Fine secolo - 5-6 ottobre 1985

FINESECOLO* SABATO 5"/ DOMENICA6 OTTOBRE VIlNA, LA CAPITATE DI PROVIN"CIA .__-----------------------------di Czeslaw MILOSZ---------------------------- "Ci sono molte città sul cui nome non esista un accordo? I polacchi dicono Wilno, i lituani Vilnius, i tedeschi ed i bielorussi v: ·1 ,, · z na . Vilna, città simbolo di una Europa "sequestrata" e dimenticata, è al centro di Rodzinna Europa di Czeslaw Mi/osz, uscito a . Parigi nel 1959, tradotto in italiano .da Si/va nel 1961 ed ora riproposto da Adelphi in una nuovà versione con il titolo La mia Europa (pp.355, lire 25.000). Su Vilna Milosz tornò a distanza di vent'anni in un pubblico carteggio con Tomas Venclova, poeta lituano tra i più interessanti ael/e ultime generazioni, allora da poco costretto alla emigrazione dall'URSS per la sua militanza nel Gruppo Helsinki di Vilnius. La lettera, originariamente destinata alla rivista letteraria non ufficiale di Varsavia "Zapis", è stata poi pubblicata dal mensile parigino in lingua polacca "Kultl!ra" nel suo primo numero del 1979. e aro Tomas, due poeti, uno lituano, l'altro polacco, sono cresciuti nella stessa città. Forse è un motivo suffi– ciente perché si mettano a discutere della loro città e lo facciano addirittura pubblicamente. A dire il vero, la città che io ho conosciuto ap– parteneva alla Polonia, si chiamava Wilno alla· polacca, nelle scuole e all'università si usava la lingua polacca. La tua città invece era la capi– tale della Repubblica Socialista 'Sovietica di Lituania, si chiamava Vilnius e tu stesso hai frequentato la scuola e l'università in un'altra epoca, dopo la seconda guerra mondiale. Cio– nondimeno si tratta della stessa città: la sua ar– chitettura, il paesaggio dei suoi dintorni, il suo cielo ci hanno formato entrambi. Non si pos– sono escludere a priori determinati influssi, per così dire, tellurici. Oltre a ciò, ho l'impressione che le città possiedano una loro anima o una aura e a volte, passeggiando per le strade di Vilna, mi sembrava di avvertire questa aura in modo quasi sensuale. La possibilità di essere normale Di recente un amico mi ha chiesto perché tor- - no così insistentemente con il ricordo a Vilna, alla Lituania come si vede dai miei versi e dai miei scritti in prosa. H<:i-iispostoche a mio pa– rere non si tratta di un sentimentalismo da emigrato, dal momento che non vorrei andar– ci. E' presente certo la ricerca di una realtà spazzata via dallo scorrere del tempo, come in Proust, ma vi è anche un'altra spiegazione. A Vilna ho vissuto la mia adolescenza, q~ando pensavo che la vita mi riservasse un destino normale. Solo più tardi tutto in questa mia vita ha cominciato a stravolgersi, per cui Vilna è rimasta per me un punto di riferimento come possibilità, la possibilità di essere normale. An– che laggiù del resto, leggendo i romantici po– lacchi, avevo già l'oscuro presentimento che la mia sorte futura non sarebbe poi stata così normale, anche se la fantasia più scatenata . non era in grado allora di suggerire i tratti del mio avvenire individuale e di quello storico. Vorrei qui accennare ad una figura che non ha nulla in comune con Vilna, ma è importante per tutti gli Europei «di laggiù», gli Europei cioé che provengono da quella frontiera di lin– gue, di confessioni e di culture. Stanislaw Vin– cenz proveniva dalla Carpazia, d1tllaregione di Czamohory, dove'la sua famiglia era emigrata nel XVII secolo dalla Provenza. L'ho cono– sciuto nel 1951, quando la mia Vilna ormai non esisteva più, in Francia, intorno a Greno– ble (da emigrato era attratto dalle montagne, sero stati quegli incontri, non credo che ~ riuscito alcuni anni dopo a scrivere, a scopo di auto-terapia, La valle dell'Issa. E ()()me Vin– cenz é rimasto radicato per tutta la vita nei suoi Carpazi, allo stesso modo io, o almeno la mia fantasia, sono rimasto fedele alla Lituania. Ma tomo alla nostra particolare città. Forse ci riuscirà di trovarvi una qualche continuità malgrado le trasformazioni. Occupiamoci del– l'università, nella quale entrambi abbiamo stu– diato e di cui ricorre adesso il quattrocentesi– mo armiversario. E' anche un buon pretesto per confrontare fuori dai denti e senza scappa– toie diplomatiche le nostre opinioni sui rap– porti polacco-lituani. Una vocazione massonica Vilna non può essere eliminata dalla storia del- - la··cultura polacca, e questo per via di Mickie– wicz, dei Filomati, di Slowacki, di Pilsudski. Più di un.avolta mi sono soffermato a riflettere su una certa analogia tra là Vilna della mia gioventù e la Vilna di un secolo prima, che aveva per grazia di Alessandro I la miglior uni– versità dell'Impero :zarista. Allora la città era un centro della massoneria: la dissoluzione dei Filomati quasi coincide' temporalmente con l'attacco contro la massoneria sferrato da Alessandro in tutto l'Impero. I Filomati ave– vano i loro legami massonici tramite Kontrym. . il bibliotecario dell'università. Sapevo dell'esi– stenza di logge massoniche nella mia, più re– cente, Vilna e· l'organizzazione segreta «Pet», cui fui ammesso ai tempi del ginnasio, aveva a sua volta dei collegamenti, essendo politica- . mente rivolta contro la eridecja. Ma quando non molto tempo fa ho incontrato un mio ex professore, uno dei nostri più giovani profes– sori di diritto, Stanislaw Swiani~wicz, sono ve– nuto a sapere da lui che vi erano molte logge massoniche e che quasi tutti i professori face– vano paite di qualcuna di queste logge. Il ca– rattere massonico di Vilna, che emergeva dal suo racconto (e si tratta di persona assoluta– mente degna di fede), _miha fortemente stupi– to. Non so se in ciò si possa individuare una costante vocazione di Vilna. Ad ogni buon conto già alle medie incappai in qualcosa di si– mile ad una «loggia» (uso questo termine non nel suo .significato lçtterale, ma per indicare una élite cospirativa, cui bisogna essere am– messi). E tale élite era spre:a.antemente rivolta contro i «benpensanti», vale a dire contro quell'intreccio di nazionalismo polacco, Sien– kiewicz, corporazioni studentesche, ecc. Una «loggia» del genere era anche il Club universi– tario dei Wloczegie, in cui mi ritrovai subito dopo essermi iscritto all'università, e un po' più tardi, mentre montava la grande, anche se di breve durata, ondata di sinistra dei primi ~nni Trenta, il K.L o Club degli Intellettuali, una sorta di cellula che coordinava e pianifica- va Je imprese, dirigendo al tempo stesso i di– così che in qualche modo si chiudeva il cerchio battiti nei locali dell'Unione dei giuristi ovve– dei pellegrinaggi della famiglia Vincenz). Ero rossia degli studenti di legge. In queste «logge» sensibile ai suoi insegnamenti. Infatti, del tutto vedo una infanzia romantica: il sogno di salva– indipendentemente dalle opere che ha lasciato re l'umanità «dall'alto» ad opera di coloro che dietro di sé, Vincenz era un saggio errante, un «sanno di più». chiacchierone, un maestro e quasi uno zaddik E la destra, i sostemtori della parola d'ordine per uomini di varie nazionalità. Era all'opposi- «Dio e Patria», della «polonità al cento per zione contro il ventesimo secolo, anche se, e cento»? Tale era la maggioranza di coloro che proprio perché, prima della Grande Guerra parlavano polacco. Dal punto di vista lingui– aveva discusso a Vienna una tesi di dottorato stico la Vilna dei tempi dei Filomati doveva es– sulla filosofia di Hegel. Per Vincenz la cosa più sere più polacca della mia; non so se le campa– importante era ciò che Simone Weil chiama gne dei dintorni erano all'epoca prevalente– enracinement, il che è impossibile senza una mente polacche, come nei miei anni, o bielo– patria. Ma la patria-Stato era troppo grande e russe. quando Vincenz sognava una «Europa di pa- Forse la lingua lituana (gradualmente soppian– trie1>, egli aveva in mente piccole unità territo- tata, come è noto, in quelle località dal bielo– riali, come la sua adorata provincia di Hucul, russo) allora serrava Vilna più da vicino. In abitata da Ucraini, Ebrei e Polacchi, zona resa città il secolo diciannovesimo, secolo di domi– nota d'altro canto dal fatto che vi ha vissuto il nazione russa, ha lasciato il suo marchio; pel' Baalshemtov, il creatore del chassidismo. Al- questo dico che quella più antica Vilna era for– l'epoca delle nostre prime conversazioni ero · se più polacca. Infatti quasi-metà della popola– molto addolorato e Vincenz mi aiutò a ritrova- zione della mia Vilna era rappresentata da re il senso della_~arola «patria». Se non ci fos- Ebrei, che in gran parte avevano assunto il tus- I

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