Pattuglia - anno II - n. 2 - dicembre 1942

a PHENDO piano, quasi con cautela, 1111.. come ·ero solito, la porta di strada l'uomo fu sorpreso di seni.ire le donne parlare tra di loro con voce insoljtamcntc alta e come eccitate e di sentire ogni tanto anche una voce maschile, che non riconobbe. Più ancora lo stupì l'inconsueto, domenicale, odore delJlarrosto. Tra l'altro Ivan era anche parecchio curioso, e curioso in una maniera del tutto iniantile, ·piena di sotterfugi. Oltre a c1uesto aveva anche una buona cloi,c di istintiva dHIidenza, sopratutto per quello che accadeva in casa sua. Così non volJe entrare subito in cucjna, ma preferì accostarsi in punta qf!i piedi all'uscio, tendendo l'orecchio. Quella voce d'uomo bassa un po' rauca, come di uno che sia abituato parlare trattenendo e misurnndo le parole, egli non riusciva ancora definirla, tuttavia gli pareva che contenesse qualche cosa di poco piace• vole per Jui, come una memoria sgradevole e l'idea di un oscuro pericolo. Allora si chjnò o guardare attraverso uno spfraglio dell'uscio e vide il raf!azzo, seduto in un angolo del tavolo, che gestiva lentamente nel parlare, ri- ,·olto ora alla madre, che era presso il fuoco, ora uUn sorella seduta accanto a lui. La prima impressione di Ivan fu scnzn dubbio di spavento. Uno spavento assurdo e irragionevole, simile a qucHo di chi si trovi all'improvviso · e senza esserne pt·cparalo, in presenza di uno spettacolo raccapricciante. E obbedendo a questo sentimento, si stt,ccò piano dall'uscio e nrretrò poi quasi di corsa \'erso In porta di strada. Appena quando si trovò all'aperto, cominciò lentamente a ragionare. !\·la i pensieri che gli occupavano la mente in quel momento erano troppo vari e di troppo svariata natura, pcrchè egli potesse comunque fissarsi sopra uno solo. Tuttavia uno dominavo sopra gti nitri. cd era di acerbo risentimento \'Crso la moglie e qu:.1si di reroce amarezza, come se un gesto subdolo e disonesto fosse stalo consumato alle sue spalle. Il profilo magro e rcoJmente un poco femmineo del ragazzo gli rimaneva impresso nella memoria con qualche coso di dolce e di caro ~he un 1>oco gli stuggiva e un poco egli cercava di nllontnnare da sè. Jntanlo restava fermo in mezzo alla strndu, davanti al cancello dell'orto, senza sapere c1uale risoluzione prendere. Un cane che uscì dalJa siepe gli gfrò intorno dimenando un poco 1a coda e venne a fiutargli le scarpe, scnzn che egli se ne accorgesse. La luna apparve oltre il velo cli nebbia che si era steso sulla valle e illumjnò la strada di scialba luce invernale; l'ombra di ]van si disegnò goffa sul terreno gelato. Pa.rve che l'uomo fissasse per un momento la propria altenzfone sulla macchia Scura che quest'ombra stampava sulla strada. Poi alzò Jo sguardo verso la casa rischiarata dalla luce fioca della luna: j rami del grande salice screziavano lievemente ii muro. AJlorn mosse c1ualche pas~o ince1·to in direzione del paese. ma qunsi subito si fermò. La luce fu riassorbila un'altra volta dalla nebbia. TI enne che si ero accuccialo sulla strada, accanto ai suoi piedi, si alzò pigramente e gli ,·enne di nuovo vicino. Questa volta egli se ne accorse· 10 allontanò con il piede: la bestia corse un poco con la codn bassa e si fermò a brc\'e distanza ,u guardarlo. lvon ripl'esc a camminare lenlhmentc verso il paese, ascoltando il suono elci propri passi sulla stradu dura. L'immagine <lelln cucina illuminata e del, figlio, che parlava con i suoi .gesti misurati in mezzo ulle due clonne1 s'indebolirn a poco a poco neJla memoria di lvan. E a mano a mano che questa immagine scoloriva e cJivenlava fioca e <1uasi incrcdibile 1 egli inavvertita- . mente accelerava il suo passo. Il cane lo seguivo sempre a giusto intervallo, fermandosi guardingo ogni volta che si fcrmarn lui. Quando si fermò l'ul• timu volta, ed era quasj arrivato all'ultimo gruppo dj case, lo colse un accesso 1·umoroso di tosse e il cane jmpaurito scompar\e "elocemente nel buio dc11a campagna. Ora il ricordo di ciò che a\'cva veduto era per Ivan una cosa estremamente lontana, <1unsi dirticilc a richiamare alh1 memoria. fii. manevn la sensazione sgradevole e p~• nosa di una cattiva m!ione consumata ai suoi clnnni; <1ualchc cosa che a\'eva .stranamente il volto smorto e facile FRANCO VEGLIANI Ba~~onto slavo al pianto di sua moglie. Tossì con fot·z.-, e sputò .accuratamente nel lnzzolello,. poi lo piegò piano e se lo mise in tasca. Scosse più volte la testa 1>rima di riprendere la strada, ma quando ricominciò a camminare, uno strano ed ambiguo sorriso gli errava sulle labbn, sottili, sollo ai barri folti, leggermente umidi dj nebbia. 1 A quell'ora Dragomiro 13abic, sergente comandante elci gendarmi, era a la\"ola con la sua famiglia. Dopo una giornata laboriosa, passo.tn tra le cnrle dell'urf.icio e i servizi di pattuglìa, il sergente i1mava quelle <1uicte ore famigliari più di ogni coi;a al mondo. Egli si vantan, di non aver mai lascialo un dinan) nelle mani dell'oste, ma alla sera, qmindo tornava a casa, gli piaceva {arsi aiutare dalla moglie a siilnre gli slivnli, e con le pantofole di feltro e Jn giubba <lell'unHorrné color tabacco sbotlonatn sul pcllo, si mettevo u iscdere a capo tnvola, gustando n sorsi lentissimi un discreto numero di bicchieri di rosso vino della costa, che un suo gcndanne racC\'ll arri\'arc per lui da C<\Sa sua.· Per quell'ora voleva che la cena fosse prontn e che tutta la Camiglia fo1,sc radunata 1dto1·•·10al desco. Alln moglie e alle figlie egli raccontava al.lora, tra lunghe pause di silenzio, gli av\"cnirnenti della giornata. ..., In questo atteggiamento lo trovò Ivan, entrando se1,za nemmeno bussare, nel1a cucina. Qurrndo ent,·ò il suo \'Olto pareva calmo, addirilturn sorridente. Hifiutò la seggiola che subito gli por• .sero e rispose distratlarncnlc ai saluti. Andò dritto verso il sergente. - Devo parlare con. \'Oi, i\lirko, subito. DeYo parlare senz'altro - disse. Al sergente dispiucevn molto do\'ersi ,,lzurc mentre stava mangfando, ma l'e• spressione d'i Ivon e il modo con cui pronnncìò c1uelln IrnSe erano così risoluti che <.•glinon trovò nulla eia obbiettargli. D'aJtra parte han Karnenar era ancora, nonostante lulLo, una persona ragguardevole in paese. Si alzò in piedi lentamente asciugandos,j i barri e mentre Jo seguiva verso l'uscio si abbottonò 1a giubba. Camminava strisciando in terra le pantofole e aveva i calzoni infilati in grosse cal1.e di cotone bfanco. Entrarono nella stnnzetta che servi\'a di ufticio e mentre 1\'lirko era ancora ad accendere la Jamyada, l'altro disse in fretta e quasi sottovoce: - t ritornato! ll sergente si voltò verso cli lui con il fiammifero acceso tl'a le dita, e lo guardò come se non capisse. - Chi? - domandò. - i\lio lig1io, Slojan ! - proseguì lvun sullo stesso tono. A "Ivan sembrò strano~ che il sergente non dimostrasse nessuna meraviglia. Lo guardava solamente con aria sorp1·c-sa e poco convbta. - E che cosa dobbiamo fare ora? - chiese dopo avere meditato per un certo tempo. - Come, che cosa dobbiamo fare? ! - disse Ivan mentre la sua \'OCe aumentava di tono e egli sla,·a perdendo la pazienzi\ - Dovete fure c1uello che slò Facendo io! li vostro do\crc do'"ete Fare! perchè sono ,·enuto da ,·oi nllora? ! - concluse con voce c1uas~ adirata. Guardò in fo.ecia il Sergente aJlargando g:li occhi e In sua espl'essione gli purvc in quel momento odiosamente stupida, quasi come quella di suu moglie, quando lo fiSSiHn, senza <;upire che essi non dovevano mostr::irsi addolorali per la scomparsa del ragazzo, e poi si mctlcw, a piangere. Quando qualche 1.empo più tnrdi, scendendo le scale per andare a chia. mAre gli uomini nel corpo cli guardia, il sergente ti bruciapelo gli chiese: , - :\fa come- mni. Karncnar, vi siete deciso nppena orn a fHrc c1uesta denuncia? ~· li rnguzzo è tornato uppenu quc!tta sera, che io sappiu. - rispose sirn..crmncntc meru,igliato. ]I sergente non ~,ggiunse altro e i:;i1111toin fondo nllu SC'alu si diresse \"USO la porta del corpo 1..li guardiu. }.111 si fermò sul limitare e tornò indie• t.ro d1 <1ualche passo verso h-an. - Pc1·chè veramente - cominciò lentumcnte e come se cercasse le -parole pii.I adatte - veramente noialtri abbia• mo sempre creduto, nbbiamo sempre pensato, che voi conosceste anche il suo 1~.1sconcliglio sulla montagna... - Poi si interruppe brvscamente ed entrò nel corpo cli guardia, spalancando la porla con violenza. ~lenti-e lu puttuglia, guidata dal sergente cd accompagnala da Ivan, si dirigeva verso le , ic del pnesc silcn· ziosc e affondate nella nebbia, ,,erso In solìtaria casa dei Kamenar, Stojan e le due donne si erano messi a tavola. Sulla frusta tela cerata del tavolo la madre a,c\·t1 steso una tovaglia di lino n quadri bianchi e turchini. Zora si aggirava premurosamente attorno al fratello, tagliando per lui la polenta condita con l'unto dell'arrosto e versandogli il cupo vino dalmata nel bicd,icre. Tutti e t.re erano ormaj calmi e ras .. scrcnati, come rien,trati naturalmente nelle loro antiche e dolci abitudini Stojun non ave, 1a chiesto del padre: nè le due donne glielo avevano nomjnuto. Solamente lo mad.re, quando già erano n tavola, ave\'a detto a un certo punto: - li babbo verrà tardi, come al solito. Però sarà bene che tu vada di soprn appena mangiato. f: meglio che non t-i veda, per questa scr,L f'~ Stojan avevo annuito, lasciando cadere il discorso. .l\lentre mangiavo a grandi bocconi il ragazzo sentiva la stanchezza della lunga ma~cia invadergli le membrn, come tU c1ualche cosa di grato e cli piacevole, e una dolcezza larga, aifet• tuosa e discorsivu occupargli il cuore. Vuotava con avidittt molli bicchieri. E intanto racconta\'u, accalorandosi e godendo clell'altenzione che le due donne gli prestavano, gli episodi della sua fuga attraversò i boschi e della sua vita insieme al vecchio Pave sulla montagna. Ridevo. addentando il pane e gli occhi gli brillavano; si sentiva eo~ me se a,,esse fatto grandi cose, degno davvero di essere raccontale. Ln madre mangiava pochissimo e assaggiò in principio appena due dita di vino. Ascoltava avidamente le parole del figlio e si sentiva di continuo prossima al pianto. Quelle storie' Ja addoloravano intimamente e le mettevano pcnA. Ivan e i gendarmi camminavano di buon passo e senza parlare. L'uomo cnmmina\'a in lesta alla palluglià, accanto al sergente, e sembrava in preda n cupi pensieri. Dopo queJl'ultima frase della dal sergente sulla porta del corpo di guardia non aveva più pronunzialo una parola. Solamente quando giunsero in prossimità della casa e Mirko diede - ordine ni suoi uomini di fermarsi, clis~ se, additando il lume che traspariva oltre la fronda ciel salice: - t. ancorn là, in cucina con le donne. - E sembrò che questa frase gli costasse un'cnurme raticn. Poi aggiunse: - Andate pure voi. Io aspetto qui, aspetto che abbiate finito. I tre a la\'ola erano così assorti nej loro discorsi che non udirono affatto i passi cnuti degli uomini nell'atrio. Solumcnle quando l'uscio si aperse e apparve nel vano la figura Lozza del sergente Mirko, Zora, che era seduta di faccia diede un grido. E Stojan si voltò cli colpo. Vide il sergente che era entrato nella cucina, seguilo da un gendarme, c si ulzò con violenza, rovesciando la sedia. Fece per dirigersi verso la porta che dnva sull'orto e che si trovava ora a11e sue spnllc, ma ebhe appena il tempo di girare la testa, che il sergente gli puntò contro la pistola. - Se ti muovi cli un passo ti sparo! - Poi pronunz.iò la formulu sacramentale:' - Jn nome della Legge, Stoj;.rn Karnenar. io ti dichiaro in aneslo. Fnndazione Ruffilli - Forlì ]I ri:tguzzo si sentì scn1.1altro vinto. Volse lentamente ·gli occhi in g:1r<.1, ma non si mosse più dal suo posto. Dopo una pausa abbnstanza lunga, <luran1c la quale nessuno pronunciò parot.1, nC Ieee alcun gesto, disse semplicemente: - Eccomi, sono qui. Allora il sergente abbassò un poco l'arma e fece. qualche pnàso verso il centro della cucina. li gendarme lo seguiva sempre. La madre lasciò intunto il suo po~to e si avvicinò piano a Stojan, posando• gli una mano sul braccio. Gµurdava il figlio ora con la stessa u.mile tenerezza e con l'identica segreta angoscia con cui lo aveva guardato quando Je era im• 1n·ovvisamcntc comparso al pomeriggio. Poi si volse al sergente, che si era nuo• vamenie fermalo, e parlò con voce cal• ma e dolente-, come se Cosse da tempo preparata a fare un simile disco1·so. - Non abbiute timore )lirko, - disse - egli ornmal non sfuggirà più. Chiunque sia colui che lo ha tradito, egli non può e non deve più sfuggire. Forse è meglio così. Noi non possiamo giudicare, ma forse io sarò oro 1>iù contenta. E un giorno può darsi che egli 1·itorni fra noi senza paura e che Dior ci diu hmta forza da attenderlo. ,\on piangere tu Zoru1 es:si non gli .Faranno alcun mule. E tu r;i. gazzo sii calmo, <1ucsto do\'Cvu nccadc1·c. .:\la voi sergente 01·a dovete ascol• tarmi. Lasciate che egli rimanga ancora un poco rrn noi. .Aspettatelo. Lasciate che. io lo guardi mcnt.re finisce in pacè la sul\ cena•. Disse tutto <1ucsto in fretta e scn;,.a enfasi. La mano dj t\lirko, armi1tn di pistola, ricadde lenla.mcnlc lu.ngo il, fiancot e i -suoi piccoli occhi celesti espressero un'impro\'visu grande perplessità. Fèce cenno al gcn: darme che lo scguivn di uscire e s1 nccostò r.l tavolo. Gli occhi di tutti er,,no fissi su <li lui. XcssunSl parlavn, pm·eva addiritura che tutti trattenessero il rii.1to1 e )lirko si scn{ivn impacciato e confuso eia c1ucsto silenzio pieno dj attesa, e avrebbe pte• forito che qualcuno si mettesse a piangere o a gridArc, come sempre av, e• nhia in simili casi. Passò cosi un tempo che u tutti pnrve lunghissimo, finalmente il sergente parlò: - Va bene. - disse, staccando bene le parole - Va bene, fole p11· re. - Stoy,111 si rimise a sedere con u1t'.-1• rin smat-rita e titubante, che lo rendeva quasi irriconoscibile e raccolse meccn.Ìlicnment:o la ro,:chetta e il coltello che erano rimasti sul piatto. Poi toccò con dita incerte il bicchiere .-.ncora colmo a metà, lo mosse una o due volte su.Ila tovaglia e in fine lo vuotò in un (iaio. Tutti i suoi gesti erano lentissimi e c.:ome profondamente e lungumenle meditati, mu nello stesso tcm• po sembravano privi cli senso. Alza. vu ogni tanto gli occhi verso la madre, che lo fissava con un sorriso smorto e milc e .si sentiva completamente n10t{l di pensieri e privo di volonti1. lJ ricordo del vecchio Pavc 1 che lo attcn• deva sulla 1nontngna, lo colse all'im• prOV\iso1 ma senza nessun segno d.i rummarico unzi con una sottile e vaga punt.a di fastidio, come se non riuscisse più a dare un senso e un signirlcato alla vitu che avC\'n condotta lassù. Allora ricominciò un poco alla volta a parlare, sciogliendosi e abb,mdonttn• dosi nelle purolc che diceva e ritro• vando in esse un dolce e rnssegnato senso cli riposo e quasi di opaco. pallida fclicitù. li sergente 1\lirko si .cm seduto un poco discosto dal tu\•olo, con la pistola appoggintu alle ginocchia, e non ave• va saputo rifiutare Un bicchiere di vino. lgli snpeva con certezza di non Co.re il proprio dover·e e non aveva dubbi, che se <1uella debolezza fosse sta• hl cvnosciuta dni nuovi supcriorì 1 su• rebbe apparsa imJ>erdonabilc ai loro occhi. Eppure ascoltava i djscorsi un poco slegali di Stojun con un calmo inlcrcsse, e sorriclevu suo malgrado, imitando inconsapevolmente l'espressione accorata clcllc due donne. Quando, dopo un certo tempo, si alzò in piedi e disse finalmente cli undarc, lo disse con un tono sommesso e c1uasi timido. Stoyan lo se~ui clocilrnentc, e l'addio fra lui e le due donne riuscì semplice e piano; come per un breve congedo. f'RANCO VEGLIA,W

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