Fine secolo - 5-6 ottobre 1985

FINE SECOLO* SABATO 5 / DOMENICA 6 OTTOBRE J6": ne costantemente rinnovato. Ciascuno di noi tende ad identificarsi con un gruppo e spesso il senso di apparte– nenza a quel gruppo, più o meno largo, giunge all'estre– mo, se non di considerare tutti gli altri come appartenenti ad altre specie, per lo meno come nemici. La pseudo spe– ciazione, che è indubbiamente un meccanismo non biolo– gico ma culturale, è una conferma di ·quanto sia difficile modificare anche comportamenti acquisiti. D'altra parte l'evoluzione culturale, come quella genetica, è sottoposta ai' meccanismi della selezione naturale. Una ·cultura va avanti solo se è vantaggiosa per gli individui che la tra– smettono. Ora le popolazioni quantopiù sono state ag– gressive tanto più sono state premiate. E' solo adesso che si comincia a pensare che può darsi che questo non sia più vero. Secondo: essere in tanti A un certo punto l'uomo si è messo in mente di essere al centro del mondo, e al di sopra di tutti gli altri esseri viven– ti. Questo ha influito sulla nostra aggressività? Ma. Il problema dell'antropocentrismo è interessante e lo si può studiare sc.ientificamente. Le sue premesse sono lo sviluppo della capacità di elaborare processi mentali sem– pre più complessi e· la nascita della coscienza di sé, che comincia nei primati e ha il suo massimo sviluppo nella -nostra specie. Il primo effetto deleteriÒ deWantropocen– trismo credo si sia manifestato nei confronti dell'ambien– te, più che nei confronti degli altri uomini. Andando un po' di fantasia, noi possiamo vedere nel passaggio dalla -caccia-raccolta all'agricoltura-allevamento, il primo im– portante danno, la prima minaccia per l'ambiente ... Questo passaggio ha modificato però anche i rapporti fra diverse popolazioni umane. Pa. Il meccanismo territoriale del cacciatore raccoglitore è molto naturale e rispetta le popolazioni umane e l'habi– tat. L'agricoltura invece favorendo l'aumento della po– polazione ha fatto crescere la necessità di aumentare i territori a disposizione e di impossessarsene anche sot– tr_aendoliad altre popolazioni ... Ma. Il maggiore equilibrio con la natura dei cacciatori– -raccoglitori dipendeva anche dall'uso di meccanismi di controllo della popolazione per noi oggi improponibili, fra i quali anche l'infanticidio, ma che er.ano inseriti in uno schema molto naturale. Uno dei drammi della no- stra specie, e che condividiamo, con altre conseguenze, con i primati, è che i meccanismi di controllo delle popo– lazioni non sono più biologici, ma esclusivamente cultu– rali, per di più con culture che hanno sempre considerato vantaggioso essere in tanti. All'inizio c'é l'aggressività ... Nel binomio aggressività-pacificazione l'enfasi viene sem– pre messa sul primo termine. E' anche questo un sintomo culturale? Ma. Io credo di no, da un punto di vista biologico. All'i– nizio esiste l'aggressività, che poi viene controllata con l'evolversi della socialità. Tutti i meccanismi di pacifica– zione trovano la loro origine in un fenomeno pnìnario di aggressività intraspecifica che in molte specie serve sem– plicemente a spaziare gli individui, a calibrare la densità delle popolazioni con le risorse dell'ambiente e in altre deriva, é un nuovo indirizzo di ricerca, dalla predazione. Esistono però dei momenti in cui, anche gli animali meno sociali, hanno bisogno di avvicinarsi, di qui lo sviluppo di meccanismi di pacificazione. In particolare questo suc– cede quando gli animali «scoprono» la riproduzione ses– suale. Con la nascita della-sessualità nasce anche la ne– cessità di comunicare fra maschio e femmina, di venire a contatto per l'inseminazione. Compaiono allora i primi meccanismi di blocco dell'aggressività. La più antica, fi– logeneticamente, forma di pacificazione noi la vediamo ancora in quel simulacro di lotta che é il corteggiamento negli animali più primitivi dal punto di vista della loro vita sociale. Può fare un esempio? Ma. Durante il convegno abbiamo visto delle immagini bellissime ·realizzate durante una ricerca su un topo sot– terraneo in Israele. Si tratta di animali che vivono sempre -soli, ma,poichè sono sessuati, deve esserci un rapporto fra maschi e femmine. All'inizio il corteggiamento é una lotta che dura circa un'ora, poi si ritualizza, c'é la pacifi– cazione e l'accoppiamento. Subito dopo la lotta riprende e i due animali si spaziano di nuovo. Pa. Un altro comportamento che hà richiesto meccani– smi pacificatori é la cura dei piccoli. Per questo molto spesso i segnali che bloccano l'aggressività e tendono alla pacificazione sono ritualizzazioni di segnali sessuali o in– fantili. Nei lupi, per esempio, il maschio che si sottomette a un altro maschio lo fa utilizzando segnali tipicamente infantili di richiesta del cibo o di richiesta di ispezione del corpo. I babbuini, per lo stesso scopo, simulano l'atto sessuale, presentano i genitali all'avversario, il quale tal– volta accenna anche all'atto della monta. Non siamo dinosauri Che contributo può venire da voi biologi alla «cultura della pace» di cui si parla? Pa. Nòi dobbiamo cercare di capire quali sono i meccani– smi di base che controllano l'aggressività, arrivare a po– ter dire «queste sono le basi biologiche». A partire da questo si possono elaborare le strategie culturali per con– trollarle. Ma é chiaro che non riusciremo a eliminare la risposta aggressiva spontanea. Chiedere questo alla spe– cie umana é assurdo e forse controproducente. Dobbia– mo ammettere che una specie senza aggressività non può esistere, almeno non ne conosciamo nemmeno una. Ma. Non bisogna poi dimenticare che il fatto che ci sono troppi uomini é di immensa importanza per i fenomeni di carattere territoriale e aggressivo. Oltre a una cultura del– la pace che favorisca comportamenti non aggressivi, é ne– cessario sviluppare in tempi stretti una cultura che aiuti a .controllare i fenomeni di sovraffollamento, che influisco– no su tutti i fenomeni di degrado ambientale. In una si– tuazione ambientale così disagiata come é quella di oggi é molto difficile sviluppare una cultura della pace. Si parla molto del fatto che, per la prima volta.l'uomo ha raggiunto la capacità di autodistruggersi: é possibile che la specie umana abbia una reazione da "istinto di sopravvi– venza"? Ma. Io faccio molta· fatica a immaginare che la specie umana abbia scritta dentro una risposta adattativa di questo tipo. Tutti gli animali che si sono estinti e di cui conosciamo la storia, si sono estinti perché il loro com– portamento non era più adattativo e perché i controlli ge– netici a cui erano sottoposti erano così stretti da impedire un rapido camb_iamento.Per noi l'unica possibilità di sal– vezza é un grande cambiamento di ordine culturale. Ma– gari sarà difficile, ma é l'unica possibilità. Se fossimo dei dinosauri, visto il nostro comportamento non adattativo di questi ultimi tempi, saremmo condannati all'estinzio– ne. Se abbiamo ~na speranza é solo perché non siamo di– nosauri.

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