Ombre Bianche - anno III - n. 5-6 - febbraio 1981

19famiglie venete nel Sudamerica 77 erano variopinte di molti e bellissimi colori che meLtevano nel cuore di noi bambini il desiderio di catturarli a qualunque costo. In oLto, i più grandicelli della nostra colonia, con a capo di tutti un dodicenne arn1aLo di un piccolo temperino a forma di stile, ci inoltravamo nella foresta per cercare la posizione più adatta alla posa delle rapuche (trappole fatte di legno che facevano in quei posti per catturare gli uccelli). Ultimato il nostro lavoro riprendem1no Ja via del ritorno giocando e saltando, e con la speranza di prendere qualche bel uccello. Mentre camminavamo si diceva tra noi: guarda guarda sembra già scesa la sera, (chi è stato tra le fitte foreste avrà notato che qualunque ora di giorno sembra di tarda sera) quando improvvisamente la nostra attenzione fu attratta da uno stramazzar negli alberi dove vedemmo un branco di scimmie in una lotta furibonda. La ragione di questo fracasso era perchè le scin1111iaevevano trovato una pannocchia di granoturco e se la pigliavano una con l'altra. La pannocchia l'avevamo persa noi ragazzi e ci sarebbe servita per trarre in inganno gli uccelli. Alla paura subentrò un divertimento nel vedere quella mischia così accesa. Uno di noi improvvisamente diventò serio e disse: ma guarda quanta fame hanno queste povere bestioline!, non potrebbe il signor Barbosa mandare i suoi capanga a portare loro da mangiare?. A quesLa domanda uno gli rispose: che vuoi dal Barbosa il mangiare per queste bestioline, ma se non ne dà nemmeno a noi?; ma soggiunse un altro è più facile che ne dia a queste scimmie, piuttosto che a noi. · Così chiacchierando giungemmo alle nostre case. Il mattino seguente tutti entusiasti partimmo di corsa per andare nel posto dove vi erano le rapuche. Arrivati vedemmo che le nostre trappole erano buttate all'aria. Uno della comitiva arrabbiandosi disse: son scherzi da fare questi?; un altro rispose: tu dici che sono scherzi, non vedi quante penne vi sono per terra, certo qualcuno ci ha portato via ciò che avevamo catturato. Immaginate nel cuore di noi ragazzi quanto rancore vi era. Il più coraggioso (definizione più che giusta per quanto dimostrava) della comitiva, cioè il dodicenne con la sua arma pronta a colpire disse: se trovo qualcuno a rubarci gli uccelli lo ammazzo. Arrabbiati e con proponimenti di vendetta abbiamo rimesso in posizione di scatto le nostre rapuche, siamo usciti dala foresta e ci accordammo per l'indomani di andarci più presto, che certamente avremo trovato il malfattore. Ris·pettando quanto ci eravamo proposti, con un bel anticipo la mattina dopo la stessa comitiva riprese il cammino che erano circa 300 metri marciando a fila indiana lungo il viottolo. In testa alla fila il solito coraggioso con l'arma in pugno. A 15 metri dalle trappole che ancora ci distanziavano, vedemmo una grossa tigre che stava mangiandosi uno degli ultimi uccelli; la belva appena ci vide puntò il suo sguardo magnetico su di noi, e _fece qualche passo incontrandoci. Sette di noi accortisi del grande pericolo tutti spaventati ci davamo alla fuga. Il maggiore con la sua arma in pugno non fuggì e disse incontrando la belva: vieni qui brutta Bi · 1 • t fa u Òto coltello te lo caccio in fondo al cuore, fece ancora

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