il Potere - anno II - n. 4 - aprile 1971

pag. 6 IL POTERE - Al di là di specifici fatti, quali sono secondo loro le cause più profonde della crisi di Genova e quali le possibilità concrete che il co– mune ha di farvi fronte? ADAMOLI - A una domanda cosl complessa si può anche rispondere in modo molto semplice. Le cause della crisi di Genova si trovano negli indi– rizzi della politica locale strettamente collegata con le scelte del potere cen– trale e perciò le possibilità di un su– peramento della crisi dipendono da un cambiamento di tali indirizzi con un cambiamento, non gattopardesco, degli schieramenti politici. Come ha potuto trovare posto, per anni, l'aberrante, sui– cida, teoria della vocazione terziaria della città se non sulla base della « lo– gica » di un certo tipo di sviluppo del– l'economia nazionale, quello che oggi vede aggravati tutti i vecchi mali sto– rici, strutturati dalla società italiana? Quale contropartita reale si è avuta, si è trovata, alla chiusura di tanti sta– bilimenti, alla fuga di tante aziende, alla caduta dell'occupazione operaia, al– l'uscita della nostra città dall'orbita del– l'industrializzazione? Cosa ha portato di nuovo la famosa scelta di città di servizi se non un progressivo declas– samento? La crisi di Genova non è irreversibile. Non è una fatalità. E' il prodotto di una politica locale e nazio– nale. Si può, si deve cambiare. Non deve essere più una beffa definire Ge– nova capitale del mare e capitale del– l'Iri. Mare e partecipazioni statali: ec– co i temi di Genova che devono fare della nostra città una protagonista di lotte nazionali. PEDULLÀ - La domanda è ben for– mulata, consentendo una risposta che prescinda da « specifici fatti » i quali, non solo possono influenzare in mi– sura non proporzionata i giudizi, ma, soprattutto, possono spesso essere uti– lizzati per deformare la verità. Ho già detto in più occasioni che non condivido la tesi della « crisi di Genova » a meno che a questa parola non si dia il significato etimologico di trasformazione. La nostra città è stata quella che, nel paese, più di ogni al– tra ha risentito delle conseguenze del dopoguerra, sia di quelle negative, connesse alla ristrutturazione di proces– si produttivi legati alla 1ir?duzione bel: Jica, sia di quelle pos1t1ve derivanti dal boom industriale. Quest'ultimo fe– nomeno - determinatosi in misura as– solutamente imprevista - ha preso in contropiede la città con esigenze, in misura rilevantissima, di aree e mfra. strutture di comunicazione. Genova ha risposto a queste due richieste tardiva– mente, ma non mi sento di affermare che ciò sia avvenuto per miopia o ne– gligenza, data l'entità del fenomeno. La tardiva risposta nel settore delle infrastrutture di cui solo ora stiamo conseguendo l'adeguamento, è chiara– mente dovuta alla loro complessità, non solo a causa dei bisogni tecnici, ma anche perché, nel primo decennio, il governo ha preferito, nella penuria dei mezzi, comprensibilmente riversare le disponibilità in opere a più basso co– sto unitario. Quanto alle aree, affermo che la ri– sposta è stata tardiva - e lo è tutto– ra - non perché col tempo la loro entità potesse crescere, ovviamente, ma perché non si è compreso subito che il problema doveva essere dilatato a dimensioni territoriali più vaste. Ogg, si disporrebbe degli strumenti giuridi– co-legislativi e finanziari per dare al grosso problema una soluzione ampia, moderna, adeguata anziché costringere gli operatori alla episodica --;- e sp~s– so disarticolata - ricerca d1 soluzio– ni che hanno più il sapore dell' « eso– do» e dell' «esilio» che non dello ordinato e funzionale «trasferimento». Purtroppo tali idee stentano ancora oggi a farsi strada e ciò è, a mio a_v– viso, la causa più profonda delle d1f- il POlERE INTERVISTA CON PEDULLA' E ADAMOLI Due proposte per la città Genova rinnova il suo consiglio comunale in un momento de– licato sia per la vita nazionale che per quella cittadina. Sul piano nazionale lo scontro tra la prospettiva degli equilibri più avanzati e la prospettiva del centro-sinistra irreversibile man– tiene il punto interrogativo sulla stabilità del governo. Nel Paese aumenta la disoccupazione e l'inflazione permane strisciante: lo stesso sviluppo economico cerca prospettive diverse dallo spon– taneismo e dalla speculazione. Genova deve scegliere le vie della sua crescita: deve trovare il senso dell'autogoverno citta– dino nel quadro dell'autonomia regionale, deve scegliere le vie del proprio sviluppo economico e sociale, evitare di essere la provincia coloniale dell'industria di Stato, imporre ai problemi centrali un dialogo di parità. Su questi argomenti abbiamo chie– sto il parere a due protagonisti della vicenda amministrativa ge. novese: Gelasio Adamoli e Augusto Pedullà. Adamoli fu sin– daco dal 1948 al '51, nell'unica maggioranza a direzione comu– nista espressa dalla città; Pedullà ha presieduto la seconda e– sperienza democristiana. Uomini diversi, sindaci in tempo di– verso, politiche anche diverse: ma uomini, sindaci, politiche posti al banco dei medesimi problemi. ficoltà di superare rapidamente questo periodo storico delicato per la città. Ovviamente, un discorso a parte va fatto per il porto, per il quale le solu– zioni sono state da tempo indicate e trovano ancora inspiegabili difficoltà e grossi inciampi. IL POTERE - Se dovessero indicare tre impegni prioritari per la prossima amministrazione comunale, a quali pen– serebbero? PEDULLÀ - Non ho dubbi: l'asset• to territoriale, la ristrutturazione de– gli uffici comunali anche in connessio– ne col decentramento, il rilancio cultu– rale e turistico. Sul primo tema la prossima ammi– nistrazione troverà un bel tratto di stra– da percorso; se saprà e vorrà utilizza– re il lavoro compiuto, il tanto auspica– to nuovo piano regolatore della città potrà essere approvato - anche in relazione alla competenza che presto avrà l'ente regione - in non molto tempo. L'impostazione è stata tale che, se approvata e affinata, offrirà aree per industrie di medie dimensioni, for– te rilancio dell'edilizia popolare, di– sponibilità ampie per i molteplici ser– vizi di cui la comunità ha bisogno, so– luzioni felici ai problemi città-porto. Quanto alla ristrutturazione dei ser– vizi, il lavoro compiuto è stato serio e notevole e potrà ottenere una impor– tante integrazione nell'attuazione one– sta di un decentramento democratico che non può limitarsi alla fase - pur lodevole e indispensabile - delle isti– tuzioni, ma dovrà passare all'adegua– mento, laddove possibile, dei servizi. Infine, auspico la costituzione di un assessorato alla cultura - che potrà o meno assorbire quelli attuali alle belle arti e alle biblioteche - che do– vrà promuovere iniziative culturali mo– derne e coordinare quelle esistenti, di entità e qualità tutt'altro che trascu– rabili anche se spesso ignorate, Non a caso ho unito il tema del rilancio culturale a quello turistico, in quanto io credo fermamente alla nostra città come sede di un importan– te « turismo culturale», ricca com'è dei suoi due elementi portanti, quello monumentale e quello paesaggistico. ADAMOLI - Anzitutto un nuovo pia– no regolatore generale nel quadro di una politica del territorio regionale e interregionale. La giunta Pedullà, quan– do il decreto di scioglimento del con– siglio comunale era già sul tavolo di Restivo, ha fatto malamente approva– re dalla sua striminzita e incerta mag– gioranza la richiesta di revisione del piano regolatore del 1959 sulla base di indirizzi che, sotto molti aspetti, ag• gravano ancor più i già pesanti proble– mi della struttura urbanistica di Geno– va. Un nuovo piano regolatore per una Genova diversa, moderna, carica di po– tenziale di sviluppo economico e civile, significa ristrutturazione delle valli in– dustriali, definizione delle zone residen– ziali e di quelle industriali, case in quartieri di investimenti pubblici, scuo– le trasporti, impianti sportivi, impianti civili. L'altro impegno è quello che discen– de dalla valutazione della crisi di Ge– nova cui si è discorso: lotta unitaria cittadina per i nuovi indirizzi nella po– litica marinara e nella politica delle partecipazioni statali. Questa è la stra– da per affrontare la disoccupazione dei giovani, dei diplomati, dei laureati, la crisi del commercio e quella delle pic– cole e medie aziende, per dare, insom– ma, un tono nuovo a tutta l'economia cittadina. Il terzo impegno - terzo nell'ordi– ne casuale di esposizione - è quello del rilancio culturale di Genova. La città appare fuori dai dibattiti delle idee del nostro tempo, non inserita nel circuito delle manifestazioni organizza– te della letteratura, dell'arte, della scienza. E ciò non certo per colpa o per insensibilità dei genovesi. La bat– taglia culturale è una esigenza insop– primibile di un popolo vivo: e il po– polo di Genova è un popolo vivo. IL POTERE - Giudicando la vostra esperienza di sindaci (situata in tem– pi diversi) quali errori ritenete di aver compiuto e quali provvedimenti positivi, che possano considerarsi « de– cisivi» per Genova, ritenete di aver va– rato? spinta disordinata dei fattori esterni. Istituirei, cioè, un assessorato alla pro– grammazione per conferire al lavoro della civica amministrazione maggior ordine e per indicare agli uffici le prio– rità, il ché costituisce, in definitiva, il compito essenziale all'amministrazione. Mi pare però di aver attenuanti per il passato: infatti si è portati a com– piere un'opera di programmazione se– ria quando si hanno gli strumenti; gli strumenti si chiamano: mezzi finanzia– ri, uffici funzionanti, pianificazione del territorio. Come ho detto prima, sui tre temi si è fatto un buon lavoro. Tale constatazione mi consente di ri– spondere brevemente alla seconda par– te della domanda; i provvedimenti po– sitivi assunti sono quelli riguardanti il nuovo piano regolatore, il decentra– mento, la cospicua capacità raggiunta di mutuare connessa ad una seria poli– tica fiscale. ADAMOLI - Errori certamenti tanti, se non al1ro perché abbiamo comin– ciato a muoverci su un terreno sco– nosciuto da noi e da tutta la classe an– tifascista: la direzione della cosa pub– bhca. Forse l'errore più ripetuto fu quello di cedere all'urgenza dei proble– mi, limitandone la prospettiva. Ma alla gente che si muoveva in mezzo alle ma– cerie, senza casa, senza scuole, sen– za lavoro, senza servizi pubblici, co– me chiedere di attendere ancora, di ac– cettare un discorso di prospettiva? Ma pur nell'opera .di ricostruzione, quella che allora rappresentava il com– pito primario, cercammo di introdurre i temi e 1e premesse per una nuova Genova. Nei nostri studi per il piano regola– tore e la grande nuova viabilità, a co– minciare dalla sopraelevata, era presen– te, erano presenti le esigenze di quar– tieri residenziali moderni destinati al– le masse popolari, la copertura del Bi– sagno, la ricostruzione del Carlo Felice (ah! la dolente storia del progetto Chessa.....), una nuova struttura scola– stica, la creazione di centri organizza– ti per la cultura (il Palazzo dell'Arte attende ancora di essere realizzato sul– l'area da noi vincolata a Piccapietra). E per i trasporti urbani, i famosi «celeri» restano l'unica innovazione del dopoguerra. Quali i provvedimenti decisivi? Me ne piace ricordare uno solo: quello di aver ridato fiducia ai genovesi, di a– ver raccolto tutti, dico tutti attorno al loro comune, di aver gettato il germe della partecipazione dei cittadini, con le consulte popolari, con i consigli tributari, di cui solo recentemente e malamente, si è ricominciato a pa~la– re. Far credere nei valori della democra– zia è un fatto « decisivo. » IL POTERE - Sulla base di realisti– che previsioni, fondate sui risultati elet– torali delle elezioni regionali, la situa– zione che si determinerà nel nuovo con– siglio comunale di Genova può rite– nersi fin d'ora difficile. Vorremmo una vostra valutazione politica ed una ob– bielliva previsione del dopo-elezioni. ADAMOLI - Noi siamo convinti che l'alleanza di centro-sinistra a Genova è politicamente finita, che sopravvive a se stessa. L'imperativo categorico per la no– stra città è cambiare e il cambiamento avverrà solo con l'avvento di una mag– gioranza di sinistra, di tutta la sinistra. Cambiare è necessario, cambiare è pos– sibile. Aprile 1971 No, non deve essere difficile, non sarà difficile. li dopo-elezioni. segne– rà la fine di una inaccettabile contrad• dizione che tutta Genova ha pagato: quella di vedere fuori dalle pubbliche responsabilità il primo partito della città. PEDULLÀ - E' noto che se si doves– se fare una semplice traslazione arit– metica dei risultati elettorali dello scor– so anno, il centro-sinistra disporrebbe di 40 seggi su 80. Ma è mia convin– zione che i genovesi sapranno apprez– zare il lavoro, anche se spesso silen– zioso, compiuto dall'amministrazione comunale ed evitare che dalle nuove elezioni esca un risultato che condan– nerebbe la città ad un periodo di im– mobilismo. Ho piena fiducia che il centro-sinistra otterrà una meritata vit– toria. on voglio abbandonarmi a facili ot– timismi, ma solo affidarmi alla intel– ìigenza degli elettori. L'attuale formu– la politica ha presentato e presenta in– dubbie difficoltà, ma ciò è nelle cose e solo dalle cose difficili ci si posso– no attendere risultati sofferti, ma po– sitivi. Dio ci guardi dalle soluzioni fa– cili, dalle coalizioni - o pseudo coa– lizioni - che non presentano dissen– si interni o che non li lasciano tra– pelare. Gli unanimismi costituiscono la mor– te della democrazia; se crediamo nei suoi valori, dobbiamo accettare i suoi problemi e operare per risolverli nel superiore interesse della comunità. IL POTERE - Senatore Adamo/i, tor– nerebbe a fare il sindaco? ADAMOLI - Fare il sindaco non è una vocazione, non è una scelta per– sonale. E' una responsabilità che di– scende da valutazioni politiche di una determinata coalizione. Ma la domanda ha trovato i miei sentimenti e voglio rispondere con sincerità umana. Ecco, il mio partito mi ha affidato diversi compiti, mi ha chiamato, volta a volta, a nuove responsabilità, anche gravose. Ho potuto compiere varie e– sperienze, ho potuto avere, come sem– pre accade nelle vicende umane, ama– rezze e soddisfazioni. Ma quello che ha toccato profondamente il mio cuore, che ha arricchito la mia formazione po– litica e la mia sensibilità umana, che mi ha dato momenti indimenticabili, è stato il compito di sindaco. lo ho potuto dare ben poco ai geno– vesi, ma ho vissuto con essi e per essi il periodo più significativo della mia vita che, per me, fa tutt'uno con quello della Resistenza. E non sarebbe presunzione anche so– lo desiderare di raggiungere ancora un momento così alto? IL POTERE - Ingegner Pedullà, lei ha giustificato la rinuncia alla candidatura a sindaco, unanimemente offertale dal– la Dc, oltre che con ragioni perso– nali, con le difficoltà obbiettive di ge– stire il comune di Genova senza il ne– cessario ausilio dei poteri centrali. Co– me pensa si possano rimuovere tali dif– ficoltà? PEDULLÀ - Nella attuale situazione legislativa e nella prassi ormai istituita, non è facile modificare uno stato di cose non solo per Genova ma per tutti i grandi comuni; anche se, come più volte ho detto, Genova - per motivi obbiettivi e non certo per sua colpa - ha più necessità di quel positivo collo– quio con i poteri centrali che troppo spesso è mancato. Infatti, i grandi pro– blemi della città - porto, partecipa– zioni statali, infrastrutture - fanno ca– po alle decisioni del governo e del par• lamento. PEDULLÀ - Gli errori sono stati cer– tamente molti, ma penso mi occorrerà tempo per vederli e valutarne le con– seguenze; preferisco lasciare il giudi– zio ai miei concittadini. Una imposta– zione certamente modificherei se doves– si riassumere la carica: vorrei non es– sere perennemente costretto ad assume– re decisioni e ad operare scelte sotto l'assillo dei problemi contigenti e la A Genova già si avverte che è ma– turato qualcosa di nuovo o, meglio, di ripresa, a un nuovo livello, di un cam– mino interrotto. Vedo uno spiraglio positivo nella co– stituzione dell'ente regione che - al– meno in alcuni importanti temi - avrà presto possibilità di incidere positiva– mente sulle vicende della città. Auspi– co anche che la regione costituisca au– torevole tramite col governo affinché siano meglio e più autorevolmente rap• presentate le istanze della città, nel qua– dro della programmazione regionale che - voglio sperare - si porrà in termini dialettici con il programmatore nazio– nale in un dialogo democratico che sap– pia valutare le esigenze della periferia, sfuggendo alle tentazioni di centralismi sopraffattori. b1 1otecag1nob1anco

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