Pattuglia - anno II - n. 2 - dicembre 1942

che disastro: rincorr.cva e strozzavu le galline e i tacchini e una volto. aveva spaventnto il cavallo Ungar, che fuggendo era entrato in una vigna e si era scorticato la pancia contro un filo di ferro. Guido saltò di nuovo in mezzo al prato per acchiappare il enne. - Chiudilo in stalla! Chiudilo con Lena! - gU gridò Norma. Stavo in piedi fuori dalla trincea; e si raggiustava entro le mutandine I.a gonna, che le era uscita a sbufii. Ferma, pacata, parevo <li nuovo più piccola, esile. A rivederla così, Paolo restò deluso; e desiderò di riprendere subito la battaglia. - Presto! Sbrigati! - gridò a Guido, che correva verso la stalla col cane in braccio. Stringeva nei pugni, impazientito, i groppi di terra pronti al lancio. Ma non Ieee in tempo a sçagliarli che sentì un colpo, duro, all'osso ciel naso. Di tutta la gragnuola di terra che SJ abbattè intorno a lui, e su di lui, non percepì che un crepitare continuoto. S'era portato ambo le mani al nuso, ove sentiva un intontimento che gli si era ripercosso vcr tutto il capo; e stette qualche istante immobjlc. ·Dalla trincea di Norma si alzò un chiasso di risa cd un aizzarsi a vicenda. Passato quello stordimento, Paolo udì nnco1•a un «brava» di Bruno. Dunque a coglierlo era stntu Norma. Assieme a un ribollire del deside1·ìo di vincerla, di Fiaccarla, Paolo provò quasi piacere al pensiero che a colpirlo era stata lei. - Vigliacca! - g·rìdò sa.ltando fuori delta trincea, in cima al cumulo di terra. - Vigliacca sporca! Si sentiva sollevare e portar vin da un impeto mai provato, quusi da un'ebbrezza. Le orecchie gli scottavano; e un calore, gradevole, gli si diUondevu per tutte le membra. - Sporca! Sporca! Vigliacca! - gridava con accanimcnlo e con gioia, sca~dianclo contro di lei tutto ciò che gli capitava tra Jc numi. Udiva lontano, a inter\'alli, una voce che lo chiamavu, monotono sopra il frusdare (rcsco delle cunnc. - Paolo! Paolo! Era lo zio Marco. Non rispose. Sapeva che lo zio non intendeva chiamare soltanto lui ma anche Norma. Lo zio gridava sempre H nome di Paolo, anche quando voleva chiamare la bambinai - e Norma, sia che si trovasse assieme a Paolo, sia che fosse sola; gli rispon• eleva ogni volta con un grido e gli cor1•eva incontro. Dalla stalln giungeva il pianto di Lena, un P.ianto cieco, greve, cocciuto: e n tratti lo soverchiava il guaire di Eros; un guflÌre ora acuto or,l basso, SUfYplicante, di creatura che si strugge. - Paolo, Priolo! - cchcggiavn, ~emprc più lontana, la voce dello zio. A,·e, a un suono cupo e rotondo. Chimrndosi e risollevandosi, rifornendosi di terra e scag.liandoln, Paolo immagine:.. dJ que1 suono cupo che non cessava di seguirlo, lo zio con le mani racl·ulte ad imbuto sulla bQC(}a: Paaaulooo ! Padaolooo ! i\lentrc il richfamo persisteva nell'aria, ma lontano, sempre più ffovole, cd Eros sollevava sempre più rari guaiti, la [igura dello zio con <1ucllc mani ferme ad imbuto sulla bocca ape.rta come un'O, osci.llò davanti a Paolo, e si alzò e si abbassò con lui; tornò - con <1ucllc mani sempre forme ad imbuto sulla bocca - ad abbassarsi e a risollevarsi con lui <1uanlc volte che, febbrilmente, egli attinse terra nel fondo della trincea. - Paariolooo! Paaaolooo! - udi,a ancora. Non rispose. Doveva prima finire 1a lotta, riassoggettare Norma a sè, fiaccarla, vincerla; e questa era una cosa che rìgunrdava .loro due, soltanto loro due. In quel momento s1 sarebbe turbato della presenza dello zio; desiderava che stesse lontano, che non li "cclcsi,e. Questa crr, una cosa da sbrigare tra loro <luc, e bisognava fare presto. .;\orm::1 fc~c come lui, non rispose allo zio. E Paolo. pur nella calda amicizia che lo incalzava sempre più a fondo contro di lei, le [u grato di questa compHcità: - Porca! Porca! - gri<lò con piacere. Un nuovo impeto lo solle, ò da terra. Non sapevn nemmeno lui perchè gridasse quella ingiuria; ma essn Jo soddisfaceva, e tornava a gridorla. 1\'ormn ern saltata di nuovo fuori <lnlla trincea, in piedi sul cumulo di terra che serviva dn riparo, combattcvu u corpo scoperto, lì i~. ulto, sola, pcrchè Guido e Bruno s'erano fotti in disparte, ad assistere, quasi avessero compreso che la battaglia, 1inrittendo, li escludeva da sè, diventava un duello, sem1>re più stretto, tra Paolo e Norma. La voce dello zio, sopra il frusciare delle canne e sopra i pianti della stella, chiamò ancora, ma il cane, questa volta: - Eros! Eros! - gridava e pareva più vicina. Ma non fu, adesso, la Iigura dello zio che oscillò, Sl abbassò, si rialzò davanti a Paolo, mcll,tr'e~li si chinava e si risollevava. Vide Norma, soltanto, Norma, ritta in piedi con <1ue1Jc sue gambe nude in cimn alla trincea. Quell'immagine lo seguì, crebbe, ondeggiò, davanti a Juj mentre sì china,,a a raccogliere terra e si rialzava per scagliarla. - Porca! - gridò drizzandosi e rivedendola, sempre ritta su quelle gambe di ragazzo, li di fronte. Quell'ingiuria gli uscì di nuovo prepotente, e non pensò che Corse Jo zio poteva udirlo. - Porca! Porca! Ora ti prendo! Nel gn1mo cli terl'la che aveva raccolto c'ern qualcosa di duro. Strinse quel grumo nel pugno, con gusto; sì avanzò di corsa verso la trincea di Norma. - Non avvicinarti! Non vale! Non vale! - udì un ~rido, e scagliò il proiettile con quanta fo_rza polè. P. A. QUARANTOTH-CAMBINI (d!r ··I.e Trin.v,.., • Eimmdi • Torino 1912) ENRICO MOROVICH Duegiovanliitigiosi Paolo, studente del quarto anno di legge, cm venuto a casa per preparare in pace ht sua tesi dj laurea. Lavorò lutti i giorni, per due set• limane consecutive, con volontà e soddjsfazionc. Lo incuoravn o persistere nello sforzo Hnffaela, sua [idnnzatn, che lutt.c le sere usciva con lui, per trascorrere qualche 01·u in un caffè, o al cincmatogra[o o semplicemente a passeggiare. Andavano molto d'accordo ~nolo e Il:affoclai eppure litigavano sp~sso. .':on c'era rancore in fondo alle loro ~foriate, ma rappresentavano piuttosto lo sfogo di due temperamenti fadlmcnte irritabili, i quali, passato il monlcnto burrascoso, altrettanto facilmente si acc1uietavnno. I parentii e i conoscenti che assistevano talvolta· alle l01·0 tempeste, si sorJ>l'Cndevnno di vederli sempre nss·cmei e prcvede\'ano da un giorno all'altro la rottura del lol'o fidanzamento. «Chi si vuol veramente bene, litiga, ma non a quel m~do•, dicevano: «Che caratteri disgt·aziati: «Se si accapigliano tanto ora che sono fidanzati, figuriamoci il giorno che saranno sposati». li bello era che le liti non impedivano aUatto u Paolo di studiare, men• tre se HaHnela lo avesse abbandonato, tutta la buona volontù sarebbe svanita d'incanto. Qualche giorno prima di ripartire per l'Uni"ersitù, Paolo pensò di fare uaa gita in montagna. Rnfracln accettò con entusiasmo, sebbene si trattasse <li partire sul fare dell'alba e lei fosse piuttosto pigra nell'alzarsi alla mattina. Quando Paolo venne u fischiare sotto le sue finestre, non In trovò pronta e dovette attendere col risch.io di pcrdcrC il treno. L'attesa lo irritòj litigarono subilo, in istrada, mentre la mamma di Rnriaella e la zin li calmavano dalfa l'incstra, zittendo le loro voci irritate, nel timore ch'CIi p.').cini li udjssero e s'affncciasser0 a curiosare e a godersela,, Continuarono a<l altercare lino alla sh1zionc. HaffaeJa insolentì Paolo un paio di volte rilevando chc il ciclo grig.io mi: naceiavn una giornata inadatta nd esc.1.1rsioni. Paolo le rispose che sul monte il tempo sarebbe stato ben diverso e non mancò di usare un tono aspro. Pure 1 <1uando ìl trèno parti, il malumore scomparve ad entrambi e quando scesero ccl uscirono dalla stazione per infilare uni, strada che rapidamente doveva portarli in alto, andavano già a braccetto, ritornati amici inseparabili. Il tempo non ra!.scrcmn,n, ma che importava se c'era il ,,olto <li HnHaela, da ummil'arc cammin tacendo? 1 suoi occbi belli e scintiJlanti supplivano alla bellezza d'un cielo sereno schiarilo dalle 1·oscc luci dell'aurora. Sul monte trovarono però una nebbia che infitt!vu ogni momento di più. Raggiunsero il rirugio e dopo di uvcre sostato un istante a guardare ulcunc vecchie ca1>1·e che brucavano l'crbn sul proto antistante, v'entrarono per uno spuntino che li mnntenne di buon umore. Dopo di avere bevuto alquanto .uscirono con l'intenzione di raggiungere .la vetta rocciosa del monte, poco lontan,1. La stradetta che vi porta"a era continuamente segnata di rosso, e, non ostante In nebbia c'era pocu vrobabilitt\ di perderla. Infatti, raggiunta la vcttn, ebbero il piacere di constutnrc che U ncbbin non cc n'era. L'avevano lasciata di sotto e vennero a trovarsi soprll. i pens~ e cinerei nu\'oloni che lentamente volavano \'Crso il mare. «Siamo sopra il tetto delle nubi», diceva Rartaelu tutta allegra: • Che peccato, essere così vcsanti:. se fossimo leggeri come piume potremmo camminarci sopra». •E: raggiungerne il limite per guardare giù nei mare», continuava Paolo nel giuoco. • t Cingere di cadere ogni tanto, come si cade nella neve frcscu ... ». Era presto per ritornare nel l'ifugio a far colazione; scesero perciò fino ad un prato sul limitare d'un bosco, ed ivi sedettero. Ogni tanto Ja nebbia di• radavu cd era piacevole l'appm·iz.ionc improvvisa <li tratti di bosco, o di cielo, o delle rocce della vetta non molto lontana. Ad un certo momento videro in fondo ad uno squarcio che subito si rinchiuse, il rifugio col prato delle capre, il suo letto d'ardesia e il suo comignolo fumante. Raffaela s'ulzò d'improvviso e co• me elettrizzata da <1ucl1a visione, si tu!- [ò nella nebbia gridando a Paolo: •Acchiappami, se ci riesci ». Paolo s'alzò di buon umore. Tra loro e il rilugio non c'era che un prato d'cr• ba. Raggiunge.rio pareva uno scherzo. S.i tuUò anch'egli nelle nubi e corse clic• tro alla !idanzata. Lei gridava ogni tanto: .:Paolo, Paoto», guidandolo ncll' inseguimento. !\la pure egli s'accorse cli non andnrc nella giusta direzione deì richiami, sebbene avesse l'impressione di essere sul sentiero del rifugio. O' improv,•iso intese HaUacla . chiamare aiuto con voce softocata. Egli si scosse per l'emozione e chiamò Ja fanciulla due volte, poi corse, nella nebbia fitta, \'Cl'SO il punto <love il grido s'era le"nto. Ma subito s'arrestò: il pensiero che RaUaela fosse caduta in una buca, che pr11na però, ne.Imomento in cui te nub1 s'cran""tliradatc, non aveva supposto che esistesse su quel prato uniforme di erba riarsa da1 sole e dalle nevi: e che corresse il rischio cli precipitarvi, lo frenò. Chiamò ancora, due, tre volte, speF~dazione Ruffilli ·- Forlì rancio sempre che Raffacla rispondesse. Gridò perfino: «Non fare la sciocca, se lo Fai per spt1v<mtar111j,hai scelto un brutto giuoco», convinto per un momento che Haffucla fosse caduta i.n una buca, il tono della invocazione gli ritorna,a in mentec. e H cuore gli si stringeva per l'angoscia. La nebbia, invece di scomparire, si infilLivn; forse n mezzogiorno avrebbe raggiunto il massimo <l' intcnsitù; e soltanto a sera, sarebbe finalmente svanito. Paolo non sapeva che fnrc. lntorno u lui il silenzio era perfetto e nessuna voce, s,1lvo il flebile lamento delle capre lontane udiva p.ro,cnirc dal ri[ug;o, come se le nubi cli nebbia fossero pareti insormontabili d'ovatta. Sedette sopra una roccia che arrioravn sul terreno e ogni tanto gridava i1 nome di llarracla. Non voleva allontanarsi, nella speranza che In Fidnnznta gli rispondesse, o che, forse svegliandosi da unu sincope nclln quale polcvn cssel'e caduta, lo chiamusse, o che infine, cliradnndo la nebbia, egli lu scoprisse d' impro"' iso, S\'Cnuta sull'erba, pci- avere inciampato e battuto il capo sopra una delle tante rocce che spuntn"nno sul prato. 1ntanto cominc-iarono u tormentarlo pensieri tristi. Tcmc\'a che alla fidnnznta Fosse successa unu grave disgrnzia. ~on poteva restare immobile; ~'alzò e nella nebbia che non gli conscnthn · di ,·edere a pochi metri cli distun7a camminò tenendosi sempre nel punto dove ricordavn di a, ere inteso il grido. ~la ben presto s'accorse che i suoi vnssi non erano controllabili poichè si trO\Ò u cumminare sopra un pendio la cuj esistenza primo non ave, a notala. ' Era un triste girare, afrlitto dal pensiero dell'uccidente che polC\'a essere toccnto a Haffoela, ed anche da uno più importuno; fo gente cr:;1 disposta a pensar mule. Egli litignvu così spesso con la ridanzata; se d' impro,•,isQ fosse scomparsu 1>er una disgrazia in montagna, ci sarebbe stato chi n'bn a- .\'rebbc mancato di Fare delle supposizioni, sia pure vaghe, che lo nvrcbbero gettato, rorsc per sempre, in una brutl{1 luce. flnalmcntc, dopo un'ora di angosciose ricerche., ritro,ò il sentiero che nssieme a Hu,rfoch1 a,·cva già percorso, lo rifece e raggiunse il rifugio. A"cvn freddo. Anche un cattivo osservatore avrebbe immediatamente letto sul suo viso i segni della disperazione. «;Ol'a», pensava, «;do,rò Inrmi niuinrc. dalla gente del rifugio a rjtrovarc Raflacla». Una risala canzonatoria interruppe i suoi pcnsiCri. Raffaela gli veniva in• contro, tutta Festante. • È un'ora che t'aspetto, ti sci per• dulo nella ncbbin? » chiese lran<1uilla. Paolo a\'rebbc , oluto osservare: • E. non te ne prcoccupn, i 11(fatto? », mri disse im ecc: « Temevo per te, ti cercavo, dopo il tuo grido d'aiuto"· e cambianda tono poichè l'ira, non ostante 1 rimorsi di coscienza avuti poc'an?.i, giù lo u·asportavn: • ~on potevi rispondermi <1uando chiama,o? Non capivi che ero disperalo, temendo che ti fosse .successo chissù che cosa?». H,,ffocla s'oscurò in volto: « Ecco, rfoominci a litigare: lasciami spiegare: non potevo più chiamarti, a,c\-o pm1rn d'un caprone, se gridavo mi rfrcde, a. t lui che m'ha spa\'Cntata, per fo1·luna c'era la nebbia e gli sono scom1>orsa dallo sgu:u·do, altrimenti m'm rcbbe colpita con le corna». Paolo non rispose alfatto alle .-,uc giustificazioni, ma per tacere foceH, dc• gli sforzi enormi: mentre sentiva che le liti con Raffaela non potevano finire mai, neanche sulla cima dei monti. E,\.RICO MO/WV/C/1

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