Fine secolo - 11-12 gennaio 1986

r Lo stemma di Sigismondo Augusto e il ritrattodi Copernico ("De revolutioni!,m. ..", vi ricordate?) nelle vetratedell'Università di · Cracovia. L'onore di Michnik di Francesco M. CATALUCCIO L . o storico polacco Adam Michnik mi ha sempre fatto ve– nire in mente, nell'aspetto, un personaggio di Joseph Roth: viso volpino, capelli continuamente tormentati dalle dita, sorriso devastato dal fumo, balbuzie che costringono a pendere dalle sue labbra per ·capire qualcosa. Un uomo estre– mamente intelligente e allegro, un moralista bevitore e donnaio– lo. Un "ragazzo ijbelle" finito in galera nel marzo del 1968 per esser stato tra gli organizzatori delle manifestazioni studente– sche a Varsavia. La prigione, il lavoro come operaio in fabbri– ca, una laurea in storia presa in un'altra città. Poi, dopo le ma– nifestazioni operaie di Radom e Ursus nel 1976, un impegno sempre maggiore, come intellettuale e dirigente politico, nelle vicende dell'opposizione polacca. Dieci anni costellati da lunghi soggiorni in prigione, percosse, minacce. Verso di lui il potere · ha dimostrato un accanimento che pochi altri hanno sperimen– ·tato in•questi ultimi anni in Polonia. Anche per questo la sua popolarità, soprattutto tra i giovani, è andata crescendo di anno in anno, facendone un simbolo, finendo con il condizio– narne, suo malgrado, il modo di essere e di pensare. Una gru uso persone Lo incontrai per la prima volta in una specie di angosciante montacarichi che_saliva, in un assordante cigolio, al diciottesi– mo piano da alcuni amici. Era l'inverno del 1978. Stavo comin– ciando a imparare il polacco ed ero oggetto di diffidenza e cu– riosità per il fatto di essere comunista (seppure "euro"): Pren– dendo spunto dal fatto ché la targhetta dell'ascensore afferma– va che stavamo salendo su una "gru uso persone" (dzwig oso– bowy) e non, come si diceva prima della guerra, su un "ascensore" (winda), mi tenne una conferenza sulla decadenza della lingua polacca, sul fatto che il potere l'avesse fatta diven– tare menzognera e ridicola. Era quello il periodo in cui l'oppo– sizione polacca teneva lezioni sulla "lingua della propaganda" ed il poeta Baranczak scriveva il polemico· Knebel i slowo (Il ces– so e· la parola). Michnik aveva un grande talento nell'aggrap– parsi ad ogni appiglio per sfoderare le sue tesi. Con me, che lo ·andavo a trovare nella sua casa nel "Viale degli amici", comin– ciava sempre parlando di Fellini: da Prova di orchestra mi ritro– vavo a discutere del maresciallo Pilsudski. Aveva scritto un sag– gio, Cienie zapomnianych przodkòw (Ombre degli antenati di– menticati) dove veniva rivalutata la figura di questo strano mili– tare socialista che fece il colpo di stato nel I962. Per Michnik Pilsudski era una specie di De Gaulle e si arrabbiava -moltissi– mo quando io, -molto schematicamente, lo definivo un dittatore fascista. Fu quello il suo primo lavoro sulla storia del recente passato della Polonia. Era riuscito a far sì che -seguendo le tra– dizioni di Marian Brandys e Pawel Jasienièa- la storia diventas– se un argomento di dibattito politico. Con uno stile letteraria– mente .assai accattivante i problemi della storia polacca si tra– sformavano in questioni attinenti il presente. E in queste rifles– sioni Michnik metteva a frutto la sua capacità di vedere sempre il "risvolto della medaglia", di cogliere le "novità nascoste". Ma ciò che mi ha sempre colpito è la grande lezione di tolleran– za che Michnik fornisce. Basterebbe il saggio Gnidy i anioly i (1979) (trad. ital. Le piattole e gli angeli, in La Polonia e noi, Marsilio, Venezia 1983; pp.78-99) dove Michnik rifiuta la ten– denza, assai in voga tuttoggi in certa storiografia di opposizio– ne in Polonia, a dividere la storia in bianco e nero, di bollare gli atteggiamenti di compromesso come tradimenti. I poeti e il compromesso angelico I maestri di Michnik sono stati soprattutto i poeti. L'ultimo suo libro - Z dziejòw honoru w Polsce (Dalla storia dell'onore in Po– lonia) (1985) è quasi tutto dedicato al poeta Zbigniew Herbert a cui fece una bellissima intervista (Cfr. "Krytyka", n.8, · 1981) dove si capiva quanto i versi di questo poeta fossero per lui im– portanti. L'altro mae1-trofu Antoni Slonimski, di cui Michnik fu per un certo tempo segretario. Ne Le piattole e gli angeli Mi– chnik ricorda di aver imparato da lui la "saggezza senza ira" e raccomanda: "Dobbiamo imparare la difficile arte del compro– messo, senza la quale non è possibile il vero pluralismo. Dob– tiiamo anche rispettare, nei confronti delle autorità, certe nor– me di cultura e di prassi politica, anche se la autorità non le ri– spettano nei nostri confronti. Solo allora alla brutalità totalita– ria potremo opporre fa nostra dignità". La tolleranza laica di Michnik si spinge fino· ad affermare: "Credo .:he un angelo che chiede l'eroismo non solo da se stesso, ma anche dagli altri, un angelo che nega totalmente il valore del compromesso, che per– cepisce il mondo con semplicismo manicheo, che disprezza co– loro che concepiscono diversamente il loro dovere nei confronti del prossimo, un angelo di questo genere, anche se adora il cie– lo, si è incamminato sulla strada dell'inferno. (...) Un angelo .mai criticato, un angelo rassicurato nella propria natura angeli- ca, può tramutarsi in satana". ' _ Sul piano politico questo atteggiamento si traduceva in una strategia che, nell'ambito della situazione geopolitica dell'Euro– pa dell'Est, doveva portare ad una pressione della società civile sul potere per ottenere riforme e rispetto dei diritti dell'uomo. FINE SECOLO* SABATO 11 / DOMENICA 12 GENNAIO 1 Michnik sosteneva che questo era possibile, che il potere era ab– bastanza "pragmatico" per capire che un 'compromesso con la società era più conveniente che·una brutale repressione polizie– sca (Cfr. Nowy ewolucjonizm, -trad. ital. Una strdiegia per l'op– posizione polacca, in Càpire Danzica, · EQdL, Roma, 1980; pp.116- 129). A chi diceva a lui e ai suoi ~miei che erano degli illusi rispondeva con un largo sorriso ed elencava i successi con– seguiti dall'inizio del 1977 quando era stato fondato il KOR. C'è chi, a proposito di Michnik, anche recentémente (penso al poeta premio Nobel Czeslaw Milosz), ha fatto il nome di Gan– dhi. Ricordo il digiuno che fecero nella Chiesa di Santa Croce, nel centro di Varsavia, per solidarietà con i dissidenti cecoslo– vacchi. Si rovinarono la salute e poco dopo finirono in prigio– ne. Ma questi gesti avevano una grande ri~onanza. Ed il potere di Gierek, preoccupato di salvare i propri affari con l'Occiden– te, non era insensibile alla pressione della società. Il giudizio sulla chiesa cattolica Ql!esto fiuto politico si accompagnava ad bn gra~de intuito nel– la ricerca delle alleanze. In primo luogo cbn la Chiesa. Il libro di Michnik, Kosciol, Lewica, Dialog (1978) (trad. ital. La Chiesa e la sinistra in Polonia, Querinianil, Brescia 1980) è stato, eri– mane, un libro esemplare. Michnik lo definì "un testo concepì- -to come una mano tesa con franchezza, come un tentativo di avviare una conversazione difficile; un testo che in una certa misura è espiatorio". Lui, ebreo, di sinistra, abbatteva tutti gli steccati del passato, esaltava la chiesa di Wyszynski e il suo ruo– lo nella Polonia del dopoguerra, si richiamava a Sill}one Weil per dire che, nel nome della tolleranza e della lotta contro la menzogna del totalitarismo, i laici e i cattolici potewno cammi– nare assieme. Nella parte finale del libro non mancava neppure_ un riconoscimento di lui che si dichiarava socialista alla evolu– zione dei partiti comunisti italiano e spagnolo. Ma questo libro contro "l'oscurantismo antireligioso della sinistra" non era af– fatto, come è accaduto per molti intellettuali polacchi di recente conversione, una esaltazione acritica dell'operato della Chiesa. 1 Infatti, nel luglio del 1981, in una postfazione al libro (Cfr. "L'Ottavo Giorno", n.0, Milano 1982;pp.77-84), in risposta al volume del sacerdotè-filosofo Jòzef Tischner ricordava che nel- la Chiesa "accanto ad atteggiamenti democratici ed aperti, ne sono comparsi anche di autoritari e dogmatici". \.. Con Solidarnosc, un po' da parte L'esplosione degli scioperi nell'agosto 1980fu una sorpresa per i membri del KOR, la cui opera di collegamento tra gli operai li aveva resi possibili. La nascita di Solidarnosc, mentre loro sta– vano per l'ennesima volta in galera, affrettava i tempi, rompeva lo schema di una lenta evoluzione, di una erosione a piccoli passi del potere da parte della società civile. Le prime dichiara– zioni di Michnik furono improntate ad una grande prudenza. La sua speranza era che ''la Polonia possa divèntare un model– lo di cambiamento politico positivo come la Spagna". I sedici mesi in cui durò l'esperienza di Solidarnosc furono un periodo_ durissimo per lui. Quando lo incontrai, nel gennaio 1981, le cose andavano già male: i membri del KOR, e Michnik in parti– colare, avevano grosse difficoltà ad inserirsi nel nuovo sindaca– to. Il potere - ed anche certi settori dell'Episéopato, coµi.emons. Orszulik~ li attaccavano chiamandoli "estremisti irresponsabi– li", diversi sindacalisti li guardavano con diffidenza. A molti dava noia che Michnik e Kuron insistessero in continuazione sulla necessità di "autolimitarsi", tenere' conto del fatto che l'URSS poteva intervenire se avesse visti minacciati i suoi inte– ressi. Eppure quando,-vicino a Varsavia, un tolto gruppo di persone circondò un presidio di·polizia minacciando di linciare dei poliziotti troppo violenti, solo l'intervento di Michnik riuscì a calmare gli animi e scongiurare una tragedia. Recentemente uno studioso di letteratura, Jan Walc, ha ricordato con molta rabbia come loro del KOR venissero discriminati nel sindacato e come Michnik noh fosse nemmeno riuscito a farsi eleggere de– legato al Congresso di Solidarnosc (Cfr. List do Wlodzimierza Marta, in "Krytyka", n.17, 1984). E anche Michnik, rivolgen– dosi all'amico Konrad Bielinski, ha sostenuto poco tempo fa: "Sappiamo bene che dopo la vittoria di Solidarnosc non sare.– mo noi ad occupare la loggia dei trionfatori, non sui nostri petti saranno appuntate le medaglie. Forse nuovamente rappreseqte– remo lo scomodo ricordo di un periodo in cui Solidarnosc pote– va offrire soltanto una condanna e dei soggiorni in prigione? Forse ci attende l'amarezza di quelli messi da parte?" (Cfr. Bia– /oruska bal/ada, in "Zeszyty Literackie", n.ll, 1985; p.65). Ne– gli ultimi mesi di Solidarnosc Michnik si era messo da parte. E' stato allora che deve aver cominciato a pensare che stare ai margini del sindacato non era pQi così male. Era più libero di parlare e scrivere. L'ultima volta che lo vidi, nell'estate del

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