Fine secolo - 15-16 febbraio 1986

sti imputati. Erano previsioni percorse da in– certezza. Incontrare persone accusate dell'as– sassinio del padre o di far parte dell'organizza– zione che ha attuato quell'assassinio, vedere persone accusate dell'assassinio di altre perso– ne care o che ti sono diventate care attraverso il. dolore dei loro familiari, non è esperienza prevedibile. Ma, a quel che ho capito, non è nemmeno esperienza descrivibile una volta che la si sia compiuta. Rabbia, odio? No, è tutto diverso; è un senti– mento confuso, dove emerge comunque, e si ri– taglia un suo spazio nitido, la convinzione che ti trovi di fronte a delle persone. Giovani visi accoppiati coa nomi di killers, e guardandoli ti ritrovi a pensare che anch'essi siano vittime di un sistema di morte. Certo, è ben altra cosa ri– spetto a chi è stato vittima cadendo per tutti, con coraggio; epperò la sensazione ti attraver– sa egualmente e ti èomplica maledettamente l'idea di giustizia. Vengo a sapere ad esempio che mio figlio, vedendo in televisione Liggio dietro le sbarre, ha chiesto a sua madre 'ma quell'uomo è allo zoo?'. Poi ha saputo chi era e ha ribadito incredulo: 'ma lo tengono dietro una gabbia?'. Mi sono inorgoglito per il suo senso della dignità umana e più che mai me lo sono sentito 'mio'. Così ci ripenso. E' anche questo, le gabbie, in– tendo, uno dei frutti della mafia? O q4.anto c'è, dentro, di nostra cultura? Non provo, nel chie– dermelo, alcuna contraddizione col desiderio di giustizia che mi porto dietro, forte, profon– do, da anni. Credo che all'origine vi sia in fon- FINE SECOLO* SABATO 15 / DOMENICA 16 FEBBRAIO NeUa paginaa fronte, Nando Dalla Chiesa con LeolucaOrlando,sindaco di Palermo (foto di RobertoKoch - AgenziaContrasto). Qui accantounmanifestodel movimento indipendentista sicilianodeldopoguerra: in quelcaso era l'Italia a essererappresentata come unapiovraneUa cui strettaera la Sicilia. In basso,unafoto di Stefano Montesi. do la stessa voglia di libertà e di rispetto dei di– ritti umani. Sicché ancora una volta per squar– ci improvvisi, come mi è successo più volte da quel settembre dell'82, mi convinco che la 'vera' giustizia non è cosa di quest'aula o di questa giustizia. La 'vera' giustizia la si può fare fuori di qui. Qui si potrà realizzare solo la minore ingiustizia possibile, non molto di più. E tuttavia non mi sfugge che per arrivarci, an– che per arrivare a questo 'poco', la strada si è dimostrata lunga e segnata di sangue. E so– prattutto non mi sfugge che, affinché la giusti– zia vera possa ottenersi fuori, affinché resti la possibilità di crederci e di lottare per realizzar– la, qui in aula questa giustizia sia pure imper– fetta andrà tenacemente cercata. La museruola Sono argomenti aspri, che fanno oscillare fra amarezza e speranza. Se non che appena chini gli occhi sui giornali, il rapporto fra ciò che è 'dentro' e ciò che è 'fuori' si rifà vivo e imme– diato. Ma quale giustizia potrai cercare fuori? Quanti saranno disposti a lasciarti cercare una società senza mafia? Tu ti preoccupi per le gabbie, e fai bene a ragionare di giustizie. E però cogli vividamente che in gabbia altri vor– rebbero metterci te e tutte le persone libere, imprigionando il pensiero e la parola. Più pre– cisamente cogli che c'è una grande ansia di museruole. Sentite un po' cosa recita il 'Gior– n.1ledi Sicilia', sotto il titolo 'Entra la corte, si- lenzio': 'Che dunque il processo cominci e si sviluppi nelle forme e con lo stile propri delle migliori democrazie òccidentali nel rispetto di tutte le regole e dei diritti di tutti. Nessuno pensi di potere condizionarlo con pressioni po– litiche, manifestazioni e mobilitazioni di piazza che sono più adatte ai riti sommari di certe dit– tature mediterranee. Aspettiamo la sentenza, Vostro Onore ..:. Qui viene spontaneo chiedersi: ma perché, che è successo? Quali riti sommari? E quali pres– sioni politiche? Semplice. E' successo che i cit– tadini, i giovani soprattutto, hanno voluto di– scutere e capire. Si sono riuniti, nelle scuole, nei teatri, a Palermo, in Sicilia, ma anche nel nord. C'è stata anche una manifestazione (una) a Palermo, degli studenti medi, per espri– mere fiducia ai magistrati e solidarietà alle fa– miglie delle vittime. Nessuno ha marciato, in stile khomeinista, per ottenere la condanna de– gli imputati. Nessuno ha invocato 'in galera, in galera!'. Tutto è stato contro la mafia, non cer– to contro singoli che in parte sono ancora da giudicare come mafiosi. Eppure questo esercizio di parola e di ragione diventa clima da dittatura mediterranea. Dun– que? Dunque tutti zitti: per almeno tre anni, e cioè fino alla sentenza d'appello, niente più as– semblee, discussioni e incontri sulla mafia. Le obiezioni sono ovvie. Ma come, non si è sem– pre sostenuto che contro la mafia non bastano gli apparati repressivi ma occorrono un salto di consapevolezza, un mutamento di cultura, ripristinare, se mai c'è stato, il prim:ipio della 15 responsabilità politica? Non lo ha strillato for– se anche la palude, quando l'hanno allarmata con la loro azione prefetti, giudici o poliziotti? E ora, niente di tutto questo? Sissignori, niente più. Dimenticare la mafia. Così, con rito sommario, si contrappone il pie– montese Giampaolo Pansa al piemontese Ales– sandro Galante Garrone, il quale giustamente ammonisce· che la mafia e il terrorismo, in quanto fenomeni sociali, più che nelle aule giu– diziarie possono essere processati dalla storia e dalla ragione umana. Bene, ma quando sarà possibile, di grazia, farli questi processi con la ragione e nella storia? Forse negli intervalli fra i processi giudiziari? C'è che la palude ha sem– pre lamentato l'indifferenza dell'opinione pub- . blica nazionale verso la Sicilia. Ma oggi che l'indifferenza è minore (anche se con possibili effetti distorsivi), dirompe il fastidio per l'in– gombrante attenzione. Qui rischia che non possa più essere 'cosa nostra'. -Così le discus– sioni sono 'pressioni della piazza'. Che è bene non tollerare, di modo che le altre pressioni siano libere di funzionare, come in tutti i.pro – cessi in cui è implicato il potere, mentre la gen– te pensa ad altro. Quante cose nuove si imparano leggendo i giornali a Palermo. Anche che nelle democra– zie occidentali, se inizia un processo, l'opinio– ne pubblica viene imbavagliata. Così mentre per uno scherzo del destino fiocca la neve su Palermo, esci dall'aula immaginando una s.o– cietà senza bavagli, senza gente che spara e senza gabbie.

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