Nuova Repubblica - anno V - n. 39 - 29 settembre 1957
·1182) nuova repubblica (Dopo le calde parole di So.ragal per fa vittoria di Ade11aller) (Dis. di Dino Boschi) Per Sara.gat, foglie di quercia e brillanti SETTE GIORNI NEL MONDO ILRICATTO DEGLI OLTRANZISTI D AL VIAGGIO del presidente della Repubblica in Persia, si è andata sviluppando una larga mano– vra avvolgente contro il ·« neo-atlantismo», i1 « re– visionismo atlantico», l'« africanismo», la quale, col prete– sto di ottenere da ogni esponente responsabile del mondo democratico iialiano una riaffermazione della sua fedeltà atlantica ed europeistica, si propone in realtà un rilancio del centrismo e degli uomini discreditati del quadripar– tito e dell'oltranzismo atlantico. L'offensiva, sferrata con eccessivo ardore dall'on. Ma– lagodi, è stata però ripresa con maggiore abilità dal– l'on. Pacciardi e, al suo ritorno dall'America, dall'on. Sa– ragat, trovando larga eco negli ambienti già quadripar– titici della DC e nella stampa indipendente e confindu- · striaie che li appoggia. Anche nell'attuale governo monocolore, le varie tendenze di politica estera si scon– trano spesso violentemente, come è risultato dalla pole– mica fra l'on. Del Bo e. l'on. Gonella, la quale ha avuto strascichi con dichi~razioni spesso contraddittorie del ministro degli esteri Pella, precedute o seguite da prese di posizione abbastanza significative dei ministri o sotto– segretari Folchi, Angelini e Bo. · Ma gli avversari «laici» della politica estera del governo, i quali agiscono anche per conto dei suoi av– versari meno laici della DC, si sforzano di colpire non tanto e non solo il gabinetto Zoli, ma soprattutto lo svi– luppo di condizioni atte a favorire, dopo le elezioni, un dialogo fra DC e PSI del tipo di quello già auspicato con prudenza anche da Fanfani, e quindi di condizioni tendenti a eliminare da ogni funzione di copertura le forze cosiddette minori del quadripartito. Il richiamo alla fedeltà atlaÌ1tica ed europeistica è apparso precisa– mente il terreno più adatto ad opporre un fuoco di sbarramento contro i1 dialogo con il PSI. ·Certe iniziative di Pella nel Medio Oriente possono suscitare, senza dubbio, fondate preoccupazioni, in quan– to non hanno nulla a che vedere con il « revisionismo atlantico». ma sono manifestazioni imprudenti di no– stalgia verso la politica demagogica di avvicinamento al mondo arabo del venterinio fascista,. al tempo in cui Radio Bari lanciava gratuiti inviti alla rivolta contro le potenze democratiche occidentali. Ma non possiamo di– menticare che il primo membro del governo italiano a portare al colonnello Nasser la nostra benedizione fu l'on. Randolfo Pacciardi, al tempo in cui era ministro della difesa. D'altra parte, è deplorevole, come ha giustamente lamentato anche l'organo della DC, n Po– polo, che il nostro rappresentante al recente convegno dell'UEO abbia assunto l'impegno - in perfetta contrad– dizione con il velleitarismo filoarabo di cui sopra e con l'atteggfamento che sembriamo avere assunto nei con– fronti delle richieste d'armi della Tunisia - di appoggiare le teSi francesi sull'Algeria, quando verranno in discus– sione all'Assemblea Generale dell'ONU. Se non altro, si tratta di un impegno assunto alla leggera, « a scatola chiusa», poiché queste tesi subiscono una evoluzione in peggio giorno per giorno, sotto la pressione dei gruppi di destra francesi, e potrebbero diventare indifendibili per lo stesso governo francese alla fine del dibattito in corso all'Assemblea Nazionale francese. Queste cambiali in bianco rilasciate, da un lato, al nazionalismo arabo, e, dall'altro. a quello francese, sono certamente indici di un'indecisione sempre più grave non solo a Palazzo Chigi, ma anche in seno al~a DC, che è oggi unica responsabile della nostra politica estera. Ma non sono in alcun modo degli indici di abbandono della politica atlantica ed europeistica Sotto la pressione delle forze di sinistra o per favorire la prossima apertura di un dialogo fra socialisti e cattolici. Se Pella è incapace di tenere le redini della no.stra politica estera e dì determinarè in tutta la DC un orien– tamento unitario sui sing-0li _pr.9.blemi, ciò deriva dal nazionalismo represso dell'espOnente della destra demo– cristiana e dall'incoerenza interna del maggiore partito di governo. ·•~à., non deriva affatto da tacjte intese con il PSI, che Pella è il primo ad avversare, né determina una seria minaccia di rovesciamento delle nostre al– leanze. Quest'offensiva è stata tuttavia incoraggiata dalla diffidenza con cui la Chiesa guarda le velleità de– mòcristiane di apertura a sinistra e dal tjmore, in coloro che non escludono tale possibilità di' apertura, di affron– tare questa diffidenza vaticana a viso aperto e di tra– durre le loro velleità in una concreta azione politica. L'esitazione dello stesso Fanfani a definire un nuovo corso di· politica interna ed estera _.Qemocristiana è la condizione prima che ha permesso>--ai vari Scelba di fare, attraverso Malagodi, Saragat e Pacciardi, un pro– cesso alle sue intenzioni, sia i~ politi.ca interna che in politica estera. E siccome Fanfani non si è finora esposto eccessiva– mente in politica interna, dato che preferisce rimandare una più chiara definizione della politica delle alleanze della DC a dopo le elezioni, gli a'\;versari quadripartitici di un monocolore dal quale temono che scaturisca dopo le elezioni l'apertura a sinistra e il definitivo abbandono di ogni velleità quadripartitica, hanno colto l'occasione, con le recenti oscillazioni della nostra politica estera, per camuffare la loro offensiva di politica interna con un invito a riaffermare solennemente la nostra fedeltà atlantica. Precisamente a questo punto, molti fautori democri– stiani ed anche repubblicani dell'apertura a sinistra ri– schiano di rimanere vittime della manovra di avvolgi– mento dei quadripartitisti. Se quei fermènti che si sono sviluppati disordinatamente in questi mesi in seno al– l'attuale gruppo dirigente democristiano e fra alcuni degli ex alleati della DC, al fine, di una revisione della politica atlantica nel senso di una maggiore indipenden– za; cedono al ricatto del primo richiamo all'ortodossia atlantica, anche quell'avvicinamento che si era andato pro~lando fra le pòsizioni socialiste e quelle di molti esponenti delle forze già aderenti al quadripartito, sulla base di posizioni internazionali di tipo bevanista o di tipo socialdemocratico tedesco, rischia di diventare cosa assolutamente effimera. Non vi è dubbio che, per consentire un incontro tra forze cattoliche e forze socialiste, bisogna anzitutto eli– minare le diffidenze determinatesi in dieci anni di guerra fredda nel campo della politica internazionale. Ma qualora, dopo i numerosi passi compiuti dal PSI al fine de11a sua integrazione sempre più stretta nel movimento operaio occidentale, l'incontro del PSI con le altre forze demo– cratiche, sotto la pressione congiunta delle varie forze quadripartitiche, venga reso impossibile dallo spostamen– to deila DC e delle forze democratiche minori su posi– zioni oltranziste, non sarà colpa del PSI se mancheranno alcune delle condizioni essenziali dell'incontro stesso. PAOLO VITTORELLI 5 LE'l"l'.lHtA DA BO'NN I LER!IGIO~ BELLI\ SCO~FITT i\ di MARTIN FlSCHER ·cOME purtroppo .er,a -~tato f~cile_ pr~v~ere, lei:.s.ocial- democrazia tedesca ha perso anche l'occasione del ~ 15 seÙembre. In ter~ini di aritmeÙca · eletto1·'a1e,: da quella giornata è scatu~ita la segue)).te situazione: 1) l'Unione democratico-cristiana ha conseguito la rnng– gioranza assoluta dei voti, con il 50,2 per cento dei suf– fragi; 2) il partito socialdemocratico ha conquistato poco più di un terzo dei suffragi, ossia il ·31,8 per cento; 3) tutti i parti.ti minori risultano battuti sul campo, come il liberaldemocratico di Maier, o vittime del meccanismo elettorale, come il partito dei rifugiati, ad eccezione del partito tedesco, che grazie alla compiacenza della CDU ha potuto sfuggire fortunosamente al capestro della legge elettorale, pur non avendo conseguito neppure il 5 per cento di voti. Qltesti tre dati fondamentali racchiudono anche il si– gnificato politico delle elezioni per il terzo Bundestag. E' bensì vero che la socialdemocrazia, come è detto nel– l'appello rivolto dalla SPD agli elettori dopo la pubbli 0 cazio_ne del risultato, non ha conseguito il suo più im– portante e più prossimo obiettivo, ossia la r.ottura della maggioranza assoluta della CDU (che nel vecchio Bun– destag era solo di segg:i, e non anche di voti), ma è altrettanto innegabile che in questa congiuntura essa è riuscita almeno ad impedire il peggio, ossia, citiamo dallo stesso documento, « a raggiungere in parlamento una forza tale, che contro la sua volontà non potrà aver luogo alcun mutamento costituzionale ». Si tratta, dun– que, di quello che certi strateghi di buona memoria chiamerebbero un « successo difensivo», che nella situa– zione attuale è già un successo di rilievo. Paradossal– mente, si potrebbe dire che il fatto che alla CDU nc>n basterà più l'apporto dei minori, diventati ormai troppo deboli, per raggiungere i due terzi dei voti, ha in certo senso consolidato la posizione .della SPD. Ciò che tuttaco via non autorizza a farsi soverchie illusioni, perchè la CDU sa bene che è più facile manomettere i diritti delle minoranze per le vie traverse del sottogoverno e dei provvedimenti amministrativi che con gli attacchi frontali alla Costituzione, né a dimenticare che la SPD è stata sconfitta e che la vittoria si chiama Adenauer, come persona e come capo della CDU. B ISOGNA tuttavia andar cauti nel prender.e aUa lettera l'organo della socialdemocrazia, quando scrive che la vittoria della CDU « rappresenta il successo di un nuovo culto .del capo, contro il quale la maggioranza del popolo tedesco, nonostante le esperienze del passato, non è an– cora immunizzato; debolezza questa che vien cosciente– mente coltivata e abusivamente sfruttata dal partito di Adenauer ». Tutto questo è vero, ma non è sufficiente. Sappiamo troppo· bene qllale fascino eserciti tuttora s\11 popolo tedesco l'uomo forte che impersona il partito forte; sappiamo troppo bene che cosa hanno rappresen– tato dodici anni di regime nazista per la fragile coscienza democratica del popolo tedesco e quale scarso contributo alla sua educazione democratica abbiano dato otto anni di monopolio del potere democratico-cristiano-conserva– tore. Ma non bisogna esagerare. Occorre che i vinti rico- • noscano di essere stati battuti e si mettano a studiare attentamente le cause della sconfitta. Sarebbe troppo facile e troppo comodo rifugiarsi nell'alibi e chiamare il complesso dell'uomo forte a far da capro espiatorio della situazione. Si tratta di capire le ragioni dì questo nuovo fallimènto della socialdemocrazia, che sono duplici, obiet– tive e soggettive. Obiettivamente va detto subito che la causa della SPD era in partenza assai· difficile, se non proprio dispe– rata: è difficile proporre una alternativa in un paese di alta congiuntura, di benessere e prosperità elevata, con piena ascesa politica ed economica, an:::he se si tratti di un paese tagliato in. due da una piaga dolorosa e sempre aperta come quella dell'unificazione. Non è facile convincere le masse che la politica che ha ridato loro i mezzi indispensabili di sussistenza, lavoro, abitazione e conforti vari, dal frigorifero al Volkswagen, è in defini~iva una politica conservatrice, paternalistica, autoritaria, im– mobilistica ·e, nella peggiore delle ipotesi, avventuristi::::a. Ora, che coSa ha fatto la socialdemocrazia per capo– volgere questa situazione e dare battaglia aUa CDU? Se si eccettua il campo de11a politica estera e dell'unifica– zione, l'unico nel quale abbia posto le premesse pel una alternativa, bisogna dire che la SPD è scesa nella lotta con armi spuntate. Posta con le spalle al muro dall'inne- (segue a pag. 6, 3.a co!.J
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