Fine secolo - 1-2 marzo 1986

qualcuna di queste tragedie. Le risate erano state irresistibili quando il dottor Fritz Fraen– kel, dal corpo fragile e la zazzera grigia, e il suo amico Walter Benjamin, dalla testa di stu– dioso sensibile e gli occhi pensosi dietro le spesse lenti, si erano introdotti di frodo, grazie a corruzioni, su una nave da carico, vestiti da marinai francesi. Non andarono lontano. Fortunatamente, riuscirono comunque a non farsi prendere, grazie allo stato di confusione generale. Ci accordammo che avremmo cercato il sinda– co Az.éma una volta ancora, insieme, così da poter tenere a mente entrambi ogni particola– re. Avvisai mia cognata - lei, il bambino ed io avremmo valicato il confine per il Portogallo la settimana seguente - e andai a Banyuls con Benjamin. Qui ho un vuoto di memoria. Osammo prendere il treno nonostante i conti– nui controlli? Ne dubito. Dobbiamo aver cam– minato per sei o otto chilometri da Port-Ven– dres sul sentiero che ormai mi era familiare. Ricordo che trovammo il sindaco nel suo uffi– cio, il modo in cui chiuse la porta, ci ripetè le sue istruzioni e rispose alle nostre domande. Due giorni prima, dopo che lui mi aveva dise– gnato uno schizzo della strada, eravamo anda– ti alla finestra e mi aveva indicato le direzioni, il lontano pianoro con i sette alberi di pino, e da qualche parte là in cima la cresta che avremmo dovuto valiçare. «Sulla carta sembra un cammino facile», avevo detto, «ma pare che dobbiamo attraversare gli alti Pirenei ...». Lui aveva riso: «Là è la Spagna, dall'altra parte delle montagne». Questa volta ci suggerì di fare una passeggiata nel pomeriggio e fare il primo pezzo di strada per verificare se avremmo trovato il cammino. «Salite fino a questa radura», disse indicando la sua mappa. «Poi tornate e controllate con me. Passate la notte alla locanda e domani mattina verso le 5, quando è ancora scuro e la nostra gente va alla vigne, ripartirete e andrete fino al confine spagnolo». Benjarnin domandò quanto era lontana la radura. «Meno di un' ora... beh, sicuramente non più di due ore. Una piacevole passeggiata». Ci stringemmo la mano. «Je vous remercie infinitement, Mon– sieur le Maire», ho udito Benjamin dire. Posso ancora sentire la sua voce. Raggiungemmo i suoi compagni che avevano aspettato alla locanda e spiegammo loro il pia– no. Sembrarono essere pronti a darsi da fare, non il tipo di lagnosi che io temo tantp in si– tuazioni delicate. Camminammo lentamente, come turisti che si godono il paesaggio. Notai che Benjarnin portava una grande borsa nera, che doveva aver preso quando ci eravamo fer– mati alla locanda. Sembrava pesante e mi of– fersi di aiutarlo a portarla. «E' il mio nuovo manoscritto», spiegò. «Ma perchè lo porta in questa camminata?». «Lei deve capire che que– sta borsa è la cosa più importante per me», disse. «Non posso rischiare di perderla. E' il manoscritto che deve essere salvato. E' più im– portante di me». Questa spedizione non sarà facile, pensai. Wal– ter Benjamin e le sue sconcertanti maniere. Questo è tutto lui. Quando provava a passare per marinaio nel porto di Marsiglia, si era por– tato la valigia? Ma è meglio che tenga mente alla strada, mi dissi, e che cerchi di capfre le in– dicazioni di Az.éma sulla piccola mappa. Lì era il capanno vuoto che il sindaco aveva nominato, dunque non ci eravamo persi... non ancora. Poi trovammo il sentiero con la legge– ra curva a sinistra. E l'immensa roccia che ci aveva descritto. Una radura! Doveva essere quella. Ce l'avevamo fatta, dopo quasi tre ore. Quello era circa un teno di tutto il cammino, secondo Az.éma. Non lo ricordo come difficile. Ci sedemmo e ci riposammo per un po'. Benja– min si sdraiò sull'erba e chiuse gli occhi, e io pensai che doveva essere stato faticoso per lui. Eravamo pronti a cominciare la discesa, ma lui non si alzò. «Sta bene?» Domandai. «Sto bene», rispose, «voi tre andate avanti». «E lei?» «Io resto qui. Passèrò qui la notte, e voi mi raggiungerete al mattino». Questo era peggio di quello che mi ero aspetta– ta. Cosa faccio adesso? Tutto quello che posso fare è tentare di ragionare con lui. Era un terri– torio selvaggio di montagna, potevano esserci animali pericolosi. In effetti, sapevo che c'era– no tori selvatici. Era settembre inoltrato e lui non aveva nulla per coprirsi. C'erano contrab– bandieri nei dintorni e chissà cosa avrebbero potuto fargli. Non avrebbe avuto niente da mangiare e da bere. Comunque, era assurdo. Lui disse che la sua decisione di passare la not– te nella radura era irremovibile, dal momento che si fondava su un semplice ragionamento. Lo scopo era di attraversare il confine, co– sicchè lui e il suo manoscritto non sarebbero caduti nelle manì della Gestapo. Lui aveva raggiunto un teno dello scopo. Se avesse do– vuto tornare al paese e poi rifare l'intero cam– mino di nuovo l'indomani, il suo èuore avreb– be probabilmente ceduto. Ergo, sarebbe rima– sto. Mi sedetti di nuovo e dissi: «Allora resterò anch'io». Lui sorrise. «Mi difenderà contro i tori selvaggi, gniidige Frau?» Sopra:Parigi, "Pas.uge des Pri ,, nces . Qui accanto: WalterBenjamina lbiza. Disegno di Jean Selz, 1933. Non sarebbe stato ragionevole che io rimanes– si, mi spiegò pacatamente. Era essenziale che io controllassi con Azéma e che facessi una buona notte di sonno. Solo così sarei stata ca– pace di guidare i Gurland prima del sorgere del sole senza errori o ritardi, e continuare per il confine. Naturalmente sapevo tutto ciò, Soprattutto dovevo procurarmi del pane senza buoni di ra– zionamento, e forse dei pomodori e del surro– gato di marmellata al mercato nero, per per– metterci di proseguire durante il giorno. Penso di avere solo tentato di impressionare Benja– min perchè abbandonasse il suo piano, ma na– turalmente non ci riuscii. Nella disces~, cercai di conq:ntrarmi sulla stra– da così da essére capace di trovare il cammino nel buio il" mattino seguente. Ma la mia mente continuava a rimproverarsi: lui non dovrebbe essere lassù da solo, questo è del tutto sbaglia– to ... Aveva progettàto di far così fin dall'ini– zio? O il cammino lo aveva affaticato al plinto che aveva deciso ~i restare soltanto dopo che eravamo arrivati? Ma c'era quella pesante bor– sa che si era portato dietro. Era integro il suo FINE SECOLO* SABATO 1 / DOMENICA 2 MARZO 15 istinto di sopravvivenza? Di fronte al pericolo, che cosa gli avrebbe suggerito quella sua parti– colare maniera di ragionare? Durante l'inverno, prima della capitolazione della Francia, mio marito e Benjamin erano stati insieme in uno dei campi in cui il governo francese imprigionava i profughi della Germa– nia nazista -insieme ai nazisti. Loro ·erano al campo di Vernuche, vicino a Nevers. In una delle loro conversazioni Benjamin, grande fu– matore, rivelò che aveva smesso di fumare qualche giorno prima. Era penoso, aggiunse. «Era il momento sbagliato», gli disse Hans. Vedendo come Benjamin fosse maldestro nel far fronte alle «avversità del mondo esterno che talvolta arrivano ... come lupi» [da una let– tera di Walter Benjamin, ndr] - a Vernuche tut– to era avversità - Hans si era abituato ad aiu– tarlo ad affrontarle. Ora provò a mostrare a Benjamin che allo sco– po di tollerare le crisi e conservare la propria sanità di mente, la regola fondamentale era di _cercare gratificazioni, non punizioni. Benjamin rispose: «Posso sopportare le condi– zioni del campo solo se sono costretto a con– centrare completamente la inia mente in uno sforzo. Smettere di fumare richiede questo sforzo, e dunque mi salverà». Il mattino seguente tutto se!Jlbrò andar bene. Il pericolo di essere visti dalla polizia o dai do– ganieri era maggiore nel punto in cui si lascia– va il paese e si iniziava la salita. Azéma aveva insistito: partite prima dell'alba, confondetevi ·con i vignaioli nel salire, non portate nulla tranne un tascapane, non parlate. In questo modo le pattuglie non possono distinguervi dalla gente del paese. La signora Gùrland e suo figlio, cui avevo spiegato queste regole, le seguirono attentamente, e non ebbi problemi a trovare la via. Più ci avvicinavamo alla radura più la mia tensione cresceva. Sarebbe stato lì Benjamin? Sarebbe stato vivo? La mia immagi– nazione cominciò a vorticare come un caleido– scopio. Finalmente. Ecco la radura. Ecco il vecchio Benjamin. Vivo. Si alzò e ci died~ un'occhiata amichevole. Poi lo fissai in volto -cosa era suc– cesso? Quelle macchie bluastre sotto gli occhi - potevano essere .un sintomo dell'attacco di cuore? · Indovinò perchè lo fissavo. Levandosi gli oc– chiali e pulendosi il viso con il fazzoletto, disse: «Oh, questo. La rugiada del mattino, sa. I cu– scinetti nella montatura, vede? Stingono quan– do diventano umidi». Il mio cuore smise di battermi in gola e scivolò giù al posto giusto. Da quel punto in poi la salita si fece più ripida. Inoltre noi cominciammo a trovarci ripetuta– mente in dubbio circa la direzione da prendere. Con mia sorpresa Benjamin era abbastanza ca– pace di interpretare la nostra piccola mappa, e mi aiutava a tenere °l'orientamento e a conti– nuare per la strada giusta. La parola "strada" diventq sempre più simbo– lica. C'erano tratti di sentiero, ma più spesso diventava una traccia difficilmente individua– bile tra i massi - è poi la ripida vigna che non dimenticherò mai. - Ma prima devo spiegare ché cosa rendeva il cammino così sicuro. Seguendo la pendenza iniziale il sentiero corre– va parallelo alla ben nota strada "ufficiale" lungo la cresta della catena montuosa, che era abbastanza praticabile. La "nostra" strada - la Strada Lister e un vecchio, v,ecchiosentiero di contrabbandieri - correva sotto e in qualche modo nascosto sotto la sporgenza della cresta, fuori dalla vista delle pattuglie di confine fran- cesi in alto. ' In un paio di punti le due strade si avvicinava– no molto l'una all'altra, e là dovevamo rima– nere in silenzio. Benjamin camminava piano e con passo uni– forme. A intervalli regolari - credo fosse ogni IO minuti - si fermava e si riposava per circa un minuto. Poi proseguiva alla s_tessaandatu-

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