Fine secolo - 4-5 gennaio 1986

:"'Y~---:....-_: ---. . it]:I~ ...... - ---,..~~~-- ~~! il problema della straordinaria complessità del testo campaniano. Come vi è molteplicità semantica nella sua pa- rola, così le singole prose e poesie riunite nei Canti Orfici hanno quella pluralità di significa– ti che è una delle più profonde proprietà del te– sto artistico e nasce sia dalla sua struttura. in– terna sia dalla sua capacità di porsi in relazio– ne con altri testi letterari. Inoltre, i Canti Orf,ci, come ogni opera d'arte, non realizzano solo una norma linguistica in– dividuale della comunicazione estetica, ma ri– producono anche un proprio modello del mondo. Per cogliere la novità di questo model– lo basta pensare a come Campana spezzi il le– game con la storia, ancora più forte in un Car– ,ducci o un D'Annunzio, e la veda come mistifi- cazione, cioè come una serie di eventi posti in una falsa successione che lo inducono ad attin- gere direttamente al ·mito. L'unico rapporto autentico tra il mito e il presente è una 'storia' in cui gli avvenimenti non appartengono esclu– sivamente né al presente né al passato, e stan– no in quel rapporto di verità che solo la grande arte realizza. E questo il significato del proget- to campaniano di un «foglio di cultura euro– pea» che si doveva intitolare Il diario della nuo– va Italia: «In questo foglio...si dovrebbero rac– cogliere gli articoli più importanti: già apparsi metténdoli in luce di attualità, come avveni– menti della vita individuale e nazionale di oggi e di ieri. La realtà come dimostrazione del'at– tuazione dello spirito. Tutti i fatti importanti della nostra vita nazionale (per esempio la vita di Leopardi nel suo significato) sono stati tra- Dino Cllpaaa eanti 0rfici (Dic Tra1Nie ,eslctma GcflUCI il llllia) MARRADI Tipografia F. Ravagli 191~ Nella paginaacanto: Dino Campanastndeate al Liceo Torrià!llidi Faenza,anno 1900 (il secondoda destra seduto). In qaesta pagina, in alto - vedata ciel porto di Genova agli inm ciel secolo; qui sopra la copertinadella prima edizionedei Canti Orfici. sc1:1ratio messi in rapporto di-avvenimenti di ci qua e là lasciati a lo stato di nl:!,tura».Tutte allora, troppo piccoli». le dichiarazioni che Campana fa al Pariani ne– Benchè nel 1914 fosse deciso a pubblicare ad gli anni dell'ospedale psichiatrico, a proposito ogni costo il proprio libro (dirà infatti che ha della propria poesia, sono fortemente limitati– bisogno di pubblicare per provare a se stesso ve (e ciò ha fatto dire al Contini che egli si mo– di essere vivo), Campana dichiarò in una lette- strava più equilibrato e intelligente dei suoi ra scritta al Binazzi due anni prima della morte ammiratori). In realtà, come la lettera al Bi– (11 aprile 1930): «Credo mi avessi consigliato nazzi dimostra, egli era il tipo di artista che allora a scrivere un altro libro ma il mio ideale sentiva l'esigenza di dare una struttura organi– sarebbe stato di completarlo formandone un ca alla propria opera. Il progetto di un «picco– piccolo Faust con accordi di situazione e di lo Faust» significa che egli intendeva organiz– scorcio. Ora le forze mi vennero a mancare e zare gli episodi del libro (quali La Notte, La non potei offrire che una raccolta di effetti liri- . Verna, l'America latina, le esperienze di città FINE SECOLO* SABATO4 / DOMENICA 5 GENNAIO come Firenze Bologna Faenza e soprattutto Genova, luogo mediterraneo per eccellenza) con un filo conduttore che, come nel Faust, •riunisse le vicende più diverse (Prologo in cie– lo, Notte, Una via, Selva e caverna, Stanza di _ Margherita, Duomo, Giardino di svago, In Arcadia, ecc.) Il contenuto di un'opera non può esistere né essere trasmesso fuori della struttura che· gli è stata data dall'artista, ed è chiaro che in Cam– pana, negli ·anni che seguirono i Canti orfici, pesò, per la valutazione della propria poesia, la . coscienza di non aver potuto dare al libro la compiuta struttura a cui mirava. Lè forze che .gli vennero a mancare, come lui,dice, alludono a quei momenti di vuoto prodotti dalla malat– tia, patita con consapevolezza e dolore, che talvolta nei Canti orfici gli fanno invocare, sempre con pudore estremo, il riposo e la mor– te.. Ma proprio perchè le forze mancarono, questa struttura da «piccolo Faust» (non ripe– tizione ma poema nuovo del Novecento) viene ad essere sostituita, drammaticamente, da un sottotitolo e da un colophon che in qualche modo racchiudono i Canti orfici entro una cor– nice, quasi fossero la vicenda di un grande per– sonaggio tragico. Dice infatti il sottotitolo <~DieTragodie des Ietzten Germanen in lta– lien» (e si ricordi che il Faust è «eine Trago– die») e il colophon rielabora alcuni versi di Whitman in cui Campana rappresenta la mor– te dell'eroe innocente per opera di forze malva– ge. In queste possiamo riconoscere e il dram– ma della condizione umana e personaggi ben precisi da cui Campàna si sentì tradito e ucci– so. Per intendere sottotitolo e colophon si deve ricordare la lettera a Cecchi del 13 marzo 1916: «Se vivo o morto lei si occuperà di me la prego di non dimentièare le ultime parole They were ali torn and covered with the boy's blood che sono le uniche importanti del libro. La citazio– ne è di Watt Whitman che adoro nel Song of Myself quando parla della cattura del flour [sic] of the race of rangers. Ora io dissi die tra– godie des letzten germanen in Italien mostrando di aver nel libro eonservato la purezza morale del Germano (ideale non reale)·che è' stata la causa della lo' o morte in Italia. Ma io dicevo 7 ',( ciò in senso imperialistico e idealistico, non na– turalistico. (Cercavo idealmente una patria non avendone). Il germano preso come rappre– sentante del tipo morale superiore (Dante Leo– pardi Segantini)». La geografia ·dei Canti Notiamo per inciso che Campana usa diverse lingue europee nel proprio testo, come a voler sottolineare la matrice della propria poesia, che egli stesso definì «una poesia europea». Un segno della struttura unitaria che avrebbe dovuto organizzare i Canti Orfici e nella quale ,si può ancora trovare una traccia del testo va– gheggiato secondo la costruzione del Faust 1 goethiano, è la ripartizione per luoghi geogra– fici, delegati nell'intenzione di Campana a farsi simboli di poetiche diverse. Possiamo infatti parlare di geografia campanìana. Ne La Notte l'Emilia Romagna, già sede del– l'Esarcato e della Pentapoli, è sentita come ter– ra bizantina perchè in questa particolare geo– grafia è espressione mediterranea dell'antica Bisanzio (si ricordi l'originario sottotitolo "Scorci bizantini"). Essa rappresenta la prima matrice culturale di Campana (Marradi è solo amministrativamente toscana) ed è solo lo sfondo non casuale delle prime esperienze d'a-· more che dà ad esse una particolare coloritura e ne complica e stratifica il significato. In que– sta terra bizantina dalle torri dai palazzi e da– gli archi rossi, verde di pianure e dorata nel crepusçolo, con le sue matrone in atteggiamen– ti ieratici e solenni come le figure dell'arte mu– siva ravennate (scrisse in Taccuinetto Faentino «ogni ruffiana romagnola mi pare sacerdotes– .sa») si genera anche una rappresentazione dan– tesca. Nella visi9ne di Campana, il Po e i suoi affiuenti, sulle cui rive gli amanti di oggi «rin– novano la pena eterna dell'amore», sono il luo– go ove continua a svolgersi la vicenda di tor– mentosa passione del quinto canto dell' Infer– no. Altro passaggio che per un rapido momento si apre nè La Notte come sfondo significante è una visione di Genova come luQgo di amor

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