Ombre Bianche - anno III - n. 5-6 - febbraio 1981

58 F. Bozzini e A. Castegnaro Uno degli aspetti della situazione è la prevedibilità del comportalll:ento del soggetto previdente. Un previdente è prevedibile. Jl padrone, in buona sostanza, ha interesse che gli operai siano previdenti, perché è proprio la previdenza operaia a far tornare i lavoratori in fabbrica ogni mattina ad un quarto alle otto. Quando succede un evento come. quello dal quale siamo partiti, cioè la morte di due esseri umani, non siamo in grado di inquadrarlo in un sistema di previdenza o di prevedibilità. È un fatto imprevedibilè. Quindi è una fatalità. Perché non venga messo in discussione il sentimento profondo seguendo il quale si è scelto il modello di vita del 'lavoratore salariato, bisogna considerare la morte un'eccezione, sulla quale non si discute né si pensa. Altrimenti va tutto per aria. Mi pare dunque che il tipo di analisi che abbiamo fatto del comportamento della gente di fronte alla morte sia adeguato a spiegare come quest'ordine di problemi non possa che essere vissuto così, sovrapensiero. L'unica cosa che non funziona è il nostro stupore e la nostra irritazione. Se la gente, se noi non· fossimo volutamente sbadati rispetto al problema della vita e della morte, come faremmo a tornare sul posto di lavoro domani mattina? ' E non è un residuo di mentalità contadina questa sbadataggine. È un elemento strettamente connesso alla mentalità operaia quello secondo il quale alla morte non bisogna pensare. Di più. Mi sembra che la classe operaia volutamente non possieda ancora una sua visione della rnort.e, come problema da considerare di per se stesso. Riesce solo a trattarla quando è possibile trasferire le responsabilità sui padroni e i fascisti. Quando questi nemici non ci sono, siamo paralizzati. Non sappiamo con chi prendercela. Non possediamo un modello sufficiente di autot gestione della nostra morte. ~e non riusciamo ad esprimere rabbia, non sappiamo come trattare questo argomento imbarazzante. - E infatti è così. Presi individualmente i tosi che fanno ancora straordinarie nel reparto in cui è successo l'incidente le fanno così, senza pensare. Come avete detto voi. Se li prendi uno ad uno e li fai ragionare, sono tutti d'accordo nel fare soltanto le proprie otto ore. C'è poi tutto un sistema di ricatti: se non acèetto di fare lo straordinario mi trasferiscono. C'è una reciproca concorrenza.nella disponibilità verso il capo e l'azienda. Proprio· perché non si pensa alla morte si ascolta il capo. Proprio perché si riesce a non mettere a fuoco le uniche paure serie e vere, si riesce ad aver paura delle stupidaggini. Secondo me un essere umano che riesce a camminare con la coscienza di avere la morte sulla spalla n.on ha più paura di niente e di nessuno. Il livello di integrazione che oramai abbiamo raggiunto nel sistema è talmente profondo che non ci chiediamo neppure più se il modo in cui oggi si lavora e vive è l'unico esistente e possibile. Finiamo per esserne convinti, perché non sprechiamo tempo a pensarci. L'esperienza personale della morte ti può restituire lucidità di giudizio, capacità di critica radicale di tutto quello che ti circonda, ti lega, ti obbliga. Certo, anche secondo me, solo l'esperienza personale è convincente. Per fare un esempio, chi è nel Soccorso Alpino sa che c'è una differenza abissale fra l'anBibliotecaGino Bianco . . .....

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