: e questo è im- portante. Soprattutto se si conside– ra la difficoltà d'approccio con questo tipo di spettacolo e il tema non a tut– ti gradito (la situazione della Spagna). il sottotitolo di • Tra il garofano e la spada • è • vita di un poeta " e su que– sto modulo - il racconto della vita di Rafael Alberti - si è snodato lo spettacolo. E' la vita di un uomo che sente fortemente le sensazioni della sua terra di Spagna, in versi vigorosi, genui– ni, che non cedono alla ricerca dello effetto. Dalle prime composizioni, lun– go quarantacinque anni di ininterrotto la– voro, si passa attraverso le scelte cul– turoli ed espressive di rottura nei con– fronti di una tradizione letteraria trop– po pesante e non più accettabile. Poi i versi del caos, della guerra ci– vile, il ricordo struggente di Federigo Garcìa Lorca. E' una Spagna senza vi– ta quella che entra nell'éra franchista: una Spagna di bambini affamati, strac– ciati e senza sorrisi, una Spagna di uo– mini senza parole, di eroi caduti sulle barricate, nelle strade, nelle piazze. Questo il racconto di Alberti. Poi l'esi– lio, il vagabondare fino a Roma, dove vive attualmente, e il seguire dall'Ita– lia le vicende del suo paese; lo scon– volgimento e lo choc dei fatti di Burgos; l'illusione che è negli ultimi versi: il toro - la Spagna - che si ridesta tra- sformando le piazze in arene e la pau– ra, l'oppressione in nuova libertà. Questa la scorsa veloce degli awe– nimenti, di una vita, fatte con I versi e l'azione mimica sul palcoscenico. Ac– compagnati dalla voce registrata di Ra– fael Alberti che racconta se stesso; con la proiezione di bellissime diapositive e l'inserimento di alcune canzoni, la più bella delle quali, • Poetas Andaluces •, resa famosa dagli Aguaviva, riesce a far rivivere un altro attimo di ispirata par– tecipazione al pubblico. Un buon successo, dicevamo, con la poesia che si scopre e diventa teatro per l'invito di un poeta che ha assun– to - ha voluto assumere - una fun– zione storica valida e credibile nella cul– tura del suo paese. Uniche note che cl hanno lasciati perplessi: la dizione spa– gnola un po' approssimativa dei bravi e impegnati attori (e si che in spa– gnuolo c'erano solo pochi nomi...) e for– se un po' la contaminazione, la com– mercializzazione che ci sembra awenga con la trascrizione in italiano di versi che fortemente risentono della nascita in castigliano. Ma sono appunti che nul– la tolgono alla validità culturale (e poli– tica) della proposta che Rafael Alber– ti ci ha fatto attraverso questa giovane compagnia. Mario Bottaro Albericus sospirò e cambiò spal– la come appoggio alla testa. Avvi– cinò la lucerna e prese un foglio. La penna d'oca scricchiolò sulla pergamena: « Soavissima Monna Cia - incominciò - è con som– mo dispiacimento che vengo a sod– disfar lo pagamento della magio– ne, con pochi di di ritardo. Lo stolto Luigi (il Casaccia) spendet– te li fiorini ingaglioffato nelle oste. rie tra lo vino e li dadi. Procaccio eziandio d'inviarvi dilli trenta fio– rini attraverso uno mercante cici– liano, ottimo gabelliere, Radolfo de' Cani Gelosi, omo di gran sen– no... ». Qui s'interruppe. E se le scrivessi in latino? No, Monna Cia è più raffinata, sarebbe stato meglio scrivere in greco, conside– rato che aveva fatto un lungo sog– giorno ad Atene. « Penserovvi di– mane, al primo albeggiare ... ». Scacciò anche questo pensiero. Il silenzio della notte fiorentina fu rotto da una serenata. Erano due genti/omini: messer Polo de' Machiavelli e messer Sergio de' Ferrari che accompagnati dai fa– migli con liuti e mandole facevan serenate a piacenti gentil donne. La voce di messer Polo riempiva i vichi. « E' Calendimaggio - pen– sò il piccolo sottosegretario fio– rentino - e codesti zerbinotti so· gnan femine a meno d'un mese dalle elezioni de' priori delle cor– porazioni. Passi per messer Polo, ma messer Sergio che è un de' mie' fidi ... ». L'umanista allora si gettò sulle pergamene a tracciare piani di po– tere. Scrisse abili messaggi ai si– gnori più potenti dei dintorni: al capitano di ventura Ferromauro di Arezzo, al podestà de/li Bruzzi Tano degli Assi e infine, l'ultimo, al sire Giuseppe il Magnifico. Si stropicciò le mani soddisfatto. Si aggiustò il Iucca sulle spalle e an– dò alla finestra: l'Arno era dav– vero d'argento, la luna d'oro, Mon– na Cia esigente, ma giusta. « So– cialis et democratia civitas », intuì compiaciuto: « Ecco un motto che un giorno alcun farà suo ». Il canto di messer Polo, improv– visamente, riempi la stanza zep– pa di carte e rari volumi. Il fioco lume della lucerna oscillò. Preso da un improvviso groppo di com– mozione, ricordando d'essere sta– to ai suoi giovani anni poeta, pri– ma che umanista e sottosegreta– rio, accompagnato dal sottofondo del canto e dei liuti che lontana– vano nella notte e dal sincopato contrabbasso del russare del ser– vo Luigi (il Casaccia), Albericus si mise a poetare. Dalla penna gli sgorgò, in quella notte magica, un tenue sonetto: Sergio, vorrei che tu e Lapi ed io s'afferri lo potere prontamente si ch'a Fiorenza diligentemente si faccia solo il voler vostro e mio. Sì che 'I crude! Cerofolini rio non ci potesse dare impedimento, e noi viaggiando con in poppa il vento di comandare aumentasse 'I disio. E monna Cia ed altre monne poi sian pronte ad evitare onne tormenta aiutandone sempre con amore ed il Giuseppe, il buono incantatore, Ferrom□uro gittar nella romenta, sì ch'io credo che sia fortuna a noi! Bébert

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