Fine secolo - 5-6 ottobre 1985

FINE SECOLO* SABATO 5 / DOMENICA 6 OTTOBRE NeU'altra pagina:Czeslaw Milosz. Qui accanto:la vecchia smagf!ga di Vilna in unquadro di RafaelLewin. ' 1 19 so o gravitavano nell'orbita di tale lingua. Per cui nella mia Vilna, a fianco dei ginnasi polac– chi, vi erano quelli russi. Se non vado errato, vi .era-anche un ginnasio ebraico e alcune scuole in yiddish ( come certo sai, vi erano inoltre un ginnasio.lituano, intitolato a Witold il Grande, e uno bielorusso). L'intel/igencija ebraica lega– ta alla cultura russa mandava i propri figli alle scuole russe: in realtà a Vilna i Russi erano po– chi, un po' erano rimasti dai tempi dello zar, altri costituivano un gruppetto di emigrati. Vi erano anche altre sopravvivenze russe: quella brutta architet~ura ad esempio, tipica dei presi– di militari, così contrastante con la vecchia Vil– na dalle stradine strette. La via Qrincipale por– tava un tempo la denominazione Swietojerski Prospekt e ·ancora quando andavo a scuola nella lingua di tutti i giorni veniva chiamata «Jerek». Lo «Jerek» era il corso, il luogo di passaggio degli ufficiali e degli studenti. In se– guito ci si abituò gradualmente al nuovo nome della via: via Mickiewicz. Né provincia, né capitale Da tutto ciò, paragonando Vilna ad altre città, saltava agli occhi la sua specificità. Il salmista definisce Gerusalemme città «compatta in se stessa» e, entro certi limiti, questa definizione si adatta anche a Vilna, in forte contrasto con le città costruite in estensione. Per compattez– za Vilna ricordava Cracovia, ma diverso è il fondamento di queste due città: Vilna infatti non ha una piazza del mercato come centro della città stessa. Dall'infanzia ho conservato un ricordo abbastanza nebbioso di Dorpart ,ovverossia Tartu, forse sbaglio indovinandovi qualcosa in comune con Vilna. Ma a Praga mi sono sentito molto più à la Vilna che non a Varsavia. D'altro canto Vilnà è stata storica– mente distrutta da incendi tante di quelle volte, che forse è la stessa posizione all'incrocio di due fiumi e tra le colline a dare alla città quella «compattezza». Sentivo abbastanza intensamente il fatto che Vilna fosse una provincia e non-la capitale. E nell'eventualità che tutte quelle terre, etnica– mente lituane e bielorusse, fossero state· polo– nizzate, sarebbe rimasta provincia. Prendiamo la Francia. Le zone a sud della Loira non era– no francesi, parlavano in langue d'Oc; ma dal tempo della conquista nel XIII secolo con il pretesto della crociata contro gli Albigesi ven– nero poco a poco francesizzate. Ancora nel XIX secolo tutte le campagne là parlavano in patois ovverossia in Oc, ma quando alcuni anni fa sono stato nel dipartimento del Lot, sono venuto a sapere che nei villaggi quella lin– gua è conosciuta soltanto dalle persone oltre i quarant'anni. Era la lingua del maquis durante la guerra, una lingua molto utile, perché la gente di città, cioé i Francesi, non la capiva. Diciamolo brutalmente: se la Polonia non avesse perso la sua sfida storica, avrebbe polo– nizzato tutte le terre fino al Dniepr, così come la Francia ha diffuso la sua lingua fino al Me– diterraneo (e pensare che un tempo Dante ave– va pensato di scrivere la Divina commedia nella lingua dei poeti, vale a dire in Oc!). E Vilna sà– rebbe diventata una città di provincia come Carcassone. Ma non lasciamoci andare a trop– pi «se» in materia di storia. Nel XX secolo il programma dei nazionalisti polacchi a propo– sito delle terre etnicamente non-polacche era stupido, in quanto Vilna o Leopoli erano pur sempre soltanto delle enclavi. Penso che oggi ai giovani riesca abbastanza difficile capire questo carattere di enclave della Vilna prebelli– ca: non era Polonia e non era non-Polonia, non era Lituania e non era non-Lituania, non era provincia, non era capitale, anche se era soprattutto provincia. E naturalmente Vilna, come vedo a distanza di tempo, era bizzarra nella sua dimensione di città di zone miste, che si incrociavano tra loro, come Trieste o Czer– niowce. Crescere laggiù non era la stessa cosa che ere-

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