Fine secolo - 21-22 settembre 1985

FINE SECOLO* SABATO 21 / DOMENICA 22 SETTEMBRE 26:'· vergognosa. Mi affidò allora a frasi di circo– stanza di quelle cioè che in questi casi dovreb– bero tirarti fuori dall'imbarazzo. Australiana la figliola, ma perché a Rimini, perché al meeting. Tutto si svolge molto in fretta: Lenny, ventitre anni, di Melbourne sor– ride, è lei ora che parla, io seguo solo il suo lento quasi forzato movimento delle labbra, che tentano di farsi comprendere meglio. Sono arrivata ieri, non conosco per niente Ri– mini, passavo di qui per caso, ho visto tutta questa gente e mi ha incuriosito la situazione. Ma perché Rimini e io che ho sempre sognato le spiagge australiane, Sidney, le tavole da surf, l'Oceano, le palme. La risposta è imme– diata: «Io gli spaghetti» e ride. La jeep corre veloce sul lungomare adriatico, il meeting, la folla, i rivenditori a fiducia senza controllo sono oramai distanti anni luce, il cielo è terso di un arancione irreale, la guardo, mi sento complice dei suoi vent'anni. Esclamo: spaghet– ti? Spaghetti è la risposta. Ho venduto l'anima al diavolo oramai da pa– recchio tempo, se a qualcuno fosse venuto in mente di ritrovare in me un Santo di ritorno sulla via di Damasco ha fatto proprio male i conti. Detto marangone ... di Vincenzo BUGLIANI A Capraia - Arcipelago Toscano - si può prendere il sole o fare il bagno solo da scogliere scomode, per lo più con superfici aspre, piane per piccoli spazi. I non molti villeggianti o sono provvisti "di im– barcazioni o si raggruppano, al prezzo di ar– rampicate e discese, in anguste rientranze della costa dovunque alta. Una spiaggetta ci sareb– be, ma ne è vietato l'accesso perchè dentro il perimetro della colonia penale che occupa un terzo dell'isola. E' opinione autorevole che sia stata proprio la colonia penale a scoraggiare l'assalto di massa all'isola, semplicemente con la sua non gradevole presenza che si dirama con stabilimenti anche all'interno del paese. Dal penitenziario vero e proprio, che sta in alto sopra il porto, c'è un frequente via vai di detenuti che vanno a-lavorare in laboratori che stanno appunto in edifici ai margini dell'abita– to. Per scendere ad una caletta ~elle più como– de, vicina al porto e sptto il paese, si deve pas– sare davanti a tali laboratori, e lì si possono fare due chiacchiere con giovani guardie di cu– stodia che fermamente rifiutano di condividere l'entusiasmo del turista estivo per quel paradi– so. E pensare che il turista è tentato d'invidiare anche la fortuna dei detenuti! Scesi al mare, mentre si sta precari su uno scoglio cambiando continuamente posizione, ogni giorno, più vol– te, si assiste, il più possibile immobili, ad una specie di moderno-miracolo: arriva, da dietro il piccolo promontorio, il marangone, il maran– gone dal ciuffo, evidentemente perchè ne deve esistere anche una specie sprovvista di tale or– namento della parte posteriore del capo. Il ciuffo, veramente, non si vede, perchè costan– temente bagnato aderisce alle piume della nuca. Detto marangone è un palmipede mari– no, dal collo lungo e sinuoso e abbastanza sot– tile da parere un'anguilla. Ripercorre ininter– rottamente, avanti e indietro, il suo tragitto lungo questo piccolo pezzo di costa, vicinissi– mo anche ai bagnanti, senza badar loro, de– viando solo con una piccola curva se si muo– vono o sparendo in un silenzioso tuffo senza attrito per ricomparire qualche metro più in là. Avanza e immerge periodicamente il collo - cosa peschi non sono riuscito a vedere, forse granchi di cui brulica la scogliera - poi sparisce dietro l'altro promontorio che chiude la cala. Dopo un po' ripercorre lo stesso cammino in senso inverso. Altro miracolo: nessuno lo di– sturba. Solo un gran scattare di macchine foto– grafiche. Il pittore ritrovato di Fabrizio CARBONE Q uando rientro in Italia è la fine d'a-. gosto. Sono stato nella valle di Defe– reggen, in Austria. La valle del fiume Schwarzach, ricco di trote e merli acquaioli, limpido e veloce, tutto cascate e salti, corrente e luce. Negli occhi ho i giorni felici con Patri– zia, Angela, Maurizio, Tommaso, Flaviana, Claudio, Maurizietto. Giorni per boschi di mirtilli e di Bolet.us edulis. Sere a guradare i caprioli sul prato davanti a Bruggenwird. Gite in alto a sentire i fischi delle marmotte e a in– dovinare le sagome lontane dei camosci sui ne– vai. Sono stati giorni di albe gelate e di sole poi caldo, di cieli tersi, a specchio. Purtroppo si deve tornare e la strada scelta è·1a montagna oltre i duemila e un confine fuori mano, sconosciuto ai più. La strada sale ripida e decisa perché agli austriaci non piace perder tempo in tornanti e tornanti. Al passo è il con– fine di Stato tra i due Tiroli. Non c'è dogana e si scende giù in.fila indiana, a senso unico. La valle del versante altoatesino potrebbe esse– re Canada. Dall'alto appare il cerchio blu ol– tremare d'un lago circondato da abeti. E la strada, stretta, penetra un bosco tappezzato di muschi e felci, licheni e fragole, mirtilli rossi e neri, finferli giallo arancio. E' una valle che conosco da quando ero bam– bino. Che vorrei non esistesse che nella mia fantasia. Conosco dove si apre il lago; ricordo perfettamente il colore bianco dei ghiaioni e il punto dove dal lago esce un fiume bianco, can– dido. Sorrido tra me alla vista del piccolo pon– te e poi scendo verso il primo paese. Ci sono case nuove e i valligiani ora affittano apparta– menti arredati con poco e con gusto a prezzi stracciati. C'è turismo estivo fino a metà set– tembre e d'inverno si scia da Condo. E' una di quelle valli dove ti sorprende la prima neve fuori stagione, dove lungo il fiume crescono ontani bassi e fitti. A metà strada mi fermo. Voglio far vedere a Maurizio il colore del fiume, i punti dove gira veloce, gli slarghi di sabbia e di ghiaia. In quel– l'acqua bianca e di seta ci sono stati sempre i temoli, pesci dorati dalla larga pinna e dalla bocca piccola, preda ambita dai pescatori. In valle i temoli ci sono ancora ma ai pescatori è vietato portarli a casa. Se li ferrano all'amo de– vono aver cura di slamarli e lasciarli andare. C'è chi sul fiume li insidia con moschine finte o camole del miele. Ma è tempo di tornare. A un massiccio Gasthof, sulla destra della strada, ci fermiamo per i saluti e per bere qualcosa. Ed è qui che avviene l'incontro: inatteso, fortunato, difficile da dimenticare. Ci sono quadri alle pareti del Gasthof, pitture belle, eleganti, di mano fine. Non posso distac– care lo sguardo da loro perchè mi ipnotizzano, mi stregano. Pittura di classe, fine Ottocento e primi Novecento. Ma non di scuola. Dentro c'è un artista che ha messo in mostra tutto il suo sapere e il suo ardire. Al banco del bar una signora mi scruta. s'accorge dei• miei palpiti, dei miei entusiasmi ad alta voce. Cosi risponde volentieri alle mie domande perchè quei quadri belli sono del nonno, del vecchio nonno morto ormai da quasi cinquant'anni. Me ne scandisce il nome, Josef Maria, ma il cognome mi sfug– ge. Poi ritrovo la firma sulla tela mentre le si– gnora mi istrada verso la scoperta: Vienna, la secessione, Gustav Klimt... Un pittore scomparso, ritrovato in una valle lontana e sperduta. Un pittore tornato dal pas– sato con tutte le sue carte, i suoi libri, i suoi di– segni e il suo lavoro. Morì a Grado nel 1948... aveva sposato per amore e per amore aveva scelto di vivere in una città di mare negli anni difficili e furiosi di due guerre mondiali, in una provincia dell'Impero che poi diventa Italia di nemici e poi alleati, e poi nemici. La donna che lo aveva sposato per amore, aveva rinunciato al benessere di una famiglia ricca e aveva aper- to una pensione... 1 La signora racconta del nonno mentre saliamo a vedere i quadri al primo e secondo piano. Olii grandi e piccoli, alcuni rovinati un po': marine, scorci di giardini, barche a vela, ritrat– ti, paesaggi di lago e d'autunno, interni, ester– ni. Il colore è sapiente, il tratto giusto. E il ri– sultato è la pittura del suo tempo, perfetta più di ogni altra cosa a descriverlo e rivelarlo. Cerco ancora di sapere, vorrei poter vedere tutti i disegni, saperne di più. Ma c'è come un velo che si frappone. La signora gentilmente fa capire che per ora è finita la visita. Che potrò tornare. A un patto però: quello di non rivela– re a nessuno il luogo. E il nome del pittore per– duto, nascosto e ora ritrovato. I nomidellecose di Cesare MORENO I I nome della cosa e il suo profumo. Tra venti bambini di sette anni della periferia di Napoli, solo due hanno saputo dirmi dove avevano trascorso le vacanze. Al resto era ignoto il luogo, incerta la distanza e persi– no la durata della vacanza. Alcuni anni fa a chi poneva la stessa domanda in una scuola media della zona si davano risposte analoghe. L'estate scorsa, in montagna, ho trascorso una buona parte del tempo a scoprire il nome di fiori, piante, arbusti. Scoprendo il nome ho an– che scoperto che i fiori erano molto più nume– rosi e più belli di quello che mi sembrava di ve– dere quando ignoravo i loro nomi e lo sguardo vagava su una ricca vegetazione alpina senza sapercisi soffermare, cioè senza avere quei punti di riferimento costituiti appunto dai nomi. (Non è detto che i nomi che ho trovato siano esatti, ma sono importanti per la mia memoria). La mia prima vacanza fuori città è stata nel 1950, avevo quattro anni ed è l'unico ricordo. di questa età. Per anni ho avuto in mente una stanza bianca con un pagliericcio che odorava in modo per me nuovo, avevo in mente uno strano silenzio e soprattutto uomini e case pic– cole (realmente piccole, non rimpicciolite). Il paese era il paese visto dall'alto del monte che lo sovrasta; era la prima volta che vedevo qualcosa in una prospettiva inusuale. Ho sapu– to abbastanza presto il nome: Sicignano degli Albumi, un paesino del sud con niente di par– ticolare, eppure quel nome, anche ora che ho rivisto quel paese, mi si associa sempre a que– gli odori, a quel silenzio, a quella prospettiva, a sensazioni che non si sono mai più ripetute per il semplice fatto che quelle erano le prime e le altre sono venute dopo. I bàmbini che non sanno i nomi dei posti dove hanno vissuto le loro vacanze forse hanno den– tro di loro come una qualche visione di lussu– reggiante flora alpina. Ma senza sapere i nomi finiscono per dimenticare anche profumi e co– lori dei fiori e quello della loro infanzia (per ri– cordarsi dell'in-fanzia, delle non parole, occor– rono parole) .. Per favore dite dei nomi ai bambini. Magari inesatti, ma diteli.

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