Nuova Repubblica - anno II - n. 11 - 5 giugno 1954

NUOVA REPUBBLICA 7 ------------------------------------------------ GRISOU E MILIARDI O' i anche u11 allro aspe110 della 1mgedia di Ribolla, che 11011 è Ila– /o narrato dai gior11alis1i: ri– guarda la sil11flzio11e generale delle 110- Jtre i11d1111rieJtl'a/live: antracite, li– ta11tmcite, lig11iti 1 torba. Sono qm1Ji q11a11ro miliardi a111111i che paga lo Srato perché miniere come quelle di Ribolla rima11ga110 aperie. E 1111a specie di ricallo che i padro11i impongono al Governo per 11011 getlar 1ul Ja1trito - bontà loro - migliaia di minatori. li lragico pozzo « Camorra » che ha soffocalo 43 operai fa parie di u11ami– niera di lignÌle vicina ad e1aurir1i. Una miniera male allrezzala, in cui 1i usavano metodi di lavoro 1ùnili a quelli di celllo mmi fa - da alcu11i gior11ali è llalo urino che i11luogo del– la lampflda di Davy si 11savau11por– cellino per lrovare il griuì. La minie– ra, ucondo il crilerio lucrativo dei pa– droni della Montecatini, 11011 meritava la 1pesa di 1111 moderno impianto. Si doveva chiudere, ma Jt1rebbe Jlala la fame per 111ol1e famiglie. Sembrerebbe 11/lf/ sol11zioneispirala a se11time111i umanitari oppure una di quelle tanto 1trombazzale villorie dei lavora/ori guidati dalla polenle CGIL: ma non è co1ì 1 non è mai così! Ecco invece come slanno le cose: fra i dirige111idella Monleca1ini e il rapprese11ta11te del Governo s11ppo11ia- 1110che sia avvenuta questa conversa– zione: - La miniera non « butta » pùì, non rende, ha da e11erediJarma– ta.... - No11 dovete: ragio11itecniche e polilirhe ci co11siglianodi 11011 pri- 11aredel lavoro altri operai. Provvede– rà il Governo a coprire il disavanzo - La miniera non riempie piìl le ca11e dei padro11i? le rie111pirà lo Slalo. Esu/Ja11z" dei sindacalisti della CGIL! Vi/lori" dei lavora/ori che per slrap– p"re 1111a /ella di pane con un lavoro be1tiale, vanno a morire in una minie– ra che, poiché non rende, è natu,-al- 111e11/e antieconomico modernizzare. Fin qui la Mo11teca1ini,Ribolla, la Co111111i11ione d'ùuhicsJa a cui queste cose 11011 importerà di scoprire. E 11e- 11iamoalla 1it11azionenazionale. /11I1aliail fabbisogno di q11eslocom– b11J1ibile si aggira sui 13 e 14 111ilioni annui di to11nellate, men/re la produ– zione è di 1oli due milioni. I più ricchi carboni (antracite, li– talllrace)10110 di quasi eulusiva impor– tazione poiché le o/lime miniere istria– . ne 10110a11d,1te perdute con la guerra e quel poco a nostra diJposìzione ci viene dalle 111i11iere della Val d'Aolla e il lilanlrace dal Friuli e /'lglesie111e. Il grouo della noJlra produzione è quindi lig11ile e lorba delle miniere sarde, del groue1a110e del Valdarno. Il prezzo di quelli co111bustibiliva– ritt a seconda del poiere calorifero di cui dispongono; così mentre l'antracite che arriva '11potere calorifero di 9000 calorie costa d'111e 20 "Ile 24 mila lire per lo1111ella1a, l /ignile (7000 calorie e 111eno) rolla 8000 lire per 101111ellata e la lorba, che dispone di 3000 calorie, .Può essere ve11du1asolo a prezzi mol– to inferiori. I padroni delle 111i11iere dicono che la spesa di ellrazione della 11011ra li– g11i1e sia sulle 12000 _lire per 101111el– latt1 con una perditt1 quindi, dato il valore commerciale della lig11ile, d1 cir~a 4000 lire. E quello il gioco che colla alla S1'1· IO 4 miliardi annui. In queste condizioni gli industriali tendono 11at11ral111ente ad aumenta,-e la produzio11ede/1'1 lignite e a sfrutlare al ma11imo le miniere. VÌJto che lo Stato compensa la perdita, che diviene profi110, tanto 11alemandare a mori– re nelle miniere male atJrezzale chi ha bisogno di g11adag11arsi il pane. Rimangono a/cmi.edomande da fare: quanti 10110gli operai che lavorano in quute miniere? Se in l11ogodi darli agli ind111triali, lo Stato impiega11e quei 4 111iliardi11opere pubbliche e si poneuero in di1armo le miniere i111- produ11ive,11011 sarebbe meglio? Qual• tro miliardi l'anno sono una bel/a ci• fra co11la q11ale è pouibile dar lavoro a più di 10.000 operai.... Ma 111110 quello fa parie di 1111 co– stume e 11011 c'è Commiuione d'inchie– sta che lo poua 11111/are; è il costume di chi vuol vivere 1ra11quillo,di chi si vuole ingraua,-e e di chi, dando a intendere fiJChi per fiauhi alla povera genie, co11la demagogia fabbrica voti alle elezioni. . PIETROBIANOONI IIT. Come col Malthus, così avviene coi « neo-malthusiani » e con l"arida di– scussione che circonda le loro opinio– ni. Chi sostiene che una lotta contro la povertà nel mondo sarebbe compro– messa da un ulteriore incremento de– mografico può venire chiamato in aiu– to da tutti gl'illusi e da tutti i rea– zionari che cercano un pretesto per non far niente. Chiunque sia consapevole di quello che sostiene deve prevedere un disa– stro su scala mondiale al più tardi fra il 1960 e il 1970 e una perdita di 250 milioni di persone... le perdite e la fame non essendo limitate alla zone depresse 1 0. Il critico più violento dei neo-mal– thusiani è il Doti. Josuè de Castro, .ca· po del Servizio della Nutrizione del Governo brasiliano e già Presidente del Consiglio mondiale per l'Alimen– tazione, creato dall'Organizzazione per r Alimentazione e r Agricoltura delle Nazioni Unite (F.A.O.). Egli dimostra anzitutto sulla base di una forte do– cumentazione statistica che l'incremen• to necessario nella produzione alimen– tare mondiale potrebbe essere prossi– mo e, in secondo Iuogo, che I'espe· rienza sta ad indicare che gli alti saggi di natalità vanno abitualmente di pari passo con un tenore di vita misero, mentre il saggio d'incremento demo– grafico comincia a calare non appena il tenore di vita aumenta. Quale di queste due opinioni è la giusta? Il impossibile essere dogmati– ci. Molti fatti concorrono senza dub– bio a indicare che il rapido aumento della popolazione mondiale può essere rallentato con un aumento del tenore di vita. ... L'esperienza sta a indicare - af– ferma il Rapporto sul Piano di Colom– bo - che un'elevazione generale del tenore di vita finisce per esercitare una influenza regolatrice sullo sviluppo del– la popolazione. In alcuni paesi di que– sta zona (del Piano di Colombo) tale influenza si manifesta già col declino del saggio di natalità dei ceti medi. Nel Bengala orientale, per esempio, si è osservato che il numero medio dei componenti un gruppo familiare ten– de, nelle proprietà di quattro ettari, ad essere inferiore al numero dei com• ponenti le famiglie che vivono su due ettari di terreno 11 • Fatti dello stesso genere si riscon– trano in Birmania, dove un'elevazione del tenore di vita ha determinato una riduzione piuttosto notevole del saggio · d'incremento demografico. Un eminen– te economista indiano, il Dott. V.K. R.V. Rao, esaminando il Piano di Co– lombo, faceva specificamente accenno alla tesi neo-malthusiana. L'età del matrimonio è andata re– golarmente aumentando in India du– rante gli ultimi trent'anni e probabil– mente continuerà ad aumentare ancora. Non si nota più un'assoluta mancan• za di zitelle nella società indiana, spe– cialmente nei suoi strati urbani e colti. L'indipendenza economica, derivante dalle maggiori possibilità d'impiego per le donne e dai mutamenti legisla– tivi conferenti loro più ampi diritti di proprietà, ha cominciato ad avere il suo inevitabile effetto sulla disposi– zione ad avere bambini; mentre il no• tevole incremento negli ultimi vent'an• ni ha ulteriormente rafforzato tale tendenza. Dopo aver preso in esame r opera in corso nel campo della pianificazio– ne familiare in seguito agli appelli di Pandit Nehru, egli conclude: Confido che il problema demografi– co non ostacoli i benefici che il mio paese trarrà dallo sviluppo econo– mico 12 • Il impossibile, come dicevamo, es– sere dogmatici circa le future tenden– ze della popolazione mondiale. Una cosa è certa: la popolazione mondiale sta crescendo oggi ad un ritmo che mi– naccia l'avvenire dell'umanità. La pro– duzione alimentare segue, zoppicando, l'espansione demografica: anche se si riuscisse a farla crescere con un ritmo I PAGINE DICULTURA CONTEMPORANEA I LA GUERRA CONTRO LAMISER di sviluppo pari a quello della popo– lazione, la situazione attuale di mise• ria e di fame non ne risulterebbe ri• dotta e non vi sarebbe nessuna spe– ranza fondata di limitare il continuo incremento demografico. Ciò che oc· corre è un aumento spettacolare della produzione alimentare su una scala che ecceda l'incremento demografico e che renda quindi possibile un livello di vi– ta più elevato. Verranno così a ri– dursi i saggi di natalità e si avrà una soluzione del problema alimentare mon– diale? Non ne possiamo essere certi. Nelle prime fasi della lotta contro la fame e le malattie nel mondo dobbia– mo essere pronti ad assistere ad un ulteriore incremento dei saggi di nata• lità e ad una riduzione dei saggi di mortalità. Solo dopo un certo tempo e se la produzione salisse realmente in modo sufficiente da determinare un reale aumento del livello di vita si potrebbe sperare di eliminar~ il fan– tasma malthusiano. Nulla può essere certo quando si ha da fare con fattori così indeterminati: l'unica cosa certa è che se non si facesse nulla per promuovere un in• cremento notevole nella produzione ali• mentare mondiale ci si troverebbe di• nanzi ad una crisi mondiale detenni• nata dalla fame nel 'corso della vita dclb maggior parte di noi. • • • I fatti relativi alla miseria nel mon• do e il pericolo di una crisi sempre più profonda determinata dalla fame dovrebbero bastare a .;povincere per– fino le persone più egoiste e più iso· )azioniste della necessità di una cro• ciata a fondo per lo sviluppo econo– mico mondiale. I pericoli che questa crisi presenta per la pace nel mondo sono anch'essi manifesti. Lo spettro della povertà e della fame determina necessariamente la violenza, perché gli uomini che hanno fame sono pericolo– si. Perciò, come sostenevamo, anche se ogni comunista si convertisse domani alla democrazia, la guerra e il peri– colo di guerra non scomparirebbero da un mondo, nel quale due terzi de– gli abitanti hanno fame. Vi è tuttavia un altro argomento che si usa talvolta per convincere i « realisti » ad appoggiare dei piani di sviluppo economico mondiale: è la pro– spettiva di una scarsezza delle materie prime su scala mondiale, perché il rit– mo attuale della produzione industria· le sta esaurendo le scorte disponibili delle materie prime di prima necessi– tà. Esiste anzi, per le matrrie prime coffie per i generi alimentari, « una nuova legge malthusiana in atto ». La capar;tà produttiva industriale del mondo è aumentata negli ultimi dieci anni del 40 per cento, mentre la pro– duzione di materie prime consumate dalle industrie è aumentata solo del IO per cento 12 • li monito più auto– revole è contenuto nella Relazione Pa• ley al Presidente degli Stati Uniti, in cinque volumi. Secondo questa relazio– ne, se gli Stati Uniti mantenessero l'occupazione integrale della loro mano d'opera e continuassero a espandere la loro capacità produttiva industriale, es– si avrebbero bisogno, entro il 1975, d'importare la metà delle loro ma– terie prime: le forniture di metallo do– vrebbero essere aumentate fino a rag– giungere il doppio del livello del 1950. I paesi dell'Europa occidentale che ri– cordano le conseguenze che ha avuto sulla loro economia, nel 1950-51, l'ap- parato industriale americano, quando si è messo a funzionare a pieno va– pore e a risucchiare le scorte di mate– rie prime da tutto il mondo, si rende• ranno conto di quello che ciò signifi– cherebbe per loro in termini di disgre– gazione della loro produzione e dei prezzi elevati che sarebbero costretti a pagare per gli oggetti d'importa· zione. A lungo andare il mondo occidentale non potrà né garantirsi le fonti di ma– terie prime né i mercati occorrenti per tenere in funzione le sue industrie a meno di attivizzare sia le risorse la– tenti di materie prime, sia l'enorme capacità potenziale di consumo delle attuali zone depresse. L'esistenza post· bellica ha inoltre dimostrato che non esiste altra speranza di risolvere il problema che si pone al mondo per la mancanza di partite attive di dolla– ri e di C(eare un sistema di traffici mondiali capaci di espansione. Anche noi, come il Canning 130 anni fa, do• vremmo creare un nuovo mondo per ristabilire l'equilibrio nel vecchio. Può darsi benissimo che « 200 o 500 o 1.000 piedi 13 sotto la super– ficie dei territori coloniali britannici si trovi la risposta a tutti i nostri pro• blemi di dollari » 1 • 1 . Ma questa so– luzione dei problemi economici del mondo è fondamentalmente un proces– so a lunga scadenza, a lunghissima scadenza. E vero che vi sono alcuni progetti immediatamente attuabili, i quali potrebbero accrescere sostanzial– mente le scorte mondiali di alcune ma– terie prime che scarseggiano. I piani di sviluppo delle ferrovie nell'Africa centrale possono procurare una mag– gior quantità di carbone, di cromo e di rame ed alleviare quindi le attuali de– ficienze; il piano di sviluppo della produzione dell'alluminio nella Costa d'Oro, della produzione di carta da giornale in Nuova Zelanda, delle pi– riti a Cipro, della produzione di zin– co e di piombo nella Nigeria, di tutti questi generi e di altri ancora potreb– be recare un contributo ragionevol– mente rapido all'incremento delle scor– te delle materie prime attualmente scarso. A prescindere da questi progetti, pe· rò, - ed è bene che lo si comprenda - una lotta contro la miseria nel mondo condotta in quel modo così energico in cui occorre condurla non faciliterebbe per molto tempo la solu– zione dei problemi che si ·pongono aI mondo per la scarsezza delle materie prime, ma anzi la renderebbe ancora più difficile. Una gran parte di quella lotta sarà rivolta all'incremento della produzione di generi alimentari e al– l'elevazione del tenore di vita di milio– ni di uomini nel mondo intero. Si prevede che occorra un trasferimento di capitali dell'entità di circa 7.500 miliardi di lire ali'1111110 dai paesi pro– grediti alle zone depresse: a seguito di ciò si verificheranno enormi richieste alle industrie meccaniche e soprattutto alla capacità produttiva dell'industria dell'acciaio dei paesi più ricchi. Se si vuole svolgere questa lotta fino ad ottenere un esito positivo 1 ne derive• rà necessariamente una deficienza di ac• ciaio e di altre materie prime anziché un risanamento delle attuali deficienze. L'unica contropartita che si può offrire al consumatore di materie prime è che questo è l'unico modo per garantir– lo contro una disastrosa carestia di ma– terie prime di qui a trent"anni. La ragione impellente di iniziare una lotta contro la miseria nel mondo non risiede nell'interesse egoistico a breve scadenza delle nazioni occidentali. Non vi è posto, infatti, negli eserciti invaso• ri, per chi giudichi ogni opc:azione in termini di benefici a breve scadenza per il proprio paese o per il mondo occidentale nel suo complesso. Vi è chi si sentirà spinto ad arruolarsi per• ché riterrà che questo sia l"unico mo• do di combattere il comunismo, << un·ar– ma nella guerra fredda come la --voce dell'America .. o della difesa civile». Vengano pure avanti, costoro, se la pen– sano in quel modo, o per lo meno se riteAgono che questo sia il modo di dare la prova che la democrazia non è semplicemente un modo di vivere ma anche un modo di dare la vita. Ma il loro valore combattivo sarà limitato, si stancheranno facilmente e forse per– deranno il loro entusiasmo se vedran• no esaurirsi la .guerra fredda. La guerra fredda può non avere più la stessa intensità, ma la fame continuerà a sus– sistere. Come si vedrà più in là, inol– tre, la lotta contro la miseria nel mon• do sarà una campagna limitata se non si riuscirà a persuadere il popolo sovietico a marciare con noi - come cobelligerante anche se non come al– leato. La prospettiva di una parteci– pazione russa, anche se non la si vuo• le porre su un piano più elevato, sarà influenzata dai moventi dell'Occidente nella sua dichiarazione di guerra alla miseria: le possibilità di successo del– l'operazione combinata fra Oriente e Occidente sarebbero certamente ridotte se ognuna delle due parti vi parteci– passe soprattutto per combattere non contro il comune nemico, ma contro l'altra parte. Una ragione per cui il mondo do• vrebbe mobilitarsi contro la miseria umana domina però su tutte le altre. Non è una questione d'interesse o di politica di potenza. 1l un i,nperativo morale. Siamo ricchi ed essi sono po– veci ed è nostro dovere aiutarli. Dopo la pubblicazione di JI!' "r 011 JI!' a111 e con r intensificarsi dell ·interes– se per il problema della miseria nel mondo che è seguito alla campagna per rendere la coscienza della Gran Bretagna sensibile a questa questione, la consapevolezza di quest"imperativo morale si è diffusa. Forse fu espressa meglio in una recensione di llVar 011 lli'ant, al momento della sua pubbli– cazione, in cui il recensore diceva: A Non uccidere si aggiunge un al• tro comandamento: No11 permei/ere che il fralello muoia di fame q1""1do la. scienza e l'ind111triaai 111oiordini ti conuntono di tenerlo in 1 1 itfl. IIAKOLDWILSON 10 The Colombo J'Ja11 /or Co-ope,,aliu, Economie Deuelopme11l i11 South a,id South East Asia {li Piano di Colombo per Jo svi• luppo economico ai'i:uato in collaborazione nell'Asia meridionale e sud-orientale}. Rap• porto del Commonwealth Consulta-tivc Com• mittcc, H.M.S.O., Cmd., 8.080 del 1950. 11 Da un articolo su « Thc Colombo Pian for Economie Devclopmcnt » [li Pia• no di Colombo per la sviluppo ccou.], in Lloyds Bank Review, Luglio 1951, p. 22. 12 Royal Insti1u1e o! Intcrnational Affairs, World P,,oduction o/ Raw .Malerials [La produzione mondiale di materie prime] (in• formation Papcr N. 18 del marzo 1953). 13 Corrispondenti alPincirca a 70, 175 e 350 metri [n. d. t.]. 1-1 /Jrilaitt and ll1e IVorld Ero110111y, [La Gran 81'ctagna e l'economia mondiale]. Con!ercnza dcli' A. alla Società fabiana nel• la sessione autunnale, tenuta il 28 ottobre 1952.

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