Fine secolo - 7-8 settembre 1985

FINE SECOLO* SABATO 7 / DOMENICA 8 SETTEMBRE 24 URSS: TUTTI A CASA, CONESENIN P overo Majakovskij: già da qualche anno si aveva la sensazione che la sua granitiéa immagine di bardo della.rivo– luzione cominciasse ad andare un po' stretta al potere sovietico. I sintomi erano molteplici, a cominciare dalla mummificazione totale che la critica era riuscita a imporre ad una produzio– ne artistica forse controversa, ma non per que– sto meno viva. Ma soprattutto faceva tenerez– za il monumento moscovita al poeta, un "tem– po pretesto di battaglie tra il culturale ed il po– litico seguite con attenzione dal mondo intero, monumento guardato ormai con distrazione dai frettolosi abitanti della capitale sovietica, cui non sarebbe più saltato in mente di riunirsi in quella piazza per ascoltare pubbliche letture di versi non sempre graditi all'universo lettera– rio ufficiale. Un trasloco Anzi: la gioventù poetica aveva pian piano eletto a suo domicilio un altro luogo sacro del– la memoria artistica russa, vale a dire la tomba di Pasternak nel piccolo cimitero di Peredelki– no, a ql,lalche chilometro da Mosca e a pochi · metri di distanza dalle dacie del «villaggio de– gli scrittori». Una scelta sintomatica: l'angu– stia dello spazio del piccolo camposanto, na– scosto dai pini e con pochissime panchine a di– sposizione tra una tomba e l'altra, serviva da contrasto alla necessità di occupare le piazze, necessità sentita come improrogabile dai «nuo- . vi poeti» degli anni Sessanta. I giovani del de– cennio successivo non provavano più il biso– gno di declamare, semmai quello di recitare sommessamente, anche perchè la spavalderia di tanti loro diretti predecessori si era rapida– mente trasformata in un ambiguo atteggia: . mento compromissorio nei confronti del pote– re. L'arroganza e l'istrionismo di un Evtusen– ko non si erano forse risolti nel realismo di af– fermazioni del tipo: "Anche Puskin ha scritto versi per Io zar"? Gli anni Settanta avevano quindi segnato il de– clino di Majakovskij, poeta "fragoroso" e de– clamatorio per eccellenza, e, a .onor del v.::ro, tale declino era stato contrastato assai debol– mente e con scarsa convinzione dalle autorità culturali. Non esiste in URSS la consuetudine di indire tra i lettori delle riviste letterarie pe– riodici referendum sul gradimento dei vari au, tori: l'unico esperimento in tal senso fu tentato nel 1965, cercando di ottenere dal milione di abbonati della «Literaturnaja .gazeta» una sor– ta di sconfessione di massa dei romanzi di Sol– zenicyn, il cui «caso» era appena agli inizi. I ri– .sultati _,non vennero mai pubblicati anche perché, a quanto pare, Solzenicyn si piazzò, contro ogni previsione, al secondo posto subi– to dopo Paustovskij. Probabilmente se si fosse arrivati ad un sondaggio analogo negli anni Settanta, Majakovskij avrebbe raccolto ben scarsi consensi, come dimostrato anche dalle .sempre nuove edizioni dei versi, condannate a giacere per lunghi mesi sugli scaffali delle libre– rie, in un Pàese dove i libri si esauriscono talo– ra1n pochissime ore. L'ora di Esenin Il primo sintomo di u_nosconvolgimento del– l'Olimpo della poesia sovietica è stata l'appari– zione del volume Sulla lirica del noto critico e studioso Vadim Kozinov. Un intero capitolo del libro è infatti dedicatp, e qui sta la sorpre– sa, alla figura e all'opera di Sergej Esenin: un interesse a dir poco éccezionale, se si pensa che ad altri rilevanti protagonisti della poesia rus– so-sovietica lo spazio dedicato è molto minore, fino ad arrivare ai pochissimi accenni concer– nenti, ad esempio, una personalit* del calibro di Osip Mandel'stam. Il volume ~-a segnato a suo tempo la riabilitàzione di Esenin, cancella– to fino al 1955 dalla storia letteraria del suo Paese. In Arcipelago Gulag Solzenicyn raccon– ta che il solo fatto di possedere in periodo sta– liniano una raccolta delle sue opere portava di– rettamente in un càmpo· di lavòro. Ora,_1nque– sto 1985, anno eseniniano per eccellenza, in cui ricorre il novantesimo anniversario della nasci– ta ed il sessantesimo della morte per suicidio nell'albergo «Angleterre» di Leningrado, la riabilitazione dello sfortuna'to cantore della «Mosca delle betulle» è un fatto compiuto e si va ben oltre, puntando ad una vera' e propria canonizzazione. Kostantinovo vestita di nuovo Basti vedere qudlo che sta succedendo nel vil– laggio natale di Esenin, Konstantinovo, nella regione di Rjazan'. L'intero tei::ritorio è stato recentemente dichiarato riserva nazionale per una estensione di circa quaranta ettari: vi è sta– to bandito ogni mezzo 'di trasporto motorizza– to e vi si viaggia su carri traina_ti da cavalli. Stanno inoltre per iniziare accurati lavori di re– stauro, che interesseranno in modo particolare il vecchio mulino e il campanile. Lo scopo è quello di ridare al villaggio la fisionomia de– scritta dallo stesso Esenin in molti suoi versi: «Guarda, fra gli scheletri delle case Il campanile come un mugnaio Porta i sacchi di rame delle campane». Questo gusto per i villaggi-museo è un tratto tipicamente sovietico: si riallaccia direttamente alla tradizione russa dei «villaggi Potemkin», alla tradizione delle false apparenze, del conge– lamento formale di situazioni ben altrimenti tormentate. Non è difficile capire il senso di questa operazione-di rifacimento di Kostanti– novo. Essa contrasta in maniera stridente con il_destino riservato alla dacia di Pasternak a Peredlkino, dove sono stati asportati tutti i mobili e alla famiglia del poeta è subentrato un nuovo inquilino, accuratamente selezionato tra gli scrittori più asserviti al regime. Nel nu– mero di giugno dell'organo dell'associazione degli scrittori russi, la rivista letteraria «Mo– skva» Vladimir Baskov spiega, in un lungo ar– ticçilo dedicato al villaggio natale di Esenin, i termini della canonizzazione in corso. Il poeta

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