Fine secolo - 15-16 febbraio 1986

zio; con Momigliano la scrittura storica si è aperta al possibile, al nuovo, allo sconosciuto. Il fascino del dialogo che in questi anni abbia– mo con lui svolto nei seminari di Pisa deve molto a questo modello di studio. Esso propo– ne di esaminare le interrogazioni stesse e la forma che hanno assunto i problemi all'origi– ne, quando sono stati formulati. Ogni itinera– rio deve essere sempre ripercorso: è anche que– sto il senso dell'attenzione dedicata, in Storia e Storicismo, ai filologi italiani del secolo XIX: Ferrari, Ascoli, D. Comparetti "il più grande filologo o storico che l'Italia abbia mai avuto, dopo il Rinascimento, con l'eccezione di G.B.Vico". D'altro canto M. ritiene necessario un dialogo serrato anche con coloro che hanno saputo porre nuove domande alla storia e che hanno così dimostrato l'inesistenza della crisi del sapere storico, crisi evidente invece in tutte le teorie che assimilano la storiografia a una qualche ideologia. La crisi della storia può es– sere solo la crisi della capacità di porle doman– de. Fernand Braudel, Georges Duby, lo stesso Dumèzil (a cui Momigliano ha tuttavia sempre contestato il valore scientifico delle scoperte di uno schema trifunzionale nelle leggende in– doeuropee), H.J. Marrou, Louis Robert posso– no essere iscritti nei ruoli dei maestri di questo libro delle interrogazioni. La volontà di arricchire le conoscenze necessa– rie all'esercizio della storiografia con le nuove metodologie delle scienze dell'uomo, viene così subordinata ad una esigenza superiore natura. L'interrogazione continua non rinuncia al do– vere etico di riconoscere le fonti e i debiti della propria formazione e l'origine delle .domande che si pongono al passato. Credo che in questo modo Momigliano, con metodo personalissi– mo, abbia affrontato quello che, nell'etnolo– gia, è il problema dell' "osservatore": il rap– porto tra la cultura dello studioso e il senso delle domande che egli può o sa porre {oppure non può e non sa porre) ad una cultura estra– nea. In rapporto agli uomini, alle società, alle ci– viltà del passato, lo storico è infatti l'archeolo– go e l'etnografo di un'alterità perduta, di cui mira a costruire una identità possibile, cercan– do di non commettere il peccato mortale di anacronismo. _Momigliano pensa allo storico del nostro secolo non come al legittimo· erede del cronista o dell'analista dei secoli XVI– XVII. Essi furono soprattutto interessati a una narrazione di eventi politici e diplomatici, op– pure militari, mentre lo storico delle civiltà è, oggi, piuttosto l'erede dell'erudizione e dell'an– tiquaria del secolo XVIII che indagava sui ma– teriali trascurati dagli "storiografi": reperti ar– cheologici, documenti di civiltà materiali, mo– nete, iscrizioni e testi. Legittimo erede dell'an– tiquaria e dell'archeologia, la storia moderna non lo è di meno (è questo il senso del saggio Epilogo senza conclusione e dell'intera sezione Entro lo storicismo) della filologia del secolo XIX. Questo è soprattutto vero in relazione ai criteri di analisi e di interpretazione dei testi, ed alla preservazione del principio distintivo tra le fonti originarie e fonti derivate della me– moria storica consacrato appunto dalla filolo– gia. Tra etnologia e filologia Se si vuol fissare il luogo possibile della nascita del metodo moderno nello studio del mondo antico, occorre cercarlo nel secolo XVIII là dove le arti, le religioni, i riti sociali, le pratiche collettive studiate dagli antiquari divennero ar– gomenti di peso-filosofico. Bayle e Voltaire elaborarono su questi fonda– menti l'idea di una storia come storia dei pro– gressi della civilisation, e perseguirono questo disegno storiografico accompagnandolo con . l'esercizio del dubbio sistematico verso molti dei "fatti storici" tramandati come certi dalla tradizione. (Così scrisse Momigliano in An– cient History and the Antiquarians, pubblicato nel 1950e ora in Sui fondamenti cit. p.34). Mo- FINE SECOLO* SABATO 15 / DOMENICA 16 FEBBRAIO Una nuova raccolta di _saggidi Arnaldo Momigliano, grandissimo storico dell'antichità, e degli storici. Mosaico: Dioniso su una pantera. Pella, Museo. migliano crede oggi ancora possibile rendere compatibile l'elevatezza di questo disegno illu– ministico, rappresentato dalla ricerca storica aperta alle innovazioni delle altre scienze del– l'uomo, dal diritto alla sociologia, con la ne– cessità del rigore filologico e della esattezza nei particolari. A questa dimostrazione sono dedi– cati i saggi del volume pisano sulla storia degli studi dei problemi agrari dell'antica Roma. L'accostamento tra Weber e il suo maestro Mommsen (Tra storia e Storicismo, p.119) conduce Momigliano a indicare proprio nella fine secolo del XIX l'età del grande rinnova– mento nel metodo della storia antica e degli studi storici in generale. Fu un intreccio di complicate relazioni intellettuali, che Momi– gliano ama fare iniziare soprattutto con certe intuizioni di alcuni grandi storici, fra cui Mommsen. Il movimento di critica del sapere consolidato investì i campi del diritto e delle scienze sociali. · Negli anni passati almeno sino a un seminario svolto a Pisa nel 1983 su Marce! Mauss, Mo– migliano sembrava aver concentrato la sua at– tenzione sul rapporto tra la storia e le altre "scienze dell'uomo". Ora le pagine del 1985 sulla filologia servono a precisare ancor meglio il suo pensiero sullo studio storico (e non sola– mente su quello del mondo antico). Momiglia– no riconosce che l'intreccio tra lo studio di problemi storici e le scienze sociali ha preso le mosse da quello che egli definisce un "bisogno di obbiettività." Anzi questo bisogno non è so– lamente legittimo, perchè bisogna riconoscere, dopo Max Weber, Mare Bloch, Johan Huizin– ga, che esso ha prodotto i capolavori degli stu– di storici del nostro secolo. In particolare dopo la· ·seconda guerra mondiale è stato utile per ·contrastare i nefasti effetti delle ideologie in campo scientifico (si pensi solo al nazionalso– ·cialismo ed al suo ruolo nelle vicende della cul– tura tedesca".} L'attenzione alle questioni di metodo ha imposto, dall'altro canto, il proble– ma delle regole di ricerca che garantiscono l'obbiettività. Qui si verifica, secondo Momi– gliano, il cambiamento della nostra posizione, rispetto a Weber, e la necessità di un ritorno alla filologia. Diviene per noi meno importan– te _dopoMax Weber l'esatta natura della cono- scenza storica e l'ammissibilità di determinate · procedure, che per Weber erano la creazione di tipi ideali o l'analisi delle possibilità alternative o, secondo Durkheim, potevano essere la di– stinzione tra analisi morfologica delle condi– zioni geografiche e demografiche, strutturali, e studio dinamico). Decisivo, invece, è per noi stabilire o meglio confermare la validità di un metodo per la verifica della attendibilità delle fonti e dei dati che condizionano a priori-la co– noscenza storica: verifica che avviene per mez– zo dello studio dell'attendibilità delle testimo– nianze, della loro interpretazione e del valore di prove che esse comportano. . . Momigliano parla così di :•regole qel gioco" .che non vanno confuse con il problema del metodo adottato: uno studio può essere infatti convincente qualunque sia il metodo con cui esso è formulato. Se lo storico è un seguace di Braudel o di Weber, questo può significare molto o nulla rispetto allo statuto di verità del suo lavoro. Uno studio è cioè esatto, o non Io è, in ragione dell'esattezza della interpretazio– ne dei documenti del passato. Il campo specifi– co del lavoro storico rimane infatti l'analisi; l'interpretazione, la combinazione di testi e do– cumenti ed il suo scopo la· ricostruzione di un passato scomparso per sempre. Questa proce– dura rende lo studio storico verificabile perchè falsificabile appunto· sulla base dei criteri di lettura del testo. E tuttavia non tutto è così semplice: la lettura implica, inoltre, complicate questioni sul valore dell'osservazione diretta (problema della testimonianza, valore dell'in– chiesta sociologica o etnografica, questione della trasmissione orale della testimonianza stess;:i),che sono questioni che influenz.ino di– rettamente Io studio dei documenti scritti e gli ·altri tipi di documenti (i resti archeologici, le monete ecc.). Queste distinzioni rinviano ad ul– teriori, forse meno rigorose ma altrettanto im– portanti. Il libero arbitrio Se insomma l'arbitrio dello studioso è possibjle almeno nella sfera del metodo, o della scelta ideologica o religiosa, a monte, esso viene meno e -cessa del tutto quando egli si trova a 29 interpretare un documento ed a leggere il testo. Questo appare infine a Momigliano -l'unico e certo fondamento del lavoto storico, oltre che la base dell'interesse· per il passatb· umano. Senza di esso non si dà possibilità eh scoprire fatti nuovi in questo· p'assato, senza di esso per– derebbe vigor~ la consapevolezza che i docu– menti sollevano problemi che influenzano la loro stessa credibilità e quindi la sostanza stes– sa del passato. Senza di esso non si darebbe il processo di selezione, spiegazione e valutazio– ne dei fatti del passato cui i documenti riman– dano. Le regole che presiedono al processo di selezione, spiegazione e valutazione dei testi, e la consapevolezza dei condizionamenti mentali e metodologici che influenzano la collocazione dello studioso, sono le basi dello storicismo di Momigliano. Ma si tratta di storicismo "rivisi– tato", che vuole evitare gli opposti pericoli del– l'ideologismo e dello scetticismo, assieme a ogni condizionamento di residui speculativi. Le scelte dello studioso dipendono certamente dai suoi valori e dalle categorie mentali ai qua– li collega, necessariamente a priori i fatti che egli sceglie di studiare. Non per questo i fatti storici possono essere definiti arbitrari: essi ri– mangono dominati da una documentazione che permette di ricostruirli e dal criterio di analisi dei documenti. Qui sta il.contributo di "verità" relativa degli studi ·storici alla com– prensione dell'uomo. Mutamento, errore e memoria Come scrive Momigliano: "Posso fraintendere un testo perchè la mia conoscenza délla lingua in cui esso è scritto è difettosa, ma posso anche fraintenderlo perchè certe circostanze che Io concernono non erano ancora note quando l'ho studiato. In entrambi i casi mi si dimostra che sono non soltanto mutevole, ma fallibile, e sembra che vi sia un rapporto tra la mia mute– volezza e la mia fallibilità, anche se non si trat- . ta di un rapporto chiaro nè forse necessario. Basterà che, essendo mortali e fallibili, studia– mo il mutamento da punti di vista mutevoli, e non vantiamo mai un'assoluta certezza (...) Questo ci dà anche una esperienza diretta del mutamento: ciò che chiamiamo memoria". (Storicismo rivisitato, in Sui fondamenti, p.459). In Storia e Storicismo Momigliano ci offre un'immagine ultima: lo storico tormentato continuamente da due problemit essenziali. Il primo è quello"di-interpretare esa_ttamente-per quanto è possibile- il, testo e i·Idocumento se– condo la lezione di Wilamowitz e Usener, alla quale si p1,1òsommare quella· di Marrou e di Paul Veyne. Il secondo è quello di trasformare il testo in un problema e di far così rivivere ed interrogare un passato ormai morto. In Storia e Storicismo il magistero di Foucault viene col– locato sulla linea della storiografia classica erodotea. Se ne comprende la ragione. Al rico– noscimento di Momigliano non sono probabil– mente estranei i tributi dello storico del mondo romano Paul Veyne all'amico Foucault. "Mi– che) Foucault, il più originale degli storici mo– derni è il frutto più recente della tradizione erodotea", scrive Momigliano nel saggio La storia tra Medicina e retorica (p.23). Erodoto ha posto per primo il problema della storia come problema della esplòrazione di un mon– do illimitato. Questo, assieme al senso di re– sponsabilità morale ed alla ricerca di nuovi soggetti, ma sempre con la preoccupazione di controllo dei d_atiai fini dell'accertamento del "vero", avvicina nel corso dei secoli Erodoto a Miche! Foucault (o George Cangulheim mi sentirei di aggiungere). Il .fondamento dello studio storico è la capacità di distinguere una informazione attendibile da una inattendibile allo scopo di pervenire a una verità comunque relàtiva e fallibile. Se ciò è ancor-a vero, allora, _conclude Momigliano? "non ci si meravigli se ·ci volgiamo con frequenza crescente a Erodo– to, per essere istruiti e forse rassiçurati intorno alla natura e alle funzioni della Storia".

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