Fine secolo - 5-6 ottobre 1985

LE BANANE____ POLACCHE DI SAMO El, BBCK EIT L'ultimo nastro di Krapp di Beckett inizia con un signore in tenuta da camera, mal rasato, che fruga affannosamente nei cassetti di una scrivania al centro della scena. Apre il secondo casetto, un'altra banana: stessa situazione. Poi verremo a saperé di una vita allietata soltanto dalle banane e dalle bottiglie... Da cinque anni, a Varsavia, un giovanotto paffutello e sempre sorridente di nome Antoni Libera sta traducendo nella sua lingua l'opera completa dello scrittore irl~ndese. Beckett, du– rante i momenti difficile seguiti al colpo di sta– to, gli mandava pacchi di viveri acquistati nel– la più lussuosa. pizzicheria di Parigi. Da_anni, lo scrittore ed il suo traduttore polacco si co– municano soltanto attraverso i testi teatrali. Beckett è. ormai giuntò all'essenziale. Antoni che non può recarsi all'estero, si aspetta ùa un giorno all'altro di ricevere la busta con l'ulti– mo testo contenente soltanto una pagina bian– ca e una firma. Una delle ultime opere, Cata– strofe, era dedicata allo scrittore cecoslovacco . dissidente Vasclav Havel. La censura polacca ha soppresso la dedica all'ultimo momento, quando il testo era già in tipografia. Antoni Libera da diverso tempo cura anche personalmente la regia della rappresentazioni di Beckett ip Polonia. L'anno scroso gli propo– sero di mettere in scena al «Teatr Studio» -uno stretto budello all'interno del «Palazzo della cultura» al centro della capitale- Commedia e L'ultimo nastro, con uno dei più grandi attori polacchi: Tadeusz Lomnicki. Ex membro del comitato centrale del POUP, uscito dal partito 'dopo il colpo di stato, Lomnicki è un persona– gio simile al nostro Vittorio Gassman. Adrzej Wajda, ne L'uomo di marmo, gli affidò la parte di se stessa: il registà arrivato, con villa e auti– sta, che con grande senso dello spettacolo «in– ventò» il personaggio dell'operaio Birkut. Lomnicki è un'autentica primadonna, sicuro del suo grande talento (l'ultima sua memorabi– le rappresentazione è stata Affabulazione di Pasolini, messa in scena due anni fa -sempre al «Teatr Studio»). Ma non è stato questo il pro– blema principale per il giovane traduttore-regi– sta. Bensì quelle maledette banane all'inizio de L'ultimo nastro... Subito la direzione del teatro gli consigliò di tramutarle in mele. Le banane infatti sono una merce rarissima in Polonia. Con tutti i problemi economici che ci sono ci · mancherebbe anche si mettessero ad importare le banane. Come sempre succede, però, le ba– nane a causa della loro inesistenza, sono un In Polonia vive Antoni Libera, che molti descrivono come il più grande conoscitore mondiale di Beckett. Ora, Libera mette in scena un Beckett che prevedé l'ingestione di due banane a spettacolo. Solo che, in Polonia, le banane valgono tanto oro quanto pesano. Accontentatevi delle mele, dicono le autorità. Ma un filologo come Libera non ci pensa nemmeno. Così l'attore polacco Lomnicki, celebre come Gassmann e in età disadatta all'eccesso di zuccheri, si trova a dover divorare ottanta banane in 40 repliche. Per non dire di quando gliele mangiano di : nascosto prima dello spettacolo ... di Francesco M. CATALUCCIO oggetto agognato, desiderato in un modo che un nemico delle bananne -con le quali la non– na lo ingozzava da piccolo- come chi scrive, non può né capire Bé descrivere. Qualcuno na– turalmente le banane le ha sempre mangiate, · tanto che, negli anni sessanta, fu coniato il ter: mine «generazione delle banane» per definire i figli dell'apparato che potevano permettersele. Oggi le banane si possono comprare al merca– tino privato della via Polna, vicino al Politec– nico, dove i ricchi e gli stranieri si possono ri– fornire pagandole 1.000 zloty l'una (lo stipen– dio medio di un polacco sono 18.000 zloty). Il traduttòre Antoni Libera, fedele al testo e allo spirito deJl'opera-del Maestro, si impuntò subito: se Beckett aveva scritto banane, bana– ne dovevano essere! Così fu dèciso che una parte consistente dell'incasso delle rappresen– tazioni sarebbe stato devoluto, per rispetto a Beckett, all'acquisto del prezioso frutto. Le prove furono naturalmente fatte senza l'ombra di una banana: i! povero Lomnicki doveva far finta di mangiare con gusto il fondo di un ma-· nico di scopa -tinto di giallo. Dal giorno prima dello spettacolo vero e proprio invece, un vec– chietto con i baffi bianchi alla Adolf Menjou, il «trovarobe», fu spedito in missione, ogni due o tre giorni, nella via Polna ad acquistar bana– ne. Le prime rappresentazioni sono andate perfet– tamente. Il successo è stato immediato: gli at– tori ed il regista, come hanno detto_i giornali, erano riusciti a cogliere lo «spirito delle opere di Beckett». C'è stata anche una sera in cui il regista si è fatto avanti sul proscenio, prima dello spettacolo, ed ha dedicato la serata a tut– ti i prigionieri politici (erano i giorni del pro– cesso ad Adam Michnik e agli altri quattro sindacalisti di Solidarnosc) sostenendo, tra gli applausi, che la dedica di Bec~ett ~ Havel testi- moniava di un impegno civile dello scrittore ir– landese che risale ai tempi del secondo conflit– to mondiale. L'unica cosa che turbava il regista era che, ne"! momento in cui Lomnicki addentava le bana– ne, il pur civilissimo pubblico di Varsavia rom– peva il silenzio con un brusio. Gli sembrava addirittura di cogliere pezzetti di frase: «Ma dove diàvolo le hanno ...», «Beato...». Era chia– ro che quelle banane, in quella città, spezzava– no tutta la tensione dell'opera, deconcentrava~ no l'Attore, stravolgevano il senso drammati– co del tutto. Ma il «dramma» è accaduto dopo dieci rappresentazioni. Ne sono stato testimo– ne oculare. Antoni Libera, accogliendomi nel foyer del teatro, mi aveva accennato, sudatissi– mo, al problema delle banane che ogni sera pendeva sulla sua testa come una spada di da- mocle. · . . Una debole luce. Krapp si avvicina con passo pesante alla scrivania. Apre il primo cassetto. Con sgomento, Lomnicki si accorge che la ba– nana è tremendamente verde. Acerba. Da · grande attore qual'è l'acchiappà lo stesso. La esibisce trionfante verso il pubblico. Tenta di sbucciarla. Ritenta. Niente da fare: è come cer– care di togliere la buccia· ad una pietra. Tra– scorre un minuto interminabile nel più assolu– to silenzio. Solo il povero regista, accanto a me, l,lnsima disperato sussurrando: «Dai, dai con le unghie!». Alla fine la banana è vinta. L'Attore, con ua visibile morte nel cuore, si appresta a «gustare» quella specie di•zucchino crudo. Deve azzannarla con voracità. Soprat– tutto in Polonia. Libera mi aveva spiegato che per lui è una specie di segno del destino quella indecifrabile frase di Dante e l'aragosta di Be– ckett: «Questo pasto che stava allestendo con tanta fatica, se lo sarebbe divorato con un sen- so di rapimento e di vittoria, sarehhe ~t::tt0 come sgominare i ·Polacchi scivolanti in slitta sul ghiaccio» (Cfr.S.B., Novelle, Milano, 1970; pagg. 5-). Finita la banana tra i soliti brusii della gente, che non faceva assolutamentè caso al colore della buccia, Krapp-Lomnicki si ap- . presta a prendere la seconda. Apre -il secondo cassetto ... Vuoto. Accidenti! Lo richiude di scatto, guardandosi attorno come un ladro colto in flagrante. Grande classe della consu– mata primadonna! Fa una piroetta su se stes– so. Si passa le cinque dita sulle labbra come per pulirsele o per fare uno sberleffo, Lo spet– tacolo va avanti. Nessuno si è accorto ma avrà pensato che due banane in un solo .spettacolo ·era un onere troppo pesante per un piccolo teatro, ed ha taciuto rispettoso. Dopo lo spettacolo si sentivano le grida sin dal fondo del corridoio dej .camerini. Lomnicki, avvolto in una vestaglia amaranto ed oro, con un drago rampante nerq sùlla schiena, con il cerone impastato al sudore, si sbracciava con il direttore del teatro: «E' una vergogna. Io alla mia età non dovrei nemmeno mangiarle le ba– nane. Il dottore me l'ha detto. Ma io sono un professionista. Faccio quel che mi si ordi_nadi fare. Ma devo fare quaranta repliche. Calcoli lei: ottanta banane. Non dico niente. Ma avrei almeno le pretesa che fossero mature, buone. Che si sbucciano alla svelta. E non come stase– ra! L'altra se l'è di certo mangiata il signor Marek. Rubare le banane prima di un mio spettacolo. Mai successo. Da domani va mia moglie a comlprarle, si intende!... ». Tornando a casa, in _unanotte umida e buia come poche volte aveva visto a Varsavia, senza l'ombra di un taxi o di un bar aperto, Antoni, con le mani sprofondate nelle tasche e il capo un po' chino, mi ha raccontato che la prima vo~ta che mise in · scena L'ultimo nastro di Krapp, come saggiò finale della Scuola Teatra– le (della quale· Lomnicki, fino a pochi anni fa, era il prestigioso direttore), era il periodo della grande crisi della primavera dell'ottantuno. Banane allora non ce n'erano neanche sulla via Polna. Cocciuto, e filologico, anche allora si oppose alle mele. Preparò personalmente un cetriolo fresco: lo dipinse di giallo a macchiette nere, tagliò da tre parti la buccia, sollevandola dalla polpa e fissandola all'estremità con un pezzetto di nastro adesivo. L'effetto era perfet– to. Solo che, quelli che sedevano davanti, si ac– corsero che non era una banana dal pungente odore del cetriolo. E fu la prima catastrofe ....

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