Fine secolo - 5-6 ottobre 1985
Ma. Partendo da un punto di vista zoologico o etologico noi vediamo che ci sono meccanismi di pacificazione a str~tto _controllo genetico, biologico, che troviamo negli ammali ma anche nella nostra specie. Da questo punto di vista l'uomo non è diverso, anche se poi nell'uomo si so- vrappongono altri fenomeni... . Pa.... è significativo lo studio dei moduli aggressivi e del– le espressioni facciali di pacificazione nei bambini. Sono molto simili a quelli che si possono osservare nei primati e in altri animali e si può dire che le basi neurologiche di questi meccanismi di attacco e di fuga sono gli stessi. Ma. La stessa cultura poi non è un fenomeno esclusivo dell'uomo. La capacità di modificare il comportamento attraverso forme di invenzione e di apprendimento socia– le, al di là del controllo strettamente biologico, inventan– do tradizioni culturali di vario tipo, esiste anche in altri animali. L'uomo è l'animale che si è specializzato di più in questa direzione, al punto che in lui la memoria cu1tu- le è diventata più importante di quella genètica. Si è dibattuto molto, in questi anni, del rapporto fra natura e cultura, in particolare in riferimento a fenomeni più sug– gestivi come l'aggressivit(!... Pa. In gran parte questo dibattito era generato da un equivoco. Si era creata, e talvolta ancora emerge, una fal– sa identità fra biologico e immodificabile, e, viceversa, culturale e modificabile. Intanto è abbastanza evidente che se ciò che è culturale è modificabile, non lo è certo facilmente, essendoci invece resistenze di tipo conservati– vo drammatiche· nell'ambito delle tradizioni culturali. Il dentro e il fuori E i comportamenti determinati geneticamente sono modifi– cabili? Ma. Tutti i comportamenti sono espressioni molto lonta– ne dai geni. Per dirla in termini strettamente biologici: il comportamento è il fenotipo, e il fenotipo è il risultato dell'incontro fra genotipo e ambiente. Di conseguenza ogni comportamento, qualunque sia il controllo genetico, può essere influenzato da fattori non genetici, ma legati all'ambiente e all'esperienza. Questo è vero anche per quel che riguarda i comportamenti aggressivi. Ciò non toglie che, in certi animali, ci siano comportamenti ag– gressivi che seguono moduli estremamente rigidi e preci– si, la cui variabilità è minima. Sono quei comportamenti, FINE SECOLO * SABATO 5 / DOMENICA 6 OTTOBRE diceva Lorenz, che si possono studiare çome se fossero organi. Lorenz ha dedicato molto del suo lavoro sia allo studio che alla divulgazione dei meccanismi dell'aggressività e le sue teorie sono state spesso oggetto di polemiche ... Ma. Una delle ipotesi di Lorenz era che l'aggressività fos– se uno di quei comportamenti che danno luogo alla così detta «appetenza». Cioé, da un lato l'aggressività cresce– rebbe dentro in modo·autonomo, dall'altro, raggiunto un certo livello si sfogherebbe, a prescindere da stimoli ester– ni. Questo è uno dei temi di ricerca su cui noi lavoriamo da tempo e siamo praticamente sicuri che le cose non stanno così. E ormai la maggior parte dei ricercatori pen– sa che l'aggressività non sia caratterizzata da appetenza, ma che si tratti di un comportamento attivato da stimoli esterni. Non esistendo appetenza, ma solo la tendenza a rispondere a certi stimoli, ques_t'ultima può essere moito modificata da interventi culturali. E gli esperimenti sui meccanismi cerebrali de/l'aggressi– vità? Pa. Delgado è uno studioso che lavora da venti-trent'an– ni sui centri nervosi in relazione ai problemi dell'aggressi– vità. Con i suoi esperimenti ha dimostrato che si possono ottenere comportamenti aggressivi o pacificatori median– te impulsi elettrici inviati a determinate parti del cervello con degli elettrodi. Quest'anno ci ha presentato degli esperimenti, a cui lui stesso si è sottoposto, realizzati con metodi non intrusivi, collocando cioé gli elettrodi all'e– sterno e non all'interno del cervello. Ma alla fine ha am– messo lui stesso che la strada non può essere questa, an– che se è utile investigarla per capire quanto più è possibi– le anche del funzionamento del cervello. E' bene cono– scerla, ma sarebbe mostruoso pensare di controllare i comportamenti mediante interventi sul cervello. L'unica strada, ha detto Delgado, è cambiare gli schemi di riferi– mento culturale affinché si possa modificare la reazione a quegli stimoli che raggiungono quelle parti del nostro cervello, poche, che si trovano sotto uno stretto controllo genetico. Primo: non fuggire E' possibile tracciare le linee di unafilogenesi de/l'aggressi– vità umana? Ma. Non è facile, ma le scoperte dalla paleontologia pos– sono dare qualche indicazione sull'evoluzione dell'ag– gressività umana da fortemente condizionata da mecca– nismi biologici simili a quelli di altri animali, a modelli culturali tipicamente umani. Un fenomeno che ha certa– mente modificato i comportamenti aggressivi è stata la cosiddetta pseudo-speciazione, cioé lo spaziarsi di popo– lazioni che acquisivano via via differenti tradizioni cultu– rali e lingue diverse. Il parlar diverso è stato certamente uno dei motivi più antichi di incomprensiorre fra popola– zioni umane, che si sono considerate,. e trattate, come specie diverse. C'è poi l'invenzione di tecnologie che con– sentono di uccidere a distanza, scavalcando i segnali di sottomissione o di paura e riducendo le possibilità di fuga. La paura e la fuga, sono meccanismi importantissi– mi perché i combattimenti fra animali non siano cruenti. Ebbene, oltre alle sempre nuove tecnologie per uccidere a distanza, vi è stata una intensa lotta culturale tesa ad eli– minare questi comportamenti dagli uomini. In tutte le tradizioni e popolazioni umane l'individuo che fugge o che ha paura è punito, deriso. Questa evoluzione non c'è stata in altri animali? Pa. La Goodall riferisce di avere osservato uno scim– panzé che, nei conflitti con altri membri del suo branco, usava una tanica di benzina su cui batteva con gran fra– casso. Dopo averne verificato, probabilmente per caso, l'effetto terrorizzante, ha cominciato ad usarlo sistemati– camente, ottenendone una ascesa nella scala sociale e un maggior potere. Quanto alla pseudo speciazione di cui parlava Mainardi, penso che sia uno degli aspetti più im– portanti. Sia per il peso che ha avuto nella nostra storia, sia perché è un meccanismo ancora in funzione e che vie-
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