Ombre Bianche - anno III - n. 5-6 - febbraio 1981

40 Fausto Tortora Il lavoro salariato è dunque frantumato e diviso più che mai. A questa realtà il sindacato si accosta solo episodicamente per rifugiarsi nella pigrizia militante e nel conformismo più rassicurante giacché, al di là delle ricorrenti denunce, vige il principio di una comune omertà fra tutte le diverse istanze del sindacato, nel ne-· gare questa verità e nel costruire invece una proposta di aggregazione ritagliata sullà figura dell'operaio "centrale" della grande fabbrica. Questa scelta rischia anche di assumere un significato regressivo e conservatore. lnf atti quando si individua riduttivamente nell'operaio "centrale" e nella fabbrica grande il luogo del lavoro, ciò viene assunto come garanzia di continuità dello sviluppo che legittima la ricerca costante di una ricomposizione impossibile proprio perché progettata gerarchicamente sui bisogni, .la cultura, la coscienza di un unico soggetto sociale. In tal modo la coscienza dell'insieme è vissuta nostalgicamente come grande sempli.ficazione ideologica e non come faticosa ricerca capace di misurarsi con tutte le sfaccetta ture della realtà. Se, invece, il sindacato decidesse di muoversi verso il terreno, per lui inesplorato, del lavoro frammentato e diviso con l'obiettivo prima di riconoscerlo e poi di tutelarlo, si porrebbero forse le premesse per grandi cambiamenti anche nella sfera della politica. . Infatti la foresta inestricabile, in cui crescono avviluppate fra loro le diverse piante del lavoro salariato, implica il riconoscimento per cui ogni lavoro ha una sua dimensione strumentale e funzionale, esso non sopporta tentativi rimotivanti, vede anzi la intollerabilità crescente e drammatica di una condizione "servile", tanto più evidente da quando il cielo dei valori (ad es. l'egemonia operaia) è crollato (cfr. M. Cacciari su IDOC 5.6.7/80). Ma se non ci sono più né i valori, né il signore a cui alienare convinti che ciò sia giusto. o, comunque, l'unico destino possibile, si creano anche le premesse per . . una grande autovalorizzazione di ogni soggetto sociale che lavora e che, da solo, scopre "corti circuiti paradossali fra lavoro e gratuità, fra impegno massimo, massima tensione e abbandono di ogni finalismo, di ogni teleologia etica" (cfr. idem, pag. 30). In altre parole, ogni uomo soggetto al vincolo del lavoro salariato cerca di realizzare se stesso a partire da se stesso; il sistema della partecipazione non è più ritenuto spontaneamente espansivo ed espressivo a partire dalla centralità della classe operaia; lo stesso lavoro è una parzialità politica e non più un centro teorico e pratico attorno al quale sia possibile definire un progetto; ogni soggetto accetta con minore passività di ieri di essere strumento di qualcosa che non controlla logicamente o temporalmente. In questo quadro, la politica assume un carattere pattizio creando così lepremesse oggettive per una diffusione delle istanze contrattuali, ovvero per una diffusione potenziale della funzione sindacale in tutte le pieghe della società: infatti il lavoro come "parzialità" è, assai più del lavoro come realizzazione, luogo di innovazione e di conflitto (cfr. sull'insiem~ di questi punti ancora IDOC num. cit.: "Dalla crisi del lavoro alla crisi della politica" resoconto e commento di un seminario svoltosi ad Ecumene dal 20 al 27 luglio 1980 a cura di G. Forcesi, pag. Bi ~t ca Gino Bianco

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