il Potere - anno I - n. 2 - agosto 1970

Agosto 1970 il POTERE I gattopardi liguri tonomia, uno statuto veramente inno– vatore e che invece ci paiono nep– pure sfiorare la preoccupazione di chi ha steso il documento. Si tratta di come dar corpo alle tesi sulla partecipazione e su un ruo– lo diverso per le minoranze. L'auto– governo locale deve, cioè, portare a nuove forme di mobilitazione delle energie popolari e di partecipazione alla vita della regione oltre a quelle del referendum e dell'iniziativa legi– slativa popolare. ANALISI DI UN " APPUNTO RISERVATO ,, S I è scritto che lo statuto sarà il primo atto politico su cui verifi– care la capacità delle regioni cli ri– spondere positivamente a quanti han– no visto in esse un fatto di autono– mia. Sarà appunto nello statuto che dovranno trovar posto, in concreto, le tesi politiche che hanno suffragato il dibattito preparatorio a questa con– trastata riforma delle istituzioni. Lo statuto, d'altra parte, trova già una rigorosa delimitazione nel titolo quinto (parte II) della Costituzione che disciplina l'organizzazione interna delle regioni, oltre che in altre fonti che da essa direttamente discendono. Gli ulteriori limiti imposti con la legge 10 febbraio 1953,n. 62, la cosid– detta legge Scelba, hanno fatto solle– vare da giuristi e studiosi dubbi sulla legittimità costituzionale della legge stessa. La regione lombarda ha imme– diatamente agito in questo senso ci– tando a giudizio lo Stato per far di– chiarare l'incostituzionalità della legge. Se questo è l'atteggiamento della più importante regione italiana, un do– cumento preliminare che circolava i giorni scorsi dal titolo «Appunti sullo statuto per la Liguria», redatto a cura della presidenza dell'apposito comita– to ligure, non lascia sperare che an– che a Genova si sia intenzionati a se– guire questa strada. Pur dicendo che occorre assumere un'iniziativa per la revisione immedia– ta della legge n. 62, le motivazioni addotte nella prima parte del docu– mento se1nbrano voler dare la sensa– zione di credere ben poco ad una autonomia reale delle regioni. Una sintesi sfiduciata Nel documento, infatti, come per giustificare l'inquadramento dello sta– tuto della Liguria nei dettami della legge 62, si dice che « l'autonomia politica ... deve essere intesa come mo– mento dialettico che interessa l'intero sistema» e non solo le regioni, che, oltre che con la Costituzione, «deb– bono essere in armonia con le leggi della repubblica » ( quinc_ii anche con la legge Scelba); che « la strada di una autonoma impostazione dello sta– tuto regionale rischia di creare pro– fonde disparità fra le regioni »; che « il superamento dei controlli statuali non può essere operato dallo stesso organo sul quale è destinato ad inci– dere»; che, infine, « sarebbe mera illu– sione ritenere che tutto possa essere fatto in sede di attività statutaria-». Ce n'è insomma a sufficienza per una sintesi sfiduciata propria di chi le regioni le deve fare ma, tutto som– mato, ci crede poco, per non dire che le teme come fatto innovatore. A nostro avviso, invece, gli aspetti negativi della legge 62 che di fatto impone per le regioni il modello tra– dizionale degli enti locali, fanno si che si debba subito operare - lo ha recentemente detto anche il segreta– rio della Dc lombarda - sviluppando la fase costituente regionale come e– sperienza libera da impedimenti legi– slativi contrastanti con la Costituzione e riconoscendo alla legge n. 62 la sola funzione cli disciplina transitoria vale– vole fino all'approvazione degli sta– tuti. Non v'è dubbio che tutto questo ge– nera fin dall'inizio una conflittualità con lo Stato, ma è in questo modo che verrà messa alla prova la classe politica sia a livello nazionale che re– gionale. Il documento del comitato ligure inoltre, proprio per seguire l'imposta– zione della legge 62, sembra dimenti– care che più sono dettagliate le nor– me e si estendono ai contenuti orga– nizzativi, maggiore è la possibilità di condizionamento che il potere centra– le può esercitare sulle scelte politiche compiute dalla regione. E ciò, infatti, è nello spirito di quella legge. Al contrario, noi crediamo che lo statuto, sul quale verrà esercitato il controllo del parlamento, dovrà esse– re considerato come la Costituzione della regione e, quindi, contenere uni– camente dei principi fondamentali, la– sciando invece al regolamento, che può essere modificato dall'assemblea regionale, le norme non necessaria– n1ente di principio. Dissensi radicali C'è poi un punto sul quale il no– stro dissenso col documento è radi– cale: laddove si sostiene «l'opportuni– tà di assegnare alla regione soprattut– to funzioni operative nella fase di at– tuazione del programma nazionale ». Al contrario, noi riteniamo che la presenza delle regioni debba essere in– cisiva e deteminante in ogni ca1npo, vedendo proprio nel livello regionale quello decisivo per la realizzabilità del programma. I deludenti risultati con– seguiti in passato da una program1na– zione nella sostanza centralista, do– vrebbero pure insegnare qualche cosa. Ci pare che il documento abbia una grossa lacuna anche nel non proporsi un preliminare approfondimento di quelli che dovranno essere i futuri livelli sub - regionali (provincie, com– prensori, comuni) e la loro reciproca articolazione. E ciò non tanto per la esigenza di precise norn1e in n1erito da includere nello statuto, quanto per– ché la fase di pensamento della regio– ne come struttura essenziale di un nuovo Stato decentrato non può sot– trarsi ad ipotizzare la soluzione del problema. Solo una visione nuova del potere locale, nel suo insieme, può in– quadrare le dimensioni proprie dello statuto regionale. Vi è però un aspetto circa il quale, col suo silenzio, il documento non po– teva essere più deludente. Si è detto della prioritaria esigenza di rivendicare l'autonomia di espres– sione della regione nella formazione dello statuto; ciò sarebbe ben poco se si riproponesse, tutto sommato, un modello organizzativo tradizionale qua– le quello che emerge dal!'« appunto» in questione. Vi sono aspetti essenziali che con– sentirebbero di realizzare, con la au- Esistono in merito tesi varie e qua– lificanti come quella di creare dei cc comitati consigliari >> aperti verso l'e– sterno, cui potrebbero partecipare i singoli, gli enti e i gruppi, inseriti così nell'esercizio dell'attività ammini– strativa regionale e, con essa, nella stessa programmazione. Anche le mi– noranze verrebbero così responsabiliz– zate nella formulazione degli indirizzi e si supererebbe la tradizionale divi– sione tra maggioranza che governa e minoranza che controlla. Chiamare le minoranze e le forze sociali ad essere partecipi nel momen– to di formazione e di impostazione del processo decisionale, può veramen– te significare la ricerca della parteci– pazione democratica alla vita dell'isti– tuto regionale. A ciò si collega l'esigenza di dar corpo, in concreto, ad una funzione di controllo delle minoranze da eser– citare con strumenti e modi diversi da quelli tradizionali quali, ad esempio, le cmnmissioni di inchiesta richiedibili da non più di un terzo di consiglieri. L'esempio di Ba.ssetti Per la formulazione dello statuto della Lombardia, il presidente Bas– setti ha detto che verranno ricercati contatti con le forze sindacali, cultu– rali e con la gente in genere per fare il più possibile uno statuto assieme ai lombardi. A questo va aggiunto che le forze politiche cli quella regione si sono già premurate di promuovere convegni di studio sull'argomento al più alto livello possibile e di affianca– re ai rispettivi consiglieri impegnati nella formulazione dello statuto i più qualificati esperti, giuristi ed econo– misti, che hanno affrontato per anni questi argomenti sul piano culturale. Se confrontiamo tutto ciò col me– todo chiuso e tradizionale con cui si sta operando per lo statuto della Li-– guria, non c'è da meravigliarsi di un documento così limitato quale l'((ap. punto » in esame, che ha dato la pri– ma dimostrazione, speriamo reversi– bile, che le forze politiche locali han– no poco capito - o vogliono poco capire - i motivi ispiratori più pro– fondi che stanno alla base della rifor– ma regionale. Ugo Signorini ·~-,-- 1r~~ -.r,=,~:;T1~~,r ► n - •, ~ ,. , I j ! _j '~ \ ' 1, , ( ·/~ ~ 'fl ~.\' N :,.~ 1 JI__,!,"'. ~:, ·f \ _\J . ~----t"- ~ . ' ........--- _ ..... -l!lllllal!I■ • • ,., ..... _. ' •. ì~ 7 q;( --------- _!...:::,_ b1 11otecag1nob1anco r La difficile NELLA prima decade di agosto la stampa ci ha informato che i partiti del centro-sinistra, dopo due mesi di laboriose trat– tative, avevano raggiunto un ac– cordo globale per la gestione del potere in Liguria. La notizia era corredata dallo elenco delle cariche pubbliche at– tribuite rispettivamente a Dc, Psi, Psu e Pri; venivano inoltre for– niti ragguagli sul modo in cui ciascun partito aveva suddiviso le varie posizioni di potere con– seguite tra gli esponenti delle sue diverse correnti. Tale complessa alchimia è tut– tavia saltata dopo sole quaran– totto ore: i socialisti hanno de– nunciato l'accordo, probabilmen– te perché esso comprometteva il loro precario equilibrio interno da poco faticosamente raggiunto. Ciò nonostante è stata possi– bile, dopo una serie di caotiche votazioni caratterizzate dal fiori– re di franchi tiratori, l'elezione del presidente e della giunta pro– vinciale. Il comune di Genova è, invece, rimasto a lungo in crisi per la mancata sostituzione dei nume– rosi assessori impecli ti ad eserci– tare le loro funzioni; l'elezione degli organi regionali è stata rin– viata sine die. A questo punto i cittadini hanno il diritto di sape– re se l'accordo tra i partiti con– sisteva in una pura e semplice spartizione di incarichi o scatu– riva dall'elaborazione di una co– mune linea di politica comunale, provinciale e regionale. In quest'ultimo caso lo schie– ramento maggioritario ha il do– vere di rendere pubblici i linea– menti di tale politica. I problemi urgono e sono ta– lora drammatici: l'inquinamento, 11 caos urbanistico, la crisi indu– striale, il declino turistico, il mu– nicipalismo portuale, il dissesto ospedaliero e mutualistico, l' as– senza di un'organica politica per pag. 3 • • spart1z1one la gioventù a tutti i livelli, l'ina– deguatezza dei trasporti pubblici, le fallimentari condizioni cli bi– lancio e di cassa dei maggiori enti locali, l'acuirsi delle lotte operaie, l'assenza di reali pro– spettive di sviluppo economico e la conseguente emigrazione dei tecnici sono alcuni degli innume– revoli esempi. La pura e semplice suddivisio– ne dei posti di potere tra gli « addetti ai lavori » non costitui– sce certo risposta adeguata alle contraddizioni della nostra so– cietà. La politica è ben altro: consi– ste nell'affrontare, nel dibattere, nel risolvere i problemi nodali che la crescita civile di una col– lettività sistematicamente propo– ne. Tale processo dj analisi, cli discussione e di sintesi politica, per non divenire tecnocratico ed oligarchico, deve essere corale e pubblico, investire gruppi sociali e sindacati, tendere alla soluzio– ne dei problemi concreti evitan– do le strumentalizzazioni e le pregiudiziali ideologiche : deve cioè dar vita ad un dibattito de– mocratico, articolato, onesi-o. L'incapacità dei partiti cli esse– re il fulcro della civile elabora– zione politica dei problemi col– lettivi reali sta alla base della loro crisi e del loro progressivo scadere a corporazioni aspiranti ad w1 po' di potere o ad un po' cli favori. Per questo chiediamo - in pri– mo -luogo alle forze politiche del centro sinistra, in quanto candi– date alla direzione della regione - la maturità necessaria per gio– care la loro dialettica interna sul– le scelte operative e non sulle clientele, di proporsi all'elettora– to con programmi elaborati e non con slogan ultra generici, di ac– cordarsi su concrete proposte di azione politica e sulla sc_elta de– gli uomini più capaci, anziché sul– la spartizione del bottino tra i capi delle fazioni più forti. ~~- Il luogotenente J NELLA Dc genovese, vige ormai il regime luogotenenziale. Di luogotenenziali abbiamo i decre– ti, gli interventi, forse domani, le leggi. Luogotenente è il nostro amico Francesco Cattanei che ha f inalmenle ricevuto il tocco della investitura a Bavari. Cattanei fa– rà una sua corrente, ormai lo di– cono tutti, al prossimo congresso provinciale della Dc. Questa cor– rente sarà « articolata » e com– prenderà: a) i « cattanéi puri », cioè Di Pa– squa, Ferra/asco e minori; b) i «cattanéi spuri», ex tavia– nei, con il Gianni Dagnino a mezzoservizio (tra il luogote– nente e il « re » di Bavari); c) i « neo-cattanéi », ex fanfania– ni guidati da Ferrarese; d) i « filo-cattanéi », laureati cat– tolici della signora Bugiardini; e) i « para-cattanéi » tuttosini– strissimi (si fa per dire) del circolo Vanoni con Dino Gal– lo e Francesco Faccin; f) infine, non mancheranno i « cattanéi di complemento », ex lucifrediani e convertiti del– l'ultima ora. La manovra è perfetta ed è sta– ta studiata dal presidente dell'an– timafia con finezza; le prime mos– se si sono già viste durante le trattative per la regione dove, per ora, è tutto fermo. L'onore– vole Dagnino è su/1' orlo dello stress. Ormai il governo è fatto e non può più diventare sottosegre– tario, carica che gli sarebbe con– geniale: o presidente o morte. Lo unico conforto in questa estate di amarezza è il costante silenzio di Pastorino, al quale è stato inti- mato: se parli non diventi nep– pure assessore. Intanto, anche sulla provincia s'è abbattuta la fienaia del luo– gotenente. La vittima « illustre » è l'ex assessore a vita Dario De Langlade, giubilato da un attac– co concentrico della «sinistra» e dell'onorevole Cattanei. Si riuni– sce il gruppo Dc il giorno in cui s'è deciso di eleggere il fedele Di Pasqua. Gallo (Dino) fa una spa– rata (l'ha riportata anche l'auto– revole « Secolo XIX») e chiede la testa di due assessori-veterani: Ferra/asco e De Langlade. Pianti dei due e scene strazian– ti: come faranno le nostre fami– glie? Ahino i! Ohimé! Abbiate pie– tà di n.oi! Gelo generale. Ma, pa– cato, Cattanei dice che il Gallo canta a buon diritto. Poi alza il pollice e salva Ferra/asco: che è dei suoi. De Langlade viene elet– to all'unanimità capo-gruppo. Le ciliegine sulla torta le mette Di Pasqua che nel suo primo discor– so presidenziale loda il furibondo De Langlade, a cui ormai non tornano i conti, per avere messo « volontariamente a disposizione il suo mandato ». Qualche nube resta ancora sul comune di Genova, dove manca il vice - sindaco, carica importan– tissima. Ma Pedullà non ha an– cora dato la delega: si vocifera che il primo cittadino - che il « re » e il luogotente vedono co– me il fumo negli occhi - abbia in tasca le dimissioni. Ma ormai nessuno ci crede più. Si accetta– no invece scommesse sul succes– sore. La Bugiardini e Borgna so– no in « surplace ».

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