Fine secolo - 4-5 gennaio 1986

FINE SECOLO* SABATO 4 / DOMENICA 5 GENNAIO .28 Ardengo Soffici, Dama dei Pederud (IlloaDUSPIO plastico), 1913. (Olio , po! distnltto ).. Nella pagina acaato: Dino Campana al Manicomio di CastelPulci. profano; risuonano canti e lussuria, le prosti– tute diventano elementi architettonici della città marina, le più giovani donne reggono, come cariatidi sotto la volta della notte medi– terranea, un'altra volta di cielo, «artificiale» e . di «ventura», cioè falso ed effimero (che è 'quello delle case di piacere). La città è struttu– rata in modo da risultare luogo degli «inganni delle varie immagini», inganni nei quali una parte del poeta si perde e una rimane spettatri- · ce sulla riva della coscienza e del dolore. Come altro esempio si ricordi La Verna, pelte- .grinaggio attraverso una terra austera ed es– senziale che incarna un altro valore, la tosca– nità (a Firenze è affidata uria più èomplessa e diversa poetica), ed entro questo paesaggio si compie un itinerario spirituale «nello spazio fuori del tempo», alla ricerca dell'antica poesia toscana compiuto sì in solitudine fisica, ma an– che nel colloquio con i grandi spiriti dell'arte e della letteratura del passato. Con essi Campa– na conversa e confronta le proprie esperienze: si pensi soprattutto a Leonardo, suo consueto compagno di viaggio, a1la continua frequenta– zione di Dante e della Commedia, alle appari– zioni della Notte di Michelangelo. Un ultimo esempio dei tanti luoghi della geo– grafia campaniana può essere la Genova medi– terranea con cui si chiudono i Canti Orfici. Come la terra bizantina e la Toscana, essa non è solo un luogo ma una particolare qualità del– .la poesia di Campana. E anche un lessico par- ticolare che esprime la geografia di un poeta, e qui Campana usa il lessico della regalità: impe– riale, palazzi regali e barbari, diademi elettrici, fantastica 'ditrofei mitici, ecc. (il-campo seman– tico della regalità è però anche quello del mon– do della lussuria, le cui donne sono dette corti– giane nelle chiuse aule ~rdate da cancelli d'argento) É di Genova la presenza di felicità, gioia baroçcci,gioia inesauribile,gioia intensa è fugace, canto, sinfonia, preludio, grido, e tutta una gamma di termini come palazzi, statue, frontoni ecc. per una architettura non fine a se stessa, ma che racchiude nelle sue forme ele– menti fantastici, mitici, bizzarri. Genova è in alcuni scorci barocca, e al contrario della Fi– rell7.C barocca (rappresentata nella poesia -Giardinoautunnale) è immagine di gioia, di co- lore, di vita. Anzi, come un quadro barocco, è l'immagine di una doppia vita che si svolge · sulla terra e parallelamente nel cielo in Crepu– scolo mediterraneo, mentre in Piazza Sarzano, nel silenzio della sera, è porta all'eternità. L'importanza di Genova è antecedente ai Can– ti Orfici e accompagna tutta l'esperienza e l'e– laborazione poetica di Campana. ~ ha l'a– spetto vitale che abbiamo detto, ma anche il suo opposto: luogo di partenza per il viaggio e per la morte, con tutte le visioni e i presagi che l'accompagnano. Dunque Genova è sempre, al tempo stesso, pienezza di vita e premessa alla morte. La città è una straordinaria generatrice di visioni (che possono essere prodotte dalla luce dei fanali nei vicoli tortuosi, dalle immagi– ni dipinte e scolpite nei suoi palazzi) fino a tra– sfigurare nell'ultima Genova dei Canti Orfici, e a far divenire visione formata dal vento salma– stro e dalle nuvole, una fanciulla che Campana incontra nelle sue vie, vista nel cielo come «una visione di Grazia». E in questo ultimo modo campaniano di rappresentare la donna– poesia si può cogliere la trasformazione che si è operata nella poetica di Campana, misuran– do l'evoluzione concettuale e linguistica che in– tercorre fra la prima immagine della Chimera– poesia (nella lirica giovanile La Chimera) e quest'ultima «visione di Grazia». Per attuare la smaterializzazione dell'immagine, che corri- , sponde a una progressiva intellettualizzazione del soggetto, Campana disgrega il tessuto della sintassi tradizionale, introducendo nella trama elementi cromatici e musicali, e lo ricompone per mezzo di ripetizioni e riprese, cioé con un preciso procedimento linguistico, che nulla ba a che vedere con il 'balbettio' o l' 'afasia' di cui tanto si è detto, e che non sono difetti dell'e– spressione campaniana, JIUl piuttosto riJuitan- 7.a élegli interpreti a intendere la novità .. - • Titoli buoni • • e cattivi su Campana di Pietro CUCINI Il privilegio letterario di chiamarsiDino. Tra un Buzzati e un Campana del nostro '900; Saggio e racconto assieme'tra rosso e donne; Dino Cam– pana il poeta della tenebra; Dino Campana in– gegno e follia: sono alcuni titoli,. fra gli 818 censiti dalla recentissima Bibliograf,a campa– niana (/914-1985) di Antonio Corsaro e Mar– cello Verdenelli (Ravenna, Longo editore, 1985). Li si deve a tali Coco Matteo (i primi due, su "Puglia" 1982, entrambi ·a p.8), De Santis Marcello (su "il tratto d'unione", 1982, pp:31-32), De Sio Roberto (su "Libertà" di Piacenza del 5 marzo 1982). Si trova di tutto in una bibliografia: giornali o riviste, e anche au– tori, assai scarsamente noti, titoli curiosi in anni a noi prossimi non meno che in quelli più vecchi o meno recenti (tra i quali pure trovia- -mo, ad esempio, un Assunti Benigno, Il poeta delle Tenebre, su "il Popolo" di Roma del 23 ottobre 1948; o ancor prima, un Nicastro Lu– ciano che scrive di Campana in un articolo sul Novecento irascibile, nell' "Ambrosiano" di Milano del 25 settembre 1941). Campana, poi; sembra essere quasi un predestinato per inter– pretazioni e titoli ad effetto: il centenario della sua morte ha dato spunti per una vera e pro– pria orgia titolatòria che ha coinvolto, su gior– nali d'impostazione e ideologia diversissime, anche critici e studiosi di sicura rispettabilità: si va da un quasi ovvio A cento anni dalla na– scita dell'autore dei "Canti Orfzci". Dmo Cam– pana,una poesia che va ben oltre la.vita (l'auto– re è Carlo Bo, · il luogo di pubblicazione il "Corriere della Sera" del 20 agosto 1985), a un interrogativo, avveniristico Il poeta viaggia. E la meta? (Quinto Cappelli sull' "Avvenire" del 22 agosto), a una prece li 20 agosto 1885 na– sceva a Ma"adi Dino Campana. Poeta e così sia (Costanzo Costantini, "il Messaggero" del 22 agosto), a una serie di variazioni sul tema del poeta maledetto (Edoardo Esposito, Cen– t 'annifa nasceva Dino Campana. Maledetto tra i poeti, l' "Unità" del 20 agosto; Simone For– tuna, Perdonaci, "maledetto" poeta. Marradi ha onorato la memoria di Ctut1pana, "La Na– zione" del 22 agosto; Claudio Marabini, Cento annifa nasceva Dino Campana. Un geniofuori– legge. Come uscire dal ìnito del_"poeta ma/edet- to", "Il resto del Carlino" del 20 agosto) o su quello del poéta foiJe (anche in rima: Gianni Buosi, Dino Campana. Dallafollia distillò poe– sia, "il Giomo" del 20 agosto; e poi Alfredo Giuliani, Cento anni/a nasceva a Marradi l'au– tore dei "Canti Orfu:i". Campana, mistero paz– zo. "Avevo quolchearte, ma poi nonne ho più", "La Repubblica" del 20 agosto; Marco Moret– ti, E Campana enJrò in manicomio. L'amarezza suscitata dal rifn,to della poesia, "la Nazione" del 3 agosto; Walter Mauro, A cento anni dalla nascita di Dino Campana. Me-ssaggiodella pa– rola attraverso lafollia, "R Popolo" del 20 ago– sto); sino al grottesco Per chi suona Campana? (Roberto Cotroneo su "l'Espresso" n. 19-20 del 1985) e al titolo fonicamente più incredibi– le, dopo la chiara denotatività dell',avvio: Esco– no in questi giomi un volume di documenli e l'e– pistolario. Un pompiere nella Pampa (Stefano Giovanardi su "la Repubblica" del 20 agosto). Ed è pur vero che Campana in Argentina fece i mestieri più vari e strani (almeno per un poe– ta!) -e che per ogni autore-è opportuna e utile una documentazione che anche esorbiti da quel testo (quei testi) per cui siamo abituati a conoscerlo, eventualmente ad apprezzarlo, amarlo- e che un titolo di quotidiano deve in qualche modo colpire il lettore: ma è proprio necessario'colpirlo' con giochi del tipo "pom– piere-Pampa", che sembrerebbero più adatti a un Lp degli Squallor che alla presentazione di due -peraltro assai meritori- libri su Dino Campana? Al di là dell'umoroso e un po' perverso gusto dell'individuazione di titoli curiosi o franca– mente ridicoli, rimane la soddisfazione, per chi ama Campana a prescindere dai riti centenari o cinquantenari (l'altra 'esplosione' di titoli ri– sale al 1982, cinquantenario della morte), di . vedere quanto la critica si sia occupata di Campana -e con interventi anche molto quali– ficati- dopo gli iniziali silenzi: nel 1914, anno di pubblicazione elci Canti Orfu:i, si contano solo due recensioni: ma una delle due (Un po' di poesia, su "la V OC%", VII, 2, pp.138-139) n:ca la firma prestigiosa di Giuseppe De. Robertis. Ed .è 1,111 avvio numericamente modesto, ma certo di buon auspicio, se si considera che già l'anno seguente degli Orfzci si occupano perso– nalità quali Giovanni Boine ( su "Riviera ligu– re") ed Emilio Cecchi (su "la Tnl>una" di Roma del 13 febbraio). Sfogliare una bibli~ grafia (nel nostro caso, una cinquantina di pa– gine fitte di numeri, nomi e titoli) non è solo esercitare un proprio, maniacale e polveroso, gusto della bibliomania e della caccia all'err~ re.. Può essere- anche e di più, con più gioiosa soddisfazione -una forma, seppur strana, di 'piacere della lettura', l'inizio di un contatto, il godimento di un insieme intricato di segni, che lasciano appena intravvedere il reale. Il reale è il testo, su cui tutti quei nomi, e con tutti quei titclli e in tutte quelle pagine, banno in qualche modo ritenuto di potersi esercitare. E l'indica– zione di quei nomi, e di quei titoli, e di quelle pagine, vale come puzzle complesso e in sè èon– chiuso, ma anche e·proprio come sistema di ~ gnalazioni (certo, alcune -e non poche- persino fuorvianti: ma si tratterà sempre di saper sce– gliere le strade più acconce per avvicinarsi all' "obiettivo") verso la realtà del testo. Realtà conosciuta ab initio, ma conosciuta solo in quanto esistente: i percorsi. per accostarla, e tentare di dichiararla, chiarirla, in qualche modo renderla più esplicita, farla 'parlare', possono essere ( o possono apparire: che nel nostro caso -forse non solo nel nostro- fa lo stesso) addirittura infiniti. Si interpreta qual– cosa di un testo, si ba persino l'impressione, talora la certezza, di averlo capito e chiarito tutto; e in effetti, ogni interprete, con la sua stessa interpretazione, apre un margine nuovo a nuove discussioni, ad altre interpretazioni. E poi Campana: il testo forse più complesso fra quanti se ne siano scritti di poesia in Italia nel nostro secolo. Un testo forse più nominato che conosciuto -e il suo autore, una personalità certo ,(almeno sino a poco tempo fa) piuttosto mitica nel bene e nel male che reale. . Tra i meriti del centenario campaniano c'è sta– to soprattutto quello di un 'approccio serio al testo degli Orfic.i, finalmente e validamente considerati quali "un cbwico, meritevole di un commento a pie' di pagina. Stranezze delle bi– bliografie e curiosità della sorte che toccano a Campana: in settant'anni a nessunoera venuto in mente di fare un commento sistematico agli Orfzcr, ora, nel 1985 è uscita l'edizione accura– tamente prefata e annotata da Fiorem.a Cera– gioii (Firenze, V allea:hi), e la Bibliografia di Corsar~Verdenelli dà per uscita una tuttora inesistente edizione milanese ,curata da Neuro Bonifazi (sia detto tra parentesi, e senza nulla togliere ai molti meriti del lavoro dei due gi~ vani autori della Bibliografuz; non sarebbe sta– to più sensato annunciare come d'imminente pubblicazione tedizione di Bonifazi? o il fatto che i due siano ricercatori presso l1stituto di Filologia Moderna dell'Università di Urbino, lo stesso, se non vado errato, di Bonifazi, ba loro creato qualche diplomatico, ma scarsa– mente filologico 'dovere'?). Potrebbe essere oc– casione ad elegame, forse ancora di moda, sul– la 'poesia dell'assema': ma Campana non lo merita e passiamo oltre. L'anno campaniano era stato preannunciato dall'uscita -inizialmente un po' in sordina, poi sin troppo enfatizzata anche da aspreZ7.C pòle– micbe probabilmente eccessive e forse inutili– del "romanw-verità" di Sebastiano Vassalli, La notte della cometa, Torino, Einaudi, no- , vembre 1984. L'operazione di Vassalli era dif– ficile e i suoi esiti forse difficilmente accettabili, o non da tutti accettabili: tentare una sorta di ritratto insieme umano e intellettuale, da non confondersi con le tante biografie che senza molto costrutto affollano le vetrine dei librai, e in esso provare a mutare, sulla base di tcstim~ niame d'archivio ma anche di dichiarate in– venzioni narrative, alcuni fondamenti (alcuni pn:giudizlj su èui si è troppo a lungo basata l'analisi della personalità -e in qualche modo anche della poesia- catnpaniana Il hl,ro ci re– stituisce un Campana as.,ai meno pazzo di quanto si è sin qui creduto, un OunpuJ.B nel suo tempo ma (c::ato, molto a suo modo) contro

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