Fine secolo - 7-8 settembre 1985

26 Un cumulo di proverbiose banalità, o una concezione davvero diversa? Con la sua passione per le vie tortuose e gli stratagemmi, la teoria del \ . ' . . successo cinese e una versione antichissima di quella intelligenza astuta che anche l'occidente ha cercato di ripes<;aredal magazzino delle sue risorse. L a teoria cinese del successo è un feno– meno unico nella storia del pensiero. E' stata elaborata dall'antica Scuola di Strategia. Il generale Sun Wu (6°-5° l,ecolo a.C.) fu il suo fondatore: E' stata paragonata alle concezioni di Machia– velli, Clausewitz o Lenin, e con la moderna prassiologia, ma le affinità sono solo lievi, o superficiali. Forse, la teoria del gioco come teoria generale dell'azione sociale è la çoncezione più simile nel patrimonio occidentale, sebbene la sua in– fluenza sulle nostre società sia molto limitata. In Cina del resto questa teoria veniva studiata da politici, ufficiali dell'esercito e uomini di af– fari fin da 2.500 anni. fa. E'. stata divulgata dal– la letteratura più popolare con "La storia dei tre regni", in primo luogo, dal teatro, dai pro– verbi. E' diventata parte della cultura naziona- · le e ha formato il comportamento quotidiano della gente. E' stata fatta propria da tutte le nazioni dell'Asia orientale ed è ancora messa in pratica nel nostro secolo. Fu applicata dai Giapponesi nella guerra contrò gli USA,' e dai vietnamiti sia contro le truppe coloniali france– si èhe contro l'esercito americano. Ha aiutato gli uomini d'affari giapponesi a raggiungere il loro proverbiale successo economico e ha con– tribuito alla rapida crescita economìca di Hong Kong e Sin.gapore. Ora viene studiata dai cinesi perfino piìi assiduamente di prima. La teoria può essere impiegata da capi di eser– cito, da gruppi o partiti politici, o da semplici individui nei loro affari quotidiani, nella dire– zione di aziende, di negozi, e perfino nei rap- · porti-sentimentali - in ogni sfera in cui si voglia raggiungere il successo soggiogando la contro– parte o dominandola. Tutte queste sfere furo-– no considerate dalla "lotta" cinese e· furono analizzate ricorrendo a questa teoria, che alla sua origine apparteneva alla strategia militare. Essa insegna come sottomettere il compagno (o il nemico) e come manipolare altre persone per i propri scopi. E' alla base della famosa tecnica di combattimento kung-fu e del judo ·giapponese. II principio basilare della teoria impone di/are affidamento sulla tecnica, sut/'arte e non sulla forza. Perciò il socio più debole può sottomet– tere quello più forte; la bilancia iniziale di po– tere e influenza non ha alcuna importanza per il risultato ultimo. Naturalmente, la semplice conoscenza di questa teoria in situazioni socia– li molto complesse non garantisce il successo. Ci sono altri importanti fattori. Per esempio, entrambi i grandi antagonisti delle guerre civili cinesi, Mao Tse-tung e Chiang Kai-shek, co– noscevano questa teoria, ma uno divenne il capo della Repubblica Pòpolare e l'altro do– vette fuggire a Taiwan, perchè le sue idee e la sua politica non riscossero l'appoggio della po- . polazione. E perfino le manipolazioni più sofi– sticate non,riuscirono ad aiutarlo. In occidente si possono trovare espedienti, me– todi J soluzioni non dissimili, ma non si sono elevati fino alla teoria, e sono stati spesso usati in modo intuitivo da parte di persone astute. La conoscenza della teoria può contribuire al successo e a una migliore tutela degli interessi personali. Essa si mostra particolarmente utile 'per le persone oneste, che di solito non riesco- ~ LA TEORIA CINESE .Dm:.. SUCCESSO di Krzysztof GAWLIKOWSKI no a immaginare come potrebbero venire im– brogliate o manipolate da altri. La teoria cine– se implica numerose categorie filosofiche e còncetti che non possono essere presentati in un breve saggio. Qui vengono menzionati sol– tanto i principi più pratici. L'esigenza cruciale, e spesso trascurata, è di chiarire lo scopo. Prima di inaugurare un 'azio– ne. occorre stabilire i propri fini.· Il fine ultimo di solito non può essere conseguito subito e va distribuito in molti fini intermedi da realizzare passo dietro passo. Tutti questi fini clevono essere realistici; anche la miglior teoria del successo e l'arte perfetta della sua realizzazione non potrebbero riuscire a tradurre in pratica un sogno. mo passo è di elaborare la giusta ":Strategia", un piano di azione preciso e allo stesso tempo flessibile. Un tal piano dovrebbe basarsi sulla conoscen– za dei punti deboli e forti delle due parti, e sul– la previsione dei cambiamenti da attend~rsi in vari campi. Il piano ottimale provocherebbe ·tali cambiamenti o li userebbe a proprio van– taggio. Esso dovrebbe comprendere tutti.i pos– sibili partecipanti all'azione, tutti gli attori che. potrebbero contribuire alla nostra azione, o danneggiarla. Il modo migliore è di scaricare sul nemico (o sull'opposizione) il peso di scon– figgere se stesso, o di distruggere il proprio po– tenziale, o di spingere gli altri attori a sconfig– gere il nostro nemico principale. I teorici cinesi credevano che la "difesa", ossia Il passo successivo è un'analisi della sit~zione. la conservazione del proprio potenziale, dipen- Si devono soppesare le proprie possibilità, i desse dalle proprie azioni, ma la sconfitta del ne- punti deboli e forti, così come quelli dell'oppo- mico dipendesse soprattutto dalla sue azioni. Il sizione. Sun Wu insegna: quando ·conosci te danno più grave può essere arrecato sempre e stesso e il nemico (o il partner) puoi riportare il solo dall'interno, non dall'esterno. Quindi si successo in tutte le battaglie; se conosci solo il devono usare non solo lè proprie forze, ma an– nemico, o solo te stesso, una volta potrai vi°'"... che quelle del nemic9.., ç si qeve provocarlo a .cere ma un'altra perderai. contribuire in maniera sostanziale ai nostri Quando gli scopi sono stati fissati e le possibi- scopi. lità delle due parti pesate nella mente, il prossi- Un esempio dall'ultima guerra vietnamita può essere d'aiuto nel chiarire questo punto. I guer– riglieri sapevano che i loro mezzi di trasporto .erano scarsi; non potevano trasportare le loro truppe nel luogo necessario. Ne conclusero perciò che toccasse al nemico trasportare le sue truppe nel luogo in cui i partigiani erano in grado di sconfiggerlo. Fu il caso della famosa battaglià di Khe Sanh e di molti altri scontri minori. Il nemico riceveva una piccola esca, tentava di mangiarla, e si trovava preso all'a– mo, e i vietnamiti erano il pescatore che cattu– rava il· grosso pesce. C'è un altro espediente. classico che può illustrare questo prinèipio: se il nemico è molto più forte dì te, devi stimolar- lo ad aumentare le sue forze. I cinesi sostene– vano che in questo caso la sua forza reale po– trebbe diminuire. Per esempio, potrebbero in– sorgere contraddizioni tra i comandamenti e i raggruppamenti, e potrebbe diventare impossi– bile coordinare le azioni di tutte le truppe. Ol– tre a ciò, nascerebbero grossi problemi di ap– provvigionamenti di cibo, e le difficoltà di co– municazione e di trasporto potrebbero disper– dere le energie ed esaurire le risorse avversarie. Una simile manipolazione delle forze nemiche si basa su due principi: sull'inganno e sul "mo– vimento spontaneo". Durante la battaglia si de.vecostantemente ingannare il nemico, provo.: care ia sua offensiva dandogli un' "esca" e cau– sarne la ritirata o l'inerzia·con una falsa imma– gine di "pericolo". "Quando gli sei vicino, devi far mostra di essere molto lontano; se sei in grado di fare qualcosa, devi far mostra di non poterlo fare", disse Sun Wu. Il nemico deve es- - sere sempre sorpreso da situazioni impreviste e · fuorviato. Il principio del "movimento spontaneo" era spiegato da Sun Wu nel seguente modo. Se le piet~e rotonde vengono deposte su un pendio, ro– toleranno giù con un'enorme forza. Tu non devi far altro che preparare il nemico ("agganciar– lo") e metterlo in una situazione in cui inevita– bilmente "rotolerà giù". Gli stessi principi erano usati verso Je proprie forze. Anche queste dovevano essere fuòrviate e orientate da immagini false (o create artificial– mente), non da ordini o coercizioni. La gente, come i cinesi scoprirono già nell'an– tichità, lavora bene ed è maggionnanete attiva se ~rsegue il proprio interesse, o evita ciò che più le dispiace. Ciascuno ha una propria abi– lità, il compito del capo è di riconoscerla e di impiegare ogni persona secondo le sue capa– cità. Per esempio non è un male che qualcuno sia sleale ad avido di denaro; semplicemente, gli saranno dati piani falsi che si intende "ven– dere"-al nemico. Una persona così sleale agirà da sola, e nella maniera più convincente. Una persona pusillanime dovrebbe ricevere l'ordine di guidare un'azione diversiva, dove è necessa– ria una rapida fuga; un comandante coraggio– so si troverebbe facilmente coinvolto in un confronto combattivo ma inutile. Tutto nella lotta è manipolazione, solo i risultati finali.de – vono essere reali, e nessuno deve poter conosce– re le vere intenzioni del comandante e le sue mete. "La battaglia si basa sull'inganno", inse– gnava Sun Wu. Tutte le azioni venivano divise dai teorici cinesi in due categorie: diretta e aggirante. Mentre il primo tipo veniva raccomandato per l'inizio solo dal secondo era lecito attendersi un reale profitto, o il pieno successo. L'azione diretta può essere prevista, quindi il nemico può sem– pre porvi un ostacolo. Le azioni tortuose sono d'altro canto imprevedibili, e dunque nessuno può prevenirle od ostacolarle. Quindi la via più breve è di norma la più debole, mentre le più lunga e fisicamente più ardua è la più sicu– ra. L'esempio migliore è la conquista di Singa– pore da parte dei Giapponesi durante l'ultima guerra mondiale. Le loro truppe atterrarono sulla penisola di Malacca, attraversarono pa– ludi e giungle, ed apparvero improvvisamente ·

RkJQdWJsaXNoZXIy