Ombre Bianche - anno III - n. 5-6 - febbraio 1981

La vlla e la morte, il bene e il male 61 Secondo me questo chiarisce bene con quanta attiva connivenza abbiamo accettato ed interiorizzato il progetto che il padrone ha tatto su di noi. Fino al punto che come sindacato accettiamo che, perché uno va in pensione in fabbrica, venga automaticamente espulso e sospeso dalle cariche sindacali che aveva ricoperto. Non ha più senso che lui rimanga nel posto in cui ha vissuto mentalmente, culturalmente ed a livello di relazioni umane. Attenti bene. Qui il padrone non c'entra. Il nen1ico non è fuori. Siamo noi che riteniamo logico questo delirio crudele ed inumano. Ed è in questa logica che risiede la nostra connivenza col progetto di dorninio che altri hanno su di noi. Abbiamo parlato di morte questa sera. Ora stiamo vedendo in che modo come sindacato riusciamo a fare del pensionamento un'agonia. Mi sembra importante infine che ci rendiamo conto di come parlando della morte non si parte affatto per la tangente. Non si perde di vista nemmeno l'organizzazione. La morte non è necessariamente la prospettiva degli eremiti che abbandonano il mondo. Può essere, e il nostro discorso lo sta di1nostrando, una buona prospettiva dalla quale valutare nel loro peso reale fatti e cose, linee e programmi della vita individuale ed organizzata. Serve soprattutto a mettere nella giusta luce il comportamento nostro e quello della gente, non tanto per denunciarlo, ma per capirlo e valutarlo. Il discorso che ha appena fatto il compagno mi sen1bra una denuncia clamorosa dell'impotenza di un sindacato che si propone di agganciare la gente solo a partire dal portafoglio e da quattro pensierini striminziti. Veramente c'è da domandarsi, di fronte a fatti con1e questi, se molta gente si è mai chiesta "perché sono a questo mondo? Perché vivo?". Se arriva a darsi una - spiegazione o un ideale per la propria esistenza. Oppure può darsi che viva immersa in problemi che ritiene tanto grossi e pressanti che a quel momento lì di chiarezza non ci arriva mai. Mi chiedo se noi possian10 fare qualcosa, se può far qualcosa il sindacato. O.B.: A mio parere, il sindacato, come organizzazione di esseri umani, porta alle estreme conseguenze le virtù ed i vizi della gente che mette assieme. Ne esalta le virtù, ma anche i vizi. Così il sindacato è l'organizzazione più previde'nte che si possa immaginare. Per cui è impensabile che possa affrontare tematiche con1e quelle sulle quali stiamo chiacchierando questa sera. Solo se c'è della gente, se ci sono dei militanti che dentro il sindacato aprono autonomamente uno spazio per esprimere la propria umanità è possibile che questo avvenga. Altrimenti è chiaro a tùtti che è impensabile che questo sindacato si metta a parlare ai propri organizzati di quella banalità che è la morte. La morte è un punto di vista che, relativizzando tutto, mette in discussione anche l'assolutezza con cui il sindacato considera se stesso. Da questa prospettiva finisci per renderti conto che i dirigenti gagliardi che fan politica, quelli che hanno le linee vincenti, i carrieristi, i cagasotto, i padroni senBit3 · · \,.,_:t,;:~.;\;•1--~a industria di cui è pieno il sindacato sono dei poveret-

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